Mi è arrivata la
seguente richiesta di chiarimento: Caro fratello, sentiamo in questi
giorni un nostro eminente politico, rivolgersi a Israele come «fratello
maggiore».
In Genesi 25,23 troviamo scritto: «Il
Signore le disse: “Due nazioni sono
nel tuo grembo e due popoli separati usciranno dal tuo seno. Uno dei due popoli
sarà più forte dell’altro, e il maggiore servirà il minore”».
Ora, dire alla nazione d’Israele che la vediamo come «fratello maggiore», non è
come far riecheggiare le parole, che il papa Giovanni Paolo II
disse proprio entrando nella sinagoga di Roma, che veniva a trovare il «fratello
maggiore»?
Ora, dubito che tale eminente politico sappia a che si riferisce questo
brano, ma potrebbe essere stato imbeccato proprio in virtù di quel
ravvicinamento necessario al governo verso la chiesa. Che ne pensi? {Stefano
Frascaro; 4 febbraio 2010}
Rispondo ad aspetti rilevanti di tali questioni nel primo contributo.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema
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1.
{Nicola Martella}
▲
Alla base di tutto
ciò c’è la cosiddetta «teologia della sostituzione» della chiesa romana,
secondo cui tale chiesa sarebbe il «nuovo Israele» e il «vero Israele».
Similmente pensano, ad esempio anche i seguaci della Torre di Guardia. A ciò si
deve anche il fatto che la chiesa di Roma non ha riconosciuto lo Stato d’Israele
neppure decenni dopo la sua fondazione.
Dire quindi all’Israele storico che è il «fratello maggiore», racchiude in sé
una sottile ironia che sfugge a molti. La chiesa di Roma, così facendo si
riferisce proprio a Genesi 25,23 e intende che essa stessa sarebbe «Giacobbe»,
mentre l’Israele storico sarebbe «Esaù». In tal modo, afferma che la chiesa
romana è «l’Israele spirituale», erede delle promesse, mentre l’Israele storico
sarebbe «Edom», un popolo che non ha ricevuto promesse, che deve servire
«Giacobbe», quindi la chiesa di Roma, e contro cui ci sono pensanti giudizi
divini mediante i profeti, che annunziarono la distruzione completa degli
Edomiti.
Chiaramente la maggior parte dei seguaci della chiesa di Roma non sanno di tale
sottile ironia del magistero vaticano. Che poi i politici italiani starnutino
per imitazione cose affermate dalla curia romana, non meraviglia. Che ne possono
sapere loro di tali sottigliezze teologiche? E, poi, da molto tempo il potere
politico e quello religioso sono intimamente intrecciati insieme. Altro che
«libera chiesa in libero stato», visto che la curia spadroneggia in tutti
i settori della società. Alcuni politici sembrano che abbiano due presidenti
della Repubblica: uno eletto legittimamente dal Parlamento italiano, l’altro
eletto dal conclave d’oltre Tevere. Se si guarda il TG1 (ma anche gli altri
telegiornali), ci si accorgerà che il pontefice romano ha più spazio del
legittimo Presidente della Repubblica italiano. Che il papa abbia da dire cose
moralmente importanti, scontate e desuete o addirittura contrarie alla dottrina
biblica, che cavalchi l’onda dell’attualità e delle emotività collettiva, che
riceva ambasciatori o vada in ferie, che faccia santi e beati o si vada a
prostrare dinanzi a una delle tante statue delle varie Marie, ogni giorno ha
il suo spazio in TV.
In
conclusione, la chiesa di Roma si crede «l’Israele migliore», anzi il «nuovo
Israele». Chiamare l’Israele storico come «fratello maggiore» è una sottile
ironia teologica per rivendicare una «primogenitura» dinanzi a Dio. Così intende
che «Esaù» (= Edom), ossia l’Israele storico, ha venduto per sempre il suo
diritto e la sua eredità, diventando così «profano» rispetto a Dio (Eb 12,16).
Che
Dio non la pensi così, si evince dalla sua sacra Parola. Sebbene l’Israele
storico abbia rifiutato, nel suo complesso, Gesù quale suo Messia-Re ed esso sia
stato ripudiato per un tempo (Mt 21,43; Lc 13,35), da sempre nella chiesa c’è
stato un «Israele di Dio» (Gal 6,16), ossia Giudei che hanno riconosciuto Gesù
quale loro Messia. Inoltre, nel consiglio di Dio «un indurimento parziale s’è
prodotto in Israele, [che durerà] finché sia entrata la pienezza dei Gentili; e
così tutto Israele sarà salvato» (Rm 11,25s).
La cosiddetta «teologia della sostituzione» è un’ideologia perniciosa
senza alcuna base esegetica. Che ne possono mai sapere i nostri politici, quando
chiamano l’Israele storico come «fratello maggiore», ripetendo come eco
rimbalzata ciò, che si afferma sul colle vaticano?
