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La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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LINGUAGGIO DIRETTO DI DIO NELLA FALSA PROFEZIA?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Persone che si ritengono «profeti», che si considerano affiliati al cosiddetto «movimento profetico» odierno e che affermano di aver ricevuto tali missive direttamente da Dio, mi mandano spesso i loro messaggi. La cosa particolare è che tali «messaggi divini» sono formulati così che sedicentemente sia Dio stesso a parlare. Ciò mi ha indotto a scrivere l'articolo «Linguaggio diretto di Dio nella falsa profezia». Ecco qui di seguito alcune reazioni dei lettori.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Andrea Diprose

2. Massimiliano Monti

3. Nicola Martella

4. Giovambattista Mele

5. Giovanni Cascato

6. Paolo Crespi

7. Nicola Martella

8. Vappu Kidd

9. Nicola Martella

10.

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Andrea Diprose}

 

Concordo con il fratello Nicola che non è il caso d’usare frasi come «Così dice il SIGNORE». Lo studioso evangelico Wayne Grudem, sebbene aperto al concetto di «profeti» anche dopo la chiusura del canone neotestamentario, ci ricorda che non è il caso di dire «Così dice il SIGNORE». Infatti, se le profezie vanno vagliate (si veda l’epistola ai Tessalonicesi), cioè provate prima d’essere accettate, è proprio perché provengono da persone fallibili e di conseguenza, una profezia odierna non può, a priori, essere considerata autorevole. Per saperne di più, se conoscete la lingua inglese, v’invito a leggere gli scritti del professor Wayne Grudem a tal riguardo. {19-12-2007}

     Wayne Grudem è Research Professor di Bibbia e Teologia al Phoenix Seminary in Arizona. Fra l’altro ha conseguito la laurea M. DIV. presso la Westminster Theological Seminary e il dottorato di Ricerca presso l’Università di Cambridge (Gran Bretagna). È stato presidente del Council for Biblical Manhood and Womanhood e presidente (nel 1999) della Evangelical Theological Society (che ha membri in tutto il mondo):

     Egli ha scritto il libro The Gift of Prophecy in the New Testament and Today che approfondisce alcune delle problematiche da te considerate nel tuo articolo. {20-12-2007}

 

 

2. {Massimiliano Monti}

 

Rispondo in merito all’affermazione fatta dal tuo messaggio inviatomi riguardante questo tema.

     Non sono d’accordo poiché il profeta che riceve il messaggio profetico, può decidere in che modo darlo, oppure se Dio specifica il modo in cui dare il messaggio, il profeta farà quanto Dio gli dice.

     Smettiamola di fare i dottoroni di teologia, se non conosciamo come i profeti del vecchio testamento si muovono.

     Si vuole dare una logica spiegazione a tutto con la nostra intelligenza ma parlare di cose spirituali usando la razionalità è un po’ dura dal mio personale punto di vista.

     Se non conosciamo, tacciamo, facciamo più bella figura; non è un rimprovero, ma se non hai mai esercitato il dono della profezia, io lascerei perdere il discorso e lascerei giudicare a un profeta.

     Dammi retta, ti stai avventurando in un discorso complicato che non credo tu possa comprendere appieno.

     Rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento. Grazie dell’attenzione. {19-12-2007}

 

 

3. {Nicola Martella}

 

Non è strano che Massimiliano Monti non sia andato nel merito? Presumo che non ha letto l’articolo presente sul sito, ma solo l’invito alla lettura. Se l’avesse letto l’intero articolo, avrebbe preso atto che in tutti i messaggi rivolti dagli apostoli e da altri credenti del primo secolo ai giudei, ai gentili, a cristiani e a pagani, non usarono mai la formula «Così parla il Signore:…» né hanno mai formulato il contenuto delle loro proclamazioni in un messaggio diretto di Dio. Se non l’hanno fatto loro, i nostri modelli di ortodossia, perché si dovrebbe fare oggi? Quindi, o parliamo sulla base della Bibbia (qui il NT) o su quella delle nostre preferenze!

