Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.

 

Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.

 

Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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PENTECOSTALI NELLA VERSIONE 1.0, 2.0, 3.0

E OLTRE? PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Un lettore aveva ripreso un’affermazione pregressa di Tonino Mele: «Non è un caso che i fenomeni descritti più su facciano parte della “terza” o forse già “quarta ondata dello Spirito”, che altro non sono se non un’evoluzione della “seconda” e della “prima ondata”, dove hanno le radici i “pentecostali moderati”. E questo è un dato storico» (qui). Il primo aveva chiesto al secondo di spiegare più approfonditamente tale sua asserzione.

     Tonino Mele ha risposto a ciò nel secondo punto dell’articolo comune « Pentecostali nella versione 1.0, 2.0, 3.0 e oltre?», punto che porta il titolo «Pentecostali di varie “ondate”».

     Successivamente Tonino Mele mi ha scritto quanto segue: «Interessante l’esemplificazione di natura informatica di quel movimento fluttuante (per non dire “ondeggiante”), che è il movimento pentecostale-carismatico, esemplificazione che si aggiunge a quella di natura mediatica di Introvigne. Comunque, tra network e Web 1.0 e 2.0, diventa sempre più evidente il fatto che, quanto è giusto parlare delle differenze tra “pentecostali” e “carismatici”, è altresì giusto parlare delle analogie e dei nessi causali tra l’uno e l’altro movimento. E a questo punto sarebbe anche interessante identificare meglio queste analogie e farne un’adeguata valutazione di merito».

     In un contributo Gianni Siena, alle cui asserzioni Tonino Mele s’era riferito, prende la parola e cerca di dialogare con equilibrio; ciò è certamente apprezzabile. Ricordo che il nostro intento non è di creare vincitori e vinti, ma di dialogare qui su tali cose tra persone che amano il Signore e la sua Parola. In un altro contributo prende la parola Antonio Capasso, alle cui asserzioni Tonino Mele aveva pure risposto.

     Ora, qui di seguito, assistiamo al fatto che, mentre Gianni Siena e Antonio Capasso evidenziano la discontinuità fra pentecostali classici e neopentecostali (o carismaticisti), specialmente Tonino Mele fa notare che, almeno storicamente parlando, non si può negare la continuità dei fenomeni e gli sviluppi dei neopentecostali da una concezione entusiastica comune.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Pietro Calenzo

2. Gianni Siena

3. Nicola Martella

4. Antonio Capasso

5. Nicola Martella

6. Tonino Mele

7. Pietro Calenzo

8. Pietro Calenzo

9.

10.

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Pietro Calenzo}

 

Nota redazionale: Riporto qui di seguito alcuni contributi di questo lettore, arrivati a diverse riprese.

 

Purtroppo siamo giunti, da Toronto in poi, e siamo largamente oltre la 3a ondata, anche se la 2a, da Rita e Dennis Bennet in poi, non ha nulla da invidiare, quanto a ecumenismo alle due successive! Sul proto-pentecostalismo del 1904 e del 1906, si può fare un altro discorso, non privo però di lati oscuri (Bartleman, C.F. Pharam e Ozman insegnano).

     L’attuale carismofilia, si sta pericolosamente avvicinando alla chiesa di Corinto, con una attenuante a favore di quest’ultima: i credenti di tale comunità non possedevano la gran parte del NT per iscritto. Nelle «sante risate» e «nelle valanghe di credenti — e non — che cadono di schiena a terra», accompagnandosi con versi e mimica in transfert d’animali, pare che s’oda il nemico sogghignare soddisfatto.

     Questa è una dolorosissima realtà. Non cadendo nella estremizzazione del negare la sana e scritturale emotività d’un santa vita di relazione con il Signore, è altresì pur vero che la sperimentalità delle dottrine carismatiche si sta pericolosamente affiancando alla Sola Scrittura, e questo è una teologia pneumatica dei carismi, scivolosa e in molteplici casi non scritturale. {27-12-2009}

 

Caro fratello Nicola, sono stato chiamato dal Signore alla salvezza nelle Assemblee di Dio, poi da me abbandonate, per un non troppo malcelato innalzamento di due soli carismi, che ben conosci. Amo troppo i credenti pento-carismatici, per non studiare le deviazioni dottrinali e le molteplici ombre spirituali, che hanno generato la seconda, la terza e quarta ondata dello Spirito. In alcuni casi, nelle due ultime ondate («Toronto blessing», in primo luogo, ma anche anteriormente), personaggi come Benny Hynn, K. Kopeland e moglie, K. Hagin e altri vanno diffondendo la blasfema dottrina della «sostituzione o identificazione infernale». La stessa genesi del movimento del proto-pentecostalismo del 1906 c’indica che tale movimento è nato su dottrine non scritturali; e i numerosi limiti dottrinali di Pharam, di Bartleman, della stessa Agnes Ozman e d’una collaboratrice di Seymour che suonava il piano, a occhi chiusi, e in trance (il cosiddetto rapimento dello Spirito), c’indicano che tale movimento è sorto su alcune deviazioni dottrinali importanti.

     Ringrazio il Signore Gesù che lo Spirito Santo abbia generato dei servitori fedeli come te, il caro A. Seibel, il caro K. Doring, W. Bhune, Dave Hunt, Mac Arthur, Eberthauser, S. Gargiulo. Appena possibile, a Dio piacendo, sarò felice di porgere il mio modesto contributo, che tu caro fratello mi hai richiesto, nei limiti che soggettivamente mi riconosco. Benedizioni celesti, a te caro Nicola, e non preoccuparti d’alcuni credenti molto gonfi, che non amano la sana dottrina, quando li tocca nella loro arroganza spirituale. Dio benedica il tuo ministero per il servizio del Corpo di Cristo e per il perfezionamento di noi santi. Con amore in Cristo, tuo fratello Pietro. {28-12-2009}

 

 

2. {Gianni Siena}

 

Non mi sento «toccato» particolarmente dalle affermazioni di Tonino Mele sulla comune «eredità», che lega pentecostali e carismatici; la sua tesi è la seguente: senza un movimento pentecostale non vi sarebbe stata una «contaminazione» delle altre chiese… e niente carismatici, dunque. Si noti però che le somiglianze e le differenze sono come quelle che accompagnano i funghi: cosa sono i «bolaetus edulis» e «bolaetus satanas»? Il primo è mangereccio, il secondo è… «mortale»! Chi cerca porcini, lo sa molto bene ed evita la seconda specie così «pericolosa». Il mondo pentecostale ha sconcertato sin dal suo sorgere gli altri credenti ma ha trovato numerosi estimatori.

