Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

Per il discernimento biblico

Prima pagina

Contattaci

Domande frequenti

Novità

Arte sana

Bibbia ed ermeneutica

Culture e ideologie

Confessioni cristiane

Dottrine

Religioni

Scienza e fede

Teologia pratica

▼ Vai a fine pagina

 

Motti di spirito

 

Carismaticismo

Vai ai contributi sul tema

Norme di fair-play

 

 

Riflessioni fra cielo e terra: Aneddoti evangelici e non, e l’umorismo nella Bibbia.

  Ecco le rubriche principali:
■ Scenario biblico
■ Vita di comunità
■ Abbecedario riflessivo
■ Ad acta
■ Dietro il velo
■ Casella postale biblica
■ Variazione delle costanti
■ Puntigli e indovinelli
■ Sapienza da quattro soldi
■ Massime e minime
■ Col senno del poi.

 

È «psicoterapia biblica» in forma di umorismo.

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serviti della e-mail sottostante!

E-mail

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

KENNETH HAGIN E CONFESSIONE POSITIVA?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

L’articolo «Kenneth Hagin e la “confessione positiva”» ha indotto alcuni lettori a prendere posizione in merito. Per evitare confusioni e false concezioni, facciamo presente quanto segue: Con questa espressione fuorviante non si intende semplicemente la professione di fiducia verso le promesse di Dio, ma «l'esercizio di potenza» nel senso che la cosa che si dichiara, deve pure accadere a causa di una presunta «potenza della fede», di cui il credente sarebbe detentore. Tale «confessione positiva» è legata al cosiddetto «vangelo della prosperità». Si tratta di una subdola costruzione dottrinale, con cui i nuovi «superapostoli» carismaticisti, che dominano varie chiese, possono arricchirsi e vivere nel benessere. Un confronto fra il loro spirito materialista e la condizione e l’insegnamento di Gesù Cristo mostrano le grandi contraddizioni di tali moderni «santoni» che vivono nel lusso più sfrenato. I dodici apostoli del Signore e quelli delle chiese, tra cui Paolo e Barnaba, vissero con grande spirito di sacrificio per amore di Cristo e della testimonianza. Essi predicavano soltanto «Cristo crocifisso». I moderni «sommi apostoli», che l’apostolo Paolo chiamò «falsi apostoli, operai fraudolenti» (2 Cor 11,13), non solo hanno fatto di Mammona una dottrina accettabile, derubando le chiese, ma predicano oramai un «altro Gesù»: «Se uno viene a predicarvi un altro Gesù, diverso da quello che abbiamo predicato noi, o se si tratta di ricevere uno Spirito diverso da quello che avete ricevuto, o un Vangelo diverso da quello che avete accettato, voi ben lo sopportate!» (2 Cor 11,4). La chiesa di Corinto, dominata da superapostoli gnostici di stampo giudaico, sembra essere una delle tante chiese carismaticiste odierne. Confusione dottrinale, coercizione psichica e contaminazione spirituale sono all’ordine del giorno.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Calogero Fanara

2. Marco Soranno

3. Gianni Siena

4. Nicola Martella

5. Gianni Siena

6. Nicola Martella

7.

8.

9.

10.

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Calogero Fanara}

 

Pur non volendo mettere al «bando» coloro che predicano la «confessione positiva» e il «vangelo della prosperità», nemmeno i credenti sinceri che li seguono, sono costretto anch’io a prendere posizione, sia nella chiesa che frequento che verso alcuni che si lasciano sedurre. Ho avuto il seguente caso: un giovane, dopo essere tornato dalle vacanze, ha mostrato di essere influenzato da questi insegnamenti fasulli e ha incominciato a sostenere argomenti strani riguardo, ad esempio, la guarigione.

     Recentemente, stavamo pregando perché Dio guarisse un giovane simpatizzante malato di cancro in fase terminale. Uno dei nostri giovani, finita la preghiera, disse qualcosa di molto pertinente e giustissimo riguardo allo zelo che dovremmo tutti avere per le anime perdute, perché esse siano salvate, sostenendo che la guarigione spirituale dell’anima è più «vitale» di quella fisica. Tutti noi eravamo d’accordissimo con lui. Ma quell’altro giovane, di cui parlavo, fece una strana reazione, contestando il fratello: «Io non sono d’accordo con te!». E cominciò a dire che non era normale che quel giovane malato si trovasse in tali condizioni, che se era arrivato a questo punto, non era certo per volontà di Dio. Che Dio aveva sicuramente altri piani per lui. Non solo lo disse con rabbia e una certa arroganza, ma ho percepito confusione nel suo viso. Lui sembra di non concepire che un giovane cada ammalato e, se mai accade, vuol dire che non è nella volontà di Dio... Non vi dico quanta confusione provocò la sua reazione... Ad un certo punto, andai a trovarlo. Gli chiesi se mia suocera, deceduta l’anno scorso a soli 58 anni, «era nella volontà di Dio» o no... Confuso, non mi poté rispondere, e si scusò dicendomi che lo avevamo frainteso...

