Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Tutto ciò che serve per istruire il neofita nella sana dottrina e in una sana morale cristiana, per così orientarsi nell'insegnamento biblico di base, nella devozione e nel discernimento spirituale riguardo alle questioni che attengono alla fede biblica e al saggio comportamento nel mondo. È «vademecum» per chiunque voglia trasmettere la fede biblica.

   Ecco le singole parti principali:
01. La via che porta a Dio;
02. Le basi della fede
03. La Sacra Scrittura
04. Dio
05. Creazione e caduta dell’uomo
06. Gesù Cristo
07. Lo Spirito Santo
08. La salvezza dell’uomo
09. Il cammino di fede
10. La chiesa biblica
11. Ordinamenti e radunamenti
12. L’opera della chiesa
13. Il diavolo
14. Le cose future
15. Aspetti dell’etica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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DEITÀ DI GESÙ E AUTORITÀ DEL NUOVO TESTAMENTO

Fra metodo storico-critico e metodo storico-esegetico

 

 di Alessandro Esposito - Nicola Martella

 

1. Le tesi {Alessandro Esposito}

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

Il lettore prende qui posizione riguardo all’articolo «Conduttore antitrinitario nelle chiese valdesi». Il seguente contributo avrebbe potuto trovare posto all’interno del tema di discussione «Conduttore antitrinitario nelle chiese valdesi? Parliamone», ma a causa della sua specificità, della sua problematicità e di un'adeguata risposta, abbiamo preferito metterlo extra.

    Il titolo che abbiamo dato a questo confronto ci sembra adatto, poiché la deità di Gesù è strettamente legata al valore e all’autorità riconosciute al NT nel suo complesso. Il sottotitolo ci mostra che in fondo si tratta di due approcci differenti alla sacra Scrittura: l'approccio storico-critico parte da un dubbio di fondo e da una sfiducia programmatica verso i testi biblici; l'approccio storico-esegetico (o storico-biblico) parte dal rispetto di fondo e da una fiducia totale verso i testi biblici. Da tale scelta programmatica dipende poi tutto il resto, anche la questione del «Gesù storico», che il criticismo storico vuole distinguere e separare dal «Cristo della fede», ritenendolo un'invenzione di alcuni esponenti della chiesa apostolica.

     Quando mi raggiunse la lettera di Alessandro Esposito con la sua risposta e le sue tesi, ero all’estero per un certo periodo e non mi ero potuto occupare del suo scritto, cosa che gli avevo anche scritto. Egli mi scrisse ancora due volte, sollecitando con toni gentili la pubblicazione; i miei impegni del momento me lo impedirono. Comunque ancora prima del mio rientro in sede, approntai buona parte della mia risposta, tra un impegno e un altro. Dapprima mi mandò quindi «alcune mie considerazioni a margine del dibattito accesosi intorno ad alcune mie affermazioni relative al dogma trinitario e alla divinità di Gesù» {29-04-2009}. Poi, dopo la mia beve risposta, mi ribadì la necessità della pubblicazione del suo scritto, «anche perché si è acceso un vivace dibattito persino all’interno della mia chiesa e vorrei evitare di essere frainteso». Infine, dopo aver io ripetuto di occuparmi della questione al mio ritorno in sede, ribadì nuovamente riguardo alla sua replica quanto segue: «Ritengo che sarebbe opportuno e onesto riportarla, anche perché essa corregge il tiro circa alcune affermazioni inappropriate che mi vengono attribuite» {09-04-2009}.

