Qui di seguito
discutiamo l’articolo «Logos
e rhema: sotto l’ideologia niente». Abbiamo visto che nel NT
lógos ricorre 331 volte in tutte le sfumature possibili che il
termine «parola» possa esprimere anche in italiano: parola, frase, espressione,
comando, domanda, questione, resoconto, annuncio, vocabolo, termine, voce,
lemma, definizione, cosa, fatto, eccetera. A ciò si aggiunga il verbo
leghein, che si trova 1.320 volte nel NT; poi ci sono vari i derivati di
questa radice.
Abbiamo anche visto che, al contrario, il termine rhēma ricorre
nel NT solo 67 volte; dalla stessa radice comune deriva anche il termine latino
verbum, che denota più l’azione e i fatti concreti.
Come abbiamo evidenziato nell’articolo, il termine rhēma ricorre del NT
specialmente negli scritti a sfondo giudaico, poiché ricorda l'uso del termine
ebraico
dābār «parola, fatto, cosa». Abbiamo anche detto che nell’uso comune del
NT, a parte qualche sfumatura accademica (lógos più concettuale: logica,
rhēma più concreto: fatto, verbum), i due termini non avevano di
fatto molta differenza sostanziale, visto che con lógos si poteva dire
tutto ciò che rhēma esprimeva. Abbiamo concluso che trarre da ciò una
particolare dottrina, centrale per un’ideologia religiosa del misticismo
carismaticista, è come voler estrarre sangue dalle rape.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema
▲
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1. {Maurizio
Ruffino}
▲
■
Contributo:
Leggendo il «Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento» di Coenen -
Beyreuther - Biethenhard, sembra però d’individuare una differenza tra i due
termini. Mentre logos sembra più designare l’aspetto concettuale e
discorsivo, al discorso e all’annuncio generale, rhema sembra più
orientato alla «fattualità», alla parola = cosa, al concretizzarsi delle singole
parole pronunciate da Dio. In questo senso mi è venuto da pensare al rapporto
tra Figlio e Spirito, nel quale lo Spirito svela in significato e concretizza
tutte le parole pronunciate dal Logos. {08-01-2011}
▬
Osservazioni (Antonio
Capasso): Concordo con Maurizio, ho consultato anch’io
il «Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento» di Coenen - Beyreuther
- Biethenhard ed effettivamente sembra che faccia una differenza tra i due
termini. {09-01-2011}
2. {Nicola
Martella}
▲
Rispondo ad ambedue
questi lettori. Ho già evidenziato che le sfumature accademiche (lógos
più concettuale: logica, rhēma più concreto: fatto, verbum) dei
due termini non avevano di fatto molta differenza sostanziale nell’uso
quotidiano, poiché lógos poteva già esprimere tutto ciò che rhēma
intendeva. Infatti, si tratta di due sinonimi: lógos era più
generale e onnicomprensivo e rhēma più limitato e raro. Come abbiamo
visto, rhēma era preferito in ambito giudaico, poiché esprimeva come il
termine ebraico dābār «parola», anche «fatto, cosa».
Come si potrà leggere proprio su tale «Dizionario dei concetti biblici del Nuovo
Testamento», il termine ebraico dābār fu tradotto nella Settanta
(traduzione greca dell’AT), a seconda dei libri biblici, sia con rhēma
sia con lógos; probabilmente ciò era dovuto alla sensibilità del
traduttore, se aveva uno sfondo ebraico o ellenistico. Ecco qualche esempio:
■ «Dopo queste cose, la parola dell’Eterno fu rivolta in visione ad Abramo»
(Gn 15,1). In ebraico c’è per «cose» dābār (pl.), in greco c’è rhēma
(pl).
■ «Queste sono le ultime parole di Davide» (2 Sm 23,1). In ebraico c’è
per «parole»
dābār (pl.), in greco c’è lógos (pl).
■ «Ora il rimanente delle cose / gesta / storie di Salomone, tutto quello che
fece…» (1 Re 11,41). In ebraico c’è per «cose / gesta / storie» dābār
(pl.), in greco c’è rhēma (pl).