     Un tale insegnamento è nocivo, e direi anche pericoloso, perché mette la guarigione fisica al di sopra della sovrana volontà di Dio nelle circostanze della nostra vita. Si mette da parte l’insegnamento biblico sul necessario bisogno, che a volte abbiamo, di dovere passare per delle prove. Esigono quasi che Dio debba per forza fare e rispondere a tutto quello che loro chiedono e ritengono doveroso di riceverlo. E se non accade quanto chiesto, allora la colpa dev’essere per forza del credente che non «possiede» abbastanza fede.

     Da quest’insegnamento bisogna non solo stare alla larga, ma lo si deve anche combattere e smontare alla luce dell’insegnamento nella sua integralità.

     No! Dio non deve per forza e sempre concederci quanto noi chiediamo. No, Dio non è «obbligato» a guarire tutte le malattie e toglierci le prove che ci cadono addosso. I suoi piani non sono i nostri e Lui sa meglio di noi di cosa abbiamo bisogno per seguirlo meglio. Se Lui ritiene che dobbiamo passare per qualche prova o malattia, sia fatta la sua volontà! E non ha niente a che fare con una mancanza di fede o con un presunto peccato commesso. La Scrittura ce lo attesta e conferma in tanti racconti e in tanti esempi come Giobbe, Ezechia, Pietro e persino l’apostolo Paolo. Sia la Parola di Dio ritenuta verace e l’uomo bugiardo! {Belgio; 3 aprile 2009}

 

 

2. {Marco Soranno}

 

False fondamenta

 

L’apostolo Paolo è perentorio nell’affermare: «nessuno può porre altro fondamento oltre a quello già posto, cioè Cristo Gesù» (1 Corinzi 3,11) e oggi queste parole sono incredibilmente attuali nel mondo evangelico. Questo era il versetto preferito da Menno Simmons (1496-1561) leader anabattista e pacifista (da cui deriva la chiesa Mennonita presente anche in Italia), ma dovrebbe essere nel cuore di ogni cristiano perché il fondamento della nostra fede non deve essere altri che Gesù. Ci sono chiese e movimenti religiosi che aggiungono alla Bibbia la parola umana di uomini e donne per avvalorare le proprie dottrine: Joseph Smith, Ellen White, William Branaham, Mary Baker Eddy, Sun Myung Moon.

     Questo è sbagliato e pericoloso per la fede delle persone perché presenta un falso cristo, bisognoso dell’opera di questa o quella persona suscitata in un dato tempo per terminare la Sua opera per la chiesa e il mondo; Egli morente in croce disse invece: «È compiuto» (Giovanni 19,30).

     Coloro che seguono queste persone, non dicono: «Sta scritto», ma «così dice il profeta» o «la profetessa», e questo è triste da ascoltare. Sono accecati dall’avversario convinti che basti avere una Bibbia per possedere la verità; ma la verità non ha bisogno di altre rivelazioni o «luci minori», perché ha sempre brillato di luce propria che le deriva dallo Spirito Santo. C’è da soffrire pensando a tutti quegli evangelici che hanno abbandonato la via della verità per seguire la menzogna, pensando di aver trovato «un gradino di luce in più», perché il loro numero non è minimo.

     C’è chi cita a sproposito 1 Corinzi 3,15: «Se l’opera sua sarà arsa, egli ne avrà il danno; ma egli stesso sarà salvo; però come attraverso il fuoco»; e questo per dire che in fondo basta annunciare Cristo, anche se accompagnato da queste rivelazioni vere o false che siano. Ma il contesto parla di credenti in genere, che costruiscono le loro opere sul fondamento, Cristo; non si parla di coloro che sostituiscono la sana dottrina con le loro fantasie e invenzioni, i quali sono chiamati falsi profeti e dottori dalla Bibbia, che li condanna senza mezzi termini (2 Pietro 2,1;1 Giovanni 4,1).

     La Bibbia ci insegna Cristo che non abbiamo bisogno di un altro evangelo (Galati 1,6-9). Le astuzie di Satana sono evidenti: egli vuole creare confusione in seno al popolo di Dio e ha suscitato persone capaci di dare apparente esaltazione alla Bibbia, ma con frasi sibilline che rimandino alla lettura dei libri di costoro per comprenderla. L’inganno dell’avversario è scimmiottare i carismi dello Spirito e il primo è quello della profezia, perché tra i credenti la fame di segni e profezie ha generato il bisogno di nuove rivelazioni.

     Cosa ci dice la Scrittura? «Alla legge! Alla testimonianza! Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessuna aurora!» (Isaia 8,20). Torniamo alle vere fondamenta ossia alle parole di Cristo senza l’aggiunta delle parole di questo predicatore o di quel profeta. {2 aprile 2009}

 

 

3. {Gianni Siena}

 

Nota editoriale: La prima versione del suo scritto gliel'ho rimandata indietro con le seguenti motivazioni. Il seguente scritto, oltre a essere lungo e ingarbugliato, contiene tesi che per districarle dovrei impegnare parecchio tempo. Sembra essere scritto con molta fretta, senza essere sufficientemente valutato e rivisto. Io personalmente non condivido la «confessione positiva» di Kenneth Hagin né la «visualizzazione» di Yonggi Cho, ambedue mutuate dall’esoterismo (Cho è orientale). [► Yonggi Cho fra pensiero positivo e visualizzazione] Non condivido neppure le tesi della psicologia esoterica di stampo junghiano, che attinge allo spiritualismo orientale e all’esoterismo occidentale, e normalizza ciò in presunte categorie psicologiche universali. È solo una maschera psicologica dell’esoterismo di sempre. Conoscendo abbastanza bene le questioni, non posso che dissentire. Rimando alla mia opera «Malattia e guarigione» per i dettagli.

