Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:
■ Aspetti introduttivi
■ Gesù di Nazaret
■ Gli Evangeli
■ Dall’ascensione alla fine dei tempi
■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LOGOS E RHEMA: SOTTO L’IDEOLOGIA NIENTE!

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Logos e rhema: sotto l’ideologia niente». Abbiamo visto che nel NT lógos ricorre 331 volte in tutte le sfumature possibili che il termine «parola» possa esprimere anche in italiano: parola, frase, espressione, comando, domanda, questione, resoconto, annuncio, vocabolo, termine, voce, lemma, definizione, cosa, fatto, eccetera. A ciò si aggiunga il verbo leghein, che si trova 1.320 volte nel NT; poi ci sono vari i derivati di questa radice.

     Abbiamo anche visto che, al contrario, il termine rhēma ricorre nel NT solo 67 volte; dalla stessa radice comune deriva anche il termine latino verbum, che denota più l’azione e i fatti concreti.

     Come abbiamo evidenziato nell’articolo, il termine rhēma ricorre del NT specialmente negli scritti a sfondo giudaico, poiché ricorda l'uso del termine ebraico dābār «parola, fatto, cosa». Abbiamo anche detto che nell’uso comune del NT, a parte qualche sfumatura accademica (lógos più concettuale: logica, rhēma più concreto: fatto, verbum), i due termini non avevano di fatto molta differenza sostanziale, visto che con lógos si poteva dire tutto ciò che rhēma esprimeva. Abbiamo concluso che trarre da ciò una particolare dottrina, centrale per un’ideologia religiosa del misticismo carismaticista, è come voler estrarre sangue dalle rape.

 

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Maurizio Ruffino

2. Nicola Martella

3. Vincenzo Russillo

4. Gianni Siena

5. Samuele Maodda

6. Nicola Martella

7. Eleonora Parisi

8. Lorenzo Bendlin

9. Nicola Martella

10. Pietro Calenzo

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Maurizio Ruffino}

 

Contributo: Leggendo il «Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento» di Coenen - Beyreuther - Biethenhard, sembra però d’individuare una differenza tra i due termini. Mentre logos sembra più designare l’aspetto concettuale e discorsivo, al discorso e all’annuncio generale, rhema sembra più orientato alla «fattualità», alla parola = cosa, al concretizzarsi delle singole parole pronunciate da Dio. In questo senso mi è venuto da pensare al rapporto tra Figlio e Spirito, nel quale lo Spirito svela in significato e concretizza tutte le parole pronunciate dal Logos. {08-01-2011}

 

Osservazioni (Antonio Capasso): Concordo con Maurizio, ho consultato anch’io il «Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento» di Coenen - Beyreuther - Biethenhard ed effettivamente sembra che faccia una differenza tra i due termini. {09-01-2011}

 

 

 

2. {Nicola Martella}

 

Rispondo ad ambedue questi lettori. Ho già evidenziato che le sfumature accademiche (lógos più concettuale: logica, rhēma più concreto: fatto, verbum) dei due termini non avevano di fatto molta differenza sostanziale nell’uso quotidiano, poiché lógos poteva già esprimere tutto ciò che rhēma intendeva. Infatti, si tratta di due sinonimi: lógos era più generale e onnicomprensivo e rhēma più limitato e raro. Come abbiamo visto, rhēma era preferito in ambito giudaico, poiché esprimeva come il termine ebraico dābār «parola», anche «fatto, cosa».

     Come si potrà leggere proprio su tale «Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento», il termine ebraico dābār fu tradotto nella Settanta (traduzione greca dell’AT), a seconda dei libri biblici, sia con rhēma sia con lógos; probabilmente ciò era dovuto alla sensibilità del traduttore, se aveva uno sfondo ebraico o ellenistico. Ecco qualche esempio:

     ■ «Dopo queste cose, la parola dell’Eterno fu rivolta in visione ad Abramo» (Gn 15,1). In ebraico c’è per «cose» dābār (pl.), in greco c’è rhēma (pl).

