Qui di seguito continua la seconda parte della
discussione dell'articolo «Attenzione
al pericolo massimalista!». Abbiamo parlato di due male bestie dottrinali e morali, da cui bisogna
guardarsi: il massimalismo e il liberalismo. In questa discussione trattiamo
specialmente il massimalismo, un fenomeno legalistico che si trova in ogni
compagine denominazionale.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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1. {Tore Reale}
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Il massimalismo
si fossilizza in modo estremista su pochi concetti, il più delle volte
sbagliati, che usa come araldi, anche in modo estemporaneo e aggressivo. Ma è
pur vero, che il massimalista, avendo un raggio di visione limitato, non è in
grado di vedere oltre il proprio misero e settario mondo.
Il
liberalismo è antidogmatico, opportunista e in date occasioni immorale. La
base del liberale è il relativismo, con cui misura tutte le cose. Il liberale
finge un rispetto generalizzato sui suoi interlocutori, ma in realtà è
interessato ad accrescere i suoi scopi, a partire da quelli finanziari e
politici, su cui non si pone alcuno scrupolo. {Archivio Storico Pinerolese;
05-11-2010}
2. {Pietro
Calenzo}
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Carissimo Nicola,
Shalom. Come sempre, le tue proposte sono molto interessanti, e questa sullo
spirito massimalista, esistente nel cristianesimo, è senza dubbio un argomento,
che merita una trattazione specifica e molto attenta. Premesso che questa
propensione esiste, in maniera più o meno accentuata, in molte denominazioni
cristiane, sono anche concorde con la tua valutazione.
Spesso per sfuggire a una visione liberale della fede, alla quale siamo
stati eletti, si cede a una visione settaria e a volte partigiana o
legalistica
della fede medesima; o di contro, si sposa una mistica visione
sperimentalista ed esperienziale della propria vocazione.
Per fare solo alcuni esempi, cito la Chiesa Avventista del settimo
giorno, o una certa frangia delle Chiese di Cristo (intesa come
denominazione evangelica autonoma), che hanno aggiunto alla salvezza per sola
grazia, visioni ereticali: nel primo caso di stampo prettamente legalistico
vetero-testamentario; e sacramentalista, nel secondo caso, che a loro dire li
elevano al di sopra del movimento evangelico. È altresì vero che lo spirito
massimalista non è identificabile solamente con il movimento «assolutista
darbysta», ma il suo humus spirituale, in parte si è trasfuso in quote nelle
cosiddette Assemblee Messianiche (ma che in realtà predicano un
asservimento a formule liturgiche di stampo prettamente giudaizzante, e che
predicano un altro Gesù). Esso si trova anche nel movimento pentecostale o
carismatico, che arroga a sé la pretesa ipotetica e non scritturale di
essere l’unica ad aver compreso la retta e scritturale opera dello Spirito
Santo. E mi piange anche il cuore nel dichiararlo alle Assemblee dei Fratelli,
laddove la condivisione o meno della dottrina della predestinazione ha portato,
in taluni casi, a prese di posizione, a mio avviso, non condivisibili.
Ovviamente tale pericolo travalica le barriere di questo o quel
movimento. E dove spesso manca una corretta e concreta esegetica scritturale, il
pericolo può svilupparsi in maniera orizzontale o verticale in qualsiasi
congregazione evangelica.
Personalmente ho letto molta letteratura dei credenti darbysti, compreso
il loro mensile italiano, e debbo ammettere che da un punto di vista
squisitamente devozionale, ciò che da tali credenti pubblicano in Italia,
Francia, Svizzera, è molto spesso edificante; ma tra il dire e il fare c’è di
mezzo il mare. Entrando più specificatamente nelle posizioni darbyste,
trovo altamente e spiritualmente pretenzioso, che essi pretendano di «nettare»
della chiesa; a ciò si aggiunga il loro esclusivismo e isolazionismo dalle altre
realtà evangeliche, il loro posizionarsi come coloro che soli hanno compreso
scritturalmente il messaggio di Cristo, non è in alcun modo condivisibile.
