Il lettore prende qui posizione
riguardo all’articolo «Conduttore
antitrinitario nelle chiese valdesi». Il seguente contributo
avrebbe potuto trovare posto all’interno del tema di discussione «Conduttore
antitrinitario nelle chiese valdesi? Parliamone», ma a causa
della sua
specificità, della sua problematicità
e di un'adeguata risposta, abbiamo preferito metterlo extra.
Il titolo che
abbiamo dato a questo confronto ci sembra adatto, poiché la deità di Gesù è
strettamente legata al valore e all’autorità riconosciute al NT nel suo
complesso. Il sottotitolo ci mostra che in fondo si tratta di due approcci
differenti alla sacra Scrittura: l'approccio storico-critico parte da un
dubbio di fondo e da una sfiducia programmatica verso i testi biblici; l'approccio
storico-esegetico (o storico-biblico) parte dal rispetto di fondo e da una
fiducia totale verso i testi biblici. Da tale scelta programmatica dipende poi
tutto il resto, anche la questione del «Gesù storico», che il criticismo
storico vuole distinguere e separare dal «Cristo della fede», ritenendolo
un'invenzione di alcuni esponenti della chiesa apostolica.
Quando mi raggiunse la lettera di Alessandro Esposito con la sua risposta e le
sue tesi, ero all’estero per un certo periodo e non mi ero potuto occupare del
suo scritto, cosa che gli avevo anche scritto. Egli mi scrisse ancora due volte,
sollecitando con toni gentili la pubblicazione; i miei impegni del momento me lo
impedirono. Comunque ancora prima del mio rientro in sede, approntai buona parte
della mia risposta, tra un impegno e un altro. Dapprima mi mandò quindi «alcune
mie considerazioni a margine del dibattito
accesosi intorno ad alcune mie affermazioni relative al dogma trinitario e alla
divinità di Gesù» {29-04-2009}. Poi, dopo la mia beve risposta, mi ribadì la
necessità della pubblicazione del suo scritto, «anche perché si è acceso un
vivace dibattito persino all’interno della mia chiesa e vorrei evitare di
essere frainteso». Infine, dopo aver io ripetuto di occuparmi della questione al
mio ritorno in sede, ribadì nuovamente riguardo alla sua replica quanto segue:
«Ritengo che sarebbe opportuno e onesto riportarla, anche perché essa
corregge il tiro circa alcune affermazioni inappropriate che mi vengono
attribuite» {09-04-2009}.
Intanto un altro credente mi aveva mandato la seguente segnalazione: Carissimo
Nicola, pace a te. Mi permetto di inviarti un
link che probabilmente considerai interessante. Mi preme anche farti sapere
che, pur non citando espressamente il tuo sito, lo stesso viene criticato:
«C’è anche un altro sito di cui non faccio il
nome perché non voglio sollevare vespai, dove si sta dicendo peste e corna di
Alessandro, chiaramente senza la minima replica storica, sembra sia quasi una
moda». Fraternamente. {L.L.; 27-04-2009}.
Per diritto di cronaca faccio notare che tale replica sul sito della chiesa
valdese di Trapani è stata quindi messa ancor prima che Alessandro
Esposito mi scrivesse. Di là dal mistero su che cosa sia una «replica storica»,
mi chiedo come si concili il tono di tale articolo con quello più conciliante,
con cui Alessandro Esposito mi ha poi scritto. Sorvoliamo e passiamo al merito
delle cose. {Nicola Martella}
|
1. Le tesi
{Alessandro Esposito}
▲
Caro signor
Martella, le scrivo la presente con un intento plurimo, che provvedo
immediatamente a illustrarle. In prima istanza desidero esprimerle la mia
stima, senza retorica alcuna, per il lavoro serio e accurato che offre a
tutte e tutti quanti coloro che, come me, possono fruire del prezioso materiale
reperibile nel suo sito. Anche in ordine alla vexata quaestio relativa al
dogma trinitario e alla divinità di Gesù, da me affrontata nel corso di più
interventi all’interno del
sito gestito dalle comunità presso cui servo, ho trovato la sua risposta
articolata e ben argomentata.