     ■ «Queste sono le ultime parole di Davide» (2 Sm 23,1). In ebraico c’è per «parole» dābār (pl.), in greco c’è lógos (pl).

     ■ «Ora il rimanente delle cose / gesta / storie di Salomone, tutto quello che fece…» (1 Re 11,41). In ebraico c’è per «cose / gesta / storie» dābār (pl.), in greco c’è rhēma (pl).

     ■ «Fu secondo le ultime disposizioni di Davide che il censimento dei figliuoli di Levi si fece dai venti anni in su» (1 Cr 23,27). In ebraico c’è per «disposizioni» dābār (pl.), in greco c’è lógos (pl).

 

Al tempo del NT tali differenze si persero alquanto, poiché ci fu l’influsso dell’ellenismo e la maggior parte dei Giudei abitavano fuori della Giudea e parlavano greco. Negli scritti del NT il termine rhēma fu usato specialmente in ambito giudaico (Evangeli, Atti, Eb 11,3; 12,9, 1 Pt 1,25; 2 Pt 3,2). Esso manca in buona parte del NT (1 Cor; Gal; Fil-Flm; Gcm, da 1 Gv-Ap); c’è soltanto minimamente qui: in Rm 10,8.17s (lettera indirizzata a Gentili ed Ebrei); 2 Cor 12,4 (singole parole udite in cielo); Ef 5,26; 6,17 (Efesini è una lettera circolare a cristiani gentili ed ebrei).

     Stando così le cose, ossia di là da semplici sfumature linguistiche, che si trovano anche in termini italiani sinonimi (ogni vocabolo ha il suo spettro linguistico, che può anche essere limitato o generale), tutto ciò non permette di trarvi legittimamente una sedicente «dottrina del rhēma», che è posta alla base di tutto un pensiero ideologico di un certo carismaticismo.

    Il paradosso di tale dottrina carismaticista, che ha i piedi d'argilla, sta nel fatto che nel testo greco ambedue i termini si trovano nel medesimo brano: «Mentre Pietro stava proferendo [lalountos] questa parola [rhēma], lo Spirito Santo scese su tutti quelli che stavano ascoltando la parola [lógos]» (At 10,44). Per la medesima cosa vengono usati ambedue i termini: rhēma e lógos (cfr. similmente Eb 12,19 rhēma (pl.) e lógos).

     Trarre da nuance terminologiche tutta una sovrastruttura ideologica, come riscaldata da Lirio Porrello («Logos e rhema»; Palermo, 27 febbraio 2005), è come voler tenere un elefante in equilibrio su quattro pulci. Questo è veramente voler colare il moscerino e inghiottire il cammello, come disse Gesù a scribi e Farisei, chiamandoli «guide cieche» (Mt 23,24). Lo stesso dicasi della pesante «dottrina del rhēma», che certi carismaticisti vogliono poggiare sulla sottile lastra di ghiaccio di una semplice sfumatura linguistica.

 

 

3. {Vincenzo Russillo}

 

Tempo fa, parlando con una credente carismatica, si è soffermata nello spiegarmi il suo punto di vista di cosa volesse dire rhema. In molti ambienti carismatici, infatti, questa parola viene intesa come la voce dello Spirito Santo, che parla loro in quell’istante. Ritengono infatti che lo Spirito dovrebbe guidarli attraverso sentimenti interiori, impressioni ed esperienze. Ad esempio, secondo il loro punto di vista, tale «parola» estemporanea, che si ritiene provenga da Dio, potrebbe essere divulgata da un predicatore durante un servizio di culto. Tale «parola» avrebbe più autorità della Parola scritta.

     La Settanta traduce in greco il termine ebraico dabar, che vuole dire «parola», con rhema e logos, che sono sinonimi fra loro. Molte volte si cerca con ragionamenti non scritturali di aggiungere significati, che niente hanno di biblico; qui dobbiamo essere bereani. Un’attenta analisi ci porta a evidenziare quanto segue.

