Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:
■ Aspetti introduttivi
■ Gesù di Nazaret
■ Gli Evangeli
■ Dall’ascensione alla fine dei tempi
■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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AVVENTISMO E LEGGE MOSAICA NEL NUOVO PATTO?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

L’articolo «Avventismo e legge mosaica nel nuovo patto» l’avventista Tommaso Failla ha esposto alcune tesi a lui care, ponendo l’accento su comandamenti e Decalogo, distinguendo fra «legge rituale» e «legge regale» e chiedendo infine di capire la posizione del gestore di «Fede controcorrente» in merito. Nicola Martella gli ha risposto, mostrando l'inconsistenza teologica di una distinzione fra «legge rituale» e «legge regale», ossia morale, essendo la legge mosaica per gli Ebrei e il NT assolutamente indivisibile. Diamo qui di seguito la parola ai lettori.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

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I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. C. [Lillo] Furnari

2. Nicola Martella

3. Salvatore Grasso

4. A. Mazzeo Giannone

5. Nicola Martella

6. Fred Whitman

7. Gianni Siena

8. Nicola Martella

9. C. [Lillo] Furnari

10. Nicola Martella

11.

12.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {C. [Lillo] Furnari}

 

Caro Nicola, [...] Tammaso Failla non è un pastore e tanto meno un professore di teologia, ha espresso le sue convinzione dottrinali con termini e concetti a lui conosciuti. Questo dialogo se l’avessi avuto con qualcuno che sa esprimere meglio la fede avventista sarebbe stato più utile ai lettori.

     Poiché tu dici di conoscere gli avventisti avresti dovuto tenere conto delle tue conoscenze e non rispondere a espressioni inesatte. Ad esempio quando noi parliamo di legge morale è vero che questo termine può essere applicato ad altre leggi presenti nel mondo ebraico dell’A.T. ma per noi il termine morale è riferito esclusivamente ai 10 comandamenti. Tutti gli esempi che tu riporti nella tua risposta non sono tratti dai comandamenti. Scrivi di donne vedove che dovevano sposare il fratello del defunto, può essere considerata una legge morale, ma non fa parte dei 10 comandamenti; scrivi che se la moglie è sterile poteva dare al marito la schiava, ecc. intanto la società è cambiata e poi in quale comandamento l’hai letto?

     Noi avventisti abbiamo sempre insegnato che la salvezza si riceve grazie al sacrificio di Cristo, è per grazia di Gesù. La salvezza è un dono, il dono si riceve senza meritarlo. L’ubbidienza ai comandamenti è il risultato della totale sottomissione a Dio.

     Potrei citarti decine di testi nel N.T. che confermano la validità della legge di Dio come decalogo, solo un esempio, diceva Gesù: «Se voi m’amate, osserverete i miei comandamenti» (Giovanni 14,15). Quali? Quelli di Atti 15?

     Tu stesso dici di conoscere questi brani in cui si parla dell’importanza d’una sottomissione a Dio come ubbidienza e per essere protetti dalle insidie del nemico. Però se non ti sei convinto, vuol dire che lo Spirito Santo non ha trovato accoglienza. Perché dice Gesù: quando verrà lo Spirito Santo v’insegnerà tutto ciò che vi ho detto io (Giovanni 16,7-13).

     Carissimo Nicola, non credo che sia il caso di continuare visto che sia tu e sia io vogliamo essere presenti il giorno in cui Gesù verrà a inaugurare il suo regno, preghiamo perché lo Spirito Santo illumini me e te. Siamo in cammino, ma che sia la sua Parola a essere la nostra guida e non le nostre posizioni già consolidate. Ogni giorno chiedo al nostro Padre celeste di rendermi umile e arrendevole perché la Sua volontà si compia in me.

