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1.
{Pietro Calenzo}
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Nota redazionale:
Riporto qui di seguito alcuni contributi di questo lettore, arrivati a diverse
riprese.
Purtroppo siamo
giunti, da Toronto in poi, e siamo largamente oltre la 3a ondata,
anche se la 2a, da Rita e Dennis Bennet in poi, non ha nulla da
invidiare, quanto a ecumenismo alle due successive! Sul proto-pentecostalismo
del 1904 e del 1906, si può fare un altro discorso, non privo però di lati
oscuri (Bartleman, C.F. Pharam e Ozman insegnano).
L’attuale carismofilia, si sta pericolosamente avvicinando alla chiesa di
Corinto, con una attenuante a favore di quest’ultima: i credenti di tale
comunità non possedevano la gran parte del NT per iscritto. Nelle «sante risate»
e «nelle valanghe di credenti — e non — che cadono di schiena a terra»,
accompagnandosi con versi e mimica in transfert d’animali, pare che s’oda il
nemico sogghignare soddisfatto.
Questa è una dolorosissima realtà. Non cadendo nella estremizzazione del negare
la sana e scritturale emotività d’un santa vita di relazione con il Signore, è
altresì pur vero che la sperimentalità delle dottrine carismatiche si sta
pericolosamente affiancando alla Sola Scrittura, e questo è una teologia
pneumatica dei carismi, scivolosa e in molteplici casi non scritturale.
{27-12-2009}
Caro fratello
Nicola, sono stato chiamato dal Signore alla salvezza nelle Assemblee di Dio,
poi da me abbandonate, per un non troppo malcelato innalzamento di due soli
carismi, che ben conosci. Amo troppo i credenti pento-carismatici, per non
studiare le deviazioni dottrinali e le molteplici ombre spirituali, che hanno
generato la seconda, la terza e quarta ondata dello Spirito. In alcuni casi,
nelle due ultime ondate («Toronto blessing», in primo luogo, ma anche
anteriormente), personaggi come Benny Hynn, K. Kopeland e moglie, K. Hagin e
altri vanno diffondendo la blasfema dottrina della «sostituzione o
identificazione infernale». La stessa genesi del movimento del
proto-pentecostalismo del 1906 c’indica che tale movimento è nato su dottrine
non scritturali; e i numerosi limiti dottrinali di Pharam, di Bartleman, della
stessa Agnes Ozman e d’una collaboratrice di Seymour che suonava il piano, a
occhi chiusi, e in trance (il cosiddetto rapimento dello Spirito), c’indicano
che tale movimento è sorto su alcune deviazioni dottrinali importanti.
Ringrazio il Signore Gesù che lo Spirito Santo abbia generato dei servitori
fedeli come te, il caro A. Seibel, il caro K. Doring, W. Bhune, Dave Hunt, Mac
Arthur, Eberthauser, S. Gargiulo. Appena possibile, a Dio piacendo, sarò felice
di porgere il mio modesto contributo, che tu caro fratello mi hai richiesto, nei
limiti che soggettivamente mi riconosco. Benedizioni celesti, a te caro Nicola,
e non preoccuparti d’alcuni credenti molto gonfi, che non amano la sana
dottrina, quando li tocca nella loro arroganza spirituale. Dio benedica il tuo
ministero per il servizio del Corpo di Cristo e per il perfezionamento di noi
santi. Con amore in Cristo, tuo fratello Pietro. {28-12-2009}
2. {Gianni Siena
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Non mi sento
«toccato» particolarmente dalle affermazioni di Tonino Mele sulla comune
«eredità», che lega pentecostali e carismatici; la sua tesi è la
seguente: senza un movimento pentecostale non vi sarebbe stata una
«contaminazione» delle altre chiese… e niente carismatici, dunque. Si
noti però che le somiglianze e le differenze sono come quelle che accompagnano i
funghi: cosa sono i «bolaetus edulis» e «bolaetus satanas»? Il primo è
mangereccio, il secondo è… «mortale»! Chi cerca porcini, lo sa molto bene ed
evita la seconda specie così «pericolosa». Il mondo pentecostale ha sconcertato
sin dal suo sorgere gli altri credenti ma ha trovato numerosi estimatori.
Il fluire delle «ondate» dipende da una particolare interpretazione
dell’affermazione di Giacomo, dove descrive il contadino che aspetta tranquillo
la prima e la seconda pioggia prima della mietitura o raccolta (Gcm 5,7).
Questa citazione del NT è stata applicata al risveglio pentecostale come
l’adempimento d’una profezia. La «prima pioggia» corrisponde alla benedizione
del 1° secolo e la «seconda pioggia» riguarda l’effusione del 20° secolo… prima
del ritorno del Signore.
Questa interpretazione coglie un’immagine efficace e l’applica «correttamente»…
ma la storia del cristianesimo m’istruisce ancora di più: dove i credenti hanno
pagato il prezzo d’una personale consacrazione e attesa, la potenza e l’unzione
dello Spirito Santo sono scese su singoli credenti e comunità anche
nell’intervallo tra l’alto solaio di Sion e i risvegli dell’inizio 20° secolo
che hanno incendiato tutto il mondo cristiano. Questo fatto è stato sempre
umilmente riconosciuto dai pentecostali classici ai quali mi pregio
d’appartenere.
La nostra matrice evangelica ha semplicemente accettato l’adempimento
reale — udibile e vedibile — della discesa dello Spirito Santo sulla chiesa.