     ■ Rhema vuol dire «oggetto del discorso, parola, parte del discorso». In diversi passaggi della Sacra Scrittura, viene tradotto come parlare:

            ● «Mentre Pietro parlava così [rhema], lo Spirito Santo scese su tutti quelli che ascoltavano la Parola [logos]» (Atti 10,44). [In effetti, ho come indicato sopra, il testo recita letteralmente così: «Mentre Pietro stava proferendo [lalountos] questa parola [rhēma], lo Spirito Santo scese su tutti quelli che stavano ascoltando la Parola [lógos]», N.d.R.] Il logos in questo caso viene equiparato al rhema (discorso), che Pietro fece loro.

            ● «Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola [rhema] di Cristo» (Romani 10,17). Qui rhema si riferisce al Vangelo di Cristo, che viene predicato

            ● «[Poiché voi non siete venuti…] né allo squillo di tromba, né al suono di parole [rhema], tale che quanti l’udirono supplicarono che più non fosse loro rivolta altra parola [logos]» (Ebrei 12,19). Anche in questo caso rhema e logos vengono usati come sinonimi.

 

     ■ Logos vuol dire «decreto, conversazione, parola». È bene intendere che nel NT, il termine logos può essere interpretato come una parola pronunciata. Mentre per far riferimento a una parola scritta si usa il termine graphe. «Ma questo è avvenuto affinché sia adempiuta la parola, scritta nella loro legge: “Mi hanno odiato senza motivo”» (Giovanni 15,25).

     Logos si riferisce a un libro o a un versetto del VT o a una diversa citazione; si veda anche Luca 3,4. Da un attenta analisi testuale, possiamo denotare quanto segue.

            ● «Quando dunque fu risorto dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo; e credettero alla Scrittura [graphe] e alla parola [logos] che Gesù aveva detta» (Giovanni 2,22). In questo caso si fa riferimento a logos per far riferimento a ciò, che Gesù aveva detto.

            ● «E ciò affinché si adempisse la parola che egli aveva detta: “Di quelli che tu mi hai dati, non ne ho perduto nessuno”» (Giovanni 18,9). Qui logos fa riferimento a una porzione delle Scritture, ovvero a una citazione.

 

Da una semplice analisi semantica dei testi, non si può arrivare a una differenziazione per tradurre rhema quale Parola di Dio (inteso come discorso) e logos come parola scritta. Entrambe possono essere usate in tutte e due i modi. Entrambe possono avere diverse sfumature, ma sono usate come sinonimi.

     N.B.: Per chi volesse approfondire (per questioni tempo non l’ho fatto) potrebbe ricercare nei manoscritti del NT, i termini logos e rhema e approfondire l’analisi. Potrebbe essere un ottimo esercizio; si veda qui: La Parola. {09-01-2011}

 

 

4. {Gianni Siena}

 

Contributo: Il ragionamento sulla differenza tra logos e rhema mè noto e privilegio la semplice evidenza grammaticale, visto che i due termini sono sinonimi.

     Nicola Martella ha scritto nel suo articolo: «Un’altra differenza sta nella locuzione “Parola di Dio” (lógos tou Theou) quale termine tecnico per la sacra Scrittura; rhēma, al contrario, non indica la somma di tutti gli scritti sacri, ma solo le singole parole, locuzioni, frasi, espressioni, sentenze scritte nella sacra Scrittura o affermate in un discorso parlato. Il lógos può essere l’intero ragionamento, mentre il rhēma è la singola frase o locuzione» (grassetto mio).

     Il primo a usare le lieve differenza di significato tra le due parole fu Yonggy Cho. E la distinzione fatta dal pastore Cho, pare, fosse grammaticalmente corretta (vado a memoria). Il problema vero nasce dall’ascolto del suo particolare insegnamento; egli, quale chiamato a un servizio, aveva un forte «dialogo» interiore con Dio e qualcuno si sforzava d’imitarne i risultati. Quando dei credenti sono chiamati a un ministero e, per imitazione, vogliono i risultati del loro istruttore spirituale, spesso falliscono.