     Quanto ai «dottoroni di teologia» che non conoscerebbero l’AT e come a quel tempo i profeti si muoverebbero, come afferma il mio interlocutore, gli consiglio prima di informarsi (veda sul sito) che ho insegnato, per più di due decenni, proprio l’AT presso l’IBEI di Roma. Inoltre nel mio «Manuale Teologico dell’Antico Testamento», troverà abbondanza di articoli sui profeti e sul profetismo dell’AT (cfr. pp. 278-285). Veda anche l’articolo «Che cos’è la “profezia”?» in «Escatologia biblica essenziale», Escatologia 1, pp. 21-24. Sul tempo dei profeti e sui loro messaggi, rimando a «Radici 3-4» (cfr. qui l’articolo introduttivo «I libri profetici», pp. 113-120) e «Radici 5-6», dove analizzo libro per libro all’interno dello specifico tempo d’ogni profeta. Prima di dichiarare sentenze del genere, si fa sempre meglio a informarsi; ciò evita inoltre di fare eventuali brutte figure. A ciò si aggiunga che, come ho spiegato a sufficienza, la profezia del nuovo patto è completamente diversa da quella dell’antico patto, che è cessata con Giovanni Battista (Mt 11,13; Lc 16,16). [► Profeti nel Nuovo Testamento; ► Profeti del nuovo patto]

     Poi non si tratta di spiegare, in primo luogo, le cose con la «nostra intelligenza», ma di basare le nostre convinzioni sulla Parola scritta di Dio. I Bereani furono lodati per la loro nobiltà, poiché «ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando tutti i giorni le Scritture per vedere se le cose stavano così» (At 17,11). Non dovremmo assomigliare loro? Anche nel NT c’è l’ingiunzione «Giudicate voi», intendendo sulla base della sacra Scrittura (At 4,19; 1 Cor 5,12; 10,15). Altrimenti apriamo le porte al soggettivismo dottrinale, basato su ciò che ci piace o sul sentito dire. Non a caso, l’apostolo Paolo, dopo aver ingiunto a Timoteo di predicare «la Parola», insistendo continuamente, riprendendo, sgridando ed esortando con essa con grande pazienza e sempre istruendo (2 Tm 4,2), lo avvertì come segue: «Infatti verrà il tempo che non sopporteranno la sana dottrina; ma per prurito d’udire si accumuleranno insegnanti secondo le loro proprie voglie 4e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno ai miti» (vv. 3s).

     Quanto al «se non conosciamo, tacciamo, facciamo più bella figura», giudichino i lettori a chi si possa applicare! Quanto al «lascerei perdere il discorso e lascerei giudicare a un profeta», ricordo al mio interlocutore 1 Cor 14,29: «Parlino due o tre profeti, e gli altri giudichino». Inoltre, come ho spesso ricordato, esercitare il «dono della profezia» al tempo del NT significava dare, nella chiesa locale, un’interpretazione ispirata di natura pastorale (1 Cor 14,3) e cristologica (Ap 19,10) dopo la lettura comune della Scrittura (allora l’AT).

     Quanto al fatto che, secondo il mio interlocutore, mi stia «avventurando in un discorso complicato che non credo tu [= ossia io, Nicola] possa comprendere appieno», lo giudichino i lettori nel merito e nel modo di dirlo. Intanto Massimiliano Monti non ha fatto nulla di concreto nel dimostrare con argomenti validi la ragione delle sue tesi; si è fermato ai proclami e alle frasi a effetto.

     Alla fine della lettura di tale contributo rimango letteralmente senza parole! Consiglio al mio interlocutore di leggere le decine di articoli scritti da me e da altri sul sito «Fede controcorrente» e, se dopo ciò ha argomenti veramente validi da portare sulla base di un’analisi esegetica del testo biblico, saremmo disposti a valutarli e a rispondere nel merito.

 

 

4. {Giovambattista Mele}

 

Non è una sorpresa che vadano in giro millantatori e falsi profeti; per sofisticare la Parola di Dio e appropriarsene come se fosse la loro.

     Io sono di carattere impetuoso, ma dovrei essere più mite. Forse il Signore mi ha lasciato così per un suo scopo, ossia quello di non sopportare bugie, cose storte e menzognere. Insomma sono di carattere rivoluzionario, quando si tratta delle cose di Dio. Infatti il mio nome che è simile a Giovanni il Battista, che gridava nel deserto dicendo: «Ogni valle sia colmata e ogni monte e colle sia abbassato; i luoghi tortuosi siano raddrizzati e le vie scabrose appianate e ogni carne vedrà la salvezza di Dio» (Giovanni 3,5s).

     Ma a me sembra che per certa gente che si dicono d’essere di Dio, sia il contrario. Non fanno altro che offuscare la verità, anche se sembra che tutto sia da Dio, e fanno così per loro interesse e tornaconto; questi oscurano la Parola di Dio e le mettono ostacoli!