■ «Fu secondo le ultime disposizioni di Davide che il censimento dei
figliuoli di Levi si fece dai venti anni in su» (1 Cr 23,27). In ebraico c’è
per «disposizioni»
dābār (pl.), in greco c’è lógos (pl).
Al tempo del NT
tali differenze si persero alquanto, poiché ci fu l’influsso dell’ellenismo e la
maggior parte dei Giudei abitavano fuori della Giudea e parlavano greco. Negli
scritti del NT il termine rhēma fu usato specialmente in ambito
giudaico (Evangeli, Atti, Eb 11,3; 12,9, 1 Pt 1,25; 2 Pt 3,2). Esso manca in
buona parte del NT (1 Cor; Gal; Fil-Flm; Gcm, da 1 Gv-Ap); c’è soltanto
minimamente qui: in Rm 10,8.17s (lettera indirizzata a Gentili ed Ebrei); 2 Cor
12,4 (singole parole udite in cielo); Ef 5,26; 6,17 (Efesini è una lettera
circolare a cristiani gentili ed ebrei).
Stando così le cose, ossia di là da semplici sfumature linguistiche, che
si trovano anche in termini italiani sinonimi (ogni vocabolo ha il suo spettro
linguistico, che può anche essere limitato o generale), tutto ciò non permette
di trarvi legittimamente una sedicente «dottrina del rhēma», che è
posta alla base di tutto un pensiero ideologico di un certo carismaticismo.
Il paradosso di tale dottrina carismaticista, che ha i piedi d'argilla, sta nel
fatto che nel testo greco ambedue i termini si trovano nel medesimo brano:
«Mentre Pietro stava proferendo [lalountos] questa parola [rhēma], lo Spirito
Santo scese su tutti quelli che stavano ascoltando la parola [lógos]»
(At 10,44).
Per la medesima cosa vengono usati ambedue i
termini: rhēma
e
lógos (cfr.
similmente Eb 12,19
rhēma (pl.) e lógos).
Trarre da
nuance terminologiche tutta una sovrastruttura ideologica, come riscaldata
da Lirio Porrello («Logos
e rhema»; Palermo, 27 febbraio 2005), è come voler
tenere un elefante in equilibrio su quattro pulci. Questo è veramente voler
colare il moscerino e inghiottire il cammello, come disse Gesù a scribi e
Farisei, chiamandoli «guide cieche» (Mt 23,24). Lo stesso dicasi della pesante
«dottrina del rhēma», che certi carismaticisti vogliono poggiare sulla
sottile lastra di ghiaccio di una semplice sfumatura linguistica.
3. {Vincenzo
Russillo}
▲
Tempo fa, parlando
con una credente carismatica, si è soffermata nello spiegarmi il suo
punto di vista di cosa volesse dire rhema. In molti ambienti carismatici,
infatti, questa parola viene intesa come la voce dello Spirito Santo, che
parla loro in quell’istante. Ritengono infatti che lo Spirito dovrebbe guidarli
attraverso sentimenti interiori, impressioni ed esperienze. Ad esempio, secondo
il loro punto di vista, tale «parola» estemporanea, che si ritiene provenga da
Dio, potrebbe essere divulgata da un predicatore durante un servizio di culto.
Tale «parola» avrebbe più autorità della Parola scritta.
La Settanta
traduce in greco il termine ebraico dabar, che vuole dire
«parola», con rhema e logos, che sono sinonimi fra loro. Molte
volte si cerca con ragionamenti non scritturali di aggiungere significati, che
niente hanno di biblico; qui dobbiamo essere bereani. Un’attenta analisi ci
porta a evidenziare quanto segue.
■
Rhema vuol dire «oggetto del discorso, parola, parte del
discorso». In diversi passaggi della Sacra Scrittura, viene tradotto come
parlare:
● «Mentre
Pietro parlava così [rhema], lo Spirito Santo scese su tutti quelli che
ascoltavano la Parola [logos]» (Atti 10,44). [In effetti, ho come indicato
sopra, il testo recita letteralmente così: «Mentre Pietro stava proferendo
[lalountos] questa parola [rhēma], lo Spirito Santo scese su tutti quelli che
stavano ascoltando la Parola [lógos]», N.d.R.] Il logos
in questo caso viene equiparato al rhema (discorso), che Pietro fece
loro.