     A due confusi pastori che, freschi di scuola biblica, s’erano indebitati per aprire chiese e non sapevano più come far fronte ai creditori, Yonggy Cho affermò che a lui il Signore aveva ordinato di costruire il locale di riunione più grande del mondo (= all’epoca). Questa «istruzione» non è scritta nella Bibbia, ma è parte della comunione del credente con il Signore: i risultati parlano per il suo valore. Non trattandosi di «logos», ma di una «istruzione» ricevuta in preghiera, essa potrebbe essere definita «rhema» o «singola frase o locuzione».

     L’altro problema è l’uso che ne fanno Hagin, Hinn e tutta la pletora dei simili: la pretesa di avere un dialogo perenne con Dio e senza sbavature. Tutti sbagliano e questo non può essere sempre vero!

     Il misticismo in se stesso non è sbagliato, a patto di non abusarne, la fede personale ci guadagna, se esso è espressione di una sana vita spirituale. A chiunque, «credente», capita di ricevere un pensiero, una guida particolare, un illuminazione spirituale, una parola di conoscenza relativa a qualcuno / qualcosa… tutto questo è conseguenza di una fede esercitata: ▪ sulle ginocchia; ▪ nella meditazione; ▪ e nello studio della Scrittura. Personalmente non mi stancherò mai di sottolineare l’importanza di questo «trinomio» basilare che, purtroppo, manca a diversi credenti! E che, di nuovo, purtroppo (!) non garantisce infallibilità.

     Sono anni che non ricevo un «rhema» in preghiera, ma non posso certo dire che il Signore abbia smesso di parlare al mio cuore e alla mia mente. Lo fa, soprattutto, mediante la Scrittura e questo mi conforta, dopotutto: sono 35 anni che Lui mi conosce, e una certa «maturità» è intervenuta nella mia vita cristiana. Non ho più bisogno di profezie e «messaggi» vari, ma l’unzione interiore mi spinge a considerare tutto il «consiglio di Dio», espresso nella Bibbia. Scopro che la gioia dell’illuminazione interiore, è la stessa di quando, molti anni fa, principiando i primi passi di fede, il Signore m’incoraggiava in modo più diretto.

     La «filiazione» dottrinale a questo o quel «servo» porta le conseguenze tristi, che conosciamo. In questi anni ho imparato, a prezzo di una dolorosa emancipazione, a non innalzare i «servi» del Signore: ▪ Quelli «veri» muoiono e vanno a casa. ▪ Quelli «pseudo» predicano / insegnano bene e razzolano malissimo.

     Meglio affrontare lo studio faticoso della Scrittura, e con spirito di preghiera e d’umiltà nell’imparare a correggersi: è duro, ma è l’unico modo per non essere ingannati. {10-01-2011}

 

Osservazioni (Nicola Martella): Apprezzo specialmente le conclusioni. Per il resto, prendo atto che Gianni parte dalla «teologia dell’esperienza» più che dal riscontro biblico. Mi sembra di capire che prenda per vero che quanto asserito da Yonggy Cho sulla costruzione del «locale di riunione più grande del mondo», fosse veramente la volontà espressa di Dio. Vista la sua falsa dottrina in molti aspetti (ha cristianizzato il taoismo!), avrei delle riserve in merito. [ L’Evangelo secondo Yonggi Cho; Yonggi Cho fra pensiero positivo e visualizzazione]

     Trovo fuorviante chiamare tali «intuizioni» con l’etichetta di «rhēma», visto che il riscontro biblico non corrobora nulla del genere. Yonggy Cho, Kenneth Hagin, Benny Hinn e altri abusano semplicemente di una sedicente «dottrina del rhēma», che essi stessi hanno proiettato nella Scrittura, per avvallare il proprio misticismo. Ripetendo cose approssimative e chiamandole con false etichette, ciò diverrà convenzione e ci convincerà che sia giusto e biblico. È un po’ come l’etichetta «unzione», che viene usata oramai come il pepe per ogni zuppa. [ L’unzione quale falsa etichetta] Nel caso di rhēma e di «unzione» accade lo stesso meccanismo: si prendono termini rari nel NT, si svuotano del significato originario e si riempiono con proiezioni misticheggianti.