La seconda cosa che intendo fare è porgere delle scuse a quanti si siano
risentiti a motivo dei contenuti che ho esposto nei suddetti interventi: mi
dispiace constatare come, probabilmente, mi siano mancate una sufficiente
sensibilità pastorale e una maggiore coscienza ecclesiastica, ambedue aspetti
nei quali, da ministro inesperto quale sono, ho ancora bisogno di crescere. Ho
inoltre fatto ricorso a un linguaggio non adeguatamente chiaro circa la mia
condizione di candidato
al ministero pastorale presso la Chiesa Valdese, la quale, pertanto, non ha
parte alcuna in quelli che sono i convincimenti da me espressi e (forse non
abbastanza chiaramente) illustrati. Lo stesso dicasi per la Facoltà Valdese di
Teologia, istituzione presso cui ho compiuto il mio iter formativo in
ambito teologico, la quale ha l’unica responsabilità d’avermi fornito gli
strumenti metodologici e d’avermi trasmesso, insieme con la mia chiesa tutta,
un’irrinunciabile passione per la libertà d’indagine e d’espressione.
Vorrei pertanto procedere fornendo alcune delucidazioni in merito a quelle che
sono le tesi
da me sostenute, onde evitare fraintendimenti. La invito, inoltre, ogniqualvolta
intenda interloquire con quanto da me asserito, a informare me per primo della
cosa, di modo tale che mi sia concesso il beneficio della replica: non è
piacevole essere messi al corrente da terzi circa i contenuti d’un dibattito che
ci riguarda in prima persona. Ciò detto, entro in medias res, seguendo
un’esposizione per punti che, credo, può facilitare la comprensione di quanto
cercherò di chiarire.
■
1. Anzitutto intendo sottolineare il fatto che non ho mai affermato
d’essere antitrinitario. Ciò che critico è la formulazione conciliare del dogma
trinitario, quando d’essa s’intenda fare l’unica interpretazione legittima della
relazione che intercorre tra Dio Padre, Gesù e lo Spirito Santo. Credo, difatti,
che tale relazione possa essere declinata anche secondo un linguaggio distinto:
visto che quanto sostengo è stato tacciato d’ellenismo, vorrei ricordare a chi
difende la tesi trinitaria classica che è proprio la codificazione di tale dogma
a ricorrere a una formulazione estranea al linguaggio e alla cultura ebraiche
alle quali tanto Gesù quanto i suoi primi discepoli appartenevano.
■
2. Di qui, ribadisco il fatto che, sebbene sia assolutamente corretto
sostenere che la formulazione del dogma trinitario abbia un fondamento
scritturale, a mio avviso costituisce invece un’affermazione impropria quella
secondo cui detta formulazione sia l’unica possibile a partire
dall’interpretazione dei testi biblici. L’ho detto e lo ripeto: non credo che si
possa parlare d’una teologia neotestamentaria declinata al singolare; i contesti
storici e geografici in cui gli scritti canonici del Secondo Testamento furono
redatti differiscono sensibilmente, con inevitabili riflessi sotto il profilo
della teologia che tali scritti esprimono. Non è una questione
d’incompatibilità, ma di pluralità, la quale andrebbe salvaguardata nella
confessione di fede poiché già presente nelle Scritture su cui tale confessione
si fonda.
■
3. Mi preme sottolineare, inoltre, il fatto che confesso Gesù come messia
(traduzione ebraica del greco «christhòs», «cristo») e figlio di Dio, secondo
quanto attestato in Mc 1,1, e che considero tale confessione l’unica veramente
comune a tutti gli scritti canonici neotestamentari. Vi sono poi passi del
Secondo Testamento alla luce dei quali è del tutto plausibile inferire
l’attribuzione della divinità a Gesù sin dal cristianesimo delle origini.