     Il fluire delle «ondate» dipende da una particolare interpretazione dell’affermazione di Giacomo, dove descrive il contadino che aspetta tranquillo la prima e la seconda pioggia prima della mietitura o raccolta (Gcm 5,7). Questa citazione del NT è stata applicata al risveglio pentecostale come l’adempimento d’una profezia. La «prima pioggia» corrisponde alla benedizione del 1° secolo e la «seconda pioggia» riguarda l’effusione del 20° secolo… prima del ritorno del Signore.

     Questa interpretazione coglie un’immagine efficace e l’applica «correttamente»… ma la storia del cristianesimo m’istruisce ancora di più: dove i credenti hanno pagato il prezzo d’una personale consacrazione e attesa, la potenza e l’unzione dello Spirito Santo sono scese su singoli credenti e comunità anche nell’intervallo tra l’alto solaio di Sion e i risvegli dell’inizio 20° secolo che hanno incendiato tutto il mondo cristiano. Questo fatto è stato sempre umilmente riconosciuto dai pentecostali classici ai quali mi pregio d’appartenere.

     La nostra matrice evangelica ha semplicemente accettato l’adempimento reale — udibile e vedibile — della discesa dello Spirito Santo sulla chiesa. Nessuno di noi — magari, dopo aver riletto la sua Bibbia — ha negato la presenza dello Spirito in altre chiese, ma ha esortato i membri di costoro a ricercarne la manifestazione. Non pretendo d’esaurire l’argomento con queste righe, ma a me sembra reale la lettura profetica di Gcm 5,7 come riferibile all’effusione del 20° secolo.

     Quello che mi sconcerta è il voler rappresentare il movimento pentecostale come il «padre» di tutte le eresie dei movimenti derivati che, come già notato sul sito, sono contaminazioni eretiche del pentecostalismo originario. Per esempio, il «vino al metanolo» non è un derivato della vigna ma un prodotto adulterato con dosi mortali di metanolo. Esso è contenuto in minima quantità in ogni tipo di vino, ma così non è pericoloso. Io sono pentecostale da 35 anni e non ho mai trovato eresie realmente pericolose nelle ADI; ho toccato con mano spesso errori dovuti a ingenuità o ignoranza dottrinale, ma le eresie richiedono una certa preparazione teologica e (in qualche caso) un’intenzionale malafede… avendo secondi fini.

     Se fossero vere le accuse mosseci, potremmo affermare che lo gnosticismo fu un derivato della chiesa primitiva. Invece, sappiamo che, da subito, i responsabili primitivi puntarono il dito contro l’ecletticismo dottrinale e spirituale di questi «ubriaca popolo». Lo stesso hanno fatto le «Assemblies of God», quando nel 1916 hanno separato i loro stracci dall’unitarianesimo in versione pentecostale. E, nei decenni successivi, hanno preso le distanze da movimenti e fenomeni biblicamente discutibili…le ADI lo hanno fatto!

     Abbiamo, ovviamente, le nostre vedute «peculiari», ma non rifuggiamo da un sereno confronto con altre posizioni. Non è questa la sede per riesaminare le caratteristiche che c’individuano rispetto agli altri evangelici, ma ripeto in breve che, secondo noi, la grazia soprannaturale, sparsa sulla Chiesa e con i segni conseguenti, è disponibile ancora oggi… con i limiti del caso come insegna la prassi erronea dei Corinzi (1 Corinzi 12-14). Noi riteniamo che queste cose possano essere godute e vissute in un contesto ecclesiale biblicamente sano.

     Gli stessi carismatici delle origini erano credenti che riscoprivano queste cose anche indipendentemente da contatti con ambienti pentecostali. Segno che una (neanche lontanamente…) misteriosa Potenza era all’opera per rinvigorire la fede dell’intera Chiesa di Gesù Cristo.

     Io stesso, allontanatomi dalla mia chiesa d’origine, scoprii che Dio era all’opera nella mia vita… indipendentemente dalla mia consapevolezza. Posso rettificare qualche ricordo, ma ho ben presente le cose che accaddero nella mia vita: non le avevo cercate, esse mi venivano incontro e cambiarono in modo radicale la mia visione della fede cristiana. Senza alterare la formazione dottrinale ricevuta, nel ricevere lo Spirito Santo ho sempre pensato fosse giusto non abbandonarmi a eccessi emozionali o cose del genere. Al punto che, disturbato da un anziano smanioso di sentire i presenti «parlare in lingue» (con il concerto d’urla e vociare forte), non frequentai più le riunioni da lui presenziate. Per me, il pregare è formato anche da momenti di riflessione in cui il cuore e la mente pensano alle cose da esporre a Dio. Mi piace la «preghiera comunitaria», fatta di lode e adorazione e canti spontanei, ma mi piace anche partecipare con la mente al culto. Come me, ve ne sono tanti nelle ADI, ai quali non piacciono gli tsunami emozionali che, com’è dimostrabile, non toccano il cuore e lo spirito.

     Le «ondate», che vorrebbero prolungare l’opera di Dio (o aggiungerle qualcosa), non hanno mai trovato il nostro plauso: nella Scrittura abbiamo ottimi insegnamenti al riguardo. Se con gli «apostoli» di queste «benedizioni» abbiamo qualcosa in comune, beh, siamo come l’acqua: esorto chiunque (!!!) ad accertarsi di non berla inquinata. La storia insegna che l’acqua deve essere pura per dissetare e far rivivere le persone. Nelle stesso modo esortiamo i credenti d’ogni denominazione e provenienza a fare quanto segue:

     ■ Respingere ogni esperienza «pentecostale» spuria o inquinata da pensieri e pratiche umane.