● «Così la
fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola
[rhema] di Cristo» (Romani 10,17). Qui rhema si riferisce al Vangelo
di Cristo, che viene predicato
● «[Poiché
voi non siete venuti…] né allo squillo di tromba, né al suono di parole [rhema],
tale che quanti l’udirono supplicarono che più non fosse loro rivolta altra
parola [logos]» (Ebrei 12,19). Anche in questo caso
rhema e logos vengono usati come sinonimi.
■ Logos vuol dire «decreto, conversazione, parola». È bene
intendere che nel NT, il termine logos può essere interpretato come una
parola pronunciata. Mentre per far riferimento a una parola scritta si usa il
termine graphe. «Ma questo è avvenuto affinché sia adempiuta la
parola, scritta nella loro legge: “Mi hanno odiato senza motivo”» (Giovanni
15,25).
Logos
si riferisce a un libro o a un versetto del VT o a una diversa citazione; si
veda anche Luca 3,4. Da un attenta analisi testuale, possiamo denotare quanto
segue.
● «Quando
dunque fu risorto dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva
detto questo; e credettero alla Scrittura [graphe] e alla parola [logos] che
Gesù aveva detta» (Giovanni 2,22). In questo caso si fa riferimento a
logos per far riferimento a ciò, che Gesù aveva detto.
● «E ciò
affinché si adempisse la parola che egli aveva detta: “Di quelli che tu mi hai
dati, non ne ho perduto nessuno”» (Giovanni 18,9). Qui logos fa riferimento
a una porzione delle Scritture, ovvero a una citazione.
Da una semplice
analisi semantica dei testi, non si può arrivare a una differenziazione per
tradurre rhema quale Parola di Dio (inteso come discorso) e logos
come parola scritta. Entrambe possono essere usate in tutte e due i modi.
Entrambe possono avere diverse sfumature, ma sono usate come sinonimi.
N.B.: Per chi volesse approfondire (per questioni tempo non l’ho fatto)
potrebbe ricercare nei manoscritti del NT, i termini logos e rhema
e approfondire l’analisi. Potrebbe essere un ottimo esercizio; si veda qui:
La Parola. {09-01-2011}
4. {Gianni
Siena}
▲
■ Contributo:
Il ragionamento sulla differenza tra logos e rhema m’è noto
e privilegio la semplice evidenza grammaticale, visto che i due termini sono
sinonimi.
Nicola Martella ha scritto nel suo articolo: «Un’altra differenza sta nella
locuzione “Parola di Dio” (lógos tou Theou) quale termine tecnico per la
sacra Scrittura; rhēma, al contrario, non indica la somma di tutti gli
scritti sacri, ma solo le singole parole, locuzioni, frasi, espressioni,
sentenze scritte nella sacra Scrittura o affermate in un discorso parlato.
Il
lógos può essere l’intero ragionamento, mentre il rhēma è la
singola frase o locuzione» (grassetto mio).
Il primo a usare le lieve differenza di significato tra le due parole fu
Yonggy Cho. E la distinzione fatta dal pastore Cho, pare, fosse
grammaticalmente corretta (vado a memoria). Il problema vero nasce dall’ascolto
del suo particolare insegnamento; egli, quale chiamato a un servizio, aveva un
forte
«dialogo»
interiore con Dio e qualcuno si sforzava d’imitarne i risultati. Quando dei
credenti sono chiamati a un ministero e, per imitazione, vogliono i
risultati del loro istruttore spirituale, spesso falliscono.
A due confusi pastori che, freschi di scuola biblica, s’erano indebitati per
aprire chiese e non sapevano più come far fronte ai creditori, Yonggy Cho
affermò che a lui il Signore aveva ordinato di costruire il locale
di riunione più grande del mondo (= all’epoca). Questa
«istruzione»
non è scritta nella Bibbia, ma è parte della comunione del credente con il
Signore: i risultati parlano per il suo valore. Non trattandosi di
«logos», ma di una «istruzione» ricevuta in preghiera, essa potrebbe essere
definita «rhema»
o
«singola frase o locuzione».
