Qui di seguito parliamo dell'UBEIC, ma facciamo notare che, intanto,
tale gruppo battista ha preso il nome di «CBI» (per i dettagli vedi
UBEIC
). |
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1.
{Pietro Calenzo}
▲
Seguendo il tuo intendimento, caro Nicola, ci dovremmo chiamare solamente «cristiani»,
e fin qui nulla da eccepire, o «seguaci del Messia», Unto a Re, gloria a Dio.
Non credo e non penso che la reazione d’un dilagante liberalismo teologico,
che purtroppo ha notevoli escrescenze nel mondo riformato (di oggi), sia
debellato, anzi il post-cristianesimo, nell’epoca nella quale viviamo, per
alcuni versi sta divenendo sempre più sottile e pernicioso. Anche nel
movimento pentecostale-carismofilo
odierno l’approccio all’ecumenismo (o peggio al sincretismo) è sempre più
insidioso (in particolare dalla 2a ondata fino alla cosiddetta
benedizione di Toronto).
Trovo che l’approccio del movimento battista conservatore
sia, in ogni caso positivo, e degno d’apprezzamento, come tu stesso hai avuto
modo di commentare. Che poi ci siano tracce di fondamentalismo anche nel
cattolicesimo romano tridentino, questo è vero da un lato (storico); ma
dall’altro, è pacifico osservare che tra quei pochi cattolici che ancora credono
nella loro confessione, è molto arduo trovarne due che la pensino nello stesso
modo, o che approvino o conoscano postille, codici e quant’altro delle loro
gerarchie clericali, o che le seguano coscienziosamente «ad litteram».
Personalmente, e qui concludo, non condivido l’ordine cultuale dei cari fratelli
Battisti Fondamentalisti o Conservatori (in questo, personalmente, mi
rifaccio, con più sincronia, alla nascita delle assemblee dei Fratelli);
tuttavia, come te, caro Nicola, ringrazio il Signore per questi cari fratelli,
sottolineando (personalmente) anche che in Italia esiste un’altra associazione
d’assemblee battiste riformate, che sia nel campo dell’editoria sia nello
studio d’argomenti biblici specifici (ad esempio la grazia sovrana di Dio,
pedagogia cristiana, ecc.), stanno portando avanti un intenso e proficuo lavoro,
bibliocentrico, davvero eccellente. Un caro abbraccio in Gesù il Cristo vivente.
{18 dicembre 2009}
2.
{Nicola Martella}
▲
Mia
identificazione con le chiese dei Fratelli aperte
Io non ho detto che «ci dovremmo chiamare solamente “cristiani”»,
ma che io tra le tante sigle e designazioni preferisco proprio e
specialmente quella. La possibilità di essere fraintesi c’è sempre, qualunque
etichetta si sceglierà. Se qualcuno mi chiede più dappresso con quale tipo di
cristianesimo mi identifico
maggiorante, non ho difficoltà a chiarire che simpatizzo col cristianesimo
congregazionalista che aderisce ai seguenti principi o alla seguente
dichiarazione di fede: «Salvati per la sola grazia mediante la sola fede nel
solo Cristo sulla base della sola Scrittura e alla sola gloria di Dio». In
particolare aderisco alle «chiese dei Fratelli aperte», ossia a quelle che fanno
dell’esegesi contestuale (e non di un catalogo di tradizioni dottrinali ed
ecclesiali) la loro base di pensiero; come si vede, anche le Assemblee delle
origini cercarono un’etichetta semplice, appunto «Fratelli» (ossia in
Cristo), nella quale si potevano identificare tutti coloro che intendevano
seguire Cristo secondo la «dichiarazione di fede» sopra menzionata. Essi
mettevano enfasi sulla pluralità e sull’autonomia di gestione delle «Assemblee»
e sul fatto che come «Movimento» non era un’entità o istituzione ben
delineabile, chiusa e impermeabile.