     ■ Denunciare senza compassione chiunque approfitti delle anime per spacciare elementi non scritturali.

 

In questo senso, anche se non sono sempre d’accordo con il Fr. Nicola Martella, ne apprezzo il lavoro e l’impegno relativi.

     No, non mi sono affatto offeso ma ho ritenuto rispondere al Fr. Tonino Mele solo per precisare le cose che scrissi nella precedente e-mail. Pace del Signore a tutti… {29-12-2009}

 

 

3. {Nicola Martella}

 

Qui di seguito metterò l’enfasi solo su alcuni aspetti, lasciando che sia poi Tonino Mele a rispondere sul resto.

 

     ■ Apprezzamenti e osservazioni: La distinzione fra i funghi commestibile e velenosi è, lì per lì, molto suggestiva ed esplicativa. Così è illustrativa anche la differenza fra il frutto della vigna e il prodotto da laboratorio: il vino al metanolo. Similmente è lampante, lì per lì, la tesi secondo cui lo gnosticismo non fu un derivato diretto della chiesa primitiva. Perciò non si può attribuire ai pentecostali della prima ora l’intento di voler produrre varie «ondate» e partorire i carismaticisti.

    D'altra parte, se ciò vuol evidenziare la discontinuità, non si può negare la continuità dei fenomeni entusiastici. Certi funghi attecchiscono soltanto dove trovano un terreno estremamente fertile. Inoltre non vi è sempre una distinzione netta di «cantine», come si vorrebbe far credere, ma il grano pentecostale e la gramigna carismaticista coesistono nella stessa denominazione, sì spesso nella stessa comunità. Gli apostoli e le chiese primordiali seppero combattere il proto-gnosticismo con veemenza, dichiarandolo come un corpo estraneo; purtroppo (se si fanno alcune debite eccezioni) non sempre avviene ciò oggigiorno, anzi gli attuali gnostici cristianizzati si definiscono perlopiù come «pentecostali», ed è così che vengono spesso considerati da altri pentecostali.

 

     ■ Responsabilità: I confini sono fluidi all’interno di una certa parentela; nonostante ciò, dallo stesso ceppo nascono figli virtuosi e degeneri. Inoltre, sebbene un frutto non cada lontano dall’albero, la microevoluzione o selezione (spontanea o indotta dall’uomo) è responsabile della varietà genetica, chiamata razze; lo stesso vale per la varietà dottrinale, devozionale ed etica all’interno della «galassia» entusiastica. Mi sono ricordato di questa ingiunzione della Torà: «Non si metteranno a morte i padri per i figli, né si metteranno a morte i figli per i padri; ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato» (Dt 24,16; 2 Re 14,6). E inoltre, tale responsabilità personale viene ribadita da Dio mediante i profeti: «In quei giorni non si dirà più: “I padri hanno mangiato l’agresto, e i denti dei figli si sono allegati”, ma ognuno morrà per la propria iniquità: chiunque mangerà l’agresto ne avrà i denti allegati» (Gr 31,29s; Ez 18,2ss).

    Faccio comunque notare che all'interno delle ADI, per fare un esempio concreto, ci sono conduttori che considerano certe manifestazioni secondarie e in genere non incoraggiano neppure la glossolalia nelle loro comunità. Laddove la permettono, è solo individualmente e soltanto alla presenza di un accertato e vero «traduttore», che si ritiene che non bari. Ci sono però altri conduttori che ne fanno un continuo cavallo di battaglia, anzi alcuni sono del tutto sull'ondata più recente del misticismo e gnosticismo carismaticista. Essi alimentano la tesi del «qual è il figlio, tale è il padre».

 

     ■ Onda su onda: Se tutta la teoria delle «ondate» si fonda su Giacomo 5,7 e sull’immagine della prima e la seconda pioggia che precedono la mietitura, tutto ciò è teologicamente una lastra di ghiaccio molto sottile e fragile. Dopo l’invettiva contro i ricchi (Gcm 5,1-6), Giacomo passò col suo «dunque» a trarre degli ammonimenti per i cristiani giudaici, affermando, tra altre cose, quanto segue: «Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Ecco, l’agricoltore aspetta il prezioso frutto della terra pazientando, finché esso abbia ricevuto la pioggia della prima e dell’ultima stagione. Siate anche voi pazienti; rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina» (v. 7s). Poi diede altre direttive nell’attesa della parusia. Si noti che le parole di Giacomo, usate dai pentecostali come fondamento teologico delle diverse «ondate», non erano una «profezia», ma un’illustrazione agricola, tipica del Medio Oriente: prima della raccolta in primavera, dovevano esserci, perché tutto andasse bene, la pioggia autunnale e quella primaverile. Giacomo non parlava qui della storia della salvezza, ma della pazienza nell’attesa del Signore. Non si può quindi parlare di un’applicazione corretta del brano da parte dei teorici delle «ondate». Non esiste una «lettura profetica di Gcm 5,7» né è riferibile «all’effusione del 20° secolo»; esiste solo una corretta esegesi contestuale e basta.

 

     ■ Unzione: Un altro appunto è sulla cosiddetta «unzione dello Spirito Santo», termine caro ai pentecostali. Sorprende l’uso l’imitato che ne fa il NT (solo 1 Gv 2,20.27), affermando che si tratta di una realtà già avvenuta per tutti i credenti (v. 20) e che già dimora in loro (v. 27). Si tratta della consacrazione del credente mediante lo Spirito Santo nel momento della nascita dall’alto, quando avviene il suggellamento mediante lo Spirito di Dio (Ef 1,13) in vista del «giorno del riscatto» (Ef 4,30). Tale locuzione è diventata oggigiorno però tutt’altro, ossia sinonimo di un’esperienza mistico-entusiastica, che ognuno riempie a modo suo. Cristo è l’Unto (= Messia) e i cristiani sono unti in Lui, una volta per sempre, ossia quando sono immersi nel suo Corpo di Cristo mediante lo Spirito Santo e hanno ricevuto la vita di Cristo in loro mediante lo stesso Spirito: «Infatti noi tutti siamo stati immersi mediante un unico Spirito dentro un unico corpo, e Giudei e Greci, e schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un unico Spirito» (1 Cor 12,13).