     «Razza di vipere, chi vi ha insegnato a fuggire dall’ira a venire? Fate dunque frutti degni del ravvedimento e non cominciate a dire dentro di voi: “Noi abbiamo a Abrahamo per padre”, perché io vi dico che Dio può suscitare dei figli a Abrahamo anche da queste pietre. E già la scure è posta alla radice degli alberi; ogni albero quindi che non produce buon frutto sarà tagliato e gettato nel fuoco». (Giovanni 3,7ss).

     Come s’agisce in questo modo, dichiarandosi cristiani e gente di Dio! C’è da aver paura con questi falsi uomini; non basta che vanno in giro dicendo di fare presunti miracoli e segni, invadendo così il mondo, ci mancavano pure che tali «profeti» andassero in giro a confondere la sincera gente. Non bastavano già i Testimoni di Geova né bastava la dottrina del Vaticano, secondo cui i morti cattolici, dichiarati santi, fanno miracoli; ora ci sono pure questi presunti cristiani, che si sentono «santi protettori» con i loro insegnamenti e miracoli.

     Ma fatemi il favore di ritirarvi e fate pentimento sincero e confessione a Dio, affinché vi salviate l’anima e non fate peccare i santi della chiesa di Cristo! Il Signore abbia misericordia di voi. {19-12-2007}

 

 

5. {Giovanni Cascato}

 

Riguardo alle profezie, ne ho sentite molte nelle chiese pentecostali. La cosa che mi sorprende è che queste profezie vengono quasi sempre dette in modo da non essere esaminate, se sono da Dio o no. Ma, quando ve ne una che si può esaminare se è da Dio, viene trovata una falsa profezia, dato che non si è adempiuta. Nelle chiese pentecostali e carismatiche le profezie vengono dette con molta leggerezza; forse lo fanno per fare vedere quanto sono spirituali e ripieni di Spirito. Come può parlare Dio tramite persone che si comportano disordinatamente nelle riunioni, parlando il lingue tutti insieme, senza che c’è nessuno che interpreta, pregare tutti insieme urlando, piangendo, saltando? Dio è un Dio di ordine! Ringrazio Dio di essere uscito da questa babilonia e di avermi fatto conoscere dei fratelli che onorano Dio con massima serietà e rispetto. {Germania; 21-12-2007}

 

 

6. {Paolo Crespi}

 

Caro fratello Martella, sono un anziano d’una chiesa evangelica che conta diversi fratelli e sorelle provenienti dai «fratelli», dai pentecostali, dai battisti. Siamo in pratica un «esperimento di Dio». Anche se ci ritroviamo in comunione con le chiese dei fratelli in quasi tutte le dottrine (certamente nelle fondamentali sì), abbiamo talvolta delle testimonianze del tipo: «Dio mi ha parlato in sogno e mi ha detto di dire alla chiesa...».

     Premesso che finora il Signore mi ha sempre guidato e assistito nel dare una risposta a queste istanze anche per correggere e precisare se il caso, devo dirti che ho trovato il tuo articolo, ancorché preciso specie nella parte finale, piuttosto «debole» quando viene ricordato il caso d’Agabo. Trovo debole che, dopo avere riportato le parole d’Agabo «questo dice lo Spirito Santo» (Atti 21,10), tu dica che non seguono parole come «Io lo Spirito di Dio vi dice…». Beh, direi che è ovvio che «non seguano» se siamo tutti d’accordo che lo Spirito Santo è lo Spirito di Dio, no ti pare ? E poi, aggiungendo che le parole di tale «certo profeta» «non s’adempirono nei precisi termini» cosa vogliono adombrare? Che non fu un vero profeta? In altri tuoi scritti mi pare di ricordare che, per quanto «atipico» come profeta, tu lo consideri attendibile e certamente ispirato da Dio.

     Ho l’impressione nei tuoi articoli, e te lo dico per amicizia e spirito di collaborazione, che tu sia sempre mosso da «sindrome da accerchiamento» e che lo zelo a volte ti faccia perdere il punto in questione. Se vuoi dimostrare che la tua tesi è giusta, credo che Agabo debba essere trattato in altro modo. {29-12-2007}

 

 

7. {Nicola Martella}

 

Per prima cosa ringrazio Paolo Crespi per la sua missiva. Quando si scrive a qualcuno si fa pur sempre uno sforzo, anche quando il destinatario magari non condivide alcuni contenuti dello scritto ricevuto.