Ancora, il pensiero massimalista, sposato da taluni credenti, non rende
un buon servigio al mondo evangelico in toto; infatti, ribadisco, il loro
«esclusivismo assolutistico» o il loro incunearsi in questo o in quel movimento,
produce sofferenze, divisioni, amarezze, offese personali, emarginazioni.
Essi, se non affrontati e isolati in maniera scritturale e decisa, possono
sovente condurre a spaccature di assemblee, e in ogni caso (nelle
migliori ipotesi) a prese di posizione che lacerano il tessuto di questa o
quella comunità.
Concludo, ribadendo, che tali super-credenti, allorquando si verifichino le
condizioni sopra enunciate, devono essere decisamente pregati di seguire il loro
cammino in altre sedi o assemblee di loro scelta o pertinenza. Carissimo
Nicola, un abbraccio fraterno, nel nostro Signore Gesù Messia. Egli ci benedica.
{06-11-2010}
3. {Sandro
Bertone}
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Grazie, cari fratelli e care sorelle; sono grato a Dio
per voi che vi aprite al dialogo e alla condivisione. Far notare le cose che
accadono nelle nostre chiese, non significa «ergersi a giudici». Oggi credo che
ci venga messo a disposizione un mezzo, «questo», che ci consente di
comunicare velocemente e in modo trasparente. I massimalisti alla
«Paride Ginestra» non usano questo metodo, insegnano a tu per tu, ammaestrano
individualmente e negano pubblicamente di aver detto o insegnato qualcosa.
Continuiamo a far circolare le informazioni, non i giudizi; chi legge
saprà discernere. {06-11-2010}
4. {Fortuna
Fico}
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Sebbene «Paride Ginestra» sia un nome fittizio, quanti
ne ne incontrano di massimalisti in tutte le assemblee! Ognuno di loro è
l’unico depositario della verità, si trincerano dietro la frase: «Io
mi attengo alla Parola». E intanto mettono lacci, catene e pesi
difficili da portare, spegnendo la gioia e contristando lo spirito degli
altri credenti, in modo particolare dei giovani, che sono il futuro della
chiesa. Cercano d’indottrinarti a loro immagine e somiglianza, ma come
inizi ad andare alla Parola e capirne il senso, ti additano come liberale o
credente di serie zeta!
Caro fratello Nicola, hai riassunto tutto il
loro atteggiamento nella frase «Colano i moscerini, e ingoiano i cammelli»!
Che il Signore ci dia il giusto discernimento,
e la giusta conoscenza della Parola, per non cadere nella trappola di queste
persone. {06-11-2010}
5. {Massimo
Ricossa}
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Spero di non essere stato frainteso, in modo
particolare da Sandro Bertone e da Fortuna Fico, ma io volevo semplicemente dire
che spesso la verità fra due estremi si trova «in mezzo», soprattutto
quando non si parla di «dottrina» e soprattutto quando la Parola di Dio non è
così chiara come qualcuno sostiene. Poi credo anche che i «contradditori»
devono essere convinti con mansuetudine (come dice la Scrittura). Poi, non solo
i «Paride Ginestra» insegnano a tu per tu, ma anche altri insegnano
esattamente l’opposto. {06-11-2010}
6.
{Sandro Bertone}
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Carissimo Massimo, la verità che sta nel mezzo,
è sintomo di relativismo e insinua il dubbio. Prova a pensare all’uso del
velo, all’uso dei bicchierini, alla pubblica preghiera delle donne
e via dicendo. Come fai a mettere la verità in mezzo?
Il compromesso
calice unico - bicchierini è già un elemento di quelli dirompenti e
dirimenti. Io sono stato impregnato culturalmente e tradizionalmente nell’uso di
un calice, simbolo di unità come lo è un pane simbolo del Corpo; e
non mi è stato proprio facile accettare l’uso di «calicini», che per me
significavano autonomia. Rispetto dunque tutte le posizioni perché non è
possibile dare giudizi, ma penso che l’amore dovrebbe superare
questi ostacoli e renderli sì «relativamente importanti nella forma», ma
estremamente importanti nello Spirito, con cui ci appressiamo a essi. Ma come
sai non è possibile sfuggire dal prendere una decisione e, qualsiasi sia,
rischia di essere quella che distruggerà le relazioni, anche quando si consente
di avere calici e bicchierini insieme o donne col velo e altre senza. Che
Dio abbia pietà della nostra poca fede (scusate, della mia poca fede) e che ci
dia di capire
l’essenza delle cose.