 

 

4. {Antonio Capasso}

 

Tonino Mele ha scritto: «Quando parlo di “analogie”, non parlo solo di “somiglianze” senza relazione di causa ed effetto, ma parlo d’una “piattaforma comune”, “matrice comune”. E si apprezzano meglio queste analogie, senza cioè lasciarci fuorviare dalle differenze, che pur esistono, quando nel confronto non si tiene conto solo delle due entità in questione, ma si confrontano queste con l’evangelismo storico. Bisogna insomma non eccedere nei disconoscimenti, ma riconoscere anche che il pentecostalismo classico ha costruito il primo gradino rispetto all’evangelismo storico».

     Eugenio Stretti anch’egli studioso che ha «studiato questo fenomeno “dall’esterno”, cioè, senza avere un interesse, apologetico» (Mele), scrive: «Una particolare attenzione ha destato, nel mondo, l’enorme sviluppo del movimento carismatico e pentecostale. Una valutazione si impone per la corretta comprensione della differenza di fondo tra i due movimenti: pentecostale e carismatico. Entrambi i movimenti sono stati classificati recentemente come “quarto protestantesimo”. La tesi è stata formulata da due sociologi americani Roger Finke e Rodney Stark e ripresa in Italia, dal sociologo delle religioni Masimo Introvigne… Per i sociologi nordamericani esistono tre protestantesimi: 1) Protestantesimo storico… luterani, calvinisti, anglicani. 2) Protestantesimo evangelico... battisti, metodisti. 3) Protestantesimo del risveglio… movimento di santità, fondamentalismo evangelico. 4) Il quarto protestantesimo, costituito dall’ondata pentecostale-carismatica. In realtà il movimento pentecostale sorge, come abbiamo visto, all’interno del terzo protestantesimo, in particolare come sviluppo ulteriore del movimento di santità. Una valutazione equilibrata del movimento ci sembra emergere da una recente pubblicazione del sociologo delle religioni Enzo Pace (Le sette, Il Mulino, p. 55). La tendenza ad associare i due movimenti è tipica della riflessione sociologica e teologica nordamericana. Quali sono le principali differenze tra pentecostali e carismatici? I linguaggi paiono simili, ma la sostanza è diversa». [Eugenio Stretti, Il movimento pentecostale (Ed. Claudiana), p. 77; formattazione redazionale]

     Francesco Toppi scrive: «Il risveglio pentecostale è da considerarsi come parte dei movimenti di risveglio del cosiddetto “terzo protestantesimo”, che hanno avuto lo scopo primario di riportare la chiesa cristiana alla semplicità, all’esperienza e alla potenza iniziale del periodo apostolico… Il movimento pentecostale classico affonda le proprie radici nei movimenti di risveglio evangelici». [Francesco Toppi, «Cristiani oggi» (Novembre 1996)]

     A mio avviso, come dice lo studioso Introvigne, il neopentecostalismo (compreso il movimento carismatico) dà primaria importanza «non alla definizione ma alla descrizione, non alla tesi ma alla danza, non alla dottrina ma al canto, non al libro ma alla parabola, non al concetto ma al banchetto». [Massimo Introvigne, Aspettando la pentecoste (Ed. Messaggero, Padova), p. 13s] Per il pentecostale classico ciò che ha primaria importanza è la «definizione», la «tesi», la «dottrina», il «libro», il «concetto». Si può parlare a mio avviso di analogie, di somiglianze, tra il pentecostalismo classico e il neopentecostalismo carismatico, non di «piattaforma comune» (Mele). Dal punto di vista specificamente teologico, si può vedere che tra i due movimenti la sostanza è ben diversa. Dio Ti benedica… {30-12-2009}

 

 

5. {Nicola Martella}

 

Trovo molto significativo quanto scritto da Antonio Capasso nel suo contributo e le fonti esterne da lui citate, specialmente Eugenio Stretti (che a sua volta cita Enzo Pace) e Massimo Introvigne. Faccio notare che Francesco Toppi non è una fonte esterna al pentecostalismo, essendo una voce importante delle ADI.

    Per il resto rimando a quanto ho scritto in risposta a Gianni Siena. Qui faccio soltanto notare che, quantunque pentecostali classici e neopentecostali (o carismaticisti) appartengano formalmente a due protestantesimi differenti, nella pratica i confini tra i due fenomeni mostrano grandi affinità, dovute alla stretta parentela entusiastica, e la fluttuazione tra questi due fenomeni è abbastanza grande. Praticamente nelle stesse denominazioni si trovano credenti con tendenze pentecostali più classiche e più gnostiche. Alle conferenze di illustri «santoni» carismaticisti (p.es. Benny Hinn, Carlos Annacondia) si ritrovano gli uni e gli altri, altrimenti non si spiega come si riempiano le sale e gli stadi. A conferenze di pastori si trovano pentecostali e neopentecostali di diversa tendenza. Quindi l'osmosi e la fluttuazione sono abbastanza ampie, come pure il passaggio dall'uno all'altro fronte. Certamente, è fuori dubbio che i pentecostali classici, che tengono la barra al centro e fanno muro contro lo gnosticismo carismaticista, trovano tutte le mie simpatie e la mia solidarietà — di là dalle differenze che possano caratterizzarci e distinguerci su alcuni temi particolari.

 

 

6. {Tonino Mele}

 

Nota redazionale: Tonino Mele mi aveva scritto quanto segue. Le due repliche in oggetto mi paiono più una «difesa» di ciò che si è da «35 anni» e ci si «pregia d’appartenere», che un voler dibattere una data tesi. Mi si cambia pure l’oggetto della tesi e si dibatte su una caricatura di ciò che ho detto, dando persino valore probatorio ad «analogie», che tutt’al più possono solo illustrare ciò che si vuol dire. Manca insomma un serio tentativo di argomentare sulla tesi, da me proposta.