L’altro problema è l’uso che ne fanno Hagin, Hinn e tutta la pletora dei
simili: la pretesa di avere un dialogo perenne con Dio e senza sbavature. Tutti
sbagliano e questo non può essere sempre vero!
Il
misticismo in se stesso non è sbagliato, a patto di non abusarne, la fede
personale ci guadagna, se esso è espressione di una sana vita spirituale. A
chiunque,
«credente», capita di ricevere un pensiero, una guida particolare, un
illuminazione spirituale, una parola di conoscenza relativa a qualcuno /
qualcosa… tutto questo è conseguenza di una fede esercitata: ▪ sulle
ginocchia; ▪ nella meditazione; ▪ e nello studio della Scrittura. Personalmente
non mi stancherò mai di sottolineare l’importanza di questo
«trinomio»
basilare che, purtroppo, manca a diversi credenti! E che, di nuovo,
purtroppo (!) non garantisce infallibilità.
Sono anni che non ricevo un
«rhema»
in preghiera, ma non posso certo dire che il Signore abbia smesso di parlare
al mio cuore e alla mia mente. Lo fa, soprattutto, mediante la Scrittura
e questo mi conforta, dopotutto: sono 35 anni che Lui mi conosce, e una certa
«maturità»
è intervenuta nella mia vita cristiana. Non ho più bisogno di profezie e
«messaggi»
vari, ma l’unzione interiore mi spinge a considerare tutto il
«consiglio di Dio», espresso nella Bibbia. Scopro che la gioia
dell’illuminazione interiore, è la stessa di quando, molti anni fa, principiando
i primi passi di fede, il Signore m’incoraggiava in modo più diretto.
La
«filiazione»
dottrinale a questo o quel
«servo»
porta le conseguenze tristi, che conosciamo. In questi anni ho imparato, a
prezzo di una dolorosa emancipazione, a non innalzare i
«servi»
del Signore: ▪ Quelli «veri» muoiono e vanno a casa. ▪ Quelli «pseudo»
predicano / insegnano bene e razzolano malissimo.
Meglio affrontare lo studio faticoso della Scrittura, e con spirito di
preghiera e d’umiltà nell’imparare a correggersi: è duro, ma è l’unico modo per
non essere ingannati. {10-01-2011}
▬
Osservazioni
(Nicola Martella): Apprezzo specialmente le conclusioni. Per il resto, prendo
atto che Gianni parte dalla «teologia dell’esperienza» più che dal riscontro
biblico. Mi sembra di capire che prenda per vero che quanto asserito da
Yonggy Cho sulla costruzione del «locale di riunione più grande del
mondo», fosse veramente la volontà espressa di Dio. Vista la sua falsa dottrina
in molti aspetti (ha cristianizzato il taoismo!), avrei delle riserve in merito.
[►
L’Evangelo secondo Yonggi Cho;
►
Yonggi Cho fra pensiero positivo e visualizzazione]
Trovo
fuorviante chiamare tali «intuizioni» con l’etichetta di «rhēma»,
visto che il riscontro biblico non corrobora nulla del genere. Yonggy Cho,
Kenneth Hagin, Benny Hinn e altri abusano semplicemente di una sedicente
«dottrina del rhēma», che essi stessi hanno proiettato nella Scrittura,
per avvallare il proprio misticismo. Ripetendo cose approssimative e chiamandole
con false etichette, ciò diverrà convenzione e ci convincerà che sia giusto e
biblico. È un po’ come l’etichetta «unzione», che viene usata oramai come
il pepe per ogni zuppa. [►
L’unzione quale falsa etichetta] Nel caso di
rhēma e di «unzione» accade lo stesso meccanismo: si prendono termini
rari nel NT, si svuotano del significato originario e si riempiono con
proiezioni misticheggianti.
Fatto sta che nel NT una rivelazione spirituale personale non fu mai chiamata
espressamente come rhēma. Tale termine non si trova mai in 1 Corinzi,
dove Paolo affrontò tali questione, e in 2 Corinzi si trova una sola volta, ma
non nel contesto dei carismi. Torniamo a un
linguaggio biblico schietto, senza fronzoli spiritualistici e senza
strumentalizzazioni gnostiche. Torniamo a uno «studio faticoso della Scrittura»,
senza scorciatoie mistiche, fatto con timor di Dio e sulle ginocchia del cuore.