     Non ho mai visto un «vero» servitore di Dio e sottomesso a Lui che risuscita un morto, e tu? Neppure ministri di Dio che hanno fatto spostare montagne, e tu? Segni e prodigi, che servivano per accreditare il ministero di Gesù e degli apostoli vengono da te normalizzati per ognuno oggi che abbia certi prerequisiti; ne dubito alquanto. Che Gesù potesse fare qualsiasi cosa che pensava di fare, ne dubito molto; Egli, essendo il «Servo di Dio», poteva fare solo ciò che gli ordinava o mostrava il Padre.

    Se vuoi (e telo consiglio), rivedi, emenda e «sfronda» questo tuo contributo. Infatti, se ci metto il «bisturi», poi taglio fortemente e profondamente…

    Mi è arrivata la seconda versione  dello scritto. Molte delle cose, oggetto delle mie obiezioni sono rimaste, alcune sono state chiarite, altri aspetti sono anche peggiorati. Riporto qui quindi il suo lungo contributo, rimandando le mie osservazioni e obiezioni al prossimo punto. {Nicola Martella}

 

Gianni Siena scrive ora quanto segue.

    Per quanto sembri paradossale, non sono del tutto contrario alla cosiddetta «confessione positiva», più d’un cristiano dovrebbe rieducarsi a parlare e pensare in «positivo» o, meglio, conforme al «modello delle sane parole». Vi sono credenti che sembrano una «concordanza biblica», infarciscono il parlare con espressioni della Bibbia. Mentre il pensiero di Dio nelle stesse, penetrando nei loro cuori, li farebbe molto differenti e più felici.

     Se uno ha paura, Gesù lo rassicurerebbe dicendo «non temere», gli basta ripetere a se stesso di non dover temere… se uno prega con fede, questo ripetere funziona (!). Succede che un credente, stretto da una necessità, scopre che Dio è al suo fianco e gli concede quella grazia particolare. La fede di questo credente n’esce rafforzata e dinamica, sostenuto da una simile certezza, vive una vita d’autentica vittoria e progresso: che cosa gli è accaduto? Egli ha varcato il limite che priva tanti credenti dell’adempimento di specifiche promesse di Dio contenute nella Bibbia: da quel momento v’è in lui un atteggiamento di fede «positivo». Queste esperienze ricalcano determinate vicende bibliche dove nei protagonisti s’osserva il cambiamento, indotto dalla grazia ricevuta.

     Ora veniamo all’insegnamento di questa discussa dottrina che — detto per inciso — non è intrinsecamente sbagliata. Il suo principio è noto, si tratta di focalizzare un obiettivo, nella vita riesce meglio chi ha le idee chiare, a parità d’opportunità. Si tratta d’usare in modo efficace le risorse interiori, un principio, talvolta, funziona anche fuori del caso specifico, da cui lo s’estrapola. Il «confessare con fiducia», le cose che si vogliono ottenere, produce un forte orientamento in direzione dello scopo a cui si mira.

     Possiedo dei libri, sia di psicologia e non, che spiegano questa potenzialità intrinseca a ognuno. Questo principio fu inizialmente osservato nelle religioni orientali (induismo, buddismo), si tratta di psicologia usata per ottenere una maggiore forza interiore in direzione dello scopo. Non è la forza fisica ma quell’interiore che risiede nel «chi» a dare sostegno, cioè, esiste una risorsa che scaturisce direttamente dall’anima. Gli orientali hanno imparato per primi l’uso efficace della fede naturale, insita in ogni uomo, per «riuscire».

     Siamo arrivati al tema, la «confessione positiva» cristiana mira, applicando le promesse di Dio, a far ottenere l’adempimento delle stesse. Conseguenze? Io non ho dubbi che, secondo il bisogno, Dio provveda ai suoi, ho sperimentato molte volte la Sua mano amorevole.

     Ora, però, se con una semplice «tecnica» ottengo le stesse, a mio piacimento, mi basta usare la fede… che cosa me ne faccio di Dio?! Se un cristiano impara, osservando la realtà, le leggi del comportamento e del pensare in modo «positivo» (ripeto: non è un principio solo religioso), se impara a usarle in modo efficace, questo potrebbe essere utile.

     Nella Bibbia troviamo numerosi versi biblici che sono utili a renderci «positivi», ma questo «lustrare l’esterno del piatto» ci rende interiormente migliori? Come si può illudere un uomo che, così facendo, diventerà un salvato migliore? Il problema comportato dall’uso di queste «tecniche» è che non producono niente di positivo (!) rispetto alla condizione morale della persona.