     Sto preparando io una riflessione più documentata, e m’auguro più pertinente e più «matura». Il titolo credo che sarà: «Esiste un nesso causale tra pentecostali e carismatici?». Oltre alla premessa e all’introduzione, i punti principali saranno, probabilmente i seguenti: ▪ 1. Ponderando le differenze; ▪ 2. Ponderando le analogie; ▪ 3. Quanto è causale questo nesso? Appena sarà pronto te lo invierò... {31 dicembre 2009}

    Intanto che arrivi la pubblicazione di tale scritto, egli anticipa quello che segue.

 

Pensavo d’aver chiarito a sufficienza il mio pensiero, se non altro per essere capito, quand’anche esso non fosse condiviso. Debbo però rilevare che, oltre a non essere condiviso, cosa che c’era anche da aspettarsi, non sono neppure stato capito.

     Se non avessi detto chiaro e tondo qual era la mia tesi e non l’avessi fatta precedere da due punti, ci sarebbe anche motivo di dire che è stata fraintesa, ma dal momento che credo d’essere stato alquanto chiaro, non si può fare la caricatura di quanto da me affermato e poi fare un discorso su ciò che non ho detto. E la mia tesi non era: «Senza un movimento pentecostale non vi sarebbe stata una “contaminazione” delle altre chiese… e niente carismatici, dunque», né tanto meno un «voler rappresentare il movimento pentecostale come il “padre” di tutte le eresie dei movimenti derivati». La tesi che ho proposto per la riflessione e per la discussione era ed è la seguente: «Ammesso che una chiara distinzione esiste tra “pentecostali classici” e “carismatici della seconda e terza ondata”, non è pacifico dire che non ci siano analogie [anche con valore di causalità] tra gli uni e gli altri».

     Quella che m’addebita Gianni Siena, «se ci sarebbe stato mai un movimento carismatico “senza un movimento pentecostale”», più che una «tesi» è un’ipotesi che non ha più senso porsi, perché ormai la storia ha avuto un corso differente, prima è nato il movimento pentecostale e poi è nato il movimento carismatico; e, se vogliamo fare un discorso fondato e verificare l’attendibilità d’una «tesi», ora c’è solo un modo: indagare se le evidenti analogie tra pentecostali classici e carismatici abbiano un nesso, oltre che cronologico, anche causale. Io sostengo che un nesso causale esiste. Non ho detto in che misura, se in tutto o in parte, se in modo determinante o meno. Questo andrebbe valutato alla fine del discorso, dopo che la tesi è stata dibattuta (non combattuta) e si son soppesate oggettivamente, cioè storicamente, sociologicamente e teologicamente le differenze e le somiglianze. «Mettere il carro davanti ai buoi» in questo caso, rischia d’essere tendenzioso.

     Inoltre, si può affermare che il pentecostalismo classico è «premessa» delle altre «ondate», senza per questo «voler rappresentare il movimento pentecostale come il «padre» di tutte le eresie dei movimenti derivati»: esso ha fornito ai posteri di propria «somiglianza», la base escatologica e dottrinale per affermare in modo stabile la loro esperienza pentecostale. Senza questa «eredità», probabilmente, sarebbero rimasti dei fatti isolati e temporanei, come solitamente è successo nella storia di questi fenomeni (Montanisti, profeti delle Cevenne, ecc.). Le eresie sopraggiunte andrebbero meglio spiegate con i diversi contesti in cui l’esperienza pentecostale si è implementata nelle «ondate» successive, e con i diversi apporti, a cui hanno attinto, tipo l’esoterismo, la spiritualità orientale (P. Yonggi Cho), la spiritualità cattolica (Rinnovamento dello Spirito), ecc. Questo in parte deresponsabilizza il pentecostalismo iniziale, ma dei dubbi li fa venire, in merito a un’esperienza, quella «pentecostale», che così facilmente s’implementa e convive con realtà diametralmente opposte, senza poi contare gli «strani fenomeni» che si sono riscontrati sin dall’inizio, con lo sconcerto persino di C.F. Parham, uno dei padri del pentecostalismo.

     Le analogie che Gianni Siena cita tra specie di funghi, che seppur apparentemente simili, in realtà celano la differenza sostanziale, che alcune specie sono buone e altre mortali, può servire soltanto a illustrare ciò che egli vuol dire, ma non hanno valore probatorio. Se questo è vero per i funghi, può non essere vero per le persone e tanto meno per i movimenti, dove le variabili in gioco, d’ordine spirituale, morale, storico e sociologico sono ben più dinamiche e complesse di quelle «fisse» della natura vegetale. 

     Il fratello Martella ha scritto un bel libro dal titolo Carismosofia, il cui sottotitolo recita: «Paralleli tra occultismo e carismaticismo», facendo leva su queste «affinità» per sostenere la matrice esoterica di gran parte del movimento carismatico. E davanti alla gran mole d’esempi che il Martella ha prodotto, sarebbe una magra risposta quella di dire che esistono funghi, che, pur somigliandosi, alcuni sono buoni e altri velenosi. Un apologeta carismatico inoltre non avrebbe difficoltà a produrre gran mole di «differenze» tra i due fenomeni, per difendere il proprio movimento.

     Credo dunque che nella discussione della tesi in oggetto, non si vada molto lontano, se ci limitiamo a fare accostamenti di questo tipo, senza fare una obiettiva analisi delle analogie tra movimento pentecostale e movimento carismatico, considerandole una per una e riflettendo sul legame di causalità esistente tra i due termini dell’analogia. Ed è questo che ci pare più logico e sensato fare e ci ripromettiamo di fare in modo più compito.

