Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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■ La religione
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■ L’esoterismo
■ La dottrina occulta
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APPROFONDIMENTO STORICO-BIBLICO SUL RHEMA?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Le chiese bibliche possono sottrarsi dal confronto con la questione delle «nuove rivelazioni», di cui la «dottrina del rhema» è una subdola variante. I suoi seguaci indottrinano i credenti via Web, penetrano nelle chiese, creano dissensioni e così via. È bene essere preparati, se non si vuole vedere la propria chiesa locale fermentata dal falso lievito delle nuove dottrine. Quanto sei preparato per fare muro? Solo se capirai l’ideologia del rhema e la sottile strumentalizzazione della sacra Scrittura da parte dei sostenitori di tale dottrina, potrai riconoscerla, rispondere in modo adeguato e mettere in allarme gli altri credenti. Prevenire o intervenire subito, è meglio che poi dover condurre accese battaglie contro gli indottrinati e curare le loro vittime con tanto sacrificio.

     Qui di seguito approfondiamo le questioni presentate nell’articolo «Approfondimento storico-biblico sul rhema».

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

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I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Edoardo Piacentini

2. Gianni Siena

3. Nicola Martella

4. Gianni Siena

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Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Edoardo Piacentini}

 

Quando fu redatta la versione greca dell’Antico Testamento, detta dei Settanta, perché fu tradotta in greco da settantadue eruditi Ebrei a Alessandria d’Egitto tra il 285 e il 247 avanti Cristo, i traduttori usarono entrambe le parole e la scelta è dipesa dal gusto dei traduttori, è variata secondo i libri e non ha comportato sostanziali differenze semantiche.

     I sostenitori della dottrina del rhema, invece, ritengono che Logos si riferisca all’intero messaggio di Dio, alla Bibbia, la Parola scritta, mentre Rhema, vuole indicare il modo in cui il logos predicato viene ricevuto e diviene rhema per chi ascolta, perché recepito come Parola diretta a sé, da applicare alla propria vita, come se Dio stesso avesse parlato. Essi, in pratica sostengono che la Parola di Dio è nata sempre come rhema e, divenuta logos, quando è stata scritta, nel momento in cui viene predicata torna a divenire rhema per chi ascolta.

     Tuttavia, stando al vocabolario, ῥῆμα (rhema) indica ciò che è pronunciato, un suono con un senso compiuto, una parola. Λόγος (logos) indica più o meno la stessa cosa, ma con una sfumatura in più: vi è implicata la facoltà di ragionare, per cui assumere anche il senso di discorso e ragionamento. Per fare un esempio, un bambino pronuncia parole rhema; un adulto può sia pronunciare parole (rhema) sia fare un discorso (logos). Se proprio si vuole trovare una differenza, solo questa potrebbe essere proponibile, e non quella sostenuta dai seguaci del rhema, che nasce dalla loro fantasia. Ora, io sto scrivendo parole (rhema) per argomentare un discorso (logos).

     Lo capiamo meglio riferendoci alla Scrittura. Quando Gesù dice: «L’uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola [rhẽmati], che procede dalla bocca di Dio» (Matteo 4,4), Egli intende esortarci ad accogliere in noi, per esserne nutriti, ogni singola parola di ciò, che Dio dice. La Scrittura c’insegna che dobbiamo leggere e accettare ciò, che è scritto; non c’è molto da ragionare o, almeno, prima occorre fare e poi casomai meditare. È l’attitudine di Deuteronomio 5,27: «Tutto ciò che il Signore, il nostro Dio, ti avrà detto, e noi l’ascolteremo e lo faremo». Meglio ancora, è l’attitudine di Giosuè 24,24: «L’Eterno, il nostro Dio, è quello che serviremo, e alla sua voce ubbidiremo!»; prima di tutto si deve fare, ubbidire, poi ci sarà tempo di capire. E ancora: «Io vi dico che di ogni parola [rhêma] oziosa, che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio» (Matteo 12,36). Anche qui si vede come rhema indichi singole parole. «Queste non sono parole [rhêmata] di un indemoniato» (Giovanni 10,21). Di nuovo, si tratta di singole parole. «Uomini di Giudea, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, vi sia noto questo, e ascoltate attentamente le mie parole [rhêmata]» (At 2,14). Stessa cosa.

     Vediamo ora la parola Logos. Nel Prologo del Vangelo di Giovanni leggiamo: «Nel principio era la Parola [logos], la Parola [logos] era con Dio, e Dio era la Parola [logos]» (1,1). Qui non si tratta di una parola intesa come vocabolo, ma del parlare. C’è dietro un progetto: con la sua sapienza, Dio, esprimendosi nella sua parola (Logos), nel suo parlare, creò ogni cosa; parlava, diceva il nome di una cosa e quella era creata. Quando nella sua prima epistola, Giovanni afferma: «Quel ... che le nostre mani hanno toccato della Parola [logou] della vita» (1 Giovanni 1,1), anche qui non si tratta di una singola parola, di un vocabolo, ma si fa riferimento a tutto il discorso inerente la vita. Questa potrebbe essere l’unica differenza possibile, ma bisogna ribadire che sia i traduttori della versione detta dei Settanta, sia gli autori dei libri del Nuovo Testamento, non ne hanno quasi mai tenuto conto, considerando i due termini assolutamente sinonimi. {15-10-2012}

 

 

2. {Gianni Siena}

 

È diventato un «tormentone» biblico-lessicale. Ho capito che i due termini sono sinonimi e certi ragionamenti sono castelli costruiti su un fondamento grande come la testa di un chiodo.