     Ricevi cari saluti fraterni in Cristo. Shalom – Marathatà. {pastore avventista in Sicilia; 07-07-2008}

 

 

2. {Nicola Martella}

 

Per non ripetermi, ho messo la mia risposta globale nel seguente articolo: Sabato, Decalogo e avventismo. Qui di seguito rispondo ad alcuni aspetti del contributo precedente. Quanto a Tommaso Failla, io rispondo a chi mi scrive (1 Pt 3,15), indipendentemente dal suo titolo.

    Da nessuna parte del NT «legge morale» è limitata al Decalogo, anzi tale espressione non ricorre mai; ricorre «legge regale» (Gcm 2,8), ma quanto segue non si trova nel Decalogo ma in Lv 19,18, un capitolo in cui leggi morali, religiose e d’altro genere sono intimamente commiste.

     Dinanzi all’elenco delle leggi morali, da me fatto, si afferma che «intanto la società è cambiata»; ma la legge mosaica stessa non lascia differenziazioni né scampo riguardo a ciò che si debba osservare o meno. Paolo asserì che «chi si fa circoncidere, …è obbligato a osservare tutta quanta la legge» (Gal 5,3). E anche Giacomo ricordò ai suoi connazionali: «Chiunque avrà osservato tutta la legge, e avrà fallito in un solo punto, si rende colpevole su tutti i punti» (Gcm 2,10). Bisogna affermare non solo che «intanto la società è cambiata», ma che è cambiato il patto: «Dicendo: “Un nuovo patto”, Egli ha dichiarato antico il primo» (Eb 8,13).

     Mi sorprende la citazione di Giovanni 14-16 per confermare «la validità della legge di Dio come decalogo». Si noti che Gesù non disse, «Se voi m’amate, osserverete i comandamenti della legge mosaica (o solo il Decalogo)», ma «i miei comandamenti» (Gv 14,15.21.23 «la mia parola»), ossia quelli del nuovo patto che egli istituì.

     Non è elegante né giusto sospettare che «lo Spirito Santo non ha trovato accoglienza» nella mia vita, solo perché non concordo sul sabato.

     Gesù non disse qualcosa come: «Quando verrà lo Spirito Santo v’insegnerà tutto ciò che afferma Mosè, prenderà da Mosè e ve lo spiegherà», ma ha detto: «Lo Spirito della verità vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annunzierà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve l’annunzierà» (Gv 16,13ss).

     Proprio l’Evangelo di Giovanni creò una cesura antitetica fra Mosè e Gesù e, quindi fra legge mosaica ed Evangelo. Si veda, ad esempio Gv 1,17 «La legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo». Appena prima aveva messo in contrapposizione razza e fede, nascita naturale e da Dio (Gv 1,11ss).

     Per il resto mi rallegro dell’evidenziazione della salvezza per grazia mediante la fede senza le opere della legge mosaica (Rm 3,28). Mi rallegro pure della camune speranza nel regno messianico e della ricerca della volontà di Dio sulla base della sua Parola e mediante l’illuminamento dello Spirito Santo.

 

 

3. {Salvatore Grasso}

 

Contributo: Caro Nicola, ti porgo i miei saluti. Ho letto la tesi del fratello Tommaso Failla, e ho letto la tua risposta. Nell’ultima parte d’essa, mi colpisce il tuo modo d’adeguarti, mi riferisco al giorno di riposo imposto dai vari governi, nel rispettare il giorno stabilito da Dio. Vedi caro Nicola, è facile adeguarsi e assolversi, ma è difficile avere l’animo in pace con Dio, dico è facile, perché cosi facendo, non si va incontro a noie, il datore di lavoro non s’adira quando chiedi il sabato, non si rischia di perdere il posto di lavoro per le proprie convinzioni. Complimenti. Un abbraccio… {07-07-2008}

 