     Mi rendo conto che, per chi è immerso da «35 anni» in una certa realtà di cui si «pregia d’appartenere», ha qualche difficoltà a parlare in modo «oggettivo» e spassionato della tesi in oggetto e questo vale per chiunque è chiamato a essere obiettivo verso una realtà, a cui è profondamente legato. Tuttavia è necessario precisare che il discorso che stiamo tirando avanti è anzitutto di carattere storico, che attiene più a come sono andate le cose che a come le cose sono ora. Non voglio dire che l’attualità non abbia una sua matrice storica, però è anche vero che l’attualità può dipendere pure da come noi rispondiamo alla storia. Non tutti i pentecostali e non tutti i carismatici rispondono allo stesso modo agli impulsi che vengono dalla loro storia e me ne dà conferma le parole stesse che Gianni Siena dice: «Come me, ve ne sono tanti nelle ADI, ai quali non piacciono gli tsunami emozionali che, com’è dimostrabile, non toccano il cuore e lo spirito». Eppure nessuno può negare il dato storico che queste correnti, pentecostali compresi, abbiano dato un forte valore a una fede «entusiastica», «infuocata» ed emozionale. David du Plessis: diceva: «Questa è la differenza... tra i Pentecostali e le altre Chiese: “Voi avete la vostra verità nel ghiaccio; noi l’abbiamo nel fuoco”».[1]

     Se vogliamo dunque indagare, in modo rigoroso, la tesi in oggetto, lasciando campo aperto a osservazioni e a ragionamenti pertinenti, sia pro che contro, affrontiamo la questione con sufficiente distacco e soprattutto non cambiamo l’oggetto della discussione.

     Antonio Capasso cita giustamente il pastore valdese Eugenio Stretti, studioso «esterno» del movimento pentecostale e autore d’un pregevole libro[2] sulla loro storia italiana, dove s’interroga a un certo punto (pp. 76-78) sulle differenze tra pentecostali e carismatici. Intanto è utile osservare che, in questo libro, lo Stretti fa la storia delle ADI italiane, che sono solo una componente di tutto il pentecostalismo classico. Comunque, egli parla di «differenza di fondo» e di «diversa sostanza» tra i due movimenti e la identifica con la «teologia dell’esperienza» e il carattere ecumenico del movimento carismatico. Sulla seconda di queste differenze, cioè sulla natura ecumenica del movimento carismatico, non c’è molto da ridire. In effetti, anche i «detrattori» del pentecostalismo classico riconoscono la natura estremamente trasversale del carismaticismo, che probabilmente ha influito anche sul suo accentuato ecumenismo. Tuttavia è giusto parlare di «diversità di fondo» e di «diversa sostanza», e non di «identità di fondo» e della «stessa sostanza», cioè l’esperienza pentecostale e il suo presunto valore teologico ed escatologico, implementata in contesti diversi, subendo così le aggiunte dottrinali che conosciamo? Se il novum del pentecostalismo è stato proprio quest’esperienza, che li ha contraddistinti fin dall’inizio, facendo persino passare in secondo piano, in modi più o meno marcati, la comune identità evangelica, perché ora far leva su questo e non sulla prima, per stabilire chi condivida (e chi non) con loro una «identità di fondo»? È sufficiente far leva su queste «mutazioni» per negare che esiste un’identità di fondo che attraversa trasversalmente tutti questi movimenti, data appunto dalla comune «esperienza pentecostale»?

     Quando poi lo Stretti addebita ai carismatici e non ai pentecostali una «teologia dell’esperienza», ciò mi suona oltremodo strano. La «teologia dell’esperienza» nasce da una diversa concezione del «rapporto Spirito-Parola» propria di Lutero e Calvino, perché attribuisce alla «guida dello Spirito» e, quindi, all’esperienza diretta dello Spirito, ciò che essi attribuivano all’esperienza mediata dello Spirito, attraverso la «guida della Parola». E, guarda caso, è lo stesso Stretti che fa una considerazione al riguardo, quando pone in relazione il pentecostalismo con un teologia del «rapporto Spirito-Parola», contrapposta a quella di Lutero e Calvino. Stretti dice: «Se per Lutero e Calvino la Parola è lo strumento mediante il quale lo Spirito viene dispensato ai fedeli, tenuto — potremmo dire — al guinzaglio dalla Parola, per il Riformatore di Zurigo Ulrico Zwingli, è lo Spirito che suscita la fede, la Parola non la crea, la nutre soltanto e, soprattutto le dà le parole per dire se stessa, le fornisce il linguaggio per esprimersi».[3]

     Chiaramente, il pastore pentecostale Francesco Toppi che presenta il libro dello Stretti, accusa il colpo e glielo contesta, come «forse l’unica obiezione che si può muovere al presente lavoro», ossia, secondo le parole di Toppi, il «luogo comune che attribuisce al Movimento pentecostale italiano la volontà di prediligere la priorità dello Spirito sulla Parola».[4] Il Toppi però non è convincente, quando cerca di smontare questa tesi. Afferma: «Dio Spirito non agisce in contrasto o al di sopra della sua Parola, ma permette che emergano le verità in essa contenute».[5] Cosa vuol dire che «permette che emergano le verità in essa contenute»? Vuol dire che il pentecostalismo è il frutto d’un intervento speciale dello Spirito, il quale ha fatto «emergere» nel 20° secolo delle verità «contenute» nella Parola? Se così fosse, questo pone ulteriori e imbarazzanti interrogativi. Perché lo Spirito ha nascosto per 20 secoli, anche alla sua chiesa fedele, delle verità importanti per la sua vita spirituale? Che senso ha più parlare di «rivelazione» scritta, se poi la Bibbia è un libro misterioso, che abbisogna d’interventi speciali ed escatologici dello Spirito per essere svelato? Se la Bibbia non detiene un’evidenza facilmente verificabile da parte di chi ha, in ogni tempo, i giusti requisiti spirituali, morali e intellettuali, chi può più porre un freno all’arbitrio di chi declama l’ultimo e più recente intervento dello Spirito? Su che base possiamo verificare se è lo Spirito che fa «emergere» quelle verità altrimenti nascoste? Chi può più contestare che la seconda, la terza e la quarta ondata non siano interventi dello Spirito che hanno fatto «emergere» nuove verità «contenute nella Parola»? Non è questo il cuore d’una teologia dell’esperienza e d’un approccio soggettivo alla Scrittura?