Quest’ultimo, però, circa tale questione, non si pronunciò in maniera unanime e,
almeno sino alle decisioni conciliari, l’orientamento in tal senso fu plurale,
al punto che gli storici e gli esegeti odierni sono pressoché unanimi
nell’affermare che si dovrebbe parlare più correttamente di cristianesimi
primitivi, al plurale. A tale proposito, faccio presente che le tesi da me
illustrate sono quelle proprie d’esegeti, teologi, storici del cristianesimo
assai più qualificati di me, ai quali attingo nel corso dei miei studi e dei
miei approfondimenti tematici. Dirò di più: le tesi d’alcuni di loro sono spesso
assai meno «concilianti» di quelle da me espresse. Io, difatti, non nego la
liceità della formulazione conciliare del dogma trinitario: nego soltanto che
essa possa costituire l’unica interpretazione plausibile della relazione tra
Padre, Figlio e Spirito Santo, così come essa è riferita dagli scritti
neotestamentari.
■
4. Ciò detto, mi riservo di riflettere maggiormente sulle conseguenze che
tali tesi storico-esegetiche possono comportare nell’ambito della riflessione
dogmatica e della vita ecclesiastica. Credo, comunque, che sia ormai tempo di
porre tali interrogativi, mettendo in dialogo due dimensioni della fede che non
possono essere esclusivamente poste in contrasto, né frettolosamente risolte
mediante una soluzione che elude la domanda quale orizzonte imprescindibile
d’ogni ricerca autentica. Poi la ricerca potrà eventualmente ratificare le
conclusioni codificate dalla tradizione dogmatica: ma si tratterà comunque d’un
approdo, non d’una premessa.
Bene, caro
fratello: mi premeva soltanto mettermi al riparo da fraintendimenti e
banalizzazioni circa quanto avevo in precedenza espresso, con toni che le
invettive dei miei detrattori hanno forse contribuito a rendere più aspri.
L’invito che vorrei rivolgere a te e ai lettori del tuo sito è quello di provare
a interloquire senza squalificare le tesi altrui, ma limitandosi a dissentirne
motivatamente. Credo che questa sia l’unica disposizione attraverso cui il
dialogo può davvero proseguire, rivelandosi spazio di fecondità mutua. E credo
anche che in tal modo soltanto potremmo dare prova dello spirito fraterno che
anima le nostre parole e le nostre intenzioni. Fraternamente… {29 aprile 2009;
Candidato al ministero pastorale presso la chiesa valdese di Trapani e Marsala}
2. Osservazioni e obiezioni
{Nicola Martella}
▲
1. ENTRIAMO IN TEMA: Non si può che essere
grati per il tono pacato e rispettoso del mio interlocutore, come pure per il
livello della discussione, che si attiene al merito dell’oggetto in discussione.
Mi fa anche piacere che egli si sia reso conto dell’impatto che le sue idee e le
sue parole possano avere sui lettori del sito della sua chiesa, come è anche
successo, scatenando sconcerto, costernazione e accese reazioni. Prescindiamo
quindi di parlare qui a Chiesa Valdese in genere e della Facoltà Valdese di
Teologia.
Dopo ciò il mio interlocutore passa a vanificare i fraintendimenti riguardo alle
tesi da lui sostenute. Faccio notare che sono stati i lettori a mettermi al
corrente della discussione avvenuta su tale sito, a tenermi informato e a
chiedere un mio intervento. Ho preferito pubblicarlo esclusivamente sul mio
sito, dopo che il webmaster del sito della chiesa valdese di trapani, aveva
rifiutato di pubblicare il contributo di un lettore di nostra conoscenza e
questi mi aveva messo al corrente.
