Vista la quantità di contributi arrivati, questo tema di discussione prosegue quello
pregresso. Nell'articolo
«Sono
uscita dal movimento della prosperità» Michela Depatris (ps.) ha dato testimonianza del suo travaglio all'interno del
cattolicesimo e del movimento carismaticista della prosperità. Come al solito,
anche in questo argomento si rischia di andare fuori tema. Alcuni, invece di
essere grati che tale lettrice sia uscita dal movimento gnosticheggiante della
prosperità e si trovi in una chiesa pentecostale moderata, prendono anche qui
l'occasione per una resa di conti finale con tutti i tipi di pentecostali.
Faremmo bene ad attenerci al tema: il movimento della prosperità e l'uscita da
esso.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
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1.
{Antonio Capasso}
▲
Fa piacere sentire
persone che sono uscite da quest’ambiente di confusione carismaticista. Quando
si ha la Parola di Dio come «lampada al nostro piede e luce sul nostro
sentiero», non si può rimanere per molto in questa confusione. Dispiace
però, fratello Nicola, che alcuni approfittano di questa bella testimonianza
della sorella per dire cose che: ▪ 1. sono fuori del tema trattato; ▪ 2. sono
(almeno per me e credo anche per la sorella), inesatte. Tutto questo come per
dire alla sorella: «Sei scappata? Continua a scappare». Chiamare il risveglio
pentecostale «movimento delle lingue» e credere che questo risveglio metta «il
carisma delle lingue al disopra d’altri», significa non conoscere il credo dei
pentecostali classici. Non entro nel merito dell’affermazione che sia sorto su
fondamenti non scritturali, perché andrei fuori tema.
Quando poi alle ondate 1, 2, 3, 4
che siano, tale espressione è stata coniata dal carismaticista Peter Wagner,
con costui i pentecostali classici non hanno niente da spartire. Per i
pentecostali, se ondata si può chiamare, essa è avvenuta a Gerusalemme
nell’anno 33 circa, con la festa di Pentecoste, è qui che i pentecostali
moderati hanno le loro radici. {15-12-2009}
2. {Nicola Martella}
▲
Non entro nel merito delle diverse «ondate», avendone già scritto su «Carismosofia»,
pp. 18-30. Penso che molti pentecostali moderati vogliono semplicemente piacere
a Dio e ubbidire alla Parola; essi sono uno strumento di propagazione
dell’Evangelo. Ciò non significa che bisogna essere d’accordo con tutte le loro
dottrine o che bisogna aderire a tutte le forme della loro cultura devozionale.
Di là dalle differenti convinzioni personali, che si
possono nutrire sulla glossolalia, come abbiamo mostrato altrove io e altri (io
le mie le ho scritte in «Carismosofia»,
pp. 69-83), bisogna fare una chiara distinzione fra i pentecostali classici e i
carismaticisti, e questo di là dalle loro apparenti affinità formali e
devozionali. Non tutti gli sviluppi nei figli (o discepoli) si possono
attribuire ai padri (o maestri). In ogni modo, ha fatto bene questo lettore a
non seguire gli accenni altrui fuori del tema trattato. Lascio perciò senza
commento il suo legittimo richiamo; facciamo sempre bene a distinguere le une
dalle altre cose.
Sebbene io non sia pentecostale, di là dalle
convinzioni personali su questo o quel tema, che mi possono differenziare da
loro, i pentecostali classici che, essendo moderati, si protendono a tenere alta
la Parola delle vita e a tagliare rettamente la Parola della verità, non possono
che avere le mie simpatie e non posso che considerarli come alleati nel fare
muro contro la spiritualità gnostica, chiamata carismaticismo. Quando le chiese
pentecostali classiche vengono carismaticizzate per infiltrazione o per
mutamento di orientamento interno (cfr. At 20,29s), ciò rappresenta un pericolo
per tutto il cristianesimo biblico. Paolo non abbandonò la chiesa di Corinto a
se stessa, ma combatté vigorosamente contro i «sommi apostoli» giudaici di
stampo gnostico (cfr. 2 Cor 11), si appellò alle forze biblicamente sane di tale
assemblea e regolamentò i particolari usi e costumi di tale particolare
comunità. Neppure noi dobbiamo abbandonare la nostra «Corinto» odierna a se
stessa.
3.
{Gianni Siena}
▲
Rispondo a
Tonino Mele. Nelle chiese pentecostali «classiche» il
discernimento spirituale e la verifica delle «novità» sulla base della
Parola sono strumenti usati abitualmente e con profitto. Resta da considerare
che lo Spirito Santo produce nei credenti un senso d’umiltà e d’attesa di quel
che il Signore vuol fare giorno per giorno nella vita individuale e comunitaria.