     Ripeto, se un credente sta pregando Dio e chiede con fede qualcosa, lo faccia ma senza ricorrere a «surrogati», che tradiscono un’evidente influenza pagana. Avendo, pure, l’atteggiamento fiducioso d’uno che s’aspetta un esaudimento dal Padre… ma ponendosi il limite — che si chiama «dipendenza / sottomissione» — che Egli possa rispondere anche «no».

     Yonggi Cho, quando iniziò a istruire i credenti circa l’uso d’una fede più produttiva, ricevette attestati di gratitudine da varie parti. Poi mise per iscritto il «suo» insegnamento e qualcuno notò subito le contaminazioni buddiste del suo dire e agire: dopo un inizio «buono» sopravvenne il gelo con i responsabili delle nostre chiese… nessuno ne parla più.

     Perché è sbagliato esercitare la fede così contaminata? L’occultismo mira a sganciare l’uomo dalla dipendenza da Dio e conseguire gli stessi risultati strepitosi… «riuscendovi» spesso. Ma un cristiano, specialmente s’è nel ministero, non deve farlo. L’esempio viene da Gesù stesso, egli poteva fare quel che voleva con il pensiero, la parola o il gesto: guarire, cacciare spiriti, trasformare acqua in vino, moltiplicare pani e pesci, eccetera. Ma Egli non usò mai il «potere» derivantogli dalla personale fede nel Padre, per scopi egoistici: Si può abusare del dono di Dio (= fede per operare miracoli) e qualcuno lo sta facendo mentre scrivo. Gesù è l’esempio perfetto e generatore di fede soprannaturale (Eb 12,2) ma (= questo conta) il Signore fu anche un perfetto «schiavo» di Dio (Fil 2,5-8).

     Prediamo ora come esempio un qualunque leader religioso cristiano, supponendo che abbia realmente una fede da trasportare i monti… che uso ne farà? Dio, quando fa riposare la sua potenza su un uomo consapevole della sua ubbidiente strumentalità, rimane Padrone del suo potere. Il «servo» dipenderà in tutto da Dio: il vero profeta si riconosce anche da questo «frutto»! Dio, infatti, chiede al servitore di dipendere interamente: questo caratterizza la vita e la fede di persone consacrate. Un vero servo del Signore «sa» quando (insieme al dono della salvezza) Egli vuol guarire un ammalato o produrre un miracolo… questo richiede umiltà e intimità riverenti verso il Padrone dei cieli e della terra.

     I carismaticisti, disattendendo questo principio, s’adoperano per compiere il «miracolo», ma non attendono ordini da Dio: anche se compiono «potenti» segni, non hanno comunione con Cristo. Dio è amore e questo rende l’uomo che agisce nel suo Nome uno schiavo completamente dipendente da Lui (1 Cor 13). Guarire un infermo o richiamare alla vita terrena un morto, se uno ha una fede intima con il Signore, non è una cosa difficile da ottenere: l’uomo di Dio sa d’essere sempre esaudito (Gv 11,41-42).

     La «differenza» tra i leader religiosi «cristiani», ai quali una stomachevole letteratura ci ha abituati, e un servo come Gesù è, dunque, la sottomissione al Padre: chiunque nomina il nome del Signore sta lontano dall’iniquità… «sbaglio» o il peccato che ci costò l’immortalità fu la voglia d’essere «indipendenti» da Dio!? (Ge 3).

     Questo peccato non fu mai commesso dal Signore Gesù, in ciò, Egli, pur Figlio di Dio, è l’antitesi consapevole del «carismaticista». Egli fu, infatti, esaudito per la sua pietà. E imparò l’ubbidienza a Dio nella quotidianità d’una vita piena di sofferenze, che lo accomunarono alla realtà d’ognuno di noi. Da questo si può capire soprattutto se un «profeta» sta servendo il Signore o se usa la Sua autorità per impinguare il portafoglio e dominare il gregge affidatogli.

     Gesù, in quanto «rabbino» o «profeta» non fece mai nulla che andasse contro la sua dipendenza dal Padre; i suoi discepoli furono ugualmente sottomessi.

     Ancora oggi, in qualche chiesa, si predica e pratica la «teocrazia» (dominio pastorale); essa c’è nella Bibbia, ma le persone rese umili come Paolo, Pietro, Tito e Timoteo sono morte: questo è il segno principe che manca nella vita dei «maestri» e «profeti» religiosi odierni.

     Se le leadership cristiane fossero state come gli apostoli, al cui insegnamento s’attribuisce la responsabilità di pratiche e insegnamenti umani, non vi sarebbero stati conflitti e dissensi tra fratelli, come la storia della nostra fede dimostra. {04-04-2009}

 

 

4. {Nicola Martella}

 

È evidente che Gianni Siena non usa la «confessione positiva» nel senso di Kenneth Hagin, quindi in senso tecnico carismaticista; egli intende qui più l’essere positivo verso la fede, fiducioso verso le promesse di Dio e speranzoso. Questo equivoco può essere un inganno per coloro che confonderanno l’una con l’altra cosa. I carismaticisti intendono con «confessione positiva» un comando che si ritiene che realizzi la cosa ingiunta. Tale terminologia è di per sé ingannevole, poiché «confessione positiva» intende altro. Ciò avvicina tale concezione carismaticista a tecniche suggestive e auto-suggestive e a un uso di potenza tipico del mondo esoterico.