Risposta: Il lettore parla di «giorno stabilito da Dio», ha dimenticato però di dire che esso era legge teocratica (ossia religiosa e statale) nell’antico patto, mentre nel nuovo patto non si trova mai un comandamento simile: «Tu osserverai il sabato (la domenica o altro)». Dove c’è un comandamento perentorio, non si può più affermare: «L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente» (Rm 14,5). La libertà di coscienza su un certo aspetto (qui in Rm 14 «giorno» e pratiche alimentari) vale solo in un patto in cui non c’è un comandamento che ingiunga il preciso daffare. In tali casi all'interno del nuovo patto, chi «stima tutti i giorni uguali», può proprio «avere l’animo in pace con Dio», senza fare il «martire» in campo lavorativo, essendo un «giogo» non richiesto dal Signore o, per usare le parole di Pietro, «un giogo che né i padri nostri né noi abbiamo potuto portare» (At 15,10). Sorvolo sui «complimenti» ironici, ringrazio per i saluti e l’abbraccio. Il resto lo affronto nell'articolo «Sabato, Decalogo e avventismo» {Nicola Martella}.

 

 

4. {Alberto Mazzeo Giannone}

 

Fratello Martella, sto leggendo, anzi ho già «gustato l’ottima pietanza» ricevuta poco fa in risposta a tale avventista. Tra le varie «degustazioni» vi è la seguente che mi è piaciuta molto (con quel «prigioni mentali chiamate dottrine» che è, a dir poco, stupenda): «Chi ama la Scrittura, vuole scoprire la verità, qualunque essa sia, rispettando la rivelazione progressiva e il contesto d’ogni singolo brano (letterario, culturale, storico, ecc.); coloro che pensano ideologicamente, invece, piegano la Scrittura alle convenzioni del gruppo in cui si vive. In quest’ultimo caso, non solo non si serve alla verità (tanto meno la s’onora), ma si costruiscono prigioni mentali, chiamate «dottrine», servendosi d’indebite versettologie».

     Sin dal 1985 sono stato vittima di questi militanti dell’Istituto Aurora di Firenze che, col discorso del sabato, rubano e fanno proselitismo, creando scissioni. E i malcapitati (molti di loro se lo meritano anche per la loro cattiveria e irriconoscenza verso Dio e verso chi ha loro portato la santa Parola) cadono pian piano in altre convinzioni dottrinali, come le seguenti che si trovano in uno studio presente nel mio sito.

     ■ La purificazione del santuario e il giudizio investigativo

     ■ L’imposizione del sabato e della decima, e il divieto di mangiare alcuni cibi e di bere alcune bevande

     ■ I centoquarantaquattromila

     ■ I due testimoni dell’apocalisse

     ■ La predicazione di cristo agli spiriti ritenuti in carcere

     ■ L’anima e il dopo la morte

     ■ La sorte dei malvagi alla risurrezione

     ■ Nuovi cieli e nuova terra

     ■ Il rimanente della progenie e l’autorità degli scritti di Ellen G. White

 

Quanti lavaggi di cervello invece d’essere liberi e vivere sereni grazie al nuovo patto!

     Mi dispiace che a questi avventisti diano credito da tempo le chiese valdo-metodiste, battisti... diciamo tutti quelli della Federazione; sono pubblicizzati su evangelici.net, su icn-news, ecc. A me questo secca onestamente, ma sono rincuorato come dal vostro scritto che, pur esprimendo amicizia, fratellanza è: sì sì, no no. E così dev’essere un discepolo di Gesù. Bravo Nicola, mi ha fatto come sempre piacere leggervi. Che il Santo d’Israele vi ricompensi e faccia prosperare per la sua gloria e per la verità. Con fraternità… {06-07-2008}

 

 

5. {Nicola Martella}

 

Presumo che Alberto abbia sofferto per alcuni Avventisti militanti, sia personalmente, sia per l’opera ecclesiale e missionaria, in cui è coinvolto. Comprendo che chi ha subito massicce incursioni di agguerriti militanti di altre denominazioni (qui avventisti) e abbia subito defezioni di credenti a opera loro, dopo aver investito tanto, abbia comprensibilmente il «dente avvelenato». Presumo però che non tutti gli Avventisti siano così e che tra loro — di là dalle convinzioni particolari (in verità anche quello avventista è un mondo variegato) — ce ne siano molti onesti e timorati di Dio; è probabile che non pochi fra loro non sappiano neppure chi sia Ellen G. White. Non mi dilungo sulla lista da te riportata, avendo affrontato molti di tali temi nella mia opera «Escatologia 1-2».