UBEIC, fondamentalisti e conservatori
Di là dagli aspetti condivisibili del contributo di tale lettore, esso farà
probabilmente girare le budella ai fratelli dell’UBEIC
per vari motivi. È vero che la loro proposta intenda essere un valido
progetto alternativo al «liberalismo teologico» (FCEI e UCEBI), al
«movimento pentecostale-carismofilo» (come il lettore lo chiama), agli approcci
all’ecumenismo o al sincretismo religioso e al cattolicesimo romano. Il problema
principale non è neppure solo se condividere l’ordine cultuale dei Battisti.
Chiamarli «Battisti Fondamentalisti» (oltre che «Conservatori») è ciò che
li farà trasalire dopo ben tre articoli, in cui mi sono confrontato con loro
proprio sul tema «fondamentalismo e conservatorismo». Essi vogliono essere
«conservatori» proprio perché non vogliono essere «fondamentalisti»; e in ciò
vogliono distinguersi specialmente dalle Assemblee dei Fratelli e da altre
chiese libere (anche battiste), che essi ritengono in toto fondamentaliste.
L’UBEIC e le
chiese battiste riformate
L’altro punto, che farà storcere loro la bocca, è menzionare qui le
chiese battiste riformate, che sono diventate tali dopo il fallito
pluridecennale tentativo di riformare (= calvinizzare) le Assemblee dei
Fratelli. I fratelli dell’UBEIC intendono essere alternativi anche a loro,
considerandoli riformati a tutti gli effetti con un’etichetta «battista»; in
effetti hanno ragione per certi versi, visto che erano in origine Assemblee dei
Fratelli o erano sorte spaccando comunità esistenti mediante il cuneo di una
ideologia riformata, con cui intendevano trasformarle. Di là dal buon lavoro che
tali chiese battiste riformate facciano o meno (non sta a me giudicarlo qui),
l’UBEIC è nata proprio per non potersi identificare nel CERBI.
L’UBEIC e i
restanti battismi
Sebbene io non mi consideri, come ho già espresso, né fondamentalista né
conservatore (tale era lo spirito dei primi Fratelli aperti), condivido
molti punti del manifesto dell’UBEIC e simpatizzo con tali fratelli, aderendo
alle loro preoccupazioni e ai loro aneliti nel panorama cristiano attuale. Essi
vogliono reagire a una continua e progressiva liberalizzazione degli altri
battisti (specialmente dell’UCEBI). D’altra parte intendono distinguersi anche
dagli altri battisti, sorte da chiese missionarie (specialmente l’AEBI), che
essi considerano fondamentaliste. Sinceramente è proprio tale polemica del loro
essere «conservatori» contro l’essere «fondamentalisti» di altri battisti
(alcune chiese libere e Fratelli) che non condivido.
Tuttavia, devo ammettere che è nobile il loro agire alla luce del sole e
senza sotterfugi (così hanno fatto per altro già i fratelli dell’AEBI, da cui
quelli dell’UBEIC cercano però di distinguersi). Essi non hanno cercato di
colonizzare un movimento o un gruppo di chiese esistente, ma hanno avviato un
proprio progetto fin dall’inizio; inoltre sono stati pronti a dialogare con me e
presumo con altri. Ciò li distingue chiaramente dai padri dell’attuale CERBI,
che è diventata tale dopo un ambiguo e recondito progetto di colonizzazione e
calvinizzazione del Movimento dei Fratelli, dopo pluridecennali aspre polemiche
e dopo la susseguente scissione. È il caso di dire che la CERBI è nata, dopo acerbi
conflitti scatenati da coloro che intendevano riformare le Assemblee.
Ci sono anche vari «battisti di transito», che hanno manovrato le loro
chiese prima in campo riformato e ora addirittura in quello presbiteriano,
accettando così il pedobattismo. Mi fermo qui. Penso che i fratelli dell’UBEIC
sapranno spiegare al meglio le loro posizioni (e sul loro sito lo hanno già
fatto) e i motivi perché hanno ritenuto bene iniziare un progetto nuovo, che li
distingue dagli altri battisti.
3. {Giovanni M.