     Abbiamo già dato molte volte una definizione di profezia nel nuovo patto al tempo degli apostoli: era la proclamazione ispirata nella chiesa da parte di 2 o 3 credenti (1 Cor 14,29) sulla base della lettura comune della sacra Scrittura (allora l’AT) sia in senso cristologico (Ap 19,10) sia per scopi pastorali (edificazione, incoraggiamento, esortazione, ecc.; 1 Cor 14,3); tutto ciò però era assoggettato al giudizio degli altri (1 Cor 14,29.32).

     Ribadisco nuovamente che non c’è neppure un caso in cui uno dei personaggi del NT, conosciuto e accreditato nelle chiese, avesse parlato in un’assemblea, iniziando il suo discorso con la classica espressione iniziale dei profeti dell’AT: «Così parla il Signore…». La parola dei profeti (= proclamatori ispirati) nel nuovo patto era sempre assoggettata al giudizio dell’assemblea.

     In certi ambienti espressioni come: «Dio mi ha parlato…», «Dio mi ha detto in sogno…», «Dio mi ha dato questa parola per la chiesa...» e simili fanno parte di un cliché espressivo e basta, che ritengo improprio e sbagliato. Traducendo tutto ciò in «espressioni normali», spesso significa effettivamente cose del genere: «Leggendo la Bibbia ho capito…», «Ho sognato questo e quello e ciò mi ha fatto capire che...», «Riflettendo in preghiera e meditando la Parola, ho capito una certa cosa sulla nostra chiesa e mi sento spinto a dirla…» e cose simili. A ciò si aggiunga che in tali ambienti si pensa che un’esortazione, un incoraggiamento, una riprensione, ecc. abbiano più peso se «impacchettati» con un tale frasario. C’è anche la malsana idea che una propria opinione, se posta in una tale coreografia, acquisti di per sé autorità; chi vorrà mettere in forse una «parola del Signore»? Alcuni usano un tale frasario per profilare e accreditare se stessi in un ambiente aperto a tali cose.

     Quanto al caso di Agabo, se il mio interlocutore avesse letto l’articolo a cui rimandavo con un link [► Agabo] avrebbe capito maggiormente ciò che intendevo. Si legga quindi là. Si tenga anche presente che nell'articolo, da cui parte questo tema di discussione, Agabo era solo un dettaglio. Di nessun personaggio conosciuto nelle chiese si disse allora che era «un certo» qualcuno. A quel tempo i confini fra giudaismo storico e cristianesimo giudaico erano molto flessibili (cfr. la lettera agli Ebrei; At 15,1.5; 21,20). È interessante notare che neppure Agabo usò la classica espressione dei profeti dell’AT: «Così parla il Signore…». Si appellò allo «Spirito Santo», ma ciò non era una prerogativa solo dei cristiani; bisognerebbe fare un’analisi degli scritti pseudoepigrafi sorti allora in campo zelota (quelli che portarono all’insurrezione dei Giudei contro i Romani e alla distruzione di Gerusalemme) per accertare la ricorrenza dello «Spirito Santo (o di Dio)»; per i Giudei lo «Spirito Santo (o di Dio)» non era una persona divina, ma una teofania di tipo spirituale di Dio (quella materiale avveniva ai tempi delll'AT mediante il cosiddetto «Inviato dell’Eterno»; tratto questi concetti nel Manuale Teologico dell’Antico Testamento, pp. 194s; 336ss). Non si può costruire tutta una teoria e una prassi solo sulle parole di «un certo» profeta Agabo! (per di più quanto egli disse in At 21 non si avverò neppure nei precisi modi da lui dichiarati). Agabo era solo un tassello in tale articolo.

     Sinceramente mi aspettavo un po’ di argomenti a sostegno della diversa opinione. Non sono molto eleganti le attribuzioni indebite come una presunta «sindrome da accerchiamento», visto che ogni giorno spazio fra tanti temi e affronto tutti con passione e rigore intellettuale. Non è neppure onesto attribuirmi che «lo zelo a volte ti faccia perdere il punto in questione», visto che ho trattato in tanti modi e maniere questi temi e non per ultimo rispondo anche a lui stesso. Questa non è certo la ventilata «amicizia» né uno «spirito di collaborazione» che Paolo Crespi mi assicura. Invece di sputare sentenze del genere, che sembrano far colpo al momento, farebbe meglio ad argomentare con maggior vigore e coerenza d’argomenti. Se egli avesse letto l’articolo suggerito su Agabo avrebbe capito la mia analisi; se lo ha letto, avrebbe dovuto rispondere con argomentazioni solide nel merito, non con frasi ad effetto.