     Quanto segue va di là dalla questione avventista. Io cerco di tenere un atteggiamento moderato verso chi mi scrive, alfine di poter dialogare con lui e poterlo portare alla riflessione scritturale. Ci sono tate persone che nascono in certi ambienti ed è perciò scontato per loro ciò che credono e pensano. Già portare in loro l’equilibrio e la capacità di pensare altre possibilità, è un certo risultato. Infatti, il pericolo per la verità e la sana dottrina ha sempre due fronti: da una parte, viene dagli integralismi e dai massimalismi che producono fanatici militanti; sull’altro fronte, esso proviene da superficiali, relativisti della verità, liberali, ignoranti della Scrittura e dai seguaci del motto «l’importante è volersi bene». L’arduo compito è tenere la barra al centro sulla verità rivelata, non cedendo né a destra né a sinistra, senza quindi andare di là da ciò che è scritto (1 Cor 4,6).

     Poiché la verità è mite, ci vuole molta sapienza, longanimità e pazienza per comunicarla (2 Tm 2,24; 3,16; 4,2; Gcm 3,17s). Spesso le persone sono migliori dei sistemi dottrinali in cui si trovano; dialogando con loro, bisogna cercare di rafforzare in loro gli aspetti di verità biblica che hanno, l’autonomia di pensiero e il senso critico rispetto alla «sovrastruttura di pensiero» di riferimento; e ciò avviene mediante una lettura non ideologica della sacra Scrittura e perciò mediante un’esegesi contestuale.

     Il mio fine non è fare proseliti, ma aiutare le persone a ottenere e vivere la libertà del nuovo patto. [ L’etica della libertà e della responsabilità] Quindi il «giorno» (sabato, domenica o un altro giorno) non è un grande problema per me, se chi l’osserva nella propria devozione, non ne fa un «cavallo di battaglia ideologica» e un punto discriminante dell’ortodossia biblica. A chi mi dice che il «giorno» sia un comandamento biblico del nuovo patto, gli risponderò che si sbaglia. Infatti, «il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e allegrezza nello Spirito Santo» (Rm 14,17), e ciò vale anche per il «giorno» (v. 5). Perciò non permetterò a nessuno di «spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, col fine di ridurci in servitù» (Gal 2,4); ed, essendo nel corpo di Cristo, non permetterò a nessuno di sindacare «quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, o a noviluni o a sabati, che sono l’ombra di cose che dovevano avvenire» (Col 2,16s).

     Dall’altra parte, «il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: “Il Signore conosce quelli che sono suoi”» (2 Tm 2,19). Con Pietro devo affermare «Dio mi ha mostrato che non debbo chiamare alcun uomo impuro o contaminato… In verità io comprendo che Dio non ha riguardo alla qualità delle persone; ma che in qualunque nazione, chi lo teme e opera giustamente gli è gradito» (At 10,28.34s; cfr. v. 10). Certamente bisogna guardarsi dai falsi operai di qualunque denominazione essi siano, specialmente fra i seguaci del misticismo (2 Cor 11,13ss) e del legalismo (Tt 1,10s). Certamente bisogna separarsi ancor di più da chiunque, «chiamandosi fratello, sia un fornicatore, o un avaro, o un idolatra, o un oltraggiatore, o un ubriacone, o un rapace; con un tale non dovete neppur mangiare» (1 Cor 5,11).

     Finché è possibile, preferisco interloquire con tutti, amare chi dice una qualche verità (Mc 10,21), incoraggiare chi sta sulla via della verità o almeno l’ascolta (At 26,29), ricevere e ascoltare chi si rivolge a me di nascosto per discutere (cfr. Gv 3) e così via. La verità scritturale rende liberi coloro che la amano con sincerità e senza paraocchi.