Caltana}
▲
L’UCEBI che brutta
fine ha fatto (!), come i loro compari valdesi del resto. L’Evangelo è stato
sostituito, come nel resto del protestantesimo liberale, da un’ideologia a metà
tra un generico buonismo ecumenico dei nobili sentimenti e una chiara militanza
radical-chic, progressista e illuminista. {13-03-2010}
Nota redazionale: Qui il lettore prende posizione riguardo agli articoli
di Paolo Brancè e particolarmente riguardo al seguente: «Differenze
tra Proto-Battismo e UCEBI 3: Ancora congregazionalisti?». Lo stesso vale per il lettore che segue.
4. {Pietro
Calenzo}
▲
Una piccola e
rapida premessa: come ebbe a dirmi Richard Kreider, un caro missionario battista
statunitense, tantissimi anni addietro, il mondo battista mondiale è come un
grande arancio, con molte e importanti diversificazioni. La più importante è
quella tra l’ala liberale e quella fondamentalista (vi sono anche dei Battisti
sabatisti).
Da un punto di vista storico, il battismo trae le sue origini
dalla visione di due grandi servitori del Signore, John Smith (1570-1612) e
Thomas Helvys (1550-1616). La loro devozione al Signore fu tale che malvisti in
patria dalla chiesa anglicana, emigrarono in Olanda. In tale nazione però non
ebbero molto successo, tant’è che i seguaci dello Smith furono assorbiti dal
movimento mennonita; mentre T. Helvys non condividendo l’approccio teologico
mennonita, ritornò con gran rischio in patria.
Ciò detto, come è stato ben documentato nell’articolo
«Differenze
tra Proto-Battismo e UCEBI 3: Ancora congregazionalisti?», citando affermazioni personali e olografe di
questi due servi del Signore, il problema posto è un altro: le chiese battiste,
che si riconoscono nell’Ucebi, sono oggidì congregazioniste? In
riferimento all’ecclesiologia battista degli albori, si può ben dire che Smith e
Helvys fossero congregazionalisti, poiché affermano nei loro scritti chiaramente
il postulato di dette assemblee: pari dignità e autorità, nei rapporti con tutte
quante le assemblee consorelle, poiché biblicamente dichiarano che dove c’è una
convocazione da parte del Signore di più persone credenti, lì c’è l’ecclesia,
con la biblica e corretta somministrazione o applicazione dei due ordinamenti
del Signore. C’è da sottolineare ulteriormente che essi, così i loro successivi
discepoli (come Henry Jacob), posero l’accento alla completa e più sana
sottomissione a Gesù Cristo e alla sua Parola, come unica e fondamentale pietra angolare d’ogni
assemblea cristiana. Possiamo dire la medesima cosa delle Assemblee Battiste che
oggi si riconoscono nell’Unione Chiese Evangeliche Battiste Italiane (UCEBI) dal
1956? Non disconoscendo assolutamente che tra i membri di tale denominazione
italiana ci siano tanti meravigliosi figli di Dio, risulta palese ed evidente
che abbiano cessato d’essere assemblee congregazionaliste.
Quanto alla struttura dell’Ucebi, notiamo che c’è un Comitato Esecutivo
centrale, c’è un Collegio di Revisori e c’è un Collegio degli Anziani che di
fatto, nel dirimere questioni o divergenze con pastori o singole assemblee
affiliate, più che dare «raccomandazioni», sembrano diramare «ingiunzioni». I
pastori
(uomini e donne, circa cinquanta per una popolazione di credenti di circa
cinquemila, più venticinquemila fra simpatizzanti e bambini) il più delle volte
sono nominati direttamente dal Collegio degli Anziani su richiesta del Comitato
Esecutivo; inoltre vi sono comitati regionali o di zona.