     Intanto un altro credente mi aveva mandato la seguente segnalazione: Carissimo Nicola, pace a te. Mi permetto di inviarti un link che probabilmente considerai interessante. Mi preme anche farti sapere che, pur non citando espressamente il tuo sito, lo stesso viene criticato: «C’è anche un altro sito di cui non faccio il nome perché non voglio sollevare vespai, dove si sta dicendo peste e corna di Alessandro, chiaramente senza la minima replica storica, sembra sia quasi una moda». Fraternamente. {L.L.; 27-04-2009}. Per diritto di cronaca faccio notare che tale replica sul sito della chiesa valdese di Trapani è stata quindi messa ancor prima che Alessandro Esposito mi scrivesse. Di là dal mistero su che cosa sia una «replica storica», mi chiedo come si concili il tono di tale articolo con quello più conciliante, con cui Alessandro Esposito mi ha poi scritto. Sorvoliamo e passiamo al merito delle cose. {Nicola Martella}

 

 

1. Le tesi {Alessandro Esposito}

 

Caro signor Martella, le scrivo la presente con un intento plurimo, che provvedo immediatamente a illustrarle. In prima istanza desidero esprimerle la mia stima, senza retorica alcuna, per il lavoro serio e accurato che offre a tutte e tutti quanti coloro che, come me, possono fruire del prezioso materiale reperibile nel suo sito. Anche in ordine alla vexata quaestio relativa al dogma trinitario e alla divinità di Gesù, da me affrontata nel corso di più interventi all’interno del sito gestito dalle comunità presso cui servo, ho trovato la sua risposta articolata e ben argomentata.

     La seconda cosa che intendo fare è porgere delle scuse a quanti si siano risentiti a motivo dei contenuti che ho esposto nei suddetti interventi: mi dispiace constatare come, probabilmente, mi siano mancate una sufficiente sensibilità pastorale e una maggiore coscienza ecclesiastica, ambedue aspetti nei quali, da ministro inesperto quale sono, ho ancora bisogno di crescere. Ho inoltre fatto ricorso a un linguaggio non adeguatamente chiaro circa la mia condizione di candidato al ministero pastorale presso la Chiesa Valdese, la quale, pertanto, non ha parte alcuna in quelli che sono i convincimenti da me espressi e (forse non abbastanza chiaramente) illustrati. Lo stesso dicasi per la Facoltà Valdese di Teologia, istituzione presso cui ho compiuto il mio iter formativo in ambito teologico, la quale ha l’unica responsabilità d’avermi fornito gli strumenti metodologici e d’avermi trasmesso, insieme con la mia chiesa tutta, un’irrinunciabile passione per la libertà d’indagine e d’espressione.

     Vorrei pertanto procedere fornendo alcune delucidazioni in merito a quelle che sono le tesi da me sostenute, onde evitare fraintendimenti. La invito, inoltre, ogniqualvolta intenda interloquire con quanto da me asserito, a informare me per primo della cosa, di modo tale che mi sia concesso il beneficio della replica: non è piacevole essere messi al corrente da terzi circa i contenuti d’un dibattito che ci riguarda in prima persona. Ciò detto, entro in medias res, seguendo un’esposizione per punti che, credo, può facilitare la comprensione di quanto cercherò di chiarire.

 

     ■ 1. Anzitutto intendo sottolineare il fatto che non ho mai affermato d’essere antitrinitario. Ciò che critico è la formulazione conciliare del dogma trinitario, quando d’essa s’intenda fare l’unica interpretazione legittima della relazione che intercorre tra Dio Padre, Gesù e lo Spirito Santo. Credo, difatti, che tale relazione possa essere declinata anche secondo un linguaggio distinto: visto che quanto sostengo è stato tacciato d’ellenismo, vorrei ricordare a chi difende la tesi trinitaria classica che è proprio la codificazione di tale dogma a ricorrere a una formulazione estranea al linguaggio e alla cultura ebraiche alle quali tanto Gesù quanto i suoi primi discepoli appartenevano.

 

     ■ 2. Di qui, ribadisco il fatto che, sebbene sia assolutamente corretto sostenere che la formulazione del dogma trinitario abbia un fondamento scritturale, a mio avviso costituisce invece un’affermazione impropria quella secondo cui detta formulazione sia l’unica possibile a partire dall’interpretazione dei testi biblici. L’ho detto e lo ripeto: non credo che si possa parlare d’una teologia neotestamentaria declinata al singolare; i contesti storici e geografici in cui gli scritti canonici del Secondo Testamento furono redatti differiscono sensibilmente, con inevitabili riflessi sotto il profilo della teologia che tali scritti esprimono. Non è una questione d’incompatibilità, ma di pluralità, la quale andrebbe salvaguardata nella confessione di fede poiché già presente nelle Scritture su cui tale confessione si fonda.