 

 

6. {Fred Whitman}

 

Contributo: Caro Fratello Nicola, grazie per la chiarezza della tua risposta all’articolo scritto dall’avventista. È possibile che questi seguaci della setta dei Milleriti, partoriti dalla profetessa demoniaca Ellen White (per le sue tesi cfr. Gal 1,6-9), siano quasi totalmente considerati Evangelici dagli «Evangelici» in Italia oggi? Quando io ho studiato le sette negli anni ‘60 [del 20° sec.] la Chiesa Avventista (considerati cugini di primo grado dei Testimoni di Geova) veniva considerata tra le sette. Dove stiamo andando? Il Signore ti benedica. {Centro Evangelico Battista di S. Sisto (PG); www.radioluce.com; 07-07-2008}

 

Risposta: È probabile che, come il lettore precedente, anche il pastore Fred Whitman sia stato coinvolto personalmente e con la sua opera ecclesiale in fatti che lo hanno turbato nel rapporto con alcuni militanti avventisti. Valgono qui le stesse considerazioni che ho fatto sopra.

     L’avventismo è un arcipelago frastagliato. Non tutti gli Avventisti si riconoscono oggigiorno in Ellen White e nelle sue tesi, che tanto male hanno fatto al cristianesimo e agli stessi avventisti. Se si chiede a un campione di avventisti chi sia Ellen White, è probabile che molti di loro neppure sanno chi sia e mai hanno letto un suo libro. Ciò non significa che in alcuni gruppi specifici non ci sia un’influenza diretta e in altri una indiretta. C’è da sperare che gli Avventisti abbiano il coraggio di andare finalmente oltre Ellen White, di lasciarsela definitivamente e completamente alle spalle, così come hanno fatto altri movimenti rispetto ai loro discutibili fondatori o prosecutori.

     Faccio presente che all’interno della fenomenologia religiosa, gli studiosi hanno rinunciato da tempo al concetto di «setta», poiché non esprime l’intera realtà di una «confessione religiosa» (questa è uno dei nuovi termini) e perché ognuno è tentato di applicare tale termine agli altri, specialmente le denominazioni più grandi verso quelle più piccole.

     Anche fra gli Ellen White ci sono stati tanti sviluppi positivi e molti di loro credono alla salvezza per grazia mediante la fede senza le opere della legge mosaica (Ef 2,8s). È probabile che per questo siano oggi considerati evangelici da altri evangelici.

     Per il resto, per rispondere alla tua domanda, non so dove stiamo andando. Spererei in un ritorno a una rigorosa esegesi contestuale, senza misticismi, senza massimalismi, senza legalismi e senza liberalismi. Spererei pure che si ritorni così a tagliare rettamente la «Parola della verità» e che ciò produca operai meno confusi dottrinalmente ed eticamente (2 Tm 2,15ss), e che ciò sia la base per un profondo rinnovamento sia negli Avventisti, sia fra gli evangelici classici, tra cui vedo spesso parecchi come «bambini, sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore» (Ef 4,14).

     Per il resto, rimando al contributo precedente. {Nicola Martella}

 

 

7. {Gianni Siena}

 

Mio figlio ha studiato da cuoco, se volesse perfezionarsi e sapere qualcosa di più sulla sana nutrizione non esiterei a consigliargli una università o una scuola avventista.

     Il punto è un’altro, gli apostoli hanno scritto qualcosa che dovrebbe indurre tutti a riflettere: il patto mosaico è stato abolito per sempre e sostituito da un altro, fondato su migliori promesse (e premesse).

     Il cristiano non agisce sulla base della Legge ma dello Spirito, che lo porta ad adempierla, praticandola a un livello ben maggiore di giustizia e rettitudine.