     Non si tratta quindi solo di un «confessare con fiducia» per orientarsi a una meta specifica; nel carismaticismo si intende invece che, esercitando la «fede», si ha effettivamente una potenza personale, che farà avvenire la cosa comandata. Si tratta quindi di un «esercizio di potenza» che si crede di avere effettivamente in quanto cristiani. Questo non è altro che un pensiero magico rivestito di concetti cristianizzati.

 

Per l’approfondimento si vedano nel mio libro «Carismosofia» i seguenti articoli: «Religione di potenza», pp. 46-50; «L’evangelo del successo», pp. 51-59; «Pan-spiritualismo e commistione», pp. 145s; «Spiritualismo esoterico e spiritismo», pp. 176-181; «Esercizio di potenza e magia bianca», pp. 182-190; «Antropologia carismatica», pp. 202ss.

 

La fede biblica è la fiducia in Dio e nelle sue promesse, mai una fiducia in se stessi o in una potenza che si possiede per grazia ricevuta, e neppure una «potenza di Dio» ricevuta e gestibile a proprio arbitrio. L’unica potenza di Dio affidata alla chiesa è l’Evangelo.

     Vediamo come viene usata l’espressione «potenza di Dio» nella Bibbia. Essa è la maestà del Signore in se stesso (Lc 22,69) e nella sua manifestazione sopra il suo popolo o nei cieli (Sal 68,34). Rappresenta ciò che Dio farà alla risurrezione, secondo le Scritture (Mt 22,29ss). Per Paolo solo l’Evangelo è «potenza di Dio per la salvezza d’ogni credente» (Rm 1,16); solo tale «potere» è gestibile dall’uomo, quando annuncia che «la giustizia di Dio è rivelata da fede a fede» (v. 17). Tale Evangelo, dichiarato «potenza di Dio», non è una parola del proprio trionfo retorico (sapienza) né un proprio potere da gestire a proprio arbitrio (potenza), ma è la «parola della croce» (1 Cor 1,18ss) e la predicazione di «Cristo crocifisso» (vv. 22ss). Ciò è ribadito anche altrove, dove si afferma: «E io sono stato presso di voi con debolezza, e con timore, e con gran tremore; e la mia parola e la mia predicazione non hanno consistito in discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza degli uomini, ma sulla potenza di Dio» (1 Cor 2,3ss). Qui Paolo non parlava di un potere che potesse gestire lui, che si presenta invece come debole di parole e di forza, ma dell’effetto della predicazione dell’Evangelo, che trasformava le persone (= «dimostrazione di Spirito e di potenza») mediante la «potenza di Dio». Ciò che legittimava e accreditava Paolo e tutti i «ministri di Dio» non era un potere personale nel senso della «confessione positiva», ma nella coerenza di fede e di vita, in una costanza di condotta morale e nella sopportazione dei pesi legati al ministero, nella buona e nella cattiva sorte, fama o reputazione (2 Cor 6,3-10). Perciò Paolo in catene raccomandava al suo collaboratore: «Soffri anche tu per l’Evangelo, sorretto dalla potenza di Dio» (2 Tm 1,8).

     A dover essere potente nel credente è Cristo stesso (2 Cor 13,3), tuttavia non nel senso dell’esoterismo cristianizzato (esercizio di potenza), ma nella potenza di una vita rinnovata e trasformata dal Signore. Infatti, Cristo «fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio; e anche noi siamo deboli in lui, ma vivremo con lui per la potenza di Dio», e tale visione del futuro condiziona i rapporti attuali dei servi di Dio verso i credenti (v. 4). I seguaci di tale «confessione positiva» nel senso dell’«esercizio di potenza» vogliono anticipare la potenza della risurrezione futura all’oggi, il trionfo glorioso della fine al presente. È un grave inganno e un pericoloso imbroglio. Al presente la potenza di Dio si manifesta specialmente nella trasformazione mediante la rigenerazione: «Con lui sepolti nell’immersione, in lui anche risuscitati con lui mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti» (Col 2,12; v. 13 «vivificati con lui»). La rigenerazione mira alla risurrezione, fidando di essere conservati proprio dalla potenza di Dio, il quale «ci ha fatti rinascere, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, a una speranza viva in vista di una eredità incorruttibile, immacolata e immarcescibile, conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio, mediante la fede, siete custoditi per la salvezza che sta per esser rivelata negli ultimi tempi» (1 Pt 1,3ss).

     Solo chi è avvezzo al mondo magico, misteriosofico e mitologico attribuisce la «potenza di Dio» a una persona specifica, come facevano i Samaritani verso Simone il Mago (Atti 8,9s). Nel mondo carismaticista ci sono presunti «potenti uomini di Dio» che, in effetti, nutrono le stesse attese di tele fondatore dello gnosticismo cristiano, e che pretendono di poter gestire come Simone lo Spirito Santo a proprio arbitrio (Atti 8,18ss).