     Poi mi sembra che tutta la sua argomentazione si basi su una consuetudine nella sua chiesa (teologia dell’esperienza), invece che su una rigorosa e precisa interpretazione testuale (teologia esegetica). Quindi le sue sentenze finali mi lasciano perplesso. Alla fine di tutto verrebbe da dire: «Cioè? Quindi, che volevi effettivamente dire? Qual è l’altro modo di trattare il caso Agabo? Qual è la tua argomentazione esegetica? Che hai da dire poi sull'intero articolo». Aspettiamo una risposta che non sia semplicemente una «versettologia» né una «teologia dell’approssimazione». Inoltre, possibile che tutta l'argomentazione di un così lungo articolo venga ignorata per «attaccarsi» al malsicuro scoglio di un Agabo?

 

 

8. {Vappu Kidd}

 

Shalom Nicola! Il messaggio qui sotto [= l'invito alla lettura, N.d.R.] è solamente in parte, perché esistono anche i doni spirituali, inclusa la profezia. Ma tra i doni c’è anche il discernimento dei spiriti. Se una persona profetizza e c’è chi ha questo dono di discernere, la persona che profetizza deve accettare la conferma o la smentita. Se non accetta la smentita che la profezia non era da Dio, vuol dire già che, non accettando la «critica», non era da Dio. Mi sono spiegata? Il credente che ha ricevuto qualche dono dello Spirito Santo, non può usarlo come e quando vuole, ma solo quando il Signore lo vuole! Tutti i doni sono cosi e nessuno può vantarsi di nulla.

     Vedi Nicola, non possiamo annullare i doni spirituali, esistono anche oggi, Dio e le sue promesse non sono cambiate. Io però sottolineo ancora di più il frutto dello Spirito Santo, come m’aveva sottolineato un noto evangelista inglese. Lui crede ai doni, ma ancora più importante è il frutto = l’amore che poi include tante altre qualità. Ho sperimentato in questi ultimi mesi cosa vuol dire tornare al Primo Amore, come dice l’Apocalisse. Se non c’è l’amore che proviene dal Signore, come fanno a veder la gente in noi qualcosa di differente rispetto al mondo?? Come facciamo a evangelizzare se non c’è neppure l’amore fra di noi credenti? L’orgoglio impedisse di tornare da Gesù con il cuore umile. Il nemico è molto furbo, disturba ovunque il più possibile perché sa che ha poco tempo. [...] Sono sicura d’una cosa che se il Signore mi ha permesso di conoscerti e stato la volontà Sua. Aspetto solo che posso ricevere una rivelazione anche per te (ho il dono della conoscenza da anni). [...] {08-01-2008}

 

 

9. {Nicola Martella}

 

Ecco dapprima una nota redazionale. Prima di rispondere, bisogna che il lettore abbia letto tutto l'articolo e non solo l'invito alla lettura che si è ricevuto. Altrimenti egli non capisce che cosa l'autore voglia veramente dire e prende poi posizione o si pone domande su cose che l'autore ha già affrontato nel dettaglio. Inoltre bisogna attenersi strettamente al tema in discussione. Altrimenti sono costretto a tagliare le parti che vanno fuori tema.

     Quanto alla tua frase «Aspetto solo che posso ricevere una rivelazione anche per te (ho il dono della conoscenza da anni)» — ti ringrazio, ma non è il caso. A me basta la rivelazione della «Parola scritta», ossia la sua ammonizione, la sua esortazione e il suo incoraggiamento, quando la leggo, la medito e la studio. Dio è capace di parlarmi mediante il suo Spirito, usando la sua Parola, come sta già facendo.

     Faccio notare che nella Bibbia il «dono di conoscenza» non esiste come espressione, ma esiste la «parola di conoscenza» (1 Cor 12,8); in quest’ultima espressione non si tratta di «intuizioni spirituali» su altre persone, come alcuni credono e propagano, ma della conoscenza e della competenza riguardo alla Parola scritta di Dio (1 Cor 1,5), che bisogna tagliare rettamente (2 Tm 2,15) e oltre la quale non bisogna andare (1 Cor 4,6). Tale «parola di conoscenza» rende capaci di indicare nella Parola scritta quale sia il consiglio di Dio riguardo a una certa problematica.

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Linguaggio_di_Dio_Car.htm

20-12-2007; Aggiornamento:

 

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