5. {Samuele
Maodda}
▲
Come ho già più
volte ribadito, non sono uno studioso e non pretendo di poter discutere sullo
stesso piano di esegeti, dottori, ecc.
Dalla mia ho un po’ di logica, che il buon Dio mi ha donato e quella cercherò di
mettere al servizio del Signore. Nella chiesa che frequento viene
insegnata la «dottrina del rhema». Frequento anche una scuola biblica
improntata sullo studio dei libri di Colyn Die, «La Spada dello Spirito»,
che sono 12 in tutto. Al momento stiamo studiando il libro avente il titolo
«Fede Viva» e lo abbiamo quasi finito. In questo libro viene spiegata la
differenza tra
logos e rhema (ovviamente secondo Colyn Die e tutti quelli, che
adottano questa interpretazione). Pochi giorni fa, ho cominciato ad approfondire
proprio queste parole logos e rhema, e la loro differenza. Volevo
essere sicuro che effettivamente ci fosse questa distinzione da fare... E ho
letto che nel sito «Fede controcorrente» era già stato trattato il tema in
maniera preliminare. Adesso scopro che viene affrontato e discusso e ne sono
felice e do gloria a Dio. È sempre bene consultare altre «scuole di
pensiero» e poi trarne la propria convinzione, quella che ti dà sincera pace nel
cuore, piena convinzione, per mezzo della quale puoi vivere in armonia con Dio.
Ebbene, dopo questo «prologo», posso dire che non posso accettare la
distinzione tra le parole, dato che nella Bibbia ci sono chiari esempi di
come le due parole greche siano completamente sinonimi. In questi esempi le
parole sono anche
interscambiabili tra loro.
Gradisco il contributo del fratello Gianni Siena e lo condivido. Non intendo
giudicare qualcosa che non conosco (intendo l’esperienza di Cho). Ma credo
fermamente che Dio parli ancora a ognuno di noi, quando vuole! Ma, quando
ascoltiamo una voce, anche interiore o udibile che sia, noi dobbiamo stare
molto attenti a capire se è Dio che parla... o qualcun’altro.
Il fratello Nicola parlerà di «teologia dell’esperienza», forse, ma non intendo
fare teologia, dato che non ne ho le competenze, e vorrei ugualmente raccontarvi
una piccola parte della mia esperienza. Un anno fa, ero lontanissimo da
Dio e vivevo secondo la mia carne e le mie concupiscenze. Dio parlò al mio
cuore
per mezzo di una voce interiore che mi spinse a rivedere il mio stile di vita e
a leggere la Bibbia. Perché dico che fu Dio a parlare al mio cuore? Lo credo
perché in quel momento era molto strano per me anche solo pensare a Dio; credevo
che fossi un «giusto», visto che non uccidevo, non rubavo, ecc., ecc. Credevo
che un giorno sarei andato in paradiso, ma improvvisamente quella vocina
interiore mi disse di leggere la Bibbia! Cosa che feci e da cui scaturì la
mia conversione. In seguito, solo in seguito, decisi di andare a «trovare» la
chiesa evangelica, che c’era vicino casa mia, e lì rimasi fino a oggi. A
distanza di qualche settimana, da quando iniziai a leggere la Bibbia, mentre
dormivo udii una voce, che mi svegliò. La voce mi chiamava: «Samuele!».
Allora pregai e chiesi a Dio di chiamarmi ancora se era Lui; ma se non era Lui,
allontanasse da me quell’entità, perché non volevo avere niente a che fare con
altri se non Lui e solo Lui... ma non udii nient’altro. Per questo so che
bisogna stare attenti e vegliare, perché le voci che sentiamo,
interiormente o udibilmente (sebbene io la udii mentre dormivo, quindi non ho la
certezza fosse una voce udibile o se la immaginai), potrebbero non provenire da
Dio.