Questo è molto buono ma, senza l’umile verifica di queste cose alla luce
della Bibbia, «fidandosi» ingenuamente di quel che si vede e s’ode, succede che
qualcuno o una comunità siano traviati. Ai primordi della fede, la fiducia nei
fratelli è quasi totale e questo può generare un equivoco: nessun dubbio che
occorra fidarsi dei fratelli, degli anziani e del pastore, ma abbiamo la Parola
scritta che serve a far crescere il senso critico (non di condanna) verso quel
ch’è la vita comunitaria e il devozionalismo.
Nessuno nega l’ascolto e l’ubbidienza alla direzione
pastorale, ma una chiesa che ama il Signore, arma spiritualmente i suoi
membri con buon esempio (condotta personale e comunitaria) e savia istruzione
biblica. È quasi impossibile rifiutare ai responsabili l’ubbidienza fiduciosa
con simili premesse. Il problema nasce dove le «frange» del biblico mantello
sono allungate per far risaltare il ruolo dei «conduttori (espediente sfruttato
da coloro che creano e fanno adottare le «novità»). Una chiesa pentecostale non
ama le «novità» ma ciò che, essendo vecchio (biblico) appare nuovo; essa non ama
ciò che causa l’incuria spirituale e dottrinale degli uomini.
La nostra conversione non è diversa da quella
che avviene in altre chiese evangeliche ma essa è accompagnata — come
anticamente — dalla manifestazione dello Spirito Santo per l’utile comune. A
parte un certo frasario e una diversa elaborazione delle dottrine, la nostra
credenza è fondata sulla Bibbia.
Circa la decima, non c’è nessuna insistenza ma
solo l’esortazione a dare quanto necessario per l’opera di Dio; si esorta i
credenti a donare in questa misura (o come si preferisce) solo in occasione di
spesse grosse deliberate in assemblea, sempre volontariamente. Chi insegna
l’obbligo abituale d’essa ha perlomeno travalicato la pratica di «esortare ma
senza obbligare»... mi risulta dall’anno della mia conversione!
Circa la caduta: non mi stupisco se una persona,
causa certi trascorsi peccaminosi e resistendo all’azione dello Spirito Santo,
che convince di peccato, cade all’improvviso e si dimena sbavando e ruggendo; ho
già visto questo, ma la libertà, data dalla nuova nascita, è il premio di queste
sofferenze.
Circa la risata: in qualche caso è liberatrice,
accompagna qualche conversione; persone tristi e depresse trovano liberatorio
ciò. Diverso è quando, mediante «preghiera e imposizione di mani» le persone
cadono, abbaiano, ululano, ridono, senza alcuna liberazione dallo spirito
diabolico, che le lega. Anzi, trovano piacevole e desiderano ripetere la
cosiddetta «esperienza» spirituale; ciò è una riunione carismatica e non un
culto pentecostale.
Sul culto pentecostale conosco almeno una conversione
maturata in un cuore cattolico: un dotto frate, dopo aver assistito al culto
nella nostra chiesa di Genova, rimase meravigliato. Egli non aveva assistito mai
a nulla del genere ma aveva solo letto le notizie riportate da Agostino sul
culto nella chiesa primitiva: secondo il frate il nostro culto era molto simile
o identico alla descrizione d’Agostino. Questo mi conforta dei tanti
«ipercritici», che vedono solo demoni nei nostri incontri, e mi fa capire che
anche noi abbiamo ricevuto il privilegio di (ri-)proporre alla chiesa cristiana
un pezzo della sua splendida eredità del 1° secolo.
Resta da considerare l’ingenuità di noi pentecostali
e la faciloneria, con cui alcuni si fanno abbindolare dai profeti di «novità».
Ma chi ha un animo semplice può sempre acquistare un cuore savio:
semplici come colombe ma avveduti come i
serpenti. {15 dicembre 2009}
4.
{Nicola Martella}
▲
È apprezzabile lo sforzo di Gianni Siena per
tenere un equilibrio. Come al solito si ritorna al tema delle distinzioni
fra pentecostali classici e carismaticisti e a quello delle affinità dei
pentecostali moderati con il resto dell’evangelismo rispettoso della Bibbia;
sono cose certamente legittime.