     L’avventismo è il frutto d’un «millenarismo» in parte condivisibile (l’attesa di Cristo, la vigilanza che porta a individuare date e profezie che s’adempiono), ma le imposizioni legaliste non sono da seguire. Ciò vale anche per tutte quelle letture della dottrina che sbordano parecchio rispetto alla Bibbia.

     Una volta mi sono trovato in un consesso, dove si cercava di decidere la data della commemorazione della morte del Signore. Il rappresentante avventista si preoccupava se la celebrazione si faceva con il vino e se questo avveniva mediante il calice o in bicchierini separati; gli avventisti non bevono vino che sostituiscono con un succo di frutta, e tengono a una certa «igiene». Io intervenni e dissi qualcosa come: «Non mi sento più santo di Gesù che ne bevve e ne diede ai suoi in segno di comunione».

     Con gli avventisti sono abituato a confrontarmi e non discuto opinioni... a meno d’evidenti storture come quella ricordata. D’altra parte, nella mia chiesa esiste l’uso di commemorare la morte del Signore «ogni tanto» mentre l’uso primitivo era ogni settimana. Chi è senza peccato scagli la prima pietra... contro di loro. {08-07-2008}

 

 

8. {Nicola Martella}

 

Il secondo capoverso mi trova concorde, poiché lo afferma la lettera agli Ebrei. Sul capoverso successivo ho da dire solo che al Concilio di Gerusalemme fu deciso di non imporre ai cristiani gentili il «giogo» della legge mosaica (At 15).

     Invece di mettere l’accento sulle norme, gli scrittori del NT misero l’accento sui principi. Da una parte Paolo affermò quanto segue con un linguaggio che potrebbe apparirci rischioso: «Quando i Gentili che non hanno legge, adempiono per natura le cose della legge, essi, che non hanno legge, sono legge a se stessi; essi mostrano che quel che la legge comanda, è scritto nei loro cuori per la testimonianza che rende loro la coscienza, e perché i loro pensieri si accusano o anche si scusano a vicenda» (Rm 2,14s; cfr. vv. 27ss «la circoncisione è quella del cuore, in spirito, non in lettera»). Dall’altra parte insegnò: «Non abbiate altro debito con alcuno se non d’amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il “non commettere adulterio”, “non uccidere”, “non rubare”, “non concupire” e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. L’amore non fa male alcuno al prossimo; l’amore, quindi, è l’adempimento della legge» (Rm 13,8ss). È interessante che singoli punti della sola seconda parte del Decalogo adempiano ciò che si trova altrove nella legge stessa riguardo al prossimo (Lv 19,18), inteso come connazionale e vicino; se nella legge ciò era inteso distinto dall’amore per il forestiero (Lv 19,23), nel NT fu allargato da Gesù anche a lui (il Samaritano si fece prossimo a uno sconosciuto; Lc 10,29ss).

     Tale principio è diventato la quintessenza del messaggio di Gesù (cfr. Rm 13,8ss con Mt 19,18s); Gesù innalzò il gran comandamento dell’amore per Dio e quello derivato dell’amore per il prossimo a comandamenti assoluti (Mc 12,31; cfr. vv. 31s la condivisione di uno scriba rispetto alla massa dei suoi colleghi che seguivano le casistiche) e fece dipendere da essi tutta la legge e i profeti (Mt 22,38s). Similmente fecero apostoli i quali ponendo l’accento sull’obiettivo (il principio) e non tanto sullo strumento (la lettera) vedevano nell’amore per il prossimo l’adempimento della legge (Gal 5,13s; v. 16 lo Spirito).

     Il nuovo patto andò quindi ai principi, superando la «lettera» (liste e casistiche giuridiche di una legge teocratica) e confidando nello Spirito di Dio. «Tutta la legge è adempiuta in quest’unica parola: “Ama il tuo prossimo come te stesso”… Camminate per lo Spirito e non adempirete i desideri della carne… Ma se siete condotti dallo Spirito, voi non siete sotto la legge» (Gal 5,14.16).