     Fatto sta che nel NT una rivelazione spirituale personale non fu mai chiamata espressamente come rhēma. Tale termine non si trova mai in 1 Corinzi, dove Paolo affrontò tali questione, e in 2 Corinzi si trova una sola volta, ma non nel contesto dei carismi. Torniamo a un linguaggio biblico schietto, senza fronzoli spiritualistici e senza strumentalizzazioni gnostiche. Torniamo a uno «studio faticoso della Scrittura», senza scorciatoie mistiche, fatto con timor di Dio e sulle ginocchia del cuore.

 

 

5. {Samuele Maodda}

 

Come ho già più volte ribadito, non sono uno studioso e non pretendo di poter discutere sullo stesso piano di esegeti, dottori, ecc.

     Dalla mia ho un po’ di logica, che il buon Dio mi ha donato e quella cercherò di mettere al servizio del Signore. Nella chiesa che frequento viene insegnata la «dottrina del rhema». Frequento anche una scuola biblica improntata sullo studio dei libri di Colyn Die, «La Spada dello Spirito», che sono 12 in tutto. Al momento stiamo studiando il libro avente il titolo «Fede Viva» e lo abbiamo quasi finito. In questo libro viene spiegata la differenza tra logos e rhema (ovviamente secondo Colyn Die e tutti quelli, che adottano questa interpretazione). Pochi giorni fa, ho cominciato ad approfondire proprio queste parole logos e rhema, e la loro differenza. Volevo essere sicuro che effettivamente ci fosse questa distinzione da fare... E ho letto che nel sito «Fede controcorrente» era già stato trattato il tema in maniera preliminare. Adesso scopro che viene affrontato e discusso e ne sono felice e do gloria a Dio. È sempre bene consultare altre «scuole di pensiero» e poi trarne la propria convinzione, quella che ti dà sincera pace nel cuore, piena convinzione, per mezzo della quale puoi vivere in armonia con Dio.

     Ebbene, dopo questo «prologo», posso dire che non posso accettare la distinzione tra le parole, dato che nella Bibbia ci sono chiari esempi di come le due parole greche siano completamente sinonimi. In questi esempi le parole sono anche interscambiabili tra loro.

     Gradisco il contributo del fratello Gianni Siena e lo condivido. Non intendo giudicare qualcosa che non conosco (intendo l’esperienza di Cho). Ma credo fermamente che Dio parli ancora a ognuno di noi, quando vuole! Ma, quando ascoltiamo una voce, anche interiore o udibile che sia, noi dobbiamo stare molto attenti a capire se è Dio che parla... o qualcun’altro.

     Il fratello Nicola parlerà di «teologia dell’esperienza», forse, ma non intendo fare teologia, dato che non ne ho le competenze, e vorrei ugualmente raccontarvi una piccola parte della mia esperienza. Un anno fa, ero lontanissimo da Dio e vivevo secondo la mia carne e le mie concupiscenze. Dio parlò al mio cuore per mezzo di una voce interiore che mi spinse a rivedere il mio stile di vita e a leggere la Bibbia. Perché dico che fu Dio a parlare al mio cuore? Lo credo perché in quel momento era molto strano per me anche solo pensare a Dio; credevo che fossi un «giusto», visto che non uccidevo, non rubavo, ecc., ecc. Credevo che un giorno sarei andato in paradiso, ma improvvisamente quella vocina interiore mi disse di leggere la Bibbia! Cosa che feci e da cui scaturì la mia conversione. In seguito, solo in seguito, decisi di andare a «trovare» la chiesa evangelica, che c’era vicino casa mia, e lì rimasi fino a oggi. A distanza di qualche settimana, da quando iniziai a leggere la Bibbia, mentre dormivo udii una voce, che mi svegliò. La voce mi chiamava: «Samuele!». Allora pregai e chiesi a Dio di chiamarmi ancora se era Lui; ma se non era Lui, allontanasse da me quell’entità, perché non volevo avere niente a che fare con altri se non Lui e solo Lui... ma non udii nient’altro. Per questo so che bisogna stare attenti e vegliare, perché le voci che sentiamo, interiormente o udibilmente (sebbene io la udii mentre dormivo, quindi non ho la certezza fosse una voce udibile o se la immaginai), potrebbero non provenire da Dio.