Passando al merito della questione, dopo aver letto l’attuale scritto del mio
interlocutore, non posso che prendere atto che tutti i
dubbi, espressi nella mia precedente analisi, sono stati confermati. L’anima
delle tesi è il metodo storico-critico e, quindi, il liberalismo teologico, che
non crede che il NT sia interamente l’autorevole «Parola di Dio», ma sarebbe la
semplice espressione di umane teologie diverse e, in parte, contrastanti fra
loro. Da ciò deriva il resto delle tesi del mio interlocutore.
2. ANALISI DELLE TESI: Aderendo alla
valutazione di base degli scritti del NT nello spirito del criticismo storico,
il mio interlocutore fa emergere il seguente quadro (qui seguo la sua
numerazione).
■
1.
Alessandro Esposito afferma che la
dottrina della Trinità non sarebbe «l’unica interpretazione legittima della
relazione che intercorre tra Dio Padre, Gesù e lo Spirito Santo».
■
2.
Alessandro Esposito pratica una
discriminazione fra i testi biblici (p.es. quelli di Giovanni), secondo i
dettami del metodo storico-critico, e fa di ciò la base della tesi, secondo cui
la dottrina della Trinità non sarebbe «l’unica possibile a partire
dall’interpretazione dei testi biblici».
Per non dover ripetere qui le tesi del metodo
storico-critico e mostrare le sue alternative storico-bibliche, per
l'approfondimento si veda in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento
(Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articoli: «Criticismo
storico», pp. 127-130; «Sistemi
teologici», pp. 332ss; «Teologia
biblica», pp. 353s.
Si veda pure Nicola
Martella, «La Bibbia fra criticismo e modernismo»,
Radici 5-6 (Punto°A°Croce, Roma
1995), pp.
187-195.
|
La valutazione
tipica del liberalismo teologico, che è alla base del metodo storico-critico
(che chiamerei darwinismo teologico-dottrinale, tipico per il 19° secolo),
convince l’ex studente della Facoltà Valdese di teologia che non esiste un’unica
teologia del NT, ma varie teologie, differenti fra loro e, a volte,
contrastanti. In pratica, gli scritti non sarebbero da attribuire agli scrittori
che affermano di scrivere nel NT, ma sarebbero per certa parte pseudo-epigrafi
posteriori all’epoca apostolica. È qui che sta il «verme» del criticismo e le
conclusioni dei suoi seguaci. Da ciò risulta poi la discriminazione arbitraria
fra gli scritti, le conseguenti valutazioni teologiche e la presunta ipotesi di
una pluralità teologica al tempo degli apostoli.
■
3. Il fatto che il mio interlocutore confessi Gesù come «messia» (greco
christós
«unto [a re]») e «figlio di Dio», non deve confondere, poiché egli intende
semplicemente il «Gesù storico» senza altre pretese (per lui «figlio di Dio» è
solo un titolo messianico e non l'affermazione di una natura divina). Che Mc 1,1
sia da considerare quale confessione «l’unica veramente comune a tutti gli
scritti canonici neotestamentari» mostra come sia radicata la concezione
storico-critica. La rivelazione divina nella storia e, perciò, negli scritti
biblici è invece progressiva.
Nello spirito liberale che prospetta una visione pluralistica nella teologia del
NT, si afferma perciò che esistono sì brani che è possibile interpretare nel
senso di una «attribuzione della divinità a Gesù sin dal cristianesimo delle
origini», ma il cristianesimo dell’era apostolica non si sarebbe pronunciato in
maniera unanime. Il quadro che ne dà il liberalismo teologico dell’era
apostolica è, quindi, quello di «cristianesimi primitivi, al plurale». E
qui sta il nocciolo della questione!