Nessuno di noi — magari, dopo aver riletto la sua Bibbia — ha negato la presenza
dello Spirito in altre chiese, ma ha esortato i membri di costoro a ricercarne
la manifestazione. Non pretendo d’esaurire l’argomento con queste righe, ma a me
sembra reale la lettura profetica di Gcm 5,7 come riferibile
all’effusione del 20° secolo.
Quello che mi sconcerta è il voler rappresentare il movimento pentecostale come
il «padre» di tutte le eresie dei movimenti derivati che, come già notato sul
sito, sono
contaminazioni eretiche del pentecostalismo originario. Per esempio,
il «vino al metanolo» non è un derivato della vigna ma un prodotto adulterato
con dosi mortali di metanolo. Esso è contenuto in minima quantità in ogni tipo
di vino, ma così non è pericoloso. Io sono pentecostale da 35 anni e non ho mai
trovato eresie realmente pericolose nelle ADI; ho toccato con mano spesso
errori dovuti a ingenuità o ignoranza dottrinale, ma le eresie richiedono
una certa preparazione teologica e (in qualche caso) un’intenzionale malafede…
avendo secondi fini.
Se fossero vere le accuse mosseci, potremmo affermare che lo gnosticismo
fu un derivato della chiesa primitiva. Invece, sappiamo che, da subito, i
responsabili primitivi puntarono il dito contro l’ecletticismo dottrinale e
spirituale di questi «ubriaca popolo». Lo stesso hanno fatto le «Assemblies
of God», quando nel 1916 hanno separato i loro stracci dall’unitarianesimo
in versione pentecostale. E, nei decenni successivi, hanno preso le distanze da
movimenti e fenomeni biblicamente discutibili…le ADI lo hanno fatto!
Abbiamo, ovviamente, le nostre vedute «peculiari», ma non rifuggiamo da
un sereno confronto con altre posizioni. Non è questa la sede per riesaminare le
caratteristiche che c’individuano rispetto agli altri evangelici, ma ripeto in
breve che, secondo noi, la grazia soprannaturale, sparsa sulla Chiesa e con i
segni conseguenti, è disponibile ancora oggi… con i limiti del caso come insegna
la prassi erronea dei Corinzi (1 Corinzi 12-14). Noi riteniamo che queste cose
possano essere godute e vissute in un contesto ecclesiale biblicamente sano.
Gli stessi
carismatici delle origini erano credenti che riscoprivano queste cose
anche indipendentemente da contatti con ambienti pentecostali. Segno che una
(neanche lontanamente…) misteriosa Potenza era all’opera per rinvigorire la fede
dell’intera Chiesa di Gesù Cristo.
Io stesso, allontanatomi dalla mia chiesa d’origine, scoprii che Dio era
all’opera nella mia vita… indipendentemente dalla mia consapevolezza. Posso
rettificare qualche ricordo, ma ho ben presente le cose che accaddero nella mia
vita: non le avevo cercate, esse mi venivano incontro e cambiarono in modo
radicale la mia visione della fede cristiana. Senza alterare la formazione
dottrinale ricevuta, nel ricevere lo Spirito Santo ho sempre pensato fosse
giusto non abbandonarmi a eccessi emozionali o cose del genere. Al punto che,
disturbato da un anziano smanioso di sentire i presenti «parlare in lingue»
(con il concerto d’urla e vociare forte), non frequentai più le riunioni da lui
presenziate. Per me, il pregare è formato anche da momenti di riflessione in cui
il cuore e la mente pensano alle cose da esporre a Dio. Mi piace la «preghiera
comunitaria», fatta di lode e adorazione e canti spontanei, ma mi piace anche
partecipare con la mente al culto. Come me, ve ne sono tanti nelle ADI,
ai quali non piacciono gli tsunami emozionali che, com’è dimostrabile,
non toccano il cuore e lo spirito.
Le «ondate», che vorrebbero prolungare l’opera di Dio (o aggiungerle
qualcosa), non hanno mai trovato il nostro plauso: nella Scrittura abbiamo
ottimi insegnamenti al riguardo. Se con gli «apostoli» di queste «benedizioni»
abbiamo qualcosa in comune, beh, siamo come l’acqua: esorto chiunque
(!!!) ad accertarsi di non berla inquinata. La storia insegna che l’acqua
deve essere pura per dissetare e far rivivere le persone. Nelle stesso modo
esortiamo i credenti d’ogni denominazione e provenienza a fare quanto segue:
■ Respingere ogni esperienza «pentecostale» spuria o inquinata da pensieri e
pratiche umane.
■ Denunciare senza compassione chiunque approfitti delle anime per spacciare
elementi non scritturali.
In questo senso,
anche se non sono sempre d’accordo con il Fr. Nicola Martella, ne apprezzo il
lavoro e l’impegno relativi.
No, non mi sono affatto offeso ma ho ritenuto rispondere al Fr. Tonino
Mele solo per precisare le cose che scrissi nella precedente e-mail. Pace del
Signore a tutti… {29-12-2009}
3. {Nicola
Martella}
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Qui di seguito
metterò l’enfasi solo su alcuni aspetti, lasciando che sia poi Tonino Mele a
rispondere sul resto.
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Apprezzamenti e osservazioni: La distinzione fra i funghi
commestibile e velenosi è, lì per lì, molto suggestiva ed esplicativa. Così è
illustrativa anche la differenza fra il frutto della vigna e il prodotto da
laboratorio: il vino al metanolo. Similmente è lampante, lì per lì, la
tesi secondo cui lo gnosticismo non fu un derivato diretto della chiesa
primitiva. Perciò non si può attribuire ai pentecostali della prima ora
l’intento di voler produrre varie «ondate» e partorire i carismaticisti.