 

     ■ 3. Mi preme sottolineare, inoltre, il fatto che confesso Gesù come messia (traduzione ebraica del greco «christhòs», «cristo») e figlio di Dio, secondo quanto attestato in Mc 1,1, e che considero tale confessione l’unica veramente comune a tutti gli scritti canonici neotestamentari. Vi sono poi passi del Secondo Testamento alla luce dei quali è del tutto plausibile inferire l’attribuzione della divinità a Gesù sin dal cristianesimo delle origini. Quest’ultimo, però, circa tale questione, non si pronunciò in maniera unanime e, almeno sino alle decisioni conciliari, l’orientamento in tal senso fu plurale, al punto che gli storici e gli esegeti odierni sono pressoché unanimi nell’affermare che si dovrebbe parlare più correttamente di cristianesimi primitivi, al plurale. A tale proposito, faccio presente che le tesi da me illustrate sono quelle proprie d’esegeti, teologi, storici del cristianesimo assai più qualificati di me, ai quali attingo nel corso dei miei studi e dei miei approfondimenti tematici. Dirò di più: le tesi d’alcuni di loro sono spesso assai meno «concilianti» di quelle da me espresse. Io, difatti, non nego la liceità della formulazione conciliare del dogma trinitario: nego soltanto che essa possa costituire l’unica interpretazione plausibile della relazione tra Padre, Figlio e Spirito Santo, così come essa è riferita dagli scritti neotestamentari.

 

     ■ 4. Ciò detto, mi riservo di riflettere maggiormente sulle conseguenze che tali tesi storico-esegetiche possono comportare nell’ambito della riflessione dogmatica e della vita ecclesiastica. Credo, comunque, che sia ormai tempo di porre tali interrogativi, mettendo in dialogo due dimensioni della fede che non possono essere esclusivamente poste in contrasto, né frettolosamente risolte mediante una soluzione che elude la domanda quale orizzonte imprescindibile d’ogni ricerca autentica. Poi la ricerca potrà eventualmente ratificare le conclusioni codificate dalla tradizione dogmatica: ma si tratterà comunque d’un approdo, non d’una premessa.

 

Bene, caro fratello: mi premeva soltanto mettermi al riparo da fraintendimenti e banalizzazioni circa quanto avevo in precedenza espresso, con toni che le invettive dei miei detrattori hanno forse contribuito a rendere più aspri. L’invito che vorrei rivolgere a te e ai lettori del tuo sito è quello di provare a interloquire senza squalificare le tesi altrui, ma limitandosi a dissentirne motivatamente. Credo che questa sia l’unica disposizione attraverso cui il dialogo può davvero proseguire, rivelandosi spazio di fecondità mutua. E credo anche che in tal modo soltanto potremmo dare prova dello spirito fraterno che anima le nostre parole e le nostre intenzioni. Fraternamente… {29 aprile 2009; Candidato al ministero pastorale presso la chiesa valdese di Trapani e Marsala}

 

 

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Non si può che essere grati per il tono pacato e rispettoso del mio interlocutore, come pure per il livello della discussione, che si attiene al merito dell’oggetto in discussione. Mi fa anche piacere che egli si sia reso conto dell’impatto che le sue idee e le sue parole possano avere sui lettori del sito della sua chiesa, come è anche successo, scatenando sconcerto, costernazione e accese reazioni. Prescindiamo quindi di parlare qui a Chiesa Valdese in genere e della Facoltà Valdese di Teologia.