Una voce interiore mi spinse a rivelare alla mia fidanzata quello che
avevo fatto nel passato, prima di convertirmi. E ci fu una lotta interiore
perché non volevo rivelarle che avevo sbagliato nei suoi confronti, più di una
volta e in maniera veramente esagerata. Tuttavia feci ciò, che quella voce
interiore mi spingeva a fare, perché era in accordo alla Parola di Dio. Una voce
interiore mi rassicurò dicendomi che Dio avrebbe usato questa mia confessione
per convertire lei. Ancora sto aspettando. Vedo qualche progresso, ma sto
aspettando. Tuttavia, so che magari quella parte, intendo la «promessa della
conversione», potrebbe essere il frutto del mio desiderio, e non venire
da Dio. Quindi, quando prego Dio, continuo sempre dicendo, sia fatta la
tua volontà, senza appellarmi affatto a quello che forse alcuni
definirebbero rhema e che, quindi, dovremmo continuare a credere senza
dubitare, confessare, ecc., ecc. Prego Dio dicendo che, se è lei la ragazza che
Lui vuole per me, lo capirò se lei si convertirà, e aspetto con fede e pazienza.
Il tema riguarda «logos e rhema», ed è di questo dobbiamo parlare.
Pertanto credo che sia sbagliato dire e insegnare il rhema per
come, per esempio, il pastore Lirio Porrello insegna. Credo altresì che Dio
ancora oggi si possa rivolgere e si rivolga a noi anche direttamente per mezzo
del suo Spirito Santo, che abita in noi tramite «voci interiori» o attraverso la
lettura della Bibbia, oppure per attraverso la predicazione. La regola è
che mai potremmo ricevere da Dio qualcosa, che vada contro la Sua Parola.
E, quando abbiamo il dubbio sul fare qualcosa, allora è meglio non farla, a meno
che l’azione in sé è una buona opera che può dare gloria a Dio.
Mio padre una volta mi disse: «Samu, quando sei insicuro su una cosa, se viene
da Dio o meno, prima di tutto domandati “Dà gloria a Dio e solo a lui?”».
Dio c’illumini, ci guidi nei suoi sentieri e nella sua luce. Pace, grazia e
misericordia da Dio Padre e dal nostro Signore Gesù il Cristo. {11-01-2011}
6. {Nicola
Martella}
▲
Ringrazio Samuele
per la sua sincerità e per la sua avvedutezza. Che Dio possa parlare ai
nostri cuori, usando la coscienza, la sacra Scrittura, eventi o persone, è fuori
discussione. Il problema è quando si fa delle voci interiori una dottrina
e si crede, senza avvedutezza e discernimento, che debba essere sempre il
Signore a parlarci. Samuele stesso ha evidenziato che bisogna stare molto
attenti e vegliare; è tragico scambiare la voce dell’avversario per voce dello
Spirito Santo! Anche interpretare la voce interiore sempre come la voce
dello Spirito di Dio, invece di quella della propria coscienza, può portare alle
distorsioni nella vita spirituale, ad esempio al legalismo o al misticismo di
tipo gnostico. Si fa sempre bene a verificare le cose con la Parola di Dio, se
si vuole rimanere sani.
Quando ci si fissa sulle voci interiori, si potrebbe scambiare il desiderio
del proprio cuore per promesse di Dio o per la sua volontà. Penso a quel
credente carismatico, a cui era morto il figliolo, e riteneva di aver sentito la
voce di Dio, che gli avrebbe detto dentro di sé che suo figlio sarebbe ritornato
in vita. La polizia dovette costringere con la forza a seppellire il ragazzo,
poiché era in stato avanzato di decomposizione, mentre lui ancora si ostinava a
credere in una risurrezione.
Giustamente
qui il tema è se la sedicente «dottrina del rhema» possa trovare un vero
riscontro esegetico. Samuele stesso è arrivato alla conclusione di non poter
accettare la distinzione tra i due termini, poiché lógos e rhēma
erano, al tempo del NT, semplicemente sinonimi interscambiabili. Che Dio possa
parlarci mediante la coscienza, la Scrittura, altri credenti, ecc., non ha nulla
a che fare il termine rhēma e con la presunta costruzione ideologica,
basata su di ciò.