     Il lettore parla della psicologia, come se essa fosse una scienza neutrale. La psicologia di Jung attinge dalle sue esperienze fatte nel mondo occulto (era un esoterista) e mette in termini psicologici ciò che è in effetti tipico proprio delle religioni orientali e dell’esoterismo. Proprio una tale antropologia mutuata dall’oriente e dall’esoterismo ha influenzato la dottrina carismaticista; Yonggi Cho ne è stato uno straordinario mediatore culturale. Perciò non è un buon esempio. Mi meraviglio di come Gianni Siena parli positivamente della presunta energia «chi», su cui si basa il taoismo, e afferma che esista una efficace «fede naturale, insita in ogni uomo, per “riuscire”». Questo mostra quanto sia grande la confusione dottrinale e ideologica del lettore, che non sa di che cosa parla veramente. Mi preoccupa poi la cristianizzazione di tale concetti taoistici ed esoterici e la loro applicazione alla fede cristiana.

 

Per l’approfondimento rimando nel mio libro «Dizionario delle medicine alternative» (Malattia e guarigione 2), agli articoli: «Antropologia e medicina alternativa», pp. 48s; «Antropologia e paramedicina», pp. 49-53; «Antroposofia», pp. 53-57; «Chi», pp. 94s; «Energia cosmica o vitale», pp. 139s; «Energie e loro attivazione», pp. 140ss; «Esoterismo e Bibbia», pp. 157ss; «Prana», pp. 435s; «Tao», pp. 518s; «Yin e Yang», pp. 555s. Si vedano inoltre: «Fede cristiana e medicina alternativa», pp. 165s; «Fede e paramedicina», pp. 166-169; «Guarigione con la parola», pp. 208-211; «Guarigione con la preghiera», pp. 211s; si vedano i rimandi incrociati in tali articoli.

 

Arrivati a questo punto, temevo già il peggio. Tuttavia sono rimasto positivamente sorpreso, per certi aspetti, per il ritorno di Gianni Siena nell’alveo delle cose bibliche, sebbene rimanga una certa confusione riguardo alla «confessione positiva» in senso carismatico (esercizio di potenza) e nel senso di una professione di fede nelle promesse di Dio; tale confusione terminologica rimane pericolosa per i semplici. Giustamente egli rifiuta le tecniche psicologiche o religiose, che si presentano come surrogati della fede e che non producono nulla di positivo. Infatti il rapporto con Dio non è una «tecnica che funziona», ma una relazione personale e di fiducia verso un Dio vivente e sovrano!

     Proprio Yonggi Cho (per altro discepolo di Peter Wagner) mostra come si possano cristianizzare idee, pratiche e tecniche religiose estranee alla Bibbia e renderle appetibili ai cristiani. Così è successo nei secoli con lo spiritualismo mistico, misteriosofico ed esoterico, a cui è stata data una tinteggiatura cristianizzata e delle etichette cristianizzate: gnosticismo, ermetismo cristiano, misticismo, ascetismo, contemplazione, interpretazione allegorica, cabala, esercizi spirituali, spiritualismo, New Age, meditazione trascendentale, esoterismo cristiano, carismaticismo, esercizio di potenza. [► Yonggi Cho fra pensiero positivo e visualizzazione; ► L’Evangelo secondo Yonggi Cho]

     Sì, la fede è stata contaminata molte volte durante il corso della storia mediante tali commistioni. La fede può purificarsi, tornando solo alla sottomissione alla Parola di Dio (Eb 10,22), quale «fede, che è stata una volta per sempre tramandata ai santi» (Gd 1,3).

     Poteva Gesù fare quel che voleva, quando era sulla terra? Alcuni pensano inoltre di poter fare oggigiorno come Lui e più di Lui (in Gv 14,12 Gesù parlava ai suoi apostoli). Ambedue sono una pia illusione. Gesù stesso affermò che non parlava se non le parole udite da Padre e non faceva se non le opere che il padre gli mostrava. Egli era diventato infatti il «Servo di Dio», e un «servo» non poteva fare nulla da sé. Era il Padre a mostrargli le cose (Gv 5,20). Ecco la formula della sua autorità: «In verità, in verità io vi dico che il Figlio non può da se stesso fare cosa alcuna, se non la vede fare dal Padre; perché le cose che il Padre fa, anche il Figlio le fa similmente» (v. 19). «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che sono io (il Cristo) e che non faccio nulla da me, ma dico queste cose secondo che il Padre m’ha insegnato. E Colui che mi ha mandato è con me; Egli non mi ha lasciato solo, perché faccio del continuo le cose che gli piacciono. […] Io dico ciò che ho veduto presso il Padre mio » (Gv 8,28s.38). «Le cose dunque che dico, così le dico, come il Padre me le ha dette» (Gv 12,50).