Non entro nello specifico in merito a osservazioni personali sull’etica e
sull’approccio da brividi che hanno alla Sacra Scrittura; tuttavia, una chiesa
cessa d’essere strettamente congregazionalista allorquando sulla fonte del loro
regolamento, organi di dirigenza, siano essi centrali o derivati,
«consigliano» un candidato pastore per una determinata assemblea, comunità; o
assemblee, che non si sottomettono agli indirizzi recepiti, possono essere
esclusi dall’UCEBI. Non è certamente biblico affermare, come il regolamento
delle assemblee Ucebi dichiara, che ci siano pastori a tempo pieno e non
(pastori locali). Per dirimere tale questione, si noti che l’apostolo Paolo
continuò anche a fare il tessitore, o gli apostoli Pietro e Giovanni erano
pescatori. In tal modo annullano di fatto la scelta da parte d’ogni singola
comunità o assemblea dei credenti spiritualmente più maturi per il ministero
pastorale o d’anzianato, e di diaconia.
Hanno un bel districarsi nel citare Bonhoeffer gli odierni apologeti di
tali assemblee, che di fatto sono divenute in gran misura presbiteriane (oltre
oceano si è soliti denominarle episcopali). Non Basta affermare che siamo tutti
peccatori, per non ricevere la giusta disciplina e la riprensione biblica; e
benché il fr. Tomasetto citi ed elogi il teologo martire tedesco, sarebbe più
equilibrato e biblico aggiungere alla citazione dell’amato fratello martire
Bonhoeffer quest’altra: «Solo chi crede obbedisce, e chi obbedisce mostra di
credere». E ancora: «…e obbedisce a tutto l’Evangelo a caro prezzo con santo e
devoto timore, dirigendo la propria vita con una conversione vissuta nella
santificazione».
Ultima osservazione. Come giustamente è stato asserito, l’Ucebi sembra mostrare
tutto il suo futuro sviluppo, dichiarando la sua vicinanza o convergenza con le
chiese valdo-metodiste, sebbene si differenzino dai Battisti dell’Ucebi per il
pedobattesimo
(che il Protobattismo o Veterobattismo rifiutò in modo vigoroso). {15-03-2010}
5. {Giovanni M.
Caltana}
▲
Ben vengano tutti i
distinguo addotti, specie se riccamente e intelligentemente discussi e
argomentati come viene fatto (come evangelici non bisogna essere a priori
«rudemente anti-intellettuali»), ma temo sempre che, in buona fede e qualche
volta anche a ragione, si finisca per vedere il dito piuttosto che la luna che
si vuole indicare. Sono uno di quei pochi a cui ragionare di «etichette»
intriga, pare utile e interessante, perché il nome fa capire molte cose
di quello che nomina, e la questione non è affatto puramente formale ma anche
sostanziale; basta però che il tutto non degeneri in una lotta tra fazioni,
un po’ come quei partitini estremistici che si dividono tra loro per una virgola
di differenza.
La questione in palio, mi rendo conto che è di ben diverso tenore e dichiaro
senza problemi di non essere minimamente addentro alla
politica ecclesiologica dei diversi gruppi lungo i decenni precedenti.
Tuttavia da «cristiano biblico», come mi sforzo d’essere, e dovendo percorrere
un po’ di strada per raggiungere la mia comunità (in Italia, specie in diverse
zone, questo fattore non va affatto disconosciuto) vedo che tra «il popolo di
Dio», più che tra «gli addetti ai lavori», la differenza non viene
perlopiù avvertita e anzi tutte le divisioni sono sentite con sofferenza.
Personalmente, senza vantarmi minimamente, ma lo dico per esperienza, pur avendo
alcune conoscenze in più della media, a causa dei miei studi, a livello storico
e «teologico», dichiaro di riconoscermi senza troppe difficoltà in questo
grande arcipelago di «cristiani biblici», anche se a sua volta è suddiviso in
altri più piccoli (Fratelli, Battisti più o meno riformati o più o meno
dispensazionalisti, adenominazionali e chiese libere che di fatto credono e
operano nello stesso modo delle precedenti). Tuttavia,
preferisco chiaramente distinguermi, da una parte, da tutte le sette
pseudo-cristiane e le cosiddette «altre religioni» e, per quanto riguarda il
mondo evangelico, in dialogo critico, e anche aspro, dai liberali e dai
penteco-carismatici (almeno, per entrambi, quelli meno estremisti).