Quando Alessandro Esposito parla di storici e di esegeti odierni o di «esegeti,
teologi, storici del cristianesimo assai più qualificati di me», da cui egli ha
attinto durante i suoi studi presso la Facoltà Valdese di teologia e per i suoi
«approfondimenti tematici» per chiesa e sito, intende i seguaci del metodo
storico-critico, sorto come risposta storica, letteraria e teologica del
darwinismo (o evoluzionismo) del 19° secolo. Il resto dipende da questo. Anche
Gesù Cristo fu assoggettato a tale processo: all’inizio ci sarebbe stato solo un
«Gesù storico», un rabbino senza pretese; solo poi la chiesa (e specialmente
Saulo da Tarso) lo avrebbe fatto diventare il divino «Cristo della fede». Perciò
è normale che non intenda Gesù nel senso di «Logos di Dio, Dio presso Dio,
diventato carne» (Gv 1,1ss.14.18).
■
4. Ho i miei dubbi, conoscendo a fondo il metodo storico-critico, che
esso costituisca una «ricerca autentica», visto che parte da pregiudizi evidenti
verso la sacra Scrittura e da tesi aprioristiche che poco concordano con la
ricerca della verità e con la pretesa del NT di essere la Verità rivelata da
Dio. Chi voglia tagliare rettamente la Parola della verità, per non essere un
operaio confuso, per essere approvato dinanzi a Dio e per non sviarsi dalla
verità (2 Tm 2,15ss), non può che prendere le distanze dal metodo
storico-critico e aderire al metodo storico-esegetico, che è rispettoso dei
sacri testi.
3. APPROFONDIMENTO DELLE QUESTIONI: La mia
domanda è la seguente: Se vi erano diverse teologie e diversi cristianesimi,
dove stanno al riguardo le
controversie dottrinali a livello dell’intera chiesa al tempo del NT? E dove
sta un «Concilio interecclesiale di Gerusalemme» per una questione così
importante quale la deità di Cristo? Se vi erano diverse concezioni di Cristo,
come faceva Paolo a denunciare ogni «altro evangelo di Cristo» dei giudaisti
operanti nella Galazia, lanciando addirittura il suo anatema? (Gal 1,6-9). E
come faceva a denunciare un «altro Gesù» dei superapostoli gnostici, che avevano
preso il potere nella chiesa di Corinto? (2 Cor 11,4.13ss). Come poteva
rispondere a tale concezione giudeo-gnostica di Gesù, proponendosi «di non
saper altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso»? (1 Cor 2,12;
cfr. Gal 6,14). Come poteva opporsi al riguardo che fosse posto un «altro
fondamento che quello già posto, cioè Cristo Gesù»? (1 Cor 3,11). Perché
parlare allora di «falsi cristi», come fece Gesù stesso (Mt 24,24)? Perché
Pietro accreditò le cose scritte da Paolo nelle sue epistole, ma denunciò coloro
che le storcevano a propria perdizione? (2 Pt 3,15ss). La questione della
salvezza dei Gentili rese importante una decisione storica quale quella del
«Concilio interecclesiale di Gerusalemme» (At 15). Se Gesù non fosse stato
considerato unitariamente in tutta la chiesa apostolica come il Logos di Dio,
Dio presso Dio, divenuto carne («mistero di Cristo»), quanto più tutto ciò
avrebbe richiesto allora un concilio interecclesiale di chiarimento di una
questione così importante, costituendo il cuore stesso dell’Evangelo? Sta di
fatto che Paolo e la sua squadra missionaria si opposero a un evangelo diverso,
a un altro evangelo, considerandolo un’adulterazione del messaggio autentico
dell’Evangelo di Cristo. Il cuore di un «evangelo diverso» era la predicazione
di un «altro Gesù», mosso da uno «Spirito diverso» (2 Cor 11,4). Un evangelo
spurio e degno di anatema era quello che annunziava «un vangelo diverso da
quello che v’abbiamo annunziato» (Gal 1,6.9). Per poter fare una tale
discrimina, nelle chiese c’erano le idee abbastanza chiare su ciò che era il
contenuto dell’Evangelo e sulla natura divina di Cristo; per questo non fu
necessario un tale concilio di chiarimento durante l’epoca degli apostoli.