     Questa è una teologia dove il canone e il criterio della fede non è più la Scrittura con le evidenze che le sono proprie, ma la presunta esperienza dello Spirito che fa «emergere» verità non meglio precisate. Anche questa «differenza» è in realtà la «stessa sostanza» che si è storicamente affermata con il pentecostalismo e si è poi innestata in un ceppo diverso e tuttavia compatibile, un ceppo che, per sua natura presentava in sé sostanze diverse e che ha dato luogo ai «pentecostalismi» di seconda, terza e forse quarta generazione. Ed è proprio quell’approccio soggettivo ed esperienziale alla Scrittura, inaugurato dal pentecostalismo classico, che non ha saputo limitare l’inarrestabile avanzata delle altre «ondate».

     Mi fa piacere che ci siano nel pentecostalismo storico, «coscienze critiche» come le ADI che vogliono prendere le distanze dagli «abusi» dei «nuovi pentecostalismi». Studiando John Bevere però ho potuto rilevare che anche all’interno di questi movimenti esistono «coscienze critiche» proprie. E questo mi convince che non basta più «correre ai ripari» o additare gli abusi d’un fenomeno che tende comunque a riprodursi o essere semplicemente «coscienze critiche» degli altri e non di se stessi. Bisogna mettere in ordine la propria casa ed essere sufficientemente radicali. L’aver per troppo tempo assolutizzato la «fenomenologia pentecostale» degli Atti, affermando che il «movimento delle lingue» e il «movimento profetico» del 20° secolo ne fossero una riedizione in chiave escatologica, senza peraltro produrre un’evidenza scritturale incontrovertibile, l’aver così relativizzato la comprensione del vangelo propria dell’evangelismo storico, che poneva nella croce e non nella pentecoste il suo centro propulsore, l’aver contrapposto alla «sola Scrittura» una «tota Scrittura», che allargava la base del vangelo e di ciò, che è normativo, a particolari transitori e descrittivi, chiamando in causa una nuova comprensione degli stessi, «rivelata» a hoc dallo Spirito Santo, — sono questi fatti che hanno gettato le basi d’un fenomeno che da subito si è manifestato incontrollato e incontrollabile. Gli storici dicono che, Seymour, un padre del pentecostalismo, era così disperato che chiamò in aiuto il suo maestro Parham, il quale comunque espresse un giudizio negativo sui fenomeni d’Azusa Street.[6]

     Un pentecostale «collaudato» come Carmine Napolitano, che ha «alle spalle una “tradizione” pentecostale, familiare ed ecclesiale, plurigenerazionale», ha potuto dire: «Il problema ermeneutico che pone il vissuto pentecostale non è solo a livello teorico e formale, ma fenomenologico ed esistenziale... ponendo il problema del rapporto Spirito-Scrittura, Spirito-Parola, Spirito-Individuo, Spirito-Chiesa, e così via. In questa prospettiva viene meno quasi del tutto il caposaldo del fondamentalismo basato su un’oggettività della conoscenza di fede... il vissuto pentecostale manca di quella necessaria verifica storica e teologica».[7] Dal mio punto di vista, andando quindi oltre il pensiero di Napolitano, ritengo che, un movimento, che si pone in diretta connessione con la Pentecoste, saltando volutamente venti secoli di storia della chiesa, Riforma compresa[8] e pretendendo di rivendicare a sé una nuova e più piena percezione della Scrittura, la cui evidenza non è oggettivamente riscontrabile, credo che abbia ridotto drasticamente i criteri storici e teologici di questa verifica, sia per sé, che per gli altri. Lo stesso Carmine Napolitano dice: «In sostanza, da Azusa Street è stato ereditato un pentecostalismo spettacolare e meraviglioso che di fatto ha tracciato una via diversa alla cui estremità non vi è nessuna possibilità di discernere l’azione dello Spirito e porre la giusta distinzione tra psichico e pneumatico o tra queste dimensioni e qualcosa di più inquietante».[9] Per correttezza bisogna dire che Napolitano addebita questa «estremità» al «neopentecostalismo», però, ai fini della tesi in discussione, è interessante che ne parli come di «un’eredità» del pentecostalismo di Azusa Street, cioè il pentecostalismo storico.

     Insomma, prendere le distanze da ciò che è venuto dopo non basta, bisogna anche fare un passo indietro! {02-01-2010}

 

[1]. J.L. Sherrill, Essi parlano in altre lingue (PADI, Roma 1972), p. 63.

[2]. E. Stretti, Il movimento pentecostale (Claudiana, Torino 1998).

[3]. Ibid., p. 13.

[4]. Ibid., p. 8.

[5]. Ibid.

[6]. Carmine Napolitano, Cento anni di storia pentecostale, in “Fedeltà” N° 270 (Sett. 2001), p. 184.

[7]. Ibid., p. 164.

[8]. Vedi lo scritto del pastore pentecostale Roberto Bracco “Non siamo Protestanti”.

[9]. Carmine Napolitano, op. cit, p. 184.

 

 

7. {Pietro Calenzo}

 

Il pentecostalismo, che si è soliti definire classico, per intenderci quello sorto a Azusa Strett, in effetti vide la sua genesi, lontano da Los Angeles, in una scuola biblica diretta dal battista Charales Fox Parham, di recente allora convertitosi al Quaccherismo, e cioè nella sua piccola classe biblica. Esso è il risultato estremizzato, a mio parere, dei cosiddetti movimenti di risveglio, che nel 19° e 20° secolo conobbero una forte espansione. Infatti nel contesto del Nord America, videro la luce, ad esempio, movimenti come i seguenti.

     ■ La Chiesa Avventista del Settimo giorno: Essa aveva una forte e marcata entità ereticale datole dalla «profetessa» Ellen Harmon G. White, le cui rivelazioni ancora oggi sono dichiarate come rivestite «dello Spirito Profetico»!

     ■ La Chiesa del Nazzareno: Anch’essa parlava di battesimo dello Spirito Santo, ma come un’opera successiva alla santificazione e senza glossolalia o xenoglossia).