     Dopo ciò il mio interlocutore passa a vanificare i fraintendimenti riguardo alle tesi da lui sostenute. Faccio notare che sono stati i lettori a mettermi al corrente della discussione avvenuta su tale sito, a tenermi informato e a chiedere un mio intervento. Ho preferito pubblicarlo esclusivamente sul mio sito, dopo che il webmaster del sito della chiesa valdese di trapani, aveva rifiutato di pubblicare il contributo di un lettore di nostra conoscenza e questi mi aveva messo al corrente.

     Passando al merito della questione, dopo aver letto l’attuale scritto del mio interlocutore, non posso che prendere atto che tutti i dubbi, espressi nella mia precedente analisi, sono stati confermati. L’anima delle tesi è il metodo storico-critico e, quindi, il liberalismo teologico, che non crede che il NT sia interamente l’autorevole «Parola di Dio», ma sarebbe la semplice espressione di umane teologie diverse e, in parte, contrastanti fra loro. Da ciò deriva il resto delle tesi del mio interlocutore.

 

 

2.  ANALISI DELLE TESI: Aderendo alla valutazione di base degli scritti del NT nello spirito del criticismo storico, il mio interlocutore fa emergere il seguente quadro (qui seguo la sua numerazione).

     ■ 1. Alessandro Esposito afferma che la dottrina della Trinità non sarebbe «l’unica interpretazione legittima della relazione che intercorre tra Dio Padre, Gesù e lo Spirito Santo».

 

     ■ 2. Alessandro Esposito pratica una discriminazione fra i testi biblici (p.es. quelli di Giovanni), secondo i dettami del metodo storico-critico, e fa di ciò la base della tesi, secondo cui la dottrina della Trinità non sarebbe «l’unica possibile a partire dall’interpretazione dei testi biblici».

 

Per non dover ripetere qui le tesi del metodo storico-critico e mostrare le sue alternative storico-bibliche, per l'approfondimento si veda in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articoli: «Criticismo storico», pp. 127-130; «Sistemi teologici», pp. 332ss; «Teologia biblica», pp. 353s.

    Si veda pure Nicola Martella, «La Bibbia fra criticismo e modernismo», Radici 5-6 (Punto°A°Croce, Roma 1995), pp. 187-195.

 

La valutazione tipica del liberalismo teologico, che è alla base del metodo storico-critico (che chiamerei darwinismo teologico-dottrinale, tipico per il 19° secolo), convince l’ex studente della Facoltà Valdese di teologia che non esiste un’unica teologia del NT, ma varie teologie, differenti fra loro e, a volte, contrastanti. In pratica, gli scritti non sarebbero da attribuire agli scrittori che affermano di scrivere nel NT, ma sarebbero per certa parte pseudo-epigrafi posteriori all’epoca apostolica. È qui che sta il «verme» del criticismo e le conclusioni dei suoi seguaci. Da ciò risulta poi la discriminazione arbitraria fra gli scritti, le conseguenti valutazioni teologiche e la presunta ipotesi di una pluralità teologica al tempo degli apostoli.

 

     ■ 3. Il fatto che il mio interlocutore confessi Gesù come «messia» (greco christós «unto [a re]») e «figlio di Dio», non deve confondere, poiché egli intende semplicemente il «Gesù storico» senza altre pretese (per lui «figlio di Dio» è solo un titolo messianico e non l'affermazione di una natura divina). Che Mc 1,1 sia da considerare quale confessione «l’unica veramente comune a tutti gli scritti canonici neotestamentari» mostra come sia radicata la concezione storico-critica. La rivelazione divina nella storia e, perciò, negli scritti biblici è invece progressiva.

     Nello spirito liberale che prospetta una visione pluralistica nella teologia del NT, si afferma perciò che esistono sì brani che è possibile interpretare nel senso di una «attribuzione della divinità a Gesù sin dal cristianesimo delle origini», ma il cristianesimo dell’era apostolica non si sarebbe pronunciato in maniera unanime. Il quadro che ne dà il liberalismo teologico dell’era apostolica è, quindi, quello di «cristianesimi primitivi, al plurale». E qui sta il nocciolo della questione!

     Quando Alessandro Esposito parla di storici e di esegeti odierni o di «esegeti, teologi, storici del cristianesimo assai più qualificati di me», da cui egli ha attinto durante i suoi studi presso la Facoltà Valdese di teologia e per i suoi «approfondimenti tematici» per chiesa e sito, intende i seguaci del metodo storico-critico, sorto come risposta storica, letteraria e teologica del darwinismo (o evoluzionismo) del 19° secolo. Il resto dipende da questo. Anche Gesù Cristo fu assoggettato a tale processo: all’inizio ci sarebbe stato solo un «Gesù storico», un rabbino senza pretese; solo poi la chiesa (e specialmente Saulo da Tarso) lo avrebbe fatto diventare il divino «Cristo della fede». Perciò è normale che non intenda Gesù nel senso di «Logos di Dio, Dio presso Dio, diventato carne» (Gv 1,1ss.14.18).

 

     ■ 4. Ho i miei dubbi, conoscendo a fondo il metodo storico-critico, che esso costituisca una «ricerca autentica», visto che parte da pregiudizi evidenti verso la sacra Scrittura e da tesi aprioristiche che poco concordano con la ricerca della verità e con la pretesa del NT di essere la Verità rivelata da Dio. Chi voglia tagliare rettamente la Parola della verità, per non essere un operaio confuso, per essere approvato dinanzi a Dio e per non sviarsi dalla verità (2 Tm 2,15ss), non può che prendere le distanze dal metodo storico-critico e aderire al metodo storico-esegetico, che è rispettoso dei sacri testi.

 

 

3.  APPROFONDIMENTO DELLE QUESTIONI: La mia domanda è la seguente: Se vi erano diverse teologie e diversi cristianesimi, dove stanno al riguardo le controversie dottrinali a livello dell’intera chiesa al tempo del NT? E dove sta un «Concilio interecclesiale di Gerusalemme» per una questione così importante quale la deità di Cristo? Se vi erano diverse concezioni di Cristo, come faceva Paolo a denunciare ogni «altro evangelo di Cristo» dei giudaisti operanti nella Galazia, lanciando addirittura il suo anatema? (Gal 1,6-9). E come faceva a denunciare un «altro Gesù» dei superapostoli gnostici, che avevano preso il potere nella chiesa di Corinto? (2 Cor 11,4.13ss). Come poteva rispondere a tale concezione giudeo-gnostica di Gesù, proponendosi «di non saper altro fra voi, fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso»? (1 Cor 2,12; cfr. Gal 6,14). Come poteva opporsi al riguardo che fosse posto un «altro fondamento che quello già posto, cioè Cristo Gesù»? (1 Cor 3,11). Perché parlare allora di «falsi cristi», come fece Gesù stesso (Mt 24,24)? Perché Pietro accreditò le cose scritte da Paolo nelle sue epistole, ma denunciò coloro che le storcevano a propria perdizione? (2 Pt 3,15ss). La questione della salvezza dei Gentili rese importante una decisione storica quale quella del «Concilio interecclesiale di Gerusalemme» (At 15). Se Gesù non fosse stato considerato unitariamente in tutta la chiesa apostolica come il Logos di Dio, Dio presso Dio, divenuto carne («mistero di Cristo»), quanto più tutto ciò avrebbe richiesto allora un concilio interecclesiale di chiarimento di una questione così importante, costituendo il cuore stesso dell’Evangelo? Sta di fatto che Paolo e la sua squadra missionaria si opposero a un evangelo diverso, a un altro evangelo, considerandolo un’adulterazione del messaggio autentico dell’Evangelo di Cristo. Il cuore di un «evangelo diverso» era la predicazione di un «altro Gesù», mosso da uno «Spirito diverso» (2 Cor 11,4). Un evangelo spurio e degno di anatema era quello che annunziava «un vangelo diverso da quello che v’abbiamo annunziato» (Gal 1,6.9). Per poter fare una tale discrimina, nelle chiese c’erano le idee abbastanza chiare su ciò che era il contenuto dell’Evangelo e sulla natura divina di Cristo; per questo non fu necessario un tale concilio di chiarimento durante l’epoca degli apostoli.

     Le cose cambiarono in epoca post-apostolica per vari motivi. Per non fare demagogia o facili ideologismi, bisogna distinguere fra le questioni trinitarie direttamente presenti nel nuovo patto e le postume formulazioni dottrinali della Trinità. Dopo il tempo apostolico, le cose non furono sempre lineari, ci furono sbandamenti, oltre alle persecuzioni, gli scritti apostolici non arrivarono dappertutto, l’insegnamento apostolico non sempre fu tramandato nella sua purezza dai conduttori, entrarono nelle chiese lupi famelici e sorsero nelle comunità gente traviata e traviante, come preannunciò lo stesso Paolo (At 20,29ss), da parte di gruppi gnostici di frangia furono prodotti pseudoepigrafi e apocrifi per avvallare le loro singolari tesi. Non bisogna proiettare però le polemiche dottrinali del 3° e 4° secolo nel NT e nell’epoca apostolica; in quest’ultima l’unica questione maggiore riguardava la salvezza dei Gentili ed essa fu risolta nel Concilio di Gerusalemme (At 15).

     Il NT proclama la sostanza delle cose; l’uso nei secoli ha formulato «etichette» per i concetti teologici ricorrenti. Sarebbe un grave errore pensare che la denominazione delle cose, inventi le cose stesse (p.es. Adamo per la nomenclatura degli animali e di Eva); è immancabile che in ogni settore si creino termini tecnici per caratterizzare questioni ricorrenti, per distinguerle da altre affini e per capirsi in modo immediato. Già nell’AT, troviamo tali termini tecnici per esprimere, ad esempio, i vari sacrifici con «etichette» specifiche (cfr. «Sacrifici» in Manuale Teologico dell’Antico Testamento, pp. 311-314). Lo stesso nome di Dio era in origine questo: «Jahwè, l’Elohim dei vostri padri, l’Elohim d’Abrahamo, l’Elohim d’Isacco e l’Elohim di Giacobbe mi ha mandato da voi. Tale è il mio nome in perpetuo, tale la mia designazione per tutte le generazioni» (Es 3,15s; 4,5; 1 Re 18,36; 2 Cr 30,6). L’uso continuo fece sì che tale lunga designazione fosse presto ridotta al termine tecnico «Jahwè», mentre la prima fosse riservata a momenti di particolare solennità.

     Una questione fondamentale per non fare critica interna alla Scrittura e per non discriminare arbitrariamente fra scritto e scritto per motivi ideologici, è di accettare tutto il NT come Parola di Dio e tener presente tutto ciò che vi è scritto in esso quale documento del nuovo patto. Non bisogna dire soltanto «solo la Scrittura», ma anche «tutta la Scrittura». Non possiamo discriminare un libro o l’altro a nostro piacimento, poiché ciò ci rende responsabili e colpevoli. Paolo lodava così i Tessalonicesi: «Quando riceveste da noi la parola della predicazione, cioè la parola di Dio, voi l’accettaste non come parola d’uomini, ma, quale essa è veramente, come parola di Dio, la quale opera efficacemente in voi che credete» (1 Ts 2,13). Quindi questa è la cesura fra legittimità biblica e arbitrio: l’accettazione incondizionata dell’intero canone del NT come Parola di Dio. La domanda da fare ad Alessandro Esposito è la seguente: Credi tu che il NT è interamente Parola di Dio, senza se e senza ma?

 

 

4.  ASPETTI CONCLUSIVI: Qui tratto la parte finale dello scritto del mio interlocutore. Ora, non ci sono più «fraintendimenti» riguardo alla genesi teologica di Alessandro Esposito. Non si può neppure parlare di «banalizzazioni» da parte di altri, visto la gravità degli assunti teologici di base. Di là dalla necessità del dialogo, uno spazio di «fecondità mutua» si può avere laddove c’è accordo sulle basi elementari della fede e sul metodo legittimo d’interpretazione della Scrittura, che ne sia rispettoso in tutte le sue parti e consideri il NT interamente per ciò che è: la santa Parola di Dio e il documento del nuovo patto che Dio ci ha affidato per discernere la verità dalle menzogne. Uno «spirito fraterno» sarà pienamente realizzabile, solo se si basa sullo stesso fondamento della fede, la sacra Scrittura, così come è piaciuto a Dio di trasmettercela. Altrimenti, ciò che resta è solo un tollerante sentimentalismo senza verità, basato sull’arbitrio di una filosofia umanista cristianizzata (il darwinismo storico, letterario e teologico). Eccone alcuni esempi dell’auto-testimonianza della sacra Scrittura, delle sue pretese e delle sicurezze che essa infonde.

     ■ Giosia disse: «Immolate la Pasqua, santificatevi, e preparatela per i vostri fratelli, conformandovi alla parola dell’Eterno trasmessa per mezzo di Mosè» (2 Cr 35,6).

     ■ «Diletti, ponendo io ogni studio nello scrivervi della nostra comune salvezza, mi sono trovato costretto a scrivervi per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata una volta per sempre tramandata ai santi» (Gd 1,3; cfr. 1 Ts 2,13).

     ■ «Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando, e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandamenti dell’Eterno, Dio vostro, che io vi prescrivo» (Dt 4,2; 12,32).

     ■ «Io lo dichiaro a ognuno che ode le parole della profezia di questo libro: “Se alcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali le piaghe descritte in questo libro; e se alcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dell’albero della vita e della città santa, delle cose scritte in questo libro”» (Ap 22,18s).

 

Per l’approfondimento di Gesù Cristo nella Bibbia in contrapposizione con l'immagine che ne dà il criticismo storico, si veda in Nicola Martella, Chi dice la gente che io sia? Offensiva intorno a Gesù 1 (Punto°A°Croce, Roma 2000), i seguenti articoli: «La teologia liberale e Gesù», pp. 69-79; «Gesù negli Evangeli», pp. 80-85; «Il Gesù dei critici e il Gesù del NT» (di Rinaldo Diprose), pp. 88-98; «Gesù accaparrato da varie “teologie”», pp. 99-102.

     Per l’approfondimento dell’immagine biblica di Gesù Cristo si veda anche la seguente letteratura:

     ■ Nicola Martella, E voi, chi dite ch’io sia? Offensiva intorno a Gesù 2 (Punto°A°Croce, Roma 2000). Qui sono presentate specialmente la visione biblica di «Gesù nella Bibbia e nella storia» (pp. 3-73) e  «La questione giudaica» (pp. 74-158).

     ■ Nicola Martella, La lieve danza delle tenebre (Veritas, Roma 1992), nell’articolo «La dottrina occulta e la Bibbia» si veda la sezione «III. Gesù Cristo», pp. 393-396.

     ■ Nicola Martella, «Gesù Cristo», Elementi della fede: Dottrine fondamentali della fede cristiana (Associazione Soli Deo Gloria, Piacenza 2009), pp. 26ss.

 

È chiaro che ogni ulteriore confronto con Alessandro Esposito su questo tema premette che egli legga dapprima tutti i miei testi sopra citati. Ciò eviterà ulteriori fraintendimenti e inutili ripetizioni.

 

Deità di Gesù e autorità del NT? Parliamone 1 {Nicola Martella} (T)

Deità di Gesù e autorità del NT? Parliamone 2 {Nicola Martella} (T)

 

Correlazione fra Padre e Figlio nella Deità {Nicola Martella} (D)

Deità, Trinità e Cristo {Nicola Martella} (D)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Dot/A1-Deita-Gesu_autorita-NT_EdF.htm

17-05-2009; Aggiornamento: 21-05-2009

 

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