D'altra parte, se ciò vuol evidenziare la discontinuità, non si può negare la
continuità dei fenomeni entusiastici. Certi funghi attecchiscono soltanto
dove trovano un terreno estremamente fertile. Inoltre non vi è sempre una
distinzione netta di «cantine», come si vorrebbe far credere, ma il grano
pentecostale e la gramigna carismaticista coesistono nella stessa denominazione,
sì spesso nella stessa comunità. Gli apostoli e le chiese primordiali seppero
combattere il proto-gnosticismo con veemenza, dichiarandolo come un corpo
estraneo; purtroppo (se si fanno alcune debite eccezioni) non sempre avviene ciò
oggigiorno, anzi gli attuali gnostici cristianizzati si definiscono perlopiù
come «pentecostali», ed è così che vengono spesso considerati da altri
pentecostali.
■
Responsabilità: I confini sono fluidi all’interno di una certa parentela;
nonostante ciò, dallo stesso ceppo nascono figli virtuosi e degeneri. Inoltre,
sebbene un frutto non cada lontano dall’albero, la microevoluzione o selezione
(spontanea o indotta dall’uomo) è responsabile della varietà genetica, chiamata
razze; lo stesso vale per la varietà dottrinale, devozionale ed etica
all’interno della «galassia» entusiastica. Mi sono ricordato di questa
ingiunzione della Torà: «Non si metteranno a morte i padri per i figli, né si
metteranno a morte i figli per i padri; ognuno sarà messo a morte per il proprio
peccato» (Dt 24,16; 2 Re 14,6). E inoltre, tale responsabilità personale
viene ribadita da Dio mediante i profeti: «In quei giorni non si dirà più: “I
padri hanno mangiato l’agresto, e i denti dei figli si sono allegati”, ma ognuno
morrà per la propria iniquità: chiunque mangerà l’agresto ne avrà i denti
allegati» (Gr 31,29s; Ez 18,2ss).
Faccio comunque notare che all'interno delle ADI, per fare un esempio concreto,
ci sono conduttori che considerano certe manifestazioni secondarie e in genere
non incoraggiano neppure la glossolalia nelle loro comunità. Laddove la
permettono, è solo individualmente e soltanto alla presenza di un accertato e
vero «traduttore», che si ritiene che non bari. Ci sono però altri
conduttori che ne fanno un continuo cavallo di battaglia, anzi alcuni sono del
tutto sull'ondata più recente del misticismo e gnosticismo carismaticista. Essi
alimentano la tesi del «qual è il figlio, tale è il padre».
■ Onda su onda: Se tutta la teoria delle «ondate» si fonda su Giacomo 5,7
e sull’immagine della prima e la seconda pioggia che precedono la mietitura,
tutto ciò è teologicamente una lastra di ghiaccio molto sottile e fragile. Dopo
l’invettiva contro i ricchi (Gcm 5,1-6), Giacomo passò col suo «dunque» a trarre
degli ammonimenti per i cristiani giudaici, affermando, tra altre cose, quanto
segue: «Siate dunque pazienti,
fratelli, fino alla venuta del Signore. Ecco, l’agricoltore
aspetta il prezioso frutto della
terra pazientando, finché esso
abbia ricevuto la pioggia della prima e dell’ultima stagione. Siate anche voi
pazienti; rinfrancate i vostri
cuori, perché la venuta del Signore è vicina» (v. 7s). Poi diede altre
direttive nell’attesa della parusia. Si noti che le parole di Giacomo, usate dai
pentecostali come fondamento teologico delle diverse «ondate», non erano una
«profezia», ma un’illustrazione agricola, tipica del Medio Oriente: prima della
raccolta in primavera, dovevano esserci, perché tutto andasse bene, la pioggia
autunnale e quella primaverile. Giacomo non parlava qui della storia della
salvezza, ma della pazienza nell’attesa del Signore. Non si può quindi
parlare di un’applicazione corretta del brano da parte dei teorici delle
«ondate». Non esiste una «lettura profetica di Gcm 5,7» né è riferibile
«all’effusione del 20° secolo»; esiste solo una corretta esegesi contestuale e
basta.
■ Unzione: Un altro appunto è sulla cosiddetta «unzione dello Spirito
Santo», termine caro ai pentecostali. Sorprende l’uso l’imitato che ne fa il NT
(solo 1 Gv 2,20.27), affermando che si tratta di una realtà già avvenuta per
tutti i credenti (v. 20) e che già dimora in loro (v. 27). Si tratta della
consacrazione del credente mediante lo Spirito Santo nel momento della nascita
dall’alto, quando avviene il suggellamento mediante lo Spirito di Dio (Ef 1,13)
in vista del «giorno del riscatto» (Ef 4,30). Tale locuzione è diventata
oggigiorno però tutt’altro, ossia sinonimo di un’esperienza
mistico-entusiastica, che ognuno riempie a modo suo. Cristo è l’Unto (= Messia)
e i cristiani sono unti in Lui, una volta per sempre, ossia quando sono
immersi nel suo Corpo di Cristo mediante lo Spirito Santo e hanno ricevuto la
vita di Cristo in loro mediante lo stesso Spirito: «Infatti noi tutti siamo
stati immersi mediante un unico Spirito dentro un unico corpo, e Giudei e Greci,
e schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un unico Spirito» (1
Cor 12,13).