È probabile che alcuni
lettori avranno da ridire sulla connessione fra «caduta» e «libertà, data
dalla nuova nascita» quale «premio di queste sofferenze», avvenute durante tale
caduta. Similmente essi punteranno il dito sul fatto che si voglia distinguere
una risata coercitiva (e altri fenomeni simili) in campo pentecostale e
carismaticista, usando come criterio di differenziazione soltanto il «senza
alcuna liberazione dallo spirito diabolico, che le lega» in campo carismaticista
(cosa che quest’ultimo contesterà). Faccio solo notare che tali fenomeni
coercitivi non avvengono solo a non-credenti o addirittura solo a persone
demonizzate, ma a credenti che frequentano da anni le rispettive chiese e che
ricevono l’imposizione di mani da parte di un «santone» di turno o dal
loro proprio conduttore. Il problema risiede quindi proprio nei fenomeni
coercitivi stessi, in chi li dispensa quale «unto» particolare e in chi,
dipendendo psichicamente da uno di loro, subisce tali fenomeni coercitivi,
ascrivendo a essi addirittura una particolare qualità della manifestazione dello
Spirito Santo. Lo Spirito di Dio però riempie il tempio (la chiesa), quando i
credenti ubbidiscono al Signore, praticano sana dottrina e sana etica e adorano
Dio in senso biblico; nel nuovo patto Egli non si manifesta come potenza che
possiede i credenti in modo coercitivo, essendo questo ciò che fa qualcun altro,
ossia l'avversario.
5.
{Vari}
▲
Nota redazionale: Quanto segue qui, si riferisce all'articolo «Crisi
di Natale e Natale con la crisi», a cui ha reagito Giuseppe Langella,
creando una reazione a catena. Ricalcando un vecchio proverbio, mi vien da dire
sui seguaci dell'ideologia della prosperità: «La lingua prosperante batte, dove
il dente carismaticista duole»! Ecco ora il contributo e le reazioni.
■ Contributo 1:
Mi sa di strano che un cristiano evangelico proclama cosi a gran voce la
parola crisi. Maaaaa che dirti, io prospero e anche tanto, forse perché
in me vive DIO??? Ciao pregherò che finisca la tua crisi, DIO ti
benedica. {Giuseppe Langella; 21 dicembre 2009}
▬
Risposta 1: Caro fratello Giuseppe, fede e ipocrisia non
vanno d’accordo. Stare bene spiritualmente è una cosa, ed esserlo
materialmente ne è un’altra. Ogni credente è ricco per la grazia
preziosa che Cristo Gesù ci ha donato, ma è indubbio che la crisi esiste
e sta colpendo tante famiglie. Cristianamente siamo ricchi, ma
umanamente la crisi c’è e si sente! La cosa che ci con-traddistingue è
che noi non disperiamo, perché sappiamo che Dio è con noi, e questo ci
rende forti nella debolezza! Dio ti benedica! {Fortuna Fico; 21 dicembre
2009}
■
Contributo 2:
Amen non disperiamo, è vero, ma ti continuo a dire che: 1. io sto prospe-rando e
tanto anche; e 2. era per un fratello in particolare la mia risposta che se ne
vanta tanto di questa crisi, invece di pregare e di scacciare via ogni opera del
male che vuole abbattersi su di lui. Ciao, cara sorella, DIO ti benedica
{Giuseppe Langella; 21 dicembre 2009}
▬
Risposta 2:
Non so chi tu sia fratello, ma la tua analisi è
molto centrata. Nelle assemblee evangeliche, affermiamo sempre che siamo
una grande famiglia ! A differenza
di quanto proclamano, ai quattro canti, i carismatici dell’evangelo della prosperità, ci sono centinaia di milioni di cristiani
che soffrono, fame, miseria, carceri, triboli, ma evidentemente,
Shakharian (ora defunto) in testa, l’anno dimenticato (!), e anche in
noi, in parte. Dio ci perdoni.
{Pietro Calenzo; 21 dicembre
2009}
▬
Risposta 3: Pietro, shalom. La tua frase «non so chi tu sia
fratello, ma la tua analisi è molto centrata», è un po’ sibillina. Se ti
riferisci a Giuseppe Langella, è proprio fuori posto, visto che afferma
il contrario di te, essendo un carismaticista della prosperità. Spiegati
meglio... {Nicola Martella; 21 dicembre 2009}
▬
Risposta 4: Allora non concordo con il fr. Langella, a meno
che non provi scritturalmente quanto asserisce. Ricordo che Maria, la
madre di Gesù, offrì al tempio, l’offerta prevista per i meno fortunati
pecuniariamente. Shalom, gloria a Gesù, il Messia, Unto Re. {Pietro
Calenzo; 22 dicembre 2009}
▬
Risposta 5: È evidente che
Giuseppe Langella
non ha letto l’articolo sul sito interamente e forse per nulla, ma solo il suo
inizio, che ho inviato come «invito alla lettura». Alla fine di quest’ultimo è
scritto «Continua la lettura» con link e poi: «Dopo aver letto l’intero scritto,
voi che rispondereste alle questioni in esso contenute?». Se egli lo avesse
fatto, si sarebbe accorto che il tema, affrontato da Tonino Mele, è un altro ed
è molto articolato e argomentato. In genere chi risponde senza aver letto
l’intero articolo, si mostra insipiente e fa pure brutte figure. Complimenti a
lui! {Nicola Martella;
21 dicembre 2009}
▬
Risposta 6: Questi prosperanti sono unici: invece di dare
da mangiare all’affamato, scacciano lo spirito della fame. L’importante
è che prosperino solo loro, per gli altri basta una preghiera e
scacciare di spiriti e siamo a posto… e buon Natale.