     ■ Il Quaccherismo: Esso era invece di matrice inglese, conobbe una vasta espansione negli Stati Uniti, e in tale movimento per la prima volta, si parlò di «luce interiore», che avrebbe dato una maggiore comprensione addirittura della Sacra Scrittura, e si verificano, talvolta episodi di tremori o di forte emotività spirituale.

     ■ La Chiesa di Dio: Esso è un altro gruppo rilevante che vide allora i suoi albori; non è da confondersi con l’attuale denominazione pentecostale che conta svariati milioni d’aderenti nel mondo.

 

Numerosi altri gruppi minori videro la luce in tale periodo. Il loro comune denominatore era la ricerca del completo abbattimento dei peccati, come opera successiva alla santificazione dello Spirito Santo.

     Al fine di meglio poter intendere l’humus spirituale del proto-pentecostalismo, è altresì necessario inquadrare l’impoverimento scritturale del concetto della grazia, inteso in senso calviniano, che fece sempre più spazio a un semipelagianesimo strisciante (D. Moody, Torrey, Breeze) o dichiaratamente pelagiano (C. Finney). In tale quadro (a mio parere con forti interrogativi di «canonicità scritturale»), vide gli albori il movimento pentecostale, che adottò una peculiare connotazione non biblica: il «battesimo dello Spirito» doveva manifestarsi, sempre e necessariamente, con il parlare in altre lingue.

     Sempre a mio parere, tale visione non scritturale è bene sottolinearla, poiché è comprovato storicamente che, già prima della nascita del pentecostalismo ufficiale, nel Galles e negli Stati Uniti, molti altri credenti avevano parlato in lingue incomprensibili, come i Camisardi Ugonotti, gli Irwingiti, il piccolo gruppo degli Shakhers, isolati episodi s’ebbero durante la predicazioni di Finney, di Moody, di altri predicatori itineranti e, andando indietro nella storia, ciò fu praticato dall’eretico Montano.

     In tale ricerca, dunque, d’una maggiore santificazione del proprio contatto con il Signore, credenti-fondatori, come W. Seymour, C.F. Parham, Bartleman (successivamente diventato antitrinitario), la Evans, Dole e molti altri, pur riconoscendo loro la genuinità dei loro intenti, hanno storicamente partorito un nuovo modo d’intendere la santificazione, non biblico. A partire dagli anni Sessanta in poi, gli esponenti di tale movimento (al di fuori di coloro che si sono trincerati nel pentecostalismo classico), hanno dato slancio a un diabolico ecumenismo (in qualche caso anche sincretismo) e a innovativi impianti dottrinali, come in C.M. Branham, in Benny Hinn, Kenneth Hagin, Paul Yonngy Cho, J.H. Brown, colorati spesso da vere e proprie devianze scritturali e da connotazioni ereticali, che constatato il continuo moto perpetuo del pentecostalismo carismofilo, non sappiamo dove esso condurrà. {04-01-2010}

 

Nota redazionale: Per alcuni dei personaggi menzionati in questo contributo si veda in « Carismaticismo» e qui in «Persone e problemi». Per l’approfondimento degli eventi che hanno accompagnato il Risveglio, si vedano in Nicola Martella (a cura di), Escatologia fra legittimità e abuso. Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), vari articoli della sezione «Escatologia e secondo millennio», specialmente i seguenti: «Dall’Illuminismo alla “gran delusione”», pp. 90-100; «Da Darby al dispensazionalismo», pp. 101-107; «Dall’avventismo al geovismo», pp. 108-113.

 

 

8. {Pietro Calenzo}

 

Il grosso problema del movimento carismatico, è che questi fratelli vivono il loro modo di relazionarsi con Dio, basandosi su un errore d’esegetica biblica (il «battesimo dello Spirito Santo»), predicando, cercando e innalzando un carisma (il parlare in lingue), al di sopra d’ogni più lecita interpretazione del testo biblico. Chiaramente, quando si parte da tali presupposti interpretativi, che s’innestano su una ricerca, spesso di natura sperimentale del Signore Gesù Cristo, le cantonate sono alla porta.

     Si parla, spesso in tale movimento della certezza della guarigione voluta da Dio e profetizzata da altri credenti, quando il Signore c’esorta a dire: «Se è nella Sua volontà».

     Ho studiato, con un caro pastore pentecostale (veramente un caro e fedele servitore del Signore), il tema dell’unzione. I carismatici fondano l’invocazione dell’unzione su 1 Gv 2,20.27. Ma al di là di questo, la natura della pneumatologia pentecostale o carismatica ha evidenziato i limiti, sin dal suo sorgere. Parham, il fondatore del movimento pentecostale, aveva sue vedute particolari (condizionalismo delle anime perdute, la dottrina propria anche dei Testimoni di Geova e degli Avventisti del Settimo giorno); egli entrò in conflitto con il fondatore della ormai celebre missione di Azusa Street, William Seymour, suo allievo.

     La prima giovane credente che parlò in lingue, Agnes Ozman, parlò in lingue per tre giorni di fila, scrisse dei fogli con il dito dello «Spirito Santo» in stato estatico. Parham annunciò che si trattava di perfetto cinese (altri riportano, lingua boema), ma non si trattava né dell’una né dell’altra: erano solo scarabocchi privi di senso. Un altro stretto collaboratore della missione di Azusa Strett, Frank Bartleman, aderì successivamente al movimento Unitariano Pentecostale.

     Io penso che il Movimento Pentecostale e quello posteriore della seconda, terza e quarta ondata dello Spirito, fondano la loro stessa ragione d’esistere su una concezione non biblica, e cioè che il «battesimo dello Spirito» debba concretamente rendersi palese con il segno tangibile del parlare in altre lingue; ciò sta in completo contrasto con 1 Cor 12,13 e altri passi Scritturali, che affermano esattamente il contrario. Storicamente, dagli anni sessanta in poi, tale Movimento s’è evoluto verso un diabolico e pernicioso ecumenismo, che ne ha caratterizzato le ultime, non edificanti, evoluzioni (si legga T.B.N. o la cosiddetta «Toronto blessing»). {15 gennaio 2010}

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Pentec-caris_affin-distinz_UnV.htm

30-12-2009; Aggiornamento: 17-01-2010

 

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