4. {Antonio
Capasso}
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Tonino Mele ha
scritto: «Quando parlo di “analogie”, non parlo solo di “somiglianze” senza
relazione di causa ed effetto, ma parlo d’una “piattaforma comune”, “matrice
comune”. E si apprezzano meglio queste analogie, senza cioè lasciarci
fuorviare dalle differenze, che pur esistono, quando nel confronto non si tiene
conto solo delle due entità in questione, ma si confrontano queste con
l’evangelismo storico. Bisogna insomma non eccedere nei disconoscimenti, ma
riconoscere anche che il pentecostalismo classico ha costruito il primo gradino
rispetto all’evangelismo storico».
Eugenio Stretti anch’egli studioso che ha «studiato
questo fenomeno “dall’esterno”, cioè, senza avere un interesse, apologetico»
(Mele), scrive: «Una particolare attenzione ha destato, nel mondo, l’enorme
sviluppo del movimento carismatico e pentecostale. Una valutazione si impone per
la corretta comprensione della differenza di fondo
tra i due movimenti: pentecostale e carismatico. Entrambi i movimenti
sono stati classificati recentemente come “quarto protestantesimo”. La tesi è
stata formulata da due sociologi americani Roger Finke e Rodney Stark e ripresa
in Italia, dal sociologo delle religioni Masimo Introvigne… Per i sociologi
nordamericani esistono tre protestantesimi: ▪
1) Protestantesimo storico… luterani, calvinisti, anglicani. ▪
2) Protestantesimo evangelico... battisti, metodisti.
▪ 3) Protestantesimo del risveglio… movimento
di santità, fondamentalismo evangelico. ▪ 4) Il
quarto protestantesimo, costituito dall’ondata pentecostale-carismatica. In
realtà il movimento pentecostale sorge, come abbiamo visto, all’interno del
terzo protestantesimo, in particolare come sviluppo ulteriore del movimento di
santità. Una valutazione equilibrata del movimento ci sembra emergere da una
recente pubblicazione del sociologo delle religioni Enzo Pace (Le sette,
Il Mulino, p. 55). La tendenza ad associare i due movimenti è tipica della
riflessione sociologica e teologica nordamericana. Quali sono le principali
differenze tra pentecostali e carismatici? I linguaggi paiono simili, ma la
sostanza è diversa». [Eugenio Stretti,
Il movimento pentecostale (Ed. Claudiana), p. 77; formattazione redazionale]
Francesco Toppi scrive: «Il
risveglio pentecostale è da considerarsi come parte dei movimenti di risveglio
del cosiddetto “terzo protestantesimo”, che hanno avuto lo scopo primario
di riportare la chiesa cristiana alla semplicità, all’esperienza e alla potenza
iniziale del periodo apostolico… Il movimento pentecostale classico affonda le
proprie radici nei movimenti di risveglio evangelici». [Francesco Toppi,
«Cristiani oggi» (Novembre 1996)]
A mio avviso, come dice lo
studioso Introvigne, il neopentecostalismo (compreso il movimento carismatico)
dà primaria importanza «non alla definizione ma alla descrizione, non alla tesi
ma alla danza, non alla dottrina ma al canto, non al libro ma alla parabola, non
al concetto ma al banchetto». [Massimo Introvigne, Aspettando la pentecoste
(Ed. Messaggero, Padova), p. 13s] Per il pentecostale classico ciò che ha
primaria importanza è la «definizione», la «tesi», la «dottrina», il «libro», il
«concetto». Si può parlare a mio avviso di analogie, di somiglianze, tra il
pentecostalismo classico e il neopentecostalismo carismatico, non di
«piattaforma comune» (Mele). Dal punto di vista
specificamente teologico, si può vedere che tra i due movimenti la sostanza è
ben diversa. Dio Ti benedica… {30-12-2009}
5. {Nicola
Martella}
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Trovo molto
significativo quanto scritto da Antonio Capasso nel suo contributo e le
fonti esterne da lui citate, specialmente Eugenio Stretti (che a sua volta cita
Enzo Pace) e Massimo Introvigne. Faccio notare che
Francesco Toppi non è una fonte esterna al pentecostalismo, essendo una voce
importante delle ADI.
Per il resto rimando a quanto ho scritto in risposta a
Gianni Siena. Qui faccio soltanto notare che, quantunque pentecostali classici e
neopentecostali (o carismaticisti) appartengano formalmente a due
protestantesimi differenti, nella pratica i confini tra i due fenomeni
mostrano grandi affinità, dovute alla stretta parentela entusiastica, e la
fluttuazione tra questi due fenomeni è abbastanza grande. Praticamente nelle
stesse denominazioni si trovano credenti con tendenze pentecostali più classiche
e più gnostiche. Alle conferenze di illustri «santoni» carismaticisti
(p.es. Benny Hinn, Carlos Annacondia) si ritrovano gli uni e gli altri,
altrimenti non si spiega come si riempiano le sale e gli stadi. A conferenze di
pastori si trovano pentecostali e neopentecostali di diversa tendenza. Quindi
l'osmosi e la fluttuazione sono abbastanza ampie, come pure il passaggio
dall'uno all'altro fronte. Certamente, è fuori dubbio che i pentecostali
classici, che tengono la barra al centro e fanno muro contro lo gnosticismo
carismaticista, trovano tutte le mie simpatie e la mia solidarietà — di
là dalle differenze che possano caratterizzarci e distinguerci su alcuni temi
particolari.