{06-11-2010}
7. {Silvano
Creaco}
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1. Caro Nicola, ho letto e riletto la tua nota
e dopo un intervento legato al fatto se fare o meno i nomi di coloro, che
usano un megafono santo e giusto e sopratutto si ritengono gli unici, che
prendono l’alimentazione dalla Bibbia (ossia i darbysti, che tu citi, e che io
definisco i «nuovi Galati»). Vorrei tornare su questo tema che tu affronti con
tanto coraggio e competenza.
Per primo vorrei affrontare il problema, che alcuni si
pongono, se è giusto o meno parlare di queste cose, se edifica o aiuta.
Io penso di sì e, senza fare tanti girotondi di parole, vorrei citare una frase
scritta da A.W. Toozer nel libro «La radice del giusto”: «Una volta che un uomo
è caduto nel precipizio, non c’è più niente che si possa fare per lui; possiamo
però piazzare dei cartelli indicatori lungo la via per impedire che
succeda al prossimo viandante».
E ancora come J.C. Ryle ha osservato: «Nulla è più
offensivo agli occhi di Cristo come un falso insegnante, un falso profeta o
un falso pastore. Alla Chiesa nulla deve incutere maggior paura di questi, e
deve essere perciò chiaramente biasimato, denunciato e combattuto».
Queste due citazioni riassumono quello che penso
riguardo al fatto se parlare o meno dei pericoli, di cui tu fai menzione in
questa nota
2. Vorrei adesso entrare nel vivo del tuo
articolo. Penso per primo al giovane, che ti ha scritto, per parlarti di
contaminazione. Riporto il passaggio: «Poi aggiunse che un fratello, di cui
lui aveva molta stima, gli aveva suggerito di non frequentare più tale chiesa
locale, poiché si sarebbe contaminato ogni qual volta che avrebbe preso la cena
del Signore con certi credenti che, a suo dire, erano fonte di contaminazione».
Mi domando cosa quello, che tu in modo fittizio hai chiamato «Paride Ginestra»,
considera contaminazione, e la responsabilità che ha davanti a Dio di
spingere altri credenti a uscire dalle loro chiese locali, affermando che si
«contaminano».
Ripeto che me lo domando e
penso a un episodio citato in Luca al capito 7; qui si narra di una donna
peccatrice, che unge d’olio i piedi di Gesù, e della reazione dell’ospitante
indignato: «Il fariseo, che lo aveva invitato, veduto ciò, disse fra sé:
“Costui, se fosse profeta, saprebbe che donna è questa che lo tocca; perché è
una peccatrice”» (Luca 7,39). La risposta di Gesù si trova nei versetti
44-49, dove Gesù risponde a questa considerazione, evidenziando cosa una
peccatrice (che contamina agli occhi di Simone, il fariseo) fa nei suoi
confronti a differenza di lui, che si ritiene un fariseo giusto, santo e puro.
Il versetto, a cui penso, è quello in Isaia 65,3, che
(a mio parere) il nostro «Paride Ginestra» dovrebbe mettersi in cornice sulla
sua scrivania: «Fatti in là, non ti avvicinare perché io sono più santo di
te. Cose simili sono per me come un fumo nel naso, un fuoco che arde da
mattina a sera». [N.d.R.: Il paradosso è che a «santificarsi» erano qui
coloro, che praticavano riti esoterici e, nonostante ciò, pensavano che fossero
legittimi! (vv. 2ss.7).]