▬
Osservazioni
(Samuele Maodda): Vorrei integrare il mio contributo, sottolineando il fatto che
non sono uno studioso e non ho fatto uno studio approfondito
sull’utilizzo delle parole rhema e logos e che mi riservo di farlo
a breve per essere pienamente convinto della posizione presa.
Nel frattempo, credo
che la salvezza non passi per l’interpretazione corretta o sbagliata
delle parole rhema
e logos; e mi «cullo» nella grazia di Dio Padre, fattami per mezzo del
sacrificio del mio Signore Gesù Cristo.
{12-01-2011}
▬
Risposta (Nicola Martella): Certo, i termini
rhema e logos non sono di per sé preposti a decidere la salvezza;
meraviglia che ciò debba essere qui evidenziato. È salutare ammettere le proprie
lacune cognitive su un certo argomento; tuttavia, ciò meraviglia dopo aver
scritto sopra un contributo così lungo, che per altro ho apprezzato, dopo aver
letto e approfondito i libri di
Colyn Die, il mio articolo e dopo
essere arrivato alla conclusione: «…non posso accettare la distinzione
tra le parole, dato che nella Bibbia ci sono chiari esempi di come le due parole
greche siano completamente sinonimi. In questi esempi le parole sono anche
interscambiabili tra loro». Intanto, qualcosa a noi sconosciuto dev’essere
pur successo… per aver perso rapidamente tali certezze.
7. {Eleonora
Parisi}
▲
■ Contributo:
Boh! Anche io provengo da questo insegnamento: logos «parola
scritta», rhema «parola indirizzata alla tua vita», quando lo spirito di
Dio parla al nostro spirito. Con tutte queste confusioni, una persona non
sa più a chi credere, a chi diamo fiducia. I nostri conduttori sono
veramente preparati? {11-01-2011}
▬
Risposta (Nicola
Martella): È una buona domanda quella finale. Paolo diede questo
vaccino alla confusione: «Studiati di presentare te stesso approvato
dinanzi a Dio: operaio che non debba essere confuso, che tagli rettamente la
parola della verità» (2 Tm 2.15). L’alternativa alle ideologie dogmatiche,
che prendono pulci dalla Scrittura e le gonfiano fino a farle apparire elefanti,
è «tagliare rettamente la parola della verità», ossia l’esegesi contestuale!
Un mio aforisma recita: «Fidarsi è bene, controllare nella Scrittura è meglio».
Buon discernimento!
8. {Lorenzo
Bendlin}
▲
Carissimo Nicola, non sono per nulla d’accordo con tuo
ragionamento sulle parole logos e
rhema. Dal mio punta da visto non sono lo stesso, simili sì, ma non lo
stesso. Logos è una parola generale con tanti significati.
Rhema è una parola specifica, una parola che Il Signore parla al mio
cuore. Nessuno sta cercando di creare una dottrina, ma non è giusto di
minimizzare l’aspetto mistico del vangelo. Perché c’è un
aspetto mistico / carismatico del Vangelo. Il vangelo è una rivelazione. Il
problema con molti credenti è che pensiamo che conosciamo tutto, mentre il Dio
della Bibbia è un Dio imprevedibile e non può essere messo in una scatola
del nostro sistema religioso sia carismatica sia fondamentalista. La verità è
che, mentre nella Bibbia abbiamo il logos, Dio parla al cuore con una
parola specifica, che per me è un rhema. {12-01-2011}
9. {Nicola
Martella}
▲
Lorenzo Bendlin, ha tutto il diritto alla sua
opinione. Difficile è sostenerla attraverso al Bibbia stessa con un’esegesi
rigorosa e puntuale. Spero che egli abbia letto l’intero articolo e tutti gli
altri contributi. I termini lógos e
rhēma
non sono la stessa cosa, ma sono sinonimi,
come in italiano i termini «parola» e «verbo» (= dalla stessa radice di
rhēma!), ad esempio: «non proferì verbo»
significa «non proferì parola».