6. {Tonino Mele}
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Nota redazionale:
Tonino Mele mi aveva scritto quanto segue. Le due repliche in oggetto mi paiono
più una «difesa» di ciò che si è da «35 anni» e ci si «pregia
d’appartenere», che un voler dibattere una data tesi. Mi si cambia pure
l’oggetto della tesi e si dibatte su una caricatura di ciò che ho detto, dando
persino valore probatorio ad «analogie», che tutt’al più possono solo illustrare
ciò che si vuol dire. Manca insomma un serio tentativo di argomentare
sulla tesi, da me proposta.
Sto preparando io una riflessione più documentata, e m’auguro più pertinente e
più «matura». Il titolo credo che sarà: «Esiste un
nesso causale tra pentecostali e carismatici?». Oltre alla premessa e
all’introduzione, i punti principali saranno, probabilmente i seguenti: ▪ 1.
Ponderando le differenze; ▪ 2. Ponderando le analogie; ▪ 3. Quanto è causale
questo nesso? Appena sarà pronto te lo invierò... {31 dicembre 2009}
Intanto che arrivi la pubblicazione di tale scritto, egli anticipa quello
che segue.
Pensavo d’aver
chiarito a sufficienza il mio pensiero, se non altro per essere capito,
quand’anche esso non fosse condiviso. Debbo però rilevare che, oltre a non
essere condiviso, cosa che c’era anche da aspettarsi, non sono neppure stato
capito.
Se non avessi detto chiaro e tondo qual era la mia tesi e non l’avessi fatta
precedere da due punti, ci sarebbe anche motivo di dire che è stata fraintesa,
ma dal momento che credo d’essere stato alquanto chiaro, non si può fare la
caricatura di quanto da me affermato e poi fare un discorso su ciò che non ho
detto. E la mia
tesi non era: «Senza un movimento pentecostale non vi
sarebbe stata una “contaminazione” delle altre chiese… e niente
carismatici, dunque», né tanto meno un «voler rappresentare il movimento
pentecostale come il “padre” di tutte le eresie dei movimenti derivati». La tesi
che ho proposto per la riflessione e per la discussione era ed è la
seguente: «Ammesso che una chiara distinzione esiste tra “pentecostali classici”
e “carismatici della seconda e terza ondata”, non è pacifico dire che non ci
siano analogie [anche con valore di causalità] tra gli uni e gli altri».
Quella che m’addebita Gianni Siena, «se ci sarebbe stato mai un movimento
carismatico “senza un movimento pentecostale”», più che una «tesi» è
un’ipotesi che non ha più senso porsi, perché ormai la storia ha avuto un corso
differente, prima è nato il movimento pentecostale e poi è nato il movimento
carismatico; e, se vogliamo fare un discorso fondato e verificare
l’attendibilità d’una «tesi», ora c’è solo un modo: indagare se le evidenti
analogie tra pentecostali classici e carismatici abbiano un nesso, oltre che
cronologico, anche causale. Io sostengo che un nesso causale esiste. Non
ho detto in che misura, se in tutto o in parte, se in modo determinante o meno.
Questo andrebbe valutato alla fine del discorso, dopo che la tesi è stata
dibattuta (non combattuta) e si son soppesate oggettivamente, cioè storicamente,
sociologicamente e teologicamente le differenze e le somiglianze. «Mettere il
carro davanti ai buoi» in questo caso, rischia d’essere tendenzioso.
Inoltre, si può affermare che il pentecostalismo classico è «premessa»
delle altre «ondate», senza per questo «voler rappresentare il movimento
pentecostale come il «padre» di tutte le eresie dei movimenti derivati»: esso ha
fornito ai posteri di propria «somiglianza», la base escatologica e dottrinale
per affermare in modo stabile la loro esperienza pentecostale. Senza questa
«eredità», probabilmente, sarebbero rimasti dei fatti isolati e temporanei, come
solitamente è successo nella storia di questi fenomeni (Montanisti, profeti
delle Cevenne, ecc.). Le eresie sopraggiunte andrebbero meglio spiegate con i
diversi contesti in cui l’esperienza pentecostale si è implementata nelle
«ondate» successive, e con i diversi apporti, a cui hanno attinto, tipo
l’esoterismo, la spiritualità orientale (P. Yonggi Cho), la spiritualità
cattolica (Rinnovamento dello Spirito), ecc. Questo in parte deresponsabilizza
il pentecostalismo iniziale, ma dei dubbi li fa venire, in merito a
un’esperienza, quella «pentecostale», che così facilmente s’implementa e convive
con realtà diametralmente opposte, senza poi contare gli «strani fenomeni»
che si sono riscontrati sin dall’inizio, con lo sconcerto persino di C.F.
Parham, uno dei padri del pentecostalismo.
Le analogie che Gianni Siena cita tra specie di funghi, che seppur
apparentemente simili, in realtà celano la differenza sostanziale, che alcune
specie sono buone e altre mortali, può servire soltanto a illustrare ciò che
egli vuol dire, ma non hanno valore probatorio. Se questo è vero per i funghi,
può non essere vero per le persone e tanto meno per i movimenti, dove le
variabili in gioco, d’ordine spirituale, morale, storico e sociologico sono ben
più dinamiche e complesse di quelle «fisse» della natura vegetale.