2.
{Vari}
▲
■
È evidente che Satana vuole unificare il
mondo sotto la bandiera della nazione d’Israele e non sotto Cristo. Oramai siamo
agli sgoccioli.... {Mario Pinto; 06-02-2010}
■
Mario, hai letto l’articolo per intero? Si
tratta d’una questione totalmente diversa qui. 1) Prima leggere; 2) Poi
contribuire nel merito. {Nicola Martella}
■
Intanto, mentre si discute su chi sia il fratello maggiore o minore, rimane
chiara una cosa: entrambi sono figli, ma di «quale» padre? (Gv 1,12-13); ciò
taglia ogni possibile accenno di presunzione. E quello che è sicuro, è che il
piano futuro di Dio per il «suo» popolo (ebrei e gentili) non è condizionabile
da scelte umane (talvolta furbesche), siano esse frutto della presunzione di
«religiosi» o «illusionisti politici». Pace a voi. {Mario Carlone; 06-02-2010}
■
Purtroppo è tutto vero ciò che ha scritto il fratello Martella riguardo alla
chiesa romana in questo tema di discussione. {Andrea Diprose; 06-02-2010}
3.
{Klaus Döring}
▲
■ Contributo: A
me risulta nuovo che, quando il capo della chiesa di Roma si è rivolto agli
Ebrei come fratello maggiore, voleva accennare alla profezia che il maggiore
avrebbe servito al minore di Genesi 25,23. Se fosse così sarebbe blasfemo e una
offesa. Comunque voglio informarmi. {06-02-2010}
▬
Risposta:
Una cosa è quello che s’afferma, altra cosa è
ciò che s’intende. Per tali «furbizie» nascoste il Vaticano è storicamente
conosciuto. {Nicola
Martella}
▬
Replica: Allora, secondo l’informazione che ho ricevuto dal
Parroco di Tempio Pausania, il vescovo di Roma si è rivolto agli Ebrei come
fratelli maggiori in quanto loro sono i primi con i quali Dio aveva stipulato il
Patto, perché sono stati scelti da Dio prima dei Gentili; e noi, come Gentili,
siamo entrati a far parte come popolo di Dio solo in un secondo momento. Non ha
nulla da vedere con la teologia della sostituzione. Ciò almeno è la visione dopo
l’ultimo Concilio. Molti preti credono ancora nella teologia della sostituzione,
mentre lui e altri non lo credono più. {Klaus Döring; 06-02-2010}
▬
Osservazioni:
Ma la verità dov’è? {Salvatore Paone;
06-02-2010}
▬
Risposta: Ci rallegriamo per tutti coloro che rinunciano
alla «teologia della sostituzione». Faccio osservare però che se la chiesa di
Roma si crede «il nuovo Israele», quindi il «Giacobbe spirituale», è immancabile
che il primogenito sia considerato «Esaù - Edom». Questa è l’impressione che
hanno i Giudei storici e quelli cristiani. Le ambiguità curiali non sono nuove.
{Nicola Martella}
▬
Osservazioni: Più attendibile!
Come sempre, ovvio. {Salvatore Paone; 06-02-2010}
4.
{Giampaolo Natale}
▲
Il contesto, nel
quale si situa l’affermazione vaticana «Israele fratello maggiore», è quello del
movimento ecumenico, a cui lo stesso vaticano ha dato grandi impulsi nel corso
del ‘900. Già nel 1965, con la dichiarazione «Nostra Aetate» la Chiesa
Cattolica ha fatto capire il suo desiderio di «promuovere e raccomandare tra
loro (cristiani ed ebrei) la mutua conoscenza e stima, che s’ottengono
soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo».
Notiamo in tale citazione il termine «fraterno». Prima del 1965 il papa non
avrebbe mai osato chiamare «fratello» un ebreo che aveva rifiutato la
messianicità di Gesù.
In occasione della visita di Giovanni Paolo II a Gerusalemme, il Rabbino
capo di Roma
Elio Toaff ha dichiarato di salutare il viaggio del papa con «commozione
e speranza» pronunciando per lui la «benedizione biblica»: «Benedetto colui che
viene nel nome del Signore». Anche il recente papa, Benedetto XVI,
ricevendo il 16 gennaio 2006 il rabbino capo di Roma, il dott. Di Segni,
ha espresso la seguente affermazione: In Cristo noi partecipiamo della vostra
stessa eredità dei Padri, per servire l’Onnipotente «sotto uno stesso giogo»
(Sof 3,9), innestati sull’unico tronco santo (cfr. Is 6,13; Rm 11,16) del Popolo
di Dio. Tali affermazioni non tengono conto né della grande prostituzione
spirituale che grava su gran parte del mondo cattolico, né del reiterato rifiuto
da parte degli ebrei di Gesù quale Messia! Servire Cristo vuol dire vivere una
vita appieno in Lui e per Lui! Non si può continuare a camminare in un latente
servizio al dio Mammona, mascherandolo per mezzo delle bandiere della pace, del
perbenismo, e delle visite cordiali in «terra santa».