     Una voce interiore mi spinse a rivelare alla mia fidanzata quello che avevo fatto nel passato, prima di convertirmi. E ci fu una lotta interiore perché non volevo rivelarle che avevo sbagliato nei suoi confronti, più di una volta e in maniera veramente esagerata. Tuttavia feci ciò, che quella voce interiore mi spingeva a fare, perché era in accordo alla Parola di Dio. Una voce interiore mi rassicurò dicendomi che Dio avrebbe usato questa mia confessione per convertire lei. Ancora sto aspettando. Vedo qualche progresso, ma sto aspettando. Tuttavia, so che magari quella parte, intendo la «promessa della conversione», potrebbe essere il frutto del mio desiderio, e non venire da Dio. Quindi, quando prego Dio, continuo sempre dicendo, sia fatta la tua volontà, senza appellarmi affatto a quello che forse alcuni definirebbero rhema e che, quindi, dovremmo continuare a credere senza dubitare, confessare, ecc., ecc. Prego Dio dicendo che, se è lei la ragazza che Lui vuole per me, lo capirò se lei si convertirà, e aspetto con fede e pazienza.

     Il tema riguarda «logos e rhema», ed è di questo dobbiamo parlare. Pertanto credo che sia sbagliato dire e insegnare il rhema per come, per esempio, il pastore Lirio Porrello insegna. Credo altresì che Dio ancora oggi si possa rivolgere e si rivolga a noi anche direttamente per mezzo del suo Spirito Santo, che abita in noi tramite «voci interiori» o attraverso la lettura della Bibbia, oppure per attraverso la predicazione. La regola è che mai potremmo ricevere da Dio qualcosa, che vada contro la Sua Parola. E, quando abbiamo il dubbio sul fare qualcosa, allora è meglio non farla, a meno che l’azione in sé è una buona opera che può dare gloria a Dio.

     Mio padre una volta mi disse: «Samu, quando sei insicuro su una cosa, se viene da Dio o meno, prima di tutto domandati “Dà gloria a Dio e solo a lui?”». Dio c’illumini, ci guidi nei suoi sentieri e nella sua luce. Pace, grazia e misericordia da Dio Padre e dal nostro Signore Gesù il Cristo. {11-01-2011}

 

 

6. {Nicola Martella}

 

Ringrazio Samuele per la sua sincerità e per la sua avvedutezza. Che Dio possa parlare ai nostri cuori, usando la coscienza, la sacra Scrittura, eventi o persone, è fuori discussione. Il problema è quando si fa delle voci interiori una dottrina e si crede, senza avvedutezza e discernimento, che debba essere sempre il Signore a parlarci. Samuele stesso ha evidenziato che bisogna stare molto attenti e vegliare; è tragico scambiare la voce dell’avversario per voce dello Spirito Santo! Anche interpretare la voce interiore sempre come la voce dello Spirito di Dio, invece di quella della propria coscienza, può portare alle distorsioni nella vita spirituale, ad esempio al legalismo o al misticismo di tipo gnostico. Si fa sempre bene a verificare le cose con la Parola di Dio, se si vuole rimanere sani.

     Quando ci si fissa sulle voci interiori, si potrebbe scambiare il desiderio del proprio cuore per promesse di Dio o per la sua volontà. Penso a quel credente carismatico, a cui era morto il figliolo, e riteneva di aver sentito la voce di Dio, che gli avrebbe detto dentro di sé che suo figlio sarebbe ritornato in vita. La polizia dovette costringere con la forza a seppellire il ragazzo, poiché era in stato avanzato di decomposizione, mentre lui ancora si ostinava a credere in una risurrezione.

     Giustamente qui il tema è se la sedicente «dottrina del rhema» possa trovare un vero riscontro esegetico. Samuele stesso è arrivato alla conclusione di non poter accettare la distinzione tra i due termini, poiché lógos e rhēma erano, al tempo del NT, semplicemente sinonimi interscambiabili. Che Dio possa parlarci mediante la coscienza, la Scrittura, altri credenti, ecc., non ha nulla a che fare il termine rhēma e con la presunta costruzione ideologica, basata su di ciò.