Ora, quali saranno le responsabilità davanti al
Signore di «Paride Ginestra» e del giovane, non sono affar mio. Penso invece
fortemente a quel responsabile di chiesa, che si è ritrovato poverino alle prese
con il tornado darbysta. Egli viveva con altri la sua vita di chiesa in
maniera tranquilla e forse, credo di leggere fra le righe, si è trovato
investito da questo uragano, che gli ha portato via alcune pecore dal suo
gregge; e ciò è successo perché qualcuno ha detto loro che l’erba, di cui si
cibavano nella loro assemblea locale, era avvelenata e le avrebbe portate alla
morte.
3. La considerazione finale la faccio a
carattere generale e riguarda lo stato spirituale delle nostre chiese
(«dei fratelli»). Personalmente credo che tutti quanti, cominciando dagli
anziani, debbano prendere in seria considerazione questo filone darbysta
(a mio parere legalista), che si sta insinuando nelle Assemblee, mascherato da
una religiosità fatta di forme, di presunta santità, di voler a tutti i costi
ritenersi depositari della verità, sventolando la bandiera della sana
dottrina. E, facendo ciò, soprattutto si calpesta l’autonomia, che ogni
assemblea locale ha in tema di conduzione e dottrina predicate e praticata.
Concludo per adesso, mettendo
alla fine di questo mio commento la seguente citazione, estratta da un articolo
de «Il
Cristiano»: «Solo se riconosciamo che le chiese locali sono
responsabili davanti al Signore e solo se gli anziani delle chiese locali
si fanno carico della responsabilità del loro gregge davanti al Signore, allora
si pone una base biblica per la comunione con le altre chiese. Vorrei
chiarire questo pensiero. Gli anziani ammaestrano la chiesa, sorvegliano
il gregge, chiudono la bocca a falsi insegnanti ed esortano con insegnamenti
sani, esaminano davanti al Signore questioni controverse e prendono una
posizione (ad esempio sulla questione se le donne debbano o meno pregare
pubblicamente durante l’adorazione). Dunque, se le altre chiese riconoscono
l’indipendenza delle chiese locali è possibile la comunione. Si
lasciano le decisioni circa le questioni dottrinali agli anziani delle chiese
locali e si cerca di conservare l’unità dello Spirito. Se non si fa questo,
allora le questioni dottrinali conducono, per forza, alle divisioni e
verranno a formarsi gruppi di chiese, quelle che, per esempio, permettono alle
donne di pregare pubblicamente nell’assemblea e quelle che lo vietano. La base
per la comunione tra le chiese allora non è più Cristo, ma la questione se le
donne possono o meno pregare pubblicamente. Ciò non è biblico. Se si può avere
comunione solamente con chiese e fratelli che in ogni dettaglio sono concordi
al 100% con le nostre convinzioni, allora il cerchio dei fratelli e delle chiese
diverrà sempre più piccolo» (Christoph Hochmuth; Assemblea di Strasburgo,
Austria; dal «convegno degli anziani» 2005; grassetto redazionale).
Grazie, Nicola, un fraterno saluto…
{06-11-2010}
8. {Massimo
Ricossa}
▲
■ Contributo:
Caro Sandro, sono perfettamente d’accordo con te e lungi da me l’approvare il
pensiero relativista. Una cosa o è giusta o è errata, e su questo non ci
piove! Forse stiamo facendo un discorso diverso. Se parliamo di fratelli, che
vanno in giro per le chiese e non solo a insegnare le «loro dottrine», è
un conto; se parliamo d’insegnamenti (che noi non condividiamo) impartiti nelle
chiese locali, è un’altra cosa. Ogni chiesa locale è autonoma e tale deve
rimanere. Spesso noi vogliamo andare a comandare a casa degli altri. Se
vengo a casa tua, mi adeguo ai tuoi usi e costumi; se non li condivido, non ci
vengo.
