Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

Per il discernimento biblico

Prima pagina

Contattaci

Domande frequenti

Novità

Arte sana

Bibbia ed ermeneutica

Culture e ideologie

Confessioni cristiane

Dottrine

Religioni

Scienza e fede

Teologia pratica

▼ Vai a fine pagina

 

Il Levitico 1

 

Cristianesimo giudaico

Vai ai contributi sul tema

Norme di fair-play

 

 

Il Levitico — Libretto di studio:

   Dopo le istruzioni d’uso e l’introduzione generale, seguono le domande sul testo, che rimarcano le parti principali del Levitico:
■ I sacrifici (Lv 1-7)
■ Il sacerdozio (Lv 8-10)
■ Purificazione del popolo (Lv 11-15)
■ Giorno della riconciliazione (Lv 16)
■ Ordinamenti per il popolo (Lv 17-20)
■ Ordinamenti per il sacerdozio (Lv 21-22)
■ Ordinamenti per le feste (Lv 23-24)
■ Ordinamenti per il paese (Lv 25-26)
■ Appendice: voti e decime (Lv 27).

 

Il Levitico — Libretto di testo

   Si tratta di una traduzione letterale che ricalca da vicino l’ebraico e che è strutturata secondo le parti evidenti del libro. Può risultare molto utile per chi vuole studiare il Levitico in modo profondo.

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

Il Levitico 1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serviti della e-mail sottostante!

E-mail

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL TEMPO DELLO ŠABBĀT? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

L’articolo «Il tempo dello šabbāt?» commenta uno scritto comparso sul mensile «Oltre». Esso contiene, tra altre cose, una richiesta all'autrice di spiegare meglio il suo punto di vista. Deborah D’Auria ha risposto all'invito. Nel confronto fraterno, che segue, sono contenuti anche spunti su come gestire una rubrica sull'ebraismo in una rivista a tema vario come «Oltre» e, quindi, destinata a un vasto pubblico. Spero che il responsabile di quest'ultima li saprà cogliere e fare fruttare.

     Qui di seguito discutiamo quindi tale articolo e le riflessioni derivanti.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Deborah D’Auria

2. Nicola Martella

3.

4.

5.

6.

7.

8.

9.

10.

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Deborah D’Auria}

 

Caro Nicola, ho letto con interesse le tue osservazioni al mio contributo su «Oltre» dedicato allo Shabbat. Contestualmente sono venuta a conoscenza che non era la prima volta che dedicavi parte del tuo tempo prezioso ai miei articoli. Purtroppo non sono una abituale frequentatrice dello spazio virtuale.

     Le tue osservazioni sono troppo precise per non essere prese in considerazione. Al di là delle questioni da te sollevate e che rispetto, vorrei solo precisare che, quando ho concordato con Elpidio Pezzella questa rubrica, il mio obiettivo era solo quello di provare a far conoscere in minima parte e con grande circospezione l’immenso patrimonio dell’ebraismo.

     Sono convinta che ogni autentico dialogo necessiti d’una fase preliminare, come quella della conoscenza delle tradizioni con cui si vuole dialogare. Sicuramente i livelli d’approccio possono essere migliori di quelli offerti da me. Così come sul piano linguistico le interpretazioni possono essere diverse. Ma questa è la ricchezza della tradizione ebraica e della sua «lettura infinita» delle Scritture. Spero che tu non mi ritenga così sprovveduta da non sapere che c’è una lettura cristiana delle stesse questioni. Ma questo non rientrava e non rientrerà nel taglio degli articoli da me suggeriti. Non intendo essere pietra di scandalo e d’inciampo per nessuno.

     Ma neppure rinunciare a un esercizio ermeneutico che mi sembra importante. Quanto alla tua osservazione per cui io susciterei «solo domande» e non risposte, beh, francamente questo per me è il migliore complimento. Sono convinta che la fede sia soprattutto fatta di domande e di aperture a un mistero che certo si è fatto carne, ma che resta l’orizzonte sempre mobile cui guardare.