Il fratello Martella ha scritto un bel libro dal titolo Carismosofia, il
cui sottotitolo recita: «Paralleli tra occultismo e carismaticismo», facendo
leva su queste «affinità» per sostenere la matrice esoterica di gran
parte del movimento carismatico. E davanti alla gran mole d’esempi che il
Martella ha prodotto, sarebbe una magra risposta quella di dire che esistono
funghi, che, pur somigliandosi, alcuni sono buoni e altri velenosi. Un apologeta
carismatico inoltre non avrebbe difficoltà a produrre gran mole di «differenze»
tra i due fenomeni, per difendere il proprio movimento.
Credo dunque che nella discussione della tesi in oggetto, non si vada molto
lontano, se ci limitiamo a fare accostamenti di questo tipo, senza fare una
obiettiva analisi delle analogie tra movimento pentecostale e movimento
carismatico, considerandole una per una e riflettendo sul legame di causalità
esistente tra i due termini dell’analogia. Ed è questo che ci pare più logico e
sensato fare e ci ripromettiamo di fare in modo più compito.
Mi rendo conto che, per chi è immerso da «35 anni» in una certa realtà di cui si
«pregia d’appartenere», ha qualche difficoltà a parlare in modo «oggettivo»
e spassionato della tesi in oggetto e questo vale per chiunque è chiamato a
essere obiettivo verso una realtà, a cui è profondamente legato. Tuttavia è
necessario precisare che il discorso che stiamo tirando avanti è anzitutto di
carattere storico, che attiene più a come sono andate le cose che a come le cose
sono ora. Non voglio dire che l’attualità non abbia una sua matrice storica,
però è anche vero che l’attualità può dipendere pure da come noi rispondiamo
alla storia. Non tutti i pentecostali e non tutti i carismatici rispondono allo
stesso modo agli
impulsi che vengono dalla loro storia e me ne dà conferma le parole
stesse che Gianni Siena dice: «Come me, ve ne sono tanti nelle ADI, ai quali non
piacciono gli tsunami emozionali che, com’è
dimostrabile, non toccano il cuore e lo spirito». Eppure nessuno può
negare il dato storico che queste correnti, pentecostali compresi, abbiano dato
un forte valore a una fede «entusiastica», «infuocata» ed emozionale. David du
Plessis: diceva: «Questa è la differenza... tra i Pentecostali e le altre
Chiese: “Voi avete la vostra verità nel ghiaccio; noi l’abbiamo nel fuoco”».
Se vogliamo dunque indagare, in modo rigoroso, la tesi in oggetto, lasciando
campo aperto a osservazioni e a ragionamenti pertinenti, sia pro che contro,
affrontiamo la questione con sufficiente distacco e soprattutto non cambiamo
l’oggetto della discussione.
Antonio Capasso cita giustamente il pastore valdese Eugenio Stretti,
studioso «esterno» del movimento pentecostale e autore d’un pregevole libro
sulla loro storia italiana, dove s’interroga a un certo punto (pp. 76-78) sulle
differenze tra pentecostali e carismatici. Intanto è utile osservare che,
in questo libro, lo Stretti fa la storia delle ADI italiane, che sono
solo una componente di tutto il pentecostalismo classico. Comunque, egli
parla di «differenza di fondo» e di «diversa sostanza» tra i due movimenti e la
identifica con la «teologia dell’esperienza» e il carattere ecumenico del
movimento carismatico. Sulla seconda di queste differenze, cioè sulla natura
ecumenica del movimento carismatico, non c’è molto da ridire. In effetti,
anche i «detrattori» del pentecostalismo classico riconoscono la natura
estremamente trasversale del carismaticismo, che probabilmente ha influito anche
sul suo accentuato ecumenismo. Tuttavia è giusto parlare di «diversità di
fondo» e di «diversa sostanza», e non di «identità di fondo» e della «stessa
sostanza», cioè l’esperienza pentecostale e il suo presunto valore teologico ed
escatologico, implementata in contesti diversi, subendo così le aggiunte
dottrinali che conosciamo? Se il novum del pentecostalismo è stato
proprio quest’esperienza, che li ha contraddistinti fin dall’inizio, facendo
persino passare in secondo piano, in modi più o meno marcati, la comune identità
evangelica, perché ora far leva su questo e non sulla prima, per stabilire chi
condivida (e chi non) con loro una «identità di fondo»? È sufficiente far
leva su queste «mutazioni» per negare che esiste un’identità di fondo che
attraversa trasversalmente tutti questi movimenti, data appunto dalla comune
«esperienza pentecostale»?
Quando poi lo Stretti addebita ai carismatici e non ai pentecostali una «teologia
dell’esperienza», ciò mi suona oltremodo strano. La «teologia
dell’esperienza» nasce da una diversa concezione del «rapporto Spirito-Parola»
propria di Lutero e Calvino, perché attribuisce alla «guida dello Spirito» e,
quindi, all’esperienza diretta dello Spirito, ciò che essi attribuivano
all’esperienza mediata dello Spirito, attraverso la «guida della Parola».
E, guarda caso, è lo stesso Stretti che fa una considerazione al riguardo,
quando pone in relazione il pentecostalismo con un teologia del «rapporto
Spirito-Parola», contrapposta a quella di Lutero e Calvino. Stretti dice: «Se
per Lutero e Calvino la Parola è lo strumento mediante il quale lo Spirito viene
dispensato ai fedeli, tenuto — potremmo dire — al guinzaglio dalla Parola, per
il Riformatore di Zurigo Ulrico Zwingli, è lo Spirito che suscita la fede, la
Parola non la crea, la nutre soltanto e, soprattutto le dà le parole per dire se
stessa, le fornisce il linguaggio per esprimersi».