     Quanto al millenarismo, esso era patrimonio comune della chiesa dei primi secoli, prima che arrivassero i cosiddetti imperatori cristiani al trono e prima che i teologi di corte non adeguassero la Parola di Dio allo status quo, inventando l’amillenarismo. Di questo ho parlato in «Escatologia 1-2». Come mostriamo nell’analisi della storia di due millenni e di varie opere escatologiche, «individuare date e profezie che s’adempiono» è stato un gioco sconsiderato di speculatori che ha solo screditato la testimonianza.

     Sorvolo sul resto. Mi piacerebbe sapere con esattezza il brano del NT in cui è scritto chiaramente che l’uso primitivo di commemorare la morte del Signore era ogni settimana. Come fece un’istituzione originariamente pasquale (Lc 22,15; 1 Cor 5,7s) a diventare una pesante prassi settimanale (dato il preciso ed elaborato cerimoniale) senza discussioni e scontri nella chiesa primordiale, fatta di migliaia di Giudei cristiani tutti «zelanti per la legge» (At 21,20), e senza che ciò avesse portato a un Concilio chiarificatore sul tipo di Atti 15? È materia di un altro tema di discussione.

 

 

9. {C. [Lillo] Furnari}

 

Carissimo Nicola, grazie della tua rapida risposta. Pur essendo evangelici entrambi vedo che la comprensione della Parola di Dio ci divide. Io non ho la stessa tua idea sul significato del Vecchio patto e del nuovo patto. Semplicemente ti dico che lo stesso Dio non può contraddire ciò ch’è l’espressione della Sua volontà nel primo patto con il secondo patto. Nel secondo patto non cambiano le regole, cambia l’approccio alle regole. E le regole non sono nuove o diverse. Altrimenti avremmo un Dio che si manifesta a piacimento. La mia immagine di Dio e che Egli è Onnipotente, Onnisciente, Onniveggente ecc., qualità che non vengo mai meno come non può venir meno la Sua legge morale ch’è l’espressione del Suo carattere che nel nuovo patto esprime con la parola amore, amore per Dio, amore per il prossimo. Sarà lo stesso ambiente che vivremo nel nuovo mondo. Amandoci, non ci odieremo, non ci tradiremo, non mentiremo, adoreremo solo Dio, tutti i giorni quindi sarà sempre sabato, ecc.

     Ammiro la tua buona volontà e il tuo impegno, ma continuo a vederti di parte nella comprensione delle Sacre Scritture. Spero un giorno non lontano ci sia la possibilità di comprendersi meglio. Vivendo in un mondo di grande confusione, credo sia giusto, almeno noi evangelici, far sentire forte una sola voce ch’è quella di Gesù, facciamolo come lo sappiamo fare senza contrastarci. Che la figura di Gesù, nostro Salvatore, emerga dai nostri culti, dai nostri rapporti e dai nostri studi.

     Mantengo la richiesta che ti ho fatto e spero di conoscerti di persona per abbracciarti. Tuo fratello in Cristo… {08-07-2008}

 

 

10. {Nicola Martella}

 

Caro Lillo, shalom. Uno dei miei motti è il seguente: «Le persone sono spesso migliori dei loro contenitori dottrinali di riferimento». Preferisco perciò incontrare e trattare le persone singolarmente, per quello che sono singolarmente, non per la «tribù» d’appartenenza (p.es. Farisei, Sadducei, Erodiani); così faceva in genere Gesù.

     Apprezzo il tono mite dei tuoi argomenti, la volontà a confrontarti e la propulsione escatologica, quando saremo col Signore.

     La differenza di comprensione della Parola di Dio non divide solo noi, ma divideva anche le varie correnti del cristianesimo al tempo degli apostoli, altrimenti non si sarebbe mai addivenuto al Concilio di Gerusalemme e alla relativa decisione storica (At 15) né Paolo sarebbe intervenuto nelle questioni che affliggevano le diverse anime del cristianesimo romano (Rm 14).