{07-11-2010}
▬ Risposta
(Sandro Bertone): Hai meritato un invito a pranzo a casa mia, caro Massimo. Nel
prepararmi ad accoglierti, m’impegnerò a conoscerti, a capire da dove
vieni, ma soprattutto a capire dove vuoi andare, così da condividere insieme
il cammino. Avrò cura di prendere in considerazione tutte le cose buone che il
Signore ti ha elargito e ti chiederò di condividerle con me. Aspetterò di avere
la tua domanda, prima di darti la risposta e cercherò veramente di stare alla
tua scuola. Penso che questo ti porterà ad accettare il mio invito e spero che
tu sappia poi verificare che non vi è interesse al di fuori di avere con te una
bella
comunione fraterna. Oggi è domenica e ho deposto ai piedi della croce ogni
fardello, che in settimana, pesando sul mio capo, lo faceva guardare verso
terra. Guardiamo in alto e diamo gloria al Signore Gesù, alla cui «mensa»
oggi io e te abbiamo avuto accoglienza. Un abbraccio…
{07-11-2010}
▬ Replica
(Massimo Ricossa): Grazie dell’invito Sandro! Io credo che, al di la di tutto,
come dice la Scrittura è sempre «buono e bello che i fratelli dimorino insieme»!
Ciao…
{07-11-2010}
▬ Osservazioni
(Nicola Martella): Sebbene questi due lettori stiano «bucando la pellicola», per
il mirabile devozionalismo fraterno, della serie «Dà un bacio sulle labbra
chi dà una risposta giusta» (Pr 24,26), le cose che affermano sono
apprezzabili e condivisibili, come pure il loro atteggiamento. Grazie...
9. {Elvezio
Calabri}
▲
Caro Nicola, ho
letto il tuo articolo sul pericolo massimalista. È superfluo dire che lo
condivido. Non ho però potuto fare a meno di pensare a quando eravamo alla
ricerca di una comunità e, avendo io preso contatto con una comunità
fondamentalista, tu mi avevi incoraggiato a provare a frequentarla, pur di
avere una chiesa locale. Tali credenti erano talmente darbysti che, almeno per
coerenza, credevano addirittura che si potesse perdere la salvezza.
Non posso non ricordare con una certa tristezza il giorno in cui l’anziano venne
a trovarci a casa e, quando vide che le nostre bimbe quel pomeriggio stavano
guardando il
cartone animato della Walt Disney «Lilly e il vagabondo», scosse con
disapprovazione la testa, quasi stessero guardando un programma scurrile. Certo
non mi risulta che «Lilly e il vagabondo» fosse così peccaminoso per una
famiglia cristiana.
In ogni modo, lascio da parte l’ironia e credo che molti di questi fratelli
siano, in fondo,
frustrati. E, a volte, mi domando se davvero abbiano capito cosa sia la
giustificazione per sola fede e la salvezza per sola grazia, visto che, invece
di confidare in Cristo Gesù come loro Salvatore, confidano piuttosto nelle
opere della loro carne. {07-11-2010}
10. {}
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11. {}
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12. {Autori
vari}
▲
■
Damaris Lerici: Anch’io conosco bene il legalismo. L’ho visto praticare
in più occasioni. Personalmente lo vedo come una catena che lega, lega sempre di
più, sino a bloccare (in alcuni casi) completamente la crescita spirituale.
{04-11-2010}
■ Anna
Barbuzza: Sì, dici bene, fratello Martella, «il massimalismo, se lo
conosci, lo eviti; se lo eviti, non ti uccide». Ed è meglio evitarlo, in tutte
le sue forme! {05-11-2010}
■
Eleonora Parisi: Un articolo veramente eccellente. Consiglio di leggerlo.
{05-11-2010}
■
Giacomo Lerici: Sono d’accordo… anche perché l’Italia è afflitta da tutti
e due i mali. {06-11-2010}
■ Jörg
Junker Ruffa: Mi è piaciuta l’affermazione: «Il liberalismo rende piccolo
ciò, che per Dio è grande. Il massimalismo rende grande ciò, che per Dio è
piccolo». Si tratta, ora, di stabilire il giusto mezzo, cosa tuttavia non
facile. {06-11-2010}
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Pericolo_massimalista2_Lv.htm
06-11-2010; Aggiornamento:
08-11-2010 |