     Durante la sua vita terrestre, Gesù non era né superman né un taumaturgo; in Cristo si rivelava e manifestava il Padre. Esse erano «le opere del Padre mio» (Gv 10,37). «Le parole che io vi dico, non le dico di mio; ma il Padre che dimora in me, fa le opere sue» (Gv 14,10). Le opere avevano un carattere di testimonianza riguardo alla sua messianicità. «Le opere che il Padre mi ha dato di compiere, quelle opere stesse che io faccio, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato» (Gv 5,36). «Le opere che faccio nel nome del Padre mio, sono quelle che testimoniano di me» (Gv 10,25).

     Gesù non possedeva quindi un «potere personale», che potesse usare a suo arbitrio nel senso di un «esercizio di potenza» del carismaticismo. Anche tra i cristiani non esiste nessun genuino servo del Signore che pretenda di avere una «potenza personale» datagli da Dio e che egli possa gestire a suo arbitrio come «confessione positiva» nel senso di un «esercizio di potenza». Dove ciò accade, si tratta di una mera commistione con uno spiritualismo esoterico di varia natura.

     Bisogna anche guardarsi da un eroismo dei servitori di Dio, ai quali si attribuisce di «sapere», quando Dio vuole operare. Neppure gli apostoli del Signore sapevano sempre, quando Egli voleva operare (e tali miracoli servivano per accreditarli come apostoli particolari). La realtà è che già allora si trattava di segni accompagnatori, che dipendevano dalla sola sovranità di Dio. L’autore dell’Epistola agli Ebrei, guardando indietro all’oramai passata fase miracolosa del tempo apostolico, affermava che «Dio stesso aggiungeva la sua testimonianza alla loro, con dei segni e dei prodigi, con opere potenti svariate, e con doni dello Spirito Santo distribuiti secondo la sua volontà» (Eb 2,4). Anche nel brano di Marco 16,20, che non è presente nei migliori manoscritti [► Marco 16,16-20], è scritto che «operando il Signore con essi e confermando la Parola coi segni che l’accompagnavano».

     Invece, pur volendosi distinguere dai carismaticisti, si suggerisce che esista una tale «fede intima con il Signore» che «non è una cosa difficile da ottenere» il fatto poter «guarire un infermo o richiamare alla vita terrena un morto». Ciò mi lascia solo perplesso. Una tale persona, dotata di un tale potere, vorrei ancora conoscerla. In Italia non ho mai visto una persona che abbia risuscitato un morto. Che manchino da noi veri uomini di Dio? È un grave errore attribuire brani cristologici (Gv 11,41s) a chiunque; una corretta esegesi contestuale mostra che non è possibile.

     Riguardo ai contrasti fra Gesù e gli apostoli, da una parte, e i leder carismaticisti dall’altra, non possiamo che essere d’accordo. Bisogna comunque stare molto attenti alle commistioni culturali di vario genere fra ideologie religiose orientali (o anche occidentali) e le dottrine bibliche.

 

 

5. {Gianni Siena}

 

Caro Nicola, pace. Tu hai scritto: «È evidente che Gianni Siena non usa la “confessione positiva” nel senso di Kenneth Hagin, quindi in senso tecnico carismaticista; egli intende qui più l’essere positivo verso la fede, fiducioso verso le promesse di Dio e speranzoso. Questo equivoco può essere un inganno per coloro che confonderanno l’una con l’altra cosa».

     Quel che dici è vero. Infatti, quando affermiamo che Gesù guarisce e che l’epoca dei miracoli non è finita, noi pentecostali sottolineiamo soltanto la parte che spetta all’uomo di fare: accostarsi con piena fiducia al trono della grazia, certi di ricevere soccorso... e quant’altro. Detto questo, sappiamo, dato ch’è scritta anche quest’altra cosa, che Dio resta sovrano nel suo agire e operare.

     Ho imparato che le sue promesse sono sì e amen in Cristo, ma ho anche ascoltato i «no» del Signore (è così). Quando esponiamo le promesse divine a un’anima desiderosa di conoscere Dio, le proponiamo una «via» per la quale, in spirito, può conoscere Dio e ottenere quanto Egli vuole fare e dare... la Salvezza resta prioritaria! Detto ancora questo sappiamo pure che l’esperienza della salvezza e la comunione interiore dello Spirito Santo non deve diventare un’orgia emozionale. Errori in questo senso ne sono stati commessi e non nego i fatti, ma la fede cristiana è per certuni l’equivalente d’un funerale. Inoltre, persone che non hanno mai avuto amore e relazioni soddisfacenti, cercano un qualcosa che appaghi la loro fame. Io ho trovato nella dimensione spirituale, evitando certi errori (vengo dalla chiesa dei Fratelli), quel qualcosa che m’ha letteralmente saziato anche affettivamente. La verità, secondo me, deve uscire dai libri della Bibbia e di teologia e diventare parte dell’essere umano: in questo senso accredito l’espressione così cara a noi pentecostali di «fare esperienza delle cose di Dio».