Che Dio possa parlarci attraverso la coscienza (sebbene sia una debole
istanza), la sacra Scrittura, altri credenti o la predicazione, è fuori dubbio;
che ciò si debba chiamare
rhēma, non c’è alcuna evidenza nella sacre Scritture. Proprio in
1 Corinzi, dove Paolo parlò di rivelazioni e «profezie» personali, non
usò mai tale termine. Non è singolare questo?
La
cosiddetta «dottrina del
rhēma» è una costrizione d’ideologia dogmatica, che parte da
alcune «pulci» casuali, raccolte nel testo biblico», e gonfiate fino a
farle apparire elefanti. Se non ci atteniamo a ciò che è scritto (1 Cor 4,6), il
«Dio imprevedibile» diventa un Dio fatto a nostra immagine e somiglianza.
Quando i credenti confondono la loro «voce interiore» con quella di Dio,
invece di esercitare un sano discernimento biblico, succede loro, senza volerlo,
di incominciare a credere alle ispirazioni del cuore carnale, proprio o di
visionari (cfr. Col 2,18), credendo che sia lo Spirito di Dio a parlare; allora
succede, infine, come a quegli uomini, che «hanno mutato la verità di Dio in
menzogna, e hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore» (Rm
1,25). Esercitare il discernimento biblico e provare gli spiriti (1 Gv 4,1) non
sono un optional, ma un dovere morale dei credenti. Questo dovere
comincia già nel fatto di usare una terminologia aderente alla
Bibbia; se essa non chiama mai in modo esplicito una rivelazione personale col
termine
rhēma, anche noi facciamo bene a non usare tale linguaggio.
Quando Paolo parlò
«manifestazione dello Spirito per l’utile comune», menzionò la «parola
di sapienza» (lógos
sofías) e la «parola di conoscenza» (lógos
gnōseōs),
ma il termine
rhēma
in tutto ciò non compare (1 Cor 12,7-11). Ancora in 1 Corinzi 14,6
affermò: «Ora, però, fratelli, se io venissi a voi e vi parlassi in lingue,
che vi gioverei se non vi parlassi [lalēsō]
in rivelazione o in conoscenza o in profezia o in insegnamento?». Come si
vede, egli non usò il termine
rhēma (p.es. «se non vi recassi un
rhēma
di...»), sebbene fosse
stata l'occasione giusta,
se tale cosiddetta «dottrina del
rhēma» fosse allora
mai esistita. Lo stesso dicasi di 2 Corinzi 8,7: «...voi abbondate in
ogni cosa, in fede, in parola [lógos],
in conoscenza...».
Il termine
tecnico
del NT per descrivere la manifestazione di Dio al credente, per dargli
conoscenza, non è mai
rhēma,
ma apokálypsys «rivelazione» e il verbo corrispondente (cfr.
«rivelare, rivelazione» e «conoscere, conoscenza»: Mt 11,27; 1 Cor 14,6; Ef
1,17; 3,3.5, Ap 1,1; cfr. anche «rivelare, rivelazione»: Mt 11,25; 16,17; Lc
2,26; Gv 12,38; At 7,38; Rm 1,17s; 2,5; 16,25; 1 Cor 2,10; 14,26.30; 2 Cor
12,1.7; Gal 1,12.16; 2,2; 3,23; Fil 3,15; Eb 12,25; 1 Pt 1,5.7.12s; 4,13).
10. {Pietro
Calenzo}
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I frutti della
teologia del «rhema» sono constatabili da tutti. Si insegna che, accanto alla
verità incrollabile della Scrittura, Dio parlerebbe al suo popolo anche in altri
modi. La cosiddetta rivelazione ora et nunc [= ora e adesso] ricorda
pericolosamente la dogmatica cattolica. Considerando anche i fallimenti
spirituali e profetici dei sostenitori della «teologia del rhema», Hinn,
Cho, Haghin, ecc., torniamo a credere al «non oltre ciò che è scritto», alla
«verità, che è stata una volta rivelata ai santi», alla «sola Scrittura». Con
affetto in Cristo Gesù. {12-01-2011}
11. {}
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12. {}
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Logos_rhema_ideolog_Avv.htm
10-01-2011; Aggiornamento: 22-08-2012 |