I termini conservatore e fondamentalista credo che siano
declinabili e declinati secondo diverse sensibilità; anche le parole hanno una
storia, e basta mettersi d’accordo sul loro uso dato che possono definire le
stesse cose in maniera diversa e vengono sono usati perlopiù per
distinguersi piuttosto che in modo da affermare qualcosa. La fluidità
(congregazionalista) di questo movimento — certamente plurale e variegato
ma non troppo eterogeneo (evangelicale, a chi piace il termine, o di
«cristianesimo confessante») — è il pregio contro tutti i
denominazionalismi e dei confessionalismi troppo stringenti e partigiani, e alla
fine velleitari, ciechi e, se posso, «tafazziani» [= masochistici, N.d.R.].
Non voglio essere troppo ecumenico o sottostimare il valore e l’importanza della
(«sana») dottrina, ma vorrei appuntare l’attenzione sulle questioni
irrinunciabili, che distinguono il vero seguace di Gesù Cristo e che, per
quanto mi riguarda, sono i
cinque «Sola» della Riforma [= sola Scrittura, solo Cristo, sola grazia,
sola fede, solo la gloria di Dio, N.d.R.]. A ciò si aggiunga — dato che viviamo
nella storia e non nell’iperuranio — la
lotta contro tutte le filosofie umane che infestano il mondo soprattutto
nella modernità (Illuminismo, Marxismo, Razzismo, anarco-liberalismo,
scientismo) e nella post-modernità (edonismo, nichilismo e indifferentismo
morale, evoluzionismo, freudismo, liberalismo teologico). Inoltre, c’è bisogno
dell’Amoree, non ovviamente quello romantico e vacuo, ma il segno che,
come disse il nostro Signore, Salvatore e Maestro, ci avrebbe distinto dagli
altri, e che ci mantiene in comunione, come dice Paolo ai Romani, con il
fratello più debole nella fede o con quello con cui possiamo essere in dissenso
per questioni di coscienza. {09-04-2010}
6. {Fortuna
Fico}
▲
Tu, Nicola, scrivi
sopra: «“Salvati per la sola grazia mediante la sola fede nel solo Cristo sulla
base della sola Scrittura e alla sola gloria di Dio”. In particolare aderisco
alle “chiese dei Fratelli aperte”, ossia a quelle che fanno dell’esegesi
contestuale (e non d’un catalogo di tradizioni dottrinali ed ecclesiali) la loro
base di pensiero; come si vede, anche le Assemblee delle origini cercarono
un’etichetta semplice, appunto “Fratelli” (ossia in Cristo), nella quale
si potevano identificare tutti coloro che intendevano seguire Cristo secondo la
“dichiarazione di fede” sopra menzionata. Essi mettevano enfasi sulla pluralità
e sull’autonomia di gestione delle “Assemblee” e sul fatto che come “Movimento”
non era un’entità o istituzione ben delineabile, chiusa e impermeabile».
Ecco, questo è il pensiero più bello, nella sua semplicità, non è
un’appartenenza a una denominazione a dare la salvezza, ma il prezioso sangue di
Gesù, e chiunque accetta questa verità è mio fratello! Grazie, Nicola, per
questi tuoi interventi! Dio ti benedica! {09-04-2010}
7. {Paolo
Brancè}
▲
Cari fratelli,
trovo compiacimento nel constatare reazioni simpatiche al dibattito sul
fondamentalismo e sul conservatorismo, prendendo come spunto quello riguardante
il battismo liberale dell’UCEBI e quello fondamentalista-conservatore di nuovi
movimenti battisti e chiese battiste indipendenti. Già noi dell’UBEIC (da ora
ACBI, Associazione di chiese battiste italiane) abbiamo evidenziato le
importanti differenze tra fondamentalismo e conservatorismo
nel dibattito con Nicola.
Abbiamo detto che il termine «fondamentalismo» nella nostra società
occidentale ha una connotazione estremamente negativa: esso equivale a
integralismo, fanatismo, terrorismo. Tale