     So che la pensi come me, non tutto il pentecostalismo è da buttare, questo popolo di «parlanti in lingue strane», se sta nei limiti prefigurati da Paolo, farà solo del bene. Io so che se voglio (!), posso fare il matto ed esplodere in modo da creare un bel po’ di confusione... tipo certuni di cui ti mando le amenità umoristiche. Ma posso fare ogni cosa per l’edificazione, Paolo dice che quel «linguaggio» è qualcosa d’incomprensibile e virtuale, ma uno sta parlando a Dio con il cuore/spirito. È un «linguaggio» al quale occorre dare un senso, si tratta di preghiera o qualcosa di simile. Che cosa sta dicendo a Dio uno che così parla? Se s’edifica (prova pace, gioia, sollievo), potrebbe esprimere in modo chiaro e con parole sue quanto sta ricevendo dal Signore. Potrebbe dire altro ma sempre nel binario delle cose dette dall’apostolo: per questo trovo puerili i «messaggi» dati come se fossero telegrammi dal Cielo. Come si fa a cambiare una preghiera, un ringraziamento, un canto d’adorazione, espressi in forma così inusuale, in un messaggio da Dio? Con lo stesso criterio si potrebbe decollare dall’autostrada con un’auto. Ma resta sempre la possibilità che Dio si rivolga a un non credente in una lingua che lui conosce e va a toccare altarini inconfessati... solo il Signore riesce a svelare il contenuto del cuore e lo induce a convertirsi. Queste cose succedono ancora e non è in potere di nessuno (!!!) di negarli o di produrli.

     La differenza tra il carismaticista / neopentecostale (ed anche il pentecostale che sbaglia) e l’evangelico pentecostale sta in questo: l’ultimo sa che, per quanta «fede potente» possa usare, Dio è sempre padrone delle sue azioni e della sua volontà. Il pentecostale quando chiede (sapendo di ricevere), umilmente, riconosce che Dio è Colui che remunera... non darà mai ordini al Signore. In qualche chiesa le preghiere vanno effettivamente nel senso di «ordinare» al Signore le cose che deve (?) fare ma queste preghiere creano non pochi dubbi nella mente di chi non è avvezzo a rapportarsi in questo modo «maresciallesco». Prima, di chiedere alcunché, uno confessa la sua indegnità davanti a Dio, poi chiede perdono e infine espone le sue richieste con fiducia e sottomissione: è una galateo che s’impara crescendo nella fede e nella conoscenza del Signore.

 

 

6. {Nicola Martella}

 

Non voglio per forza mettere tutti i puntini sulle i. Evidenzio questi concetti: Dio resta sovrano nel suo agire e operare; ho anche ascoltato i «no» del Signore; il rischio che l’esperienza spirituale diventi un’orgia emozionale; Dio è sempre padrone delle sue azioni e della sua volontà. Non posso che confermare.

     Neanche a me piace un culto da funerale pieno di formalismi, ritualità e maestri di cerimonia che dirigono tutto; tuttavia l’alternativa non è appunto «l’orgia emozionale», come l’ha chiamata il lettore, ma il «culto partecipato», in cui si pratica il pari consentimento e l’edificazione reciproca.

     Quanto al parlare in altre lingue, questo non è certo l’argomento che stiamo trattando e non voglio iniziare al riguardo una discussione. Ricordo un predicatore straniero che parlò a una conferenza a maggioranza pentecostale che disse all’incirca questo: «La glossolalia è come i giocattoli per i bambini». Poi esortò a diventare grandi. I giocattoli sono necessari solo fintantoché non si diventa maturi; così è stato nell’infanzia di alcune chiese (specialmente Corinto) al tempo del NT. Sono convinto che la maggior parte delle lingue parlate oggigiorno nelle chiese sia di natura psichica (recita di un «engramma psichico» o locuzione ripetitiva) e non costituisca una vera lingua basata su una sintassi logica. Non posso impedire che nelle chiese pentecostali si parli in lingue, ma perlomeno si attengano alle chiare regole apostoliche: «Se c’è chi parla in lingua, [lo facciano] in due o al massimo in tre e uno dopo l’altro; e uno traduca» (1 Cor 14,27). Allora si evita la confusione, che qualcuno bestemmi Dio in lingue, che ci siano messaggi puerili, che si parli a vanvera o solo per sfogarsi, e si crea effettivamente l'eventuale possibilità che «Dio si rivolga a un non credente in una lingua che lui conosce». Come detto, non risponderò a questa tematica sensibile. Chi ne vuole sapere di più, si legga in Carismosofia l’articolo «Glossolalia allo specchio», pp. 69-83.

     Non posso che rallegrarmi quando pentecostali classici si distinguono e prendono le distanze dai carismaticisti. È solo nell’esoterismo che si usano i comandi verso le entità. Chi dà ordini al Signore, è rimasto nel pensiero magico

 

 

7. {}

 

 

8. {}

 

 

9. {}

 

 

10. {}

 

 

11. {}

 

 

12. {}

 

L’evangelo del successo {Gaetano Nunnari} (A)

L’Evangelo secondo Yonggi Cho {Nicola Martella} (A)

Yonggi Cho fra pensiero positivo e visualizzazione {Gianni Siena - Nicola Martella} (T/A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-K-Hagin_confessio+parla_Mds.htm

03-04-2009; Aggiornamento: 20-07-2009

 

▲ Vai a inizio pagina ▲

Proprietà letteraria riservata

© Punto°A°Croce