 

Osservazioni (Samuele Maodda): Vorrei integrare il mio contributo, sottolineando il fatto che non sono uno studioso e non ho fatto uno studio approfondito sull’utilizzo delle parole rhema e logos e che mi riservo di farlo a breve per essere pienamente convinto della posizione presa.

     Nel frattempo, credo che la salvezza non passi per l’interpretazione corretta o sbagliata delle parole rhema e logos; e mi «cullo» nella grazia di Dio Padre, fattami per mezzo del sacrificio del mio Signore Gesù Cristo. {12-01-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): Certo, i termini rhema e logos non sono di per sé preposti a decidere la salvezza; meraviglia che ciò debba essere qui evidenziato. È salutare ammettere le proprie lacune cognitive su un certo argomento; tuttavia, ciò meraviglia dopo aver scritto sopra un contributo così lungo, che per altro ho apprezzato, dopo aver letto e approfondito i libri di Colyn Die, il mio articolo e dopo essere arrivato alla conclusione: «…non posso accettare la distinzione tra le parole, dato che nella Bibbia ci sono chiari esempi di come le due parole greche siano completamente sinonimi. In questi esempi le parole sono anche interscambiabili tra loro». Intanto, qualcosa a noi sconosciuto dev’essere pur successo… per aver perso rapidamente tali certezze.

 

 

7. {Eleonora Parisi}

 

Contributo: Boh! Anche io provengo da questo insegnamento: logos «parola scritta», rhema «parola indirizzata alla tua vita», quando lo spirito di Dio parla al nostro spirito. Con tutte queste confusioni, una persona non sa più a chi credere, a chi diamo fiducia. I nostri conduttori sono veramente preparati? {11-01-2011}

 

Risposta (Nicola Martella): È una buona domanda quella finale. Paolo diede questo vaccino alla confusione: «Studiati di presentare te stesso approvato dinanzi a Dio: operaio che non debba essere confuso, che tagli rettamente la parola della verità» (2 Tm 2.15). L’alternativa alle ideologie dogmatiche, che prendono pulci dalla Scrittura e le gonfiano fino a farle apparire elefanti, è «tagliare rettamente la parola della verità», ossia l’esegesi contestuale!

     Un mio aforisma recita: «Fidarsi è bene, controllare nella Scrittura è meglio». Buon discernimento!

 

 

8. {Lorenzo Bendlin}

 

Carissimo Nicola, non sono per nulla d’accordo con tuo ragionamento sulle parole logos e rhema. Dal mio punta da visto non sono lo stesso, simili sì, ma non lo stesso. Logos è una parola generale con tanti significati. Rhema è una parola specifica, una parola che Il Signore parla al mio cuore. Nessuno sta cercando di creare una dottrina, ma non è giusto di minimizzare l’aspetto mistico del vangelo. Perché c’è un aspetto mistico / carismatico del Vangelo. Il vangelo è una rivelazione. Il problema con molti credenti è che pensiamo che conosciamo tutto, mentre il Dio della Bibbia è un Dio imprevedibile e non può essere messo in una scatola del nostro sistema religioso sia carismatica sia fondamentalista. La verità è che, mentre nella Bibbia abbiamo il logos, Dio parla al cuore con una parola specifica, che per me è un rhema. {12-01-2011}

 

 

9. {Nicola Martella}

 

Lorenzo Bendlin, ha tutto il diritto alla sua opinione. Difficile è sostenerla attraverso al Bibbia stessa con un’esegesi rigorosa e puntuale. Spero che egli abbia letto l’intero articolo e tutti gli altri contributi. I termini lógos e rhēma non sono la stessa cosa, ma sono sinonimi, come in italiano i termini «parola» e «verbo» (= dalla stessa radice di rhēma!), ad esempio: «non proferì verbo» significa «non proferì parola».