Chiaramente, il pastore pentecostale Francesco Toppi che presenta il
libro dello Stretti, accusa il colpo e glielo contesta, come «forse l’unica
obiezione che si può muovere al presente lavoro», ossia, secondo le parole di
Toppi, il «luogo comune che attribuisce al Movimento pentecostale italiano la
volontà di prediligere la
priorità dello Spirito sulla Parola».
Il Toppi però non è convincente, quando cerca di smontare questa tesi. Afferma:
«Dio Spirito non agisce in contrasto o al di sopra della sua Parola, ma permette
che emergano le verità in essa contenute».
Cosa vuol dire che «permette che emergano le verità in essa contenute»?
Vuol dire che il pentecostalismo è il frutto d’un intervento speciale dello
Spirito, il quale ha fatto «emergere» nel 20° secolo delle verità «contenute»
nella Parola? Se così fosse, questo pone ulteriori e imbarazzanti interrogativi.
Perché lo Spirito ha nascosto per 20 secoli, anche alla sua chiesa fedele, delle
verità importanti per la sua vita spirituale? Che senso ha più parlare di
«rivelazione» scritta, se poi la Bibbia è un libro misterioso, che abbisogna
d’interventi speciali ed escatologici dello Spirito per essere svelato? Se la
Bibbia non detiene un’evidenza facilmente verificabile da parte di chi ha, in
ogni tempo, i giusti requisiti spirituali, morali e intellettuali, chi può più
porre un freno all’arbitrio di chi declama l’ultimo e più recente intervento
dello Spirito? Su che base possiamo verificare se è lo Spirito che fa «emergere»
quelle verità altrimenti nascoste? Chi può più contestare che la seconda, la
terza e la quarta ondata non siano interventi dello Spirito che hanno fatto
«emergere» nuove verità «contenute nella Parola»? Non è questo il cuore d’una
teologia dell’esperienza e d’un approccio soggettivo alla Scrittura?
Questa è una teologia dove il canone e il criterio della fede non è più la
Scrittura con le evidenze che le sono proprie, ma la presunta esperienza dello
Spirito che fa «emergere» verità non meglio precisate. Anche questa «differenza»
è in realtà la «stessa sostanza» che si è storicamente affermata con il
pentecostalismo e si è poi innestata in un ceppo diverso e tuttavia compatibile,
un ceppo che, per sua natura presentava in sé sostanze diverse e che ha dato
luogo ai «pentecostalismi» di seconda, terza e forse quarta generazione. Ed è
proprio quell’approccio soggettivo ed esperienziale alla Scrittura, inaugurato
dal pentecostalismo classico, che non ha saputo limitare l’inarrestabile
avanzata delle altre «ondate».
Mi fa piacere che ci siano nel pentecostalismo storico, «coscienze critiche»
come le ADI che vogliono prendere le distanze dagli «abusi» dei «nuovi
pentecostalismi». Studiando John Bevere però ho potuto rilevare che anche
all’interno di questi movimenti esistono «coscienze critiche» proprie. E questo
mi convince che non basta più «correre ai ripari» o additare gli abusi d’un
fenomeno che tende comunque a riprodursi o essere semplicemente «coscienze
critiche» degli altri e non di se stessi. Bisogna mettere in ordine la propria
casa ed essere sufficientemente radicali. L’aver per troppo tempo assolutizzato
la «fenomenologia pentecostale» degli Atti, affermando che il «movimento delle
lingue» e il «movimento profetico» del 20° secolo ne fossero una riedizione
in chiave escatologica, senza peraltro produrre un’evidenza scritturale
incontrovertibile, l’aver così relativizzato la comprensione del vangelo propria
dell’evangelismo storico, che poneva nella croce e non nella pentecoste il suo
centro propulsore, l’aver contrapposto alla «sola Scrittura» una «tota
Scrittura», che allargava la base del vangelo e di ciò, che è normativo, a
particolari transitori e descrittivi, chiamando in causa una nuova comprensione
degli stessi, «rivelata» a hoc dallo Spirito Santo, — sono questi fatti che
hanno gettato le basi d’un fenomeno che da subito si è manifestato incontrollato
e incontrollabile. Gli storici dicono che, Seymour, un padre del
pentecostalismo, era così disperato che chiamò in aiuto il suo maestro Parham,
il quale comunque espresse un giudizio negativo sui fenomeni d’Azusa Street.
Un pentecostale «collaudato» come Carmine Napolitano, che ha «alle spalle
una “tradizione” pentecostale, familiare ed ecclesiale, plurigenerazionale», ha
potuto dire: «Il problema ermeneutico che pone il vissuto pentecostale non è
solo a livello teorico e formale, ma fenomenologico ed esistenziale... ponendo
il problema del rapporto Spirito-Scrittura, Spirito-Parola, Spirito-Individuo,
Spirito-Chiesa, e così via. In questa prospettiva viene meno quasi del tutto il
caposaldo del fondamentalismo basato su un’oggettività della conoscenza di
fede... il vissuto pentecostale manca di quella necessaria verifica storica e
teologica».
Dal mio punto di vista, andando quindi oltre il pensiero di Napolitano, ritengo
che, un movimento, che si pone in diretta connessione con la Pentecoste,
saltando volutamente venti secoli di storia della chiesa, Riforma compresa
e pretendendo di rivendicare a sé una nuova e più piena percezione della
Scrittura, la cui evidenza non è oggettivamente riscontrabile, credo che abbia
ridotto drasticamente i criteri storici e teologici di questa verifica, sia per
sé, che per gli altri. Lo stesso Carmine Napolitano dice: «In sostanza, da Azusa
Street è stato ereditato un pentecostalismo spettacolare e meraviglioso che di
fatto ha tracciato una via diversa alla cui estremità non vi è nessuna
possibilità di discernere l’azione dello Spirito e porre la giusta
distinzione tra psichico e pneumatico o tra queste dimensioni e qualcosa di
più inquietante».