Aggiungerei qualche provocazione. Mi sono sempre chiesto per quale oscuro motivo
ogni domenica il TG1, il TG5, Sky TG24, il TG4, ecc. si soffermino sempre sulle
omelie domenicali del papa e mi sono sempre chiesto cosa spinge i
politici italiani ad avere un totale stato di sottoposizione alla dottrina e
alle opinioni etiche vaticane.
Secondo un mio ex professore all’università era questione di soldi.
Istituti bancari come la «Banca di Roma» sono sorti negli anni Novanta
sulle ceneri del «Banco di Santo Spirito», fondato da Paolo V nel 1605 a Roma,
anche se nel corso del tempo ha cambiato più volte il suo nome. Anche la
Banca Antonveneta
(acquisita nel 2008 dall’Istituto «Monte dei Paschi di Siena) era inizialmente
la «Banca cattolica padovana» nel 1896.
Tale prostrazione non avviene solo in Italia però. Secondo un libro d’un mio
professore di diritto internazionale, nel 1990 il Sovrano ordine di Malta
(vaticano) concede un prestito di 2 miliardi a interessi zero alla Croazia,
finanziando in tal modo la secessione dalla Repubblica Federale Jugoslava. Il
papa s’esprimerà dicendo che sono legittime le aspirazioni del popolo croato,
prefigurando la sua secessione. Tutti sappiamo cosa sia successo in quelle zone
negli anni ‘90 e come sia andato a finire. Questo è solo un esempio di come il
Vaticano riesca a manovrare giganteschi questioni politiche ed economiche
nelle zone del mondo. {07-02-2010}
5.
{Pietro Calenzo}
▲
Caro Nicola, ho
letto sia i tuoi contributi, sempre di notevole spessore biblico e storico, e
anche quello degli altri fratelli, molti dei quali assai cari. Il grosso
problema della chiesa romana è che effettivamente annuncia e crede d’essere il «nuovo
Israele spirituale», o «l’Israele migliore», come da te giustamente
sottolineato, non avendone né le caratteristiche bibliche, né storiche e in
primo luogo spirituali. Al di là dell’ecumenismo di facciata, postconciliare
(che pur ha mietuto vittime nel mondo evangelico), i cavilli e i codicilli
vaticani non ingannano nessuno. Mai, infatti, la sede vaticana ha smesso di
proclamare o annunciare al mondo intero che non c’è salvezza fuori
(extra) santa romana chiesa, e che la chiesa universale è Una, Santa e Romana; e
questi non sono pronunciamenti dottrinali estemporanei, ma dogmi infallibili
pronunciati ex cathedra pontificia, cui tutto il clero e i credenti cattolici
devono sottomettersi.
Che la chiesa romana predichi che Israele sia il «fratello maggiore»
rappresenta una sottigliezza ecumenico-soteriologica molto arguta. Essa chiesa
«catholica», sarebbe rappresentata dal secondogenito Giacobbe, e l’Israele
storico viceversa da Esaù o Edom. In tale ottica si spiega come lo
pseudo-ecumenismo del colle vaticano abbia le gambe corte. Infatti se andiamo a
consultare delle pubblicazioni estere cristianamente molto informate, come le
«Chik’s Pubblications» o «the Crusaders», scopriamo per mezzo dell’ex gesuita
Alberto R. Rivera, ora pastore evangelico, le argute macchinazioni della
lunga mano gesuita. I gesuiti, dopo il concilio Vaticano II, dovevano
ricondurre gli evangelici all’ovile, nell’alveo spirituale di Roma per mezzo del
movimento carismatico (e in tale arguta manovra stanno riuscendo a
raggiungere molti dei loro obbiettivi per mezzo della terza ondata dello
«Spirito»); e una sezione speciale di tale piano riguardava il giudaismo,
in cui i gesuiti s’erano infiltrati con successo. In tale prospettiva, la teoria
(non mi sento di chiamarla teologia) della sostituzione assume una valenza
dolosa, sottile, ed estremamente peccante.
Israele, è e rimarrà fino al tempo stabilito dal Signore, il popolo del
patto in Abrahamo, Isacco e Giacobbe. Paolo parla d’indurimento parziale
riguardo a Israele; Paolo stesso si disse pronto a diventare egli stesso anatema
per la salvezza dei suoi fratelli e dei suoi parenti secondo la carne (Rom 9,3).
Gesù pianse sull’indurimento di Gerusalemme; e quando tutto Israele si
convertirà, grande sarà la gioia nel regno dei Cieli. {07 febbraio 2010}
6.
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7.
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8.
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9.
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10.
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11.
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12.
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Israel_frat_maggiore_Sh.htm
05-02-2010; Aggiornamento: 08-02-2010 |