     Partendo da Rm 7,1-6 è difficile affermare che nel nuovo patto non cambiano le regole, ma solo l’approccio ad esse. Il verbo «legare» per «aggiogare al dominio maritale» e quello «sciogliere» per «sottrarre al dominio maritale» (altrove anche per «divorziare»), applicati alla legge mosaica, sono un’immagine forte e senza fraintendimenti. Come una vedova è libera di risposarsi, così chi è morto con Cristo è libero dalla legge mosaica. Paolo concluse: «Ora siamo stati sciolti [dai legami] della legge, essendo morti a quella che ci teneva soggetti, cosicché serviamo in novità di spirito, e non in vecchiezza di lettera» (Rm 7,6).

     L’immagine che si può avere di Dio o è statica o è dinamica. Già la concezione espressa dagli «onni-» (+ potente, sciente, veggente, ecc.) mostra un approccio tipico dell’ellenismo; l’ebraico non possiede nulla del genere. Il Dio della Bibbia non è il Dio dei Greci che, per essere perfetto, dev’essere immutabile e lontano, ma è il Dio della storia che si coinvolge negli eventi.

     Se Dio non muta, l’incarnazione del Logos (Gv 1,1.14) sarebbe impossibile e l’apparente paradosso, secondo cui il Creatore sarebbe diventato creatura (Fil 2,5ss), non apparterrebbe alla storia ma al mito. Allora Gesù non sarebbe oggi ancora uomo e non potrebbe essere garante della nostra salvezza sul trono di Dio Padre. Sta di fatto che il Figlio di Dio è nato da donna ed è parimenti Figlio dell’Altissimo e Figlio di Davide (Lc 1,31-35; Gal 4,4). Di lui è scritto: «Uno è infatti Dio, uno e mediatore di Dio e degli uomini, l’uomo Cristo Gesù» (1 Tm 2,5 greco).

     Tutta la legge mosaica era espressione del carattere di Dio, infatti tutta la legge è morale. Le distinzioni fatte dalla scolastica (legge rituale e morale) gli antichi non la conoscevano. «Ama il tuo prossimo come te stesso», summa della legge, sta in Lv 19,18, che si trova in un contesto alquanto commisto. Quindi per gli apostoli la legge mosaica o era tutta valida o rappresentava tutta «l’ombra di cose che dovevano avvenire» (Col 2,17 leggi alimentari e calendario liturgico) e «ciò che aveva da sparire» (1 Cor 3,11.13; Eb 8,13) ed era soltanto «il nostro pedagogo per condurci a Cristo, affinché fossimo giustificati per fede» (Gal 3,24) e come tale ha smesso la sua funzione (v. 25).

     Grazie degli aspetti di ammirazione, ma non posso condividere la tua valutazione, secondo cui la mia comprensione delle Sacre Scritture sarebbe di parte; un argomento che si può facilmente ribaltare. Posso capire il tuo ragionamento, mettendomi nei tuoi panni dottrinali, ma essi non mi fanno stare a mio agio, poiché la Scrittura, continuamente studiandola, non mi convince così.

     Sì, Gesù, la sua persona, la sua vita, il suo ministero, la sua morte, la sua risurrezione, il suo compito attuale e il suo prossimo ritorno sono la «dottrina massima» del nuovo patto, quindi l’Evangelo. Confrontato con ciò, ogni altra dottrina diventa nel NT solo contorno.

     Grazie per le manifestazioni d’affetto fraterno in Cristo. Ciò che unisce i veri figli di Dio («dottrina massima») è più di ciò che li separa (il «contorno dottrinale»). Ognuno comunque deve dar conto oggi alla propria coscienza di ciò che renderà conto a Dio un giorno (Rm 14,22s). Si possono anche non condividere le opinioni degli altri sul «contorno dottrinale», ma si possono rispettare all’interno di un confronto franco e sincero.

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Avvent_lex_patto_parla_Avv.htm

07-07-2008; Aggiornamento: 12-07-2008

 

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