Le cose cambiarono in epoca post-apostolica per vari motivi. Per non fare
demagogia o facili ideologismi, bisogna distinguere fra le questioni
trinitarie direttamente presenti nel nuovo patto e le postume formulazioni
dottrinali della Trinità. Dopo il tempo apostolico, le cose non furono sempre
lineari, ci furono sbandamenti, oltre alle persecuzioni, gli scritti apostolici
non arrivarono dappertutto, l’insegnamento apostolico non sempre fu tramandato
nella sua purezza dai conduttori, entrarono nelle chiese lupi famelici e sorsero
nelle comunità gente traviata e traviante, come preannunciò lo stesso Paolo (At
20,29ss), da parte di gruppi gnostici di frangia furono prodotti pseudoepigrafi
e apocrifi per avvallare le loro singolari tesi. Non bisogna proiettare però le
polemiche dottrinali del 3° e 4° secolo nel NT e nell’epoca apostolica; in
quest’ultima l’unica questione maggiore riguardava la salvezza dei Gentili ed
essa fu risolta nel Concilio di Gerusalemme (At 15).
Il NT proclama la sostanza delle cose; l’uso nei secoli ha formulato
«etichette» per i concetti teologici ricorrenti. Sarebbe un grave errore pensare
che la denominazione delle cose, inventi le cose stesse (p.es. Adamo per la
nomenclatura degli animali e di Eva); è immancabile che in ogni settore si
creino termini tecnici per caratterizzare questioni ricorrenti, per
distinguerle da altre affini e per capirsi in modo immediato. Già nell’AT,
troviamo tali termini tecnici per esprimere, ad esempio, i vari sacrifici con
«etichette» specifiche (cfr. «Sacrifici» in
Manuale Teologico dell’Antico Testamento,
pp. 311-314). Lo stesso nome di Dio era in origine questo: «Jahwè,
l’Elohim dei vostri padri, l’Elohim d’Abrahamo, l’Elohim d’Isacco e l’Elohim di
Giacobbe mi ha mandato da voi. Tale è il mio nome in perpetuo, tale la
mia designazione per tutte le generazioni» (Es 3,15s; 4,5; 1 Re 18,36; 2 Cr
30,6). L’uso continuo fece sì che tale lunga designazione fosse presto ridotta
al termine tecnico «Jahwè», mentre la prima fosse riservata a momenti di
particolare solennità.
Una questione fondamentale per non fare critica interna alla Scrittura e per non
discriminare arbitrariamente fra scritto e scritto per motivi ideologici, è di
accettare tutto il NT come Parola di Dio e tener presente tutto ciò che
vi è scritto in esso quale documento del nuovo patto. Non bisogna dire soltanto
«solo la Scrittura», ma anche «tutta la Scrittura». Non possiamo discriminare un
libro o l’altro a nostro piacimento, poiché ciò ci rende responsabili e
colpevoli. Paolo lodava così i Tessalonicesi: «Quando riceveste da noi la
parola della predicazione, cioè la parola di Dio, voi l’accettaste non come
parola d’uomini, ma, quale essa è veramente, come parola di Dio, la quale opera
efficacemente in voi che credete» (1 Ts 2,13). Quindi questa è la cesura fra
legittimità biblica e arbitrio: l’accettazione incondizionata dell’intero canone
del NT come Parola di Dio. La domanda da fare ad Alessandro Esposito è la
seguente: Credi tu che il NT è interamente Parola di Dio, senza se e senza ma?