Per correttezza bisogna dire che Napolitano addebita questa «estremità» al
«neopentecostalismo», però, ai fini della tesi in discussione, è interessante
che ne parli come di «un’eredità» del pentecostalismo di Azusa Street,
cioè il pentecostalismo storico.
Insomma, prendere le distanze da ciò che è venuto dopo non basta, bisogna anche
fare un passo indietro! {02-01-2010}
7. {Pietro
Calenzo}
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Il pentecostalismo,
che si è soliti definire classico, per intenderci quello sorto a Azusa Strett,
in effetti vide la sua genesi, lontano da Los Angeles, in una scuola biblica
diretta dal battista Charales Fox Parham, di recente allora convertitosi al
Quaccherismo, e cioè nella sua piccola classe biblica. Esso è il risultato
estremizzato, a mio parere, dei cosiddetti movimenti di risveglio, che
nel 19° e 20° secolo conobbero una forte espansione. Infatti nel contesto del
Nord America, videro la luce, ad esempio, movimenti come i seguenti.
■ La Chiesa Avventista del Settimo giorno: Essa aveva una forte e marcata
entità ereticale datole dalla «profetessa» Ellen Harmon G. White, le cui
rivelazioni ancora oggi sono dichiarate come rivestite «dello Spirito
Profetico»!
■ La Chiesa del Nazzareno: Anch’essa parlava di battesimo dello Spirito
Santo, ma come un’opera successiva alla santificazione e senza glossolalia o
xenoglossia).
■ Il Quaccherismo: Esso era invece di matrice inglese, conobbe una vasta
espansione negli Stati Uniti, e in tale movimento per la prima volta, si parlò
di «luce interiore», che avrebbe dato una maggiore comprensione addirittura
della Sacra Scrittura, e si verificano, talvolta episodi di tremori o di forte
emotività spirituale.
■ La Chiesa di Dio: Esso è un altro gruppo rilevante che vide allora i
suoi albori; non è da confondersi con l’attuale denominazione pentecostale che
conta svariati milioni d’aderenti nel mondo.
Numerosi altri
gruppi minori videro la luce in tale periodo. Il loro comune denominatore
era la ricerca del completo abbattimento dei peccati, come opera successiva alla
santificazione dello Spirito Santo.
Al fine di meglio poter intendere l’humus spirituale del
proto-pentecostalismo, è altresì necessario inquadrare l’impoverimento
scritturale del concetto della grazia, inteso in senso calviniano, che fece
sempre più spazio a un semipelagianesimo strisciante (D. Moody, Torrey, Breeze)
o dichiaratamente pelagiano (C. Finney). In tale quadro (a mio parere con forti
interrogativi di «canonicità scritturale»), vide gli albori il movimento
pentecostale, che adottò una peculiare connotazione non biblica: il
«battesimo dello Spirito» doveva manifestarsi, sempre e necessariamente, con il
parlare in altre lingue.
Sempre a mio parere, tale visione non scritturale è bene sottolinearla, poiché è
comprovato storicamente che, già prima della nascita del
pentecostalismo ufficiale, nel Galles e negli Stati Uniti, molti altri credenti
avevano parlato in lingue incomprensibili, come i Camisardi Ugonotti, gli
Irwingiti, il piccolo gruppo degli Shakhers, isolati episodi s’ebbero durante la
predicazioni di Finney, di Moody, di altri predicatori itineranti e, andando
indietro nella storia, ciò fu praticato dall’eretico Montano.
In tale ricerca, dunque, d’una maggiore santificazione del proprio contatto con
il Signore, credenti-fondatori, come W. Seymour, C.F. Parham, Bartleman
(successivamente diventato antitrinitario), la Evans, Dole e molti altri, pur
riconoscendo loro la genuinità dei loro intenti, hanno storicamente partorito un
nuovo modo d’intendere la santificazione, non biblico. A partire
dagli anni Sessanta in poi, gli esponenti di tale movimento (al di fuori di
coloro che si sono trincerati nel pentecostalismo classico), hanno dato slancio
a un diabolico ecumenismo (in qualche caso anche sincretismo) e a
innovativi impianti dottrinali, come in C.M. Branham, in Benny Hinn, Kenneth
Hagin, Paul Yonngy Cho, J.H. Brown, colorati spesso da vere e proprie
devianze scritturali e da connotazioni ereticali, che constatato il continuo
moto perpetuo del pentecostalismo carismofilo, non sappiamo dove esso condurrà.
{04-01-2010}
Nota redazionale: Per alcuni dei personaggi menzionati in questo contributo si veda in «
Carismaticismo» e qui in «Persone e problemi». Per l’approfondimento degli eventi che hanno
accompagnato il Risveglio, si vedano in Nicola Martella (a cura di), Escatologia fra legittimità e abuso.
Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), vari articoli della sezione
«Escatologia e secondo millennio», specialmente i seguenti: «Dall’Illuminismo
alla “gran delusione”», pp. 90-100; «Da Darby al dispensazionalismo», pp.
101-107; «Dall’avventismo al geovismo», pp. 108-113.