     Che Dio possa parlarci attraverso la coscienza (sebbene sia una debole istanza), la sacra Scrittura, altri credenti o la predicazione, è fuori dubbio; che ciò si debba chiamare rhēma, non c’è alcuna evidenza nella sacre Scritture. Proprio in 1 Corinzi, dove Paolo parlò di rivelazioni e «profezie» personali, non usò mai tale termine. Non è singolare questo?

     La cosiddetta «dottrina del rhēma» è una costrizione d’ideologia dogmatica, che parte da alcune «pulci» casuali, raccolte nel testo biblico», e gonfiate fino a farle apparire elefanti. Se non ci atteniamo a ciò che è scritto (1 Cor 4,6), il «Dio imprevedibile» diventa un Dio fatto a nostra immagine e somiglianza. Quando i credenti confondono la loro «voce interiore» con quella di Dio, invece di esercitare un sano discernimento biblico, succede loro, senza volerlo, di incominciare a credere alle ispirazioni del cuore carnale, proprio o di visionari (cfr. Col 2,18), credendo che sia lo Spirito di Dio a parlare; allora succede, infine, come a quegli uomini, che «hanno mutato la verità di Dio in menzogna, e hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore» (Rm 1,25). Esercitare il discernimento biblico e provare gli spiriti (1 Gv 4,1) non sono un optional, ma un dovere morale dei credenti. Questo dovere comincia già nel fatto di usare una terminologia aderente alla Bibbia; se essa non chiama mai in modo esplicito una rivelazione personale col termine rhēma, anche noi facciamo bene a non usare tale linguaggio.

    Quando Paolo parlò «manifestazione dello Spirito per l’utile comune», menzionò la «parola di sapienza» (lógos sofías) e la «parola di conoscenza» (lógos gnōseōs), ma il termine rhēma in tutto ciò non compare (1 Cor 12,7-11). Ancora in 1 Corinzi 14,6 affermò: «Ora, però, fratelli, se io venissi a voi e vi parlassi in lingue, che vi gioverei se non vi parlassi [lalēsō] in rivelazione o in conoscenza o in profezia o in insegnamento?». Come si vede, egli non usò il termine rhēma (p.es. «se non vi recassi un rhēma di...»), sebbene fosse stata l'occasione giusta, se tale cosiddetta «dottrina del rhēma» fosse allora mai esistita. Lo stesso dicasi di 2 Corinzi 8,7: «...voi abbondate in ogni cosa, in fede, in parola [lógos], in conoscenza...».

    Il termine tecnico del NT per descrivere la manifestazione di Dio al credente, per dargli conoscenza, non è mai rhēma, ma apokálypsys «rivelazione» e il verbo corrispondente (cfr. «rivelare, rivelazione» e «conoscere, conoscenza»: Mt 11,27; 1 Cor 14,6; Ef 1,17; 3,3.5, Ap 1,1; cfr. anche «rivelare, rivelazione»: Mt 11,25; 16,17; Lc 2,26; Gv 12,38; At 7,38; Rm 1,17s; 2,5; 16,25; 1 Cor 2,10; 14,26.30; 2 Cor 12,1.7; Gal 1,12.16; 2,2; 3,23; Fil 3,15; Eb 12,25; 1 Pt 1,5.7.12s; 4,13).

 

 

10. {Pietro Calenzo}

 

I frutti della teologia del «rhema» sono constatabili da tutti. Si insegna che, accanto alla verità incrollabile della Scrittura, Dio parlerebbe al suo popolo anche in altri modi. La cosiddetta rivelazione ora et nunc [= ora e adesso] ricorda pericolosamente la dogmatica cattolica. Considerando anche i fallimenti spirituali e profetici dei sostenitori della «teologia del rhema», Hinn, Cho, Haghin, ecc., torniamo a credere al «non oltre ciò che è scritto», alla «verità, che è stata una volta rivelata ai santi», alla «sola Scrittura». Con affetto in Cristo Gesù. {12-01-2011}

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Logos_rhema_ideolog_Avv.htm

10-01-2011; Aggiornamento: 22-08-2012

 

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