4. ASPETTI CONCLUSIVI: Qui tratto la parte
finale dello scritto del mio interlocutore. Ora, non ci sono più
«fraintendimenti» riguardo alla genesi teologica di Alessandro Esposito. Non si
può neppure parlare di «banalizzazioni» da parte di altri, visto la gravità
degli assunti teologici di base. Di là dalla necessità del dialogo, uno spazio
di «fecondità mutua» si può avere laddove c’è accordo sulle basi elementari
della fede e sul metodo legittimo d’interpretazione della Scrittura, che ne sia
rispettoso in tutte le sue parti e consideri il NT interamente per ciò che è: la
santa Parola di Dio e il documento del nuovo patto che Dio ci ha affidato per
discernere la verità dalle menzogne. Uno «spirito fraterno» sarà pienamente
realizzabile, solo se si basa sullo stesso fondamento della fede, la sacra
Scrittura, così come è piaciuto a Dio di trasmettercela. Altrimenti, ciò che
resta è solo un tollerante sentimentalismo senza verità, basato sull’arbitrio di
una filosofia umanista cristianizzata (il darwinismo storico, letterario e
teologico). Eccone alcuni esempi dell’auto-testimonianza della sacra Scrittura,
delle sue pretese e delle sicurezze che essa infonde.
■ Giosia disse: «Immolate la Pasqua, santificatevi, e preparatela per i
vostri fratelli,
conformandovi alla parola dell’Eterno trasmessa per mezzo di Mosè»
(2 Cr 35,6).
■ «Diletti, ponendo io ogni studio nello scrivervi della nostra comune
salvezza, mi sono trovato costretto a scrivervi per esortarvi a combattere
strenuamente per la fede, che è stata una
volta per sempre tramandata ai santi» (Gd 1,3; cfr. 1 Ts 2,13).
■ «Non aggiungerete nulla a ciò
che io vi comando, e
non ne toglierete
nulla; ma osserverete i comandamenti dell’Eterno, Dio vostro, che io vi
prescrivo» (Dt 4,2; 12,32).
■ «Io lo dichiaro a ognuno che ode le parole della profezia di questo libro:
“Se alcuno vi
aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali le piaghe descritte in
questo libro; e se alcuno
toglie qualcosa
dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte
dell’albero della vita e della città santa, delle cose scritte in questo libro”»
(Ap 22,18s).
Per
l’approfondimento di Gesù Cristo nella Bibbia in contrapposizione con l'immagine
che ne dà il criticismo storico, si veda in Nicola Martella,
Chi dice la gente che io sia?
Offensiva intorno a Gesù 1
(Punto°A°Croce, Roma 2000), i seguenti articoli: «La teologia liberale e
Gesù», pp. 69-79; «Gesù negli Evangeli», pp. 80-85; «Il Gesù dei critici e il Gesù del NT» (di
Rinaldo Diprose), pp. 88-98; «Gesù accaparrato da varie “teologie”», pp. 99-102.
Per l’approfondimento dell’immagine biblica di Gesù Cristo si veda anche la
seguente letteratura:
■ Nicola Martella, E voi, chi dite ch’io sia?
Offensiva intorno a Gesù 2
(Punto°A°Croce, Roma 2000). Qui sono presentate specialmente la visione
biblica di «Gesù nella Bibbia e nella storia» (pp. 3-73) e «La
questione giudaica» (pp. 74-158).
■ Nicola Martella,
La lieve danza delle tenebre
(Veritas, Roma 1992), nell’articolo «La dottrina occulta e la Bibbia» si veda la
sezione «III. Gesù Cristo», pp. 393-396.
■ Nicola Martella,
«Gesù Cristo»,
Elementi della fede:
Dottrine fondamentali della fede cristiana
(Associazione Soli Deo Gloria, Piacenza 2009),
pp. 26ss. |
È chiaro che ogni ulteriore confronto con Alessandro Esposito su questo tema
premette che egli legga dapprima tutti i miei testi sopra citati. Ciò eviterà
ulteriori fraintendimenti e inutili ripetizioni.
►
Deità di Gesù e autorità del NT? Parliamone 1
{Nicola Martella} (T)
►
Deità di Gesù e autorità del NT? Parliamone 2
{Nicola Martella} (T)
►
Correlazione fra Padre e Figlio nella Deità
{Nicola Martella} (D)
►
Deità, Trinità e Cristo
{Nicola Martella}
(D)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Deita-Gesu_autorita-NT_EdF.htm
17-05-2009; Aggiornamento: 21-05-2009
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