     Però in Romani 10,16 si legge: «Ma non tutti hanno ubbidito alla buona notizia; Isaia infatti dice: “Signore chi ha creduto alla nostra predicazione?”». Il profeta vede cadere nel vuoto i suoi appelli accorati al ravvedimento. Paolo, dunque, conclude: «Così la fede viene da ciò, che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola [rhema] di Cristo»! (vv. 10.17). L’apostolo sottolinea che il tipo di ascolto determina fede o incredulità verso la parola di Cristo che, come evidenziato dal verso precedente, è la parola predicata.

     Dunque? Esiste un grano di vero e si trova nella Parola, esso si realizza nel vissuto dei credenti.

     ■ Soffrii presto di emorroidi e, una volta, mi recai dolorante a Bologna dalla mia fidanzata. Durante la predicazione di quella domenica, tormentato dall’infiammazione, ascoltavo il sermone su uno dei miracoli di Gesù e desideravo essere liberato dalla sofferenza… all’improvviso, l’infiammazione scemò in qualche secondo e fui libero dal malanno che, quando si manifestava, durava tre-cinque giorni (= erano tre giorni che pativo!).

     ■ Un culto benedetto, in cui si è edificati dipende dal predicatore e/o piuttosto dall’uditorio; una lezione di scuola domenicale, in cui s’impara qualcosa dipende dall’insegnante ma, soprattutto dall’atteggiamento di ascolto dei presenti.

     ■ In qualche riunione, con o senza l’appello a recarsi davanti al pulpito, qualcuno torna a casa con «messaggi», che lo riguardano, ricevuti ascoltando con interesse (= fede) la predicazione; altri guariscono da infermità: accadde e succede ancora.

 

In questo senso la Parola di Dio si rivela per quella che è: potente ed efficace! È solo l’incredulità del soggetto a determinare il tipo di ascolto e le conseguenze che ne deriveranno, come Paolo sottolinea nel trattare il problema della messa da parte, sia pure temporanea, della maggior parte del popolo d’Israele.

     Rhema o logos… la differenza è dettata dall’atteggiamento interiore di chi ode la Parola (At 16,14) .

     Quando prego per le mie necessità o quelle altrui, do per scontato che Dio stia ascoltando e aspetto la sua risposta, che prima o poi arriva.

     Il rimedio alle elucubrazioni di qualche improvvisato, autonominato e maldestro «maestro» esiste: esporre con fede e autorità bibliche tutta la Parola di Dio, sottolineando che Egli ha cura di noi. {15-10-2012}

 

 

3. {Nicola Martella}

 

Rispondo qui a Gianni Siena. Come ho già esposto altrove, la locuzione «parola di Cristo (o di Gesù)» è indicata nel NT sia con rhema (Rm 10,17 annuncio), sia con logos (Col 3,16 ammaestramento e ammonimento); quindi non c’è alcuna differenza di significato, ma il tutto dipende dalla sensibilità letteraria dell’autore e dalla circostanza, in cui si esprime. Una singola locuzione di Gesù fu indicata come rhema (Mt 26,75) o come logos (Gv 2,19.22; 4,50 rivelazione personale!; Gv 18,23 predizione!). L’insegnamento orale di Gesù fu indicato come logos (Lc 10,39; Gv 8,31; 14,23). La rivelazione, ricevuta da Giovanni e che egli annunciò alle chiese, fu chiamata «logos di Dio» e «testimonianza di Gesù» (Ap 1,2.9; 20,4).

     Non capisco, sinceramente, che cosa abbia a che fare la dolorosa esperienza delle emorroidi con tema rhema / logos. Se il malanno durava 3-5 giorni ed erano già passati tre giorni di patimenti, il tutto era nell’usuale intervallo. Inoltre, lì si trattava di una predicazione, non di una parola diretta a lui da un autonominato «profeta». Che una predicazione possa ispirare e fare bene anche in campo psicosomatico, è fuori dubbio, ma ciò non ha nulla a che vedere col tema.

     Anche parlare qui di incredulità, è interessante, ma non c’entra con l’ideologia del rhema e con la risposta biblica da dare.

     A ciò si aggiunga che non posso condividere questa singolare equazione: «Rhema o logos… la differenza è dettata dall’atteggiamento interiore di chi ode la Parola». No, la differenza o meno è dapprima lessicale e nell’uso dei termini, come vogliono far credere i seguaci di tale singolare ideologia. Se non c’è una differenza sostanziale dei termini, ma sono solo sinonimi usati secondo la propria sensibilità letteraria, su ciò non si può costruire una tale sovrastruttura ideologica, per avvallare nuove rivelazioni. Perciò, non essendoci alcuna differenza sostanziale dei termini rhema e logos, non può farla chi ascolta la Parola, come se possa essere lui a stabilire questo è per me rhema e quest’altro è per me logos.

     Probabilmente Gianni Siena si è espresso solo in modo poco chiaro, così da essere frainteso; spero che sia così, visto che poi il «rimedio alle elucubrazioni» dei «rhemaisti» è condivisibile.

 

 

4. {Gianni Siena}

 

Accetto le tue osservazioni lessicali circa l’equivalenza semantica di rhema e logos, ma io ho voluto semplicemente attirare l’attenzione di chi legge sull’atteggiamento interiore di ascolto. Paolo fa quella bella osservazione dopo aver trattato l’atteggiamento perlopiù incredulo degli Israeliti verso il Vangelo del loro Messia.

     Da 50 almeno ascolto il Vangelo e il profitto, che ne potevo trarre, è potenzialmente immenso, ma me ne sono realmente avvantaggiato quando ho ascoltato con fede ubbidiente il contenuto, per la salvezza e per i benefici del conoscere Cristo. Cosa centrano gli esempi da me portati? Chi può ascoltare, ne tragga le dovute conseguenze! {19-10-2012}

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Rhema_storic-BB_Oc.htm

19-10-2012; Aggiornamento: 20-10-2012

 

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