Il Natale può essere un’occasione in più per prendere atto della miseria che c’è
in giro e donare qualche cosa a chi ha bisogno. Quanti poveri ci sono intorno a
noi e neanche li vediamo(Giacomo 2,14-20). {Patrizia Miceli; 21 dicembre 2009}
6.
{Tonino Mele}
▲
■ Contributo:
Forse il Langella può fare meglio, scrivendo a Tremonti anziché scrivere
a me! E comunque non è molto originale, perché Berlusconi lo va
ripetendo da un bel po’ che non c’è la crisi! {22 dicembre 2009}
▬
Osservazioni: Se lui si ritiene già «prosperante»
(e vede solo te in crisi), non penso che voglia rivolgersi a Tremonti,
visto che ritiene di aver già spostato le montagne, se «tre monti» o di
più.
La crisi
non c’è per chi chiude gli occhi o afferma che altrove stanno molto
peggio.
Vedremo
comunque che cosa succederà nella vita di questo prosperante, quando si
sveglierà disilluso dalla
droga ideologica della «dottrina della prosperità», quando Satana
chiederà di vagliarlo come si vaglia il grano (Lc 22,31) o quando Dio deciderà
di suo di mettere alla prova la sua fede, perché essa produca costanza (Gcm 1,3)
e risulti preziosa, passando essa per il fuoco (1 Pt 1,7). Quando Dio gli dirà:
«La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella
debolezza» (2 Cor 12,9a), spero allora che, svegliandosi dai fumi
dell’ideologia prosperante, potrà dire come Paolo: «Molto volentieri mi
glorierò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su
me. Per questo io mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in
persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando son debole, allora
sono forte» (vv. 9b-10). Spero che saprà essere fiero, come questo apostolo,
di conoscere non solo i trionfi, ma anche «la comunione delle sue sofferenze,
essendo reso conforme a lui nella sua morte» (Fil 3,10).
{Nicola Martella}
7.
{Pietro Calenzo}
▲
Faccio un piccolo altro commento, al di là di
ciò che affermano i leader carismatici dell’«evangelo del prosperità», sulla
cosiddetta benedizione d’Abrahamo che spetterebbe di diritto a ogni figlio di
Dio. Constatato che ciò oggettivamente non si concretizzò nella chiesa
apostolica, tra i fratelli di Gerusalemme, tant’è che l’apostolo Paolo ordinò
una sovvenzione per loro, in loro favore. Constatato pure che ciò non si è
fattivamente concretizzato — caso strano — nel Terzo e Quarto Mondo ed ora anche
in Italia, con tanti figli di Dio nuovamente disoccupati o in mobilità. Perché
questi cari fratelli carismatici non offrono una parte di tale benedizione
consistente (a giudicare dalla vita lussuosa che conducono Benny Hinn, Paula
White ecc.) ai fratelli meno fortunati, o che non si sono appropriati della
mancata promessa del «vangelo del benessere» (come lo chiamano Demos Schakarian
e Fred Ladenius...)? Se questi cari fratelli, non ne conoscono alcuno, una
piccola lista la potrei proporre io personalmente. Girino un po’, questi
carissimi fratelli, convinti in sì fatto modo, in Nepal, Sudan, Mindanao,
Buthan, Cina, nei paesi islamici, India, Vietanm, Cambogia, Laos, Somalia,
Yemen, Iran.. e potrei continuare. Dio benedica tutti i figli di Dio, sia
prosperanti che bisognosi, e non amiamo (il sottoscritto per primo) a parole, ma
a fatti. Dio vi benedica in Gesù, il Messia, Unto Re. {22 dicembre 2009}
8. {}
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9. {}
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10. {}
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11. {}
▲
12. {}
▲
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Mov_prosper_uscita2_Esc.htm
16-12-2009; Aggiornamento: 23-12-2009 |