     Non credo in tutta buona fede che io abbia «teso trappole» d’alcun tipo. Volevo e voglio solo offrire uno spazio di riflessione e contribuire alla nostra comune ricerca di fede, nella consapevolezza che proprio il cammino sia una delle sue dimensioni più forti. Spero anch’io che da questo confronto tu ne possa uscire arricchito.

 

 

2. {Nicola Martella}

 

Per motivo d'opportunità, uso lo stile analitico in terza persona invece di quello della lettera personale.

     Ho apprezzato la pacatezza e l’equilibrio della risposta di Deborah D’Auria. Il suo obiettivo concordato col responsabile di «Oltre» è condivisibile. Conoscere e (far conoscere) coloro con cui si vuole dialogare autenticamente, è nobile (qui l’ebraismo e le sue tradizioni). Al contrario, l’ignoranza reciproca è sempre un limite a «ogni autentico dialogo».

     Poi lungi da me dal ritenere Deborah D’Auria «così sprovveduta da non sapere che c’è una lettura cristiana delle stesse questioni»! Il problema è che, mentre noi addetti ai lavori sappiamo discernere i diversi piani delle questioni e possiamo distinguere che qualcosa è propedeutico a un’altra, i lettori di una rivista politematica (qual è «Oltre», che ritengo ottima per molti aspetti) in genere non posseggono questa facoltà, se non pochi. Volenti o nolenti il lettore medio viene influenzato, sì indottrinato, da ciò che legge, chiunque sia a scrivere. Se l’autore di un certo tema (come appunto quello dello šabbāt) si ferma a un certo punto del discorso, il lettore lo prende come l’opinione dottrinale della rivista e come cosa «ortodossa» che gli viene suggerita di praticare; come minimo resterà confuso. Chi resterà turbato, smetterà di leggere «Oltre». Quelli che hanno il sabato come dottrina maggiore, useranno «Oltre» come documento che dà loro ragione nel fare proseliti fra gli evangelici. Come si vede per certi temi non ci si può fermare ai preliminari, poiché questi ultimi — oltre a essere fraintesi — sono preghi di conseguenze.

     È fuori dubbio che Deborah D’Auria non intendesse «essere pietra di scandalo e d’inciampo per nessuno», né tanto meno che intendesse porre «trappole» ai lettori. Ciò avviene però, a volte, malgrado le buone intenzioni che si nutrono. Ciò che ha scritto l’autrice ha affascinato alcuni lettori che prendono il giudaismo come radici di un cristianesimo più «biblico» e più «originale». È in questa direzione che un lettore mi ha scritto tra altre cose: «Se per esempio Lutero avesse ripristinato il Sabato al posto della Domenica, oggi avresti risposto ben diversamente a D’Auria... Oggi le chiese protestanti si sarebbero riunite di Sabato e non di Domenica». Questa è la conclusione che ha tratto lui, che io non considero un lettore medio, ma un conoscitore di queste questioni. Io gli ho risposto facendo riferimento ad Atti 15 (il sabato non rientrò nelle decisioni del concilio per i Gentili) e Rm 14 (Paolo riconobbe ai giudeo-cristiani, presenti nelle chiese in casa di Roma, il diritto di osservare il «giorno» e ai cristiani gentili riconobbe il diritto di considerare tutti i giorni uguali, senza un «giorno» particolare).

     Nessuno vuole indurre a «rinunciare a un esercizio ermeneutico» ma, per i motivi detti sopra, è bene pensare al messaggio che si trasmette con ciò che si scrive e con ciò che si omette di scrivere. Questo vale per noi tutti.

     Visto che nei propositi di Deborah D’Auria una «lettura cristiana» delle questioni da lei trattate «non rientrava e non rientrerà nel taglio degli articoli» che scrive — il mio suggerimento per «Oltre» sarebbe quello che, per questi temi, un altro autore, conoscitore di tali tematiche, affianchi le «Toledot» di Deborah D’Auria con una rubrica parallela (chiamiamola Didaché) per spiegare l’incidenza di ciò, che lei dice, per la gente del nuovo patto. Questo salverebbe «capre e cavoli» e aiuterebbe il lettore a capire, senza rimanere confuso. Questo però sta nella libertà dei responsabili di «Oltre» e nella prontezza dell’autrice di mandare a tempo i suoi articoli a tale autore.

     Quanto alle «domande» soltanto, io ho pubblicato due libri di studio su Matteo e Levitico che contengono solo domande; il primo ha però un dizionarietto finale, a cui nel testo si rimanda continuamene, e il secondo è accompagnato dal testo biblico che ricalca l’ebraico e che è corredato di continue annotazioni. Dico questo perché quando ci si confronta col testo biblico, le domande possono essere utilissime. Quando però il lettore legge un articolo e trova solo domande (e incertezze) e niente risposte riguardo al collegamento di tale soggetto controverso con la teologia del NT, allora le cose cambiano! Allora quello che potrebbe ritenersi il «migliore complimento» per un autore, potrebbe scoprirsi fonte di animosità in vari lettori; infatti, importante rimane il risultato nelle menti e nelle vite di chi legge. Concesso che la fede biblica è «soprattutto fatta di domande», ma aggiungerei solo laddove ci sono delle certezze incontrovertibili date dalla rivelazione; altrimenti una fede vale l’altra e così pure le religioni.

     La comunicazione è una tecnica complicata. Uno dei continui pericoli è quello di essere fraintesi da chi ascolta o legge. Ad esempio le parole di Deborah D’Auria riguardo alla fede, se lette fuori contesto, potrebbero ricordare quelle di Herman Hesse e del suo Siddharta; egli come è noto si è rivolto alle religioni orientali e le ha comunicate all’Occidente con un linguaggio filosofico, esistenzialista e, per certi aspetti, cristianizzato e occidentalizzato. Meno male che lei ha parlato del «mistero che certo si è fatto carne»! Stranamente però proprio Herman Hesse ha formulato in Siddharta la frase memorabile cara alla filosofia orientale: «La via è la meta»; essa sembra trasparire dalle parole dell’autrice quando parla della «nostra comune ricerca di fede, nella consapevolezza che proprio il cammino sia una delle sue dimensioni più forti». È chiaro che questa è solo una coincidenza, poiché non credo che Deborah D’Auria sia una discepola di Herman Hesse! Proprio questo esempio, però, mostra come ciò che comunichiamo susciti in chi legge associazioni con contenuti da lui conosciuti; ciò fa sì che il lettore cataloghi subito lo scrittore in una «cassettiera» delle idee, in base a ciò che ha capito. Perciò si fa bene a essere molto chiari come autori e a porsi il problema di ciò che capiranno i lettori. Io che scrivo regolarmente per «Fede controcorrente» so come sia facile essere frantesi, ma ho il vantaggio di spiegare il tutto subito nel prossimo contributo, appena arriva una richiesta di chiarimento; chi scrive su una rivista, spesso non riceve molto riscontro immediato. I responsabili di un rivista come «Oltre» devono però preoccuparsi sia del problema della comunicazione sia quello dei contenuti, non lasciando nulla d’incompleto, che può offrire il fianco a pesanti critiche.

     Il confronto è certamente per me sempre un momento d’arricchimento, quando si ci si confronta con lealtà e correttezza, con misericordia e rettitudine. Grazie quindi a Deborah D’Auria per questo confronto.

 

 

3. {}

 

 

4. {}

 

 

5. {}

 

 

6. {}

 

 

7. {}

 

 

8. {}

 

 

9. {}

 

 

10. {}

 

 

11. {}

 

 

12. {}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Tempo_shabbat_parlando_Lv.htm

16-08-2007; Aggiornamento: 03-07-2010

 

▲ Vai a inizio pagina ▲

Proprietà letteraria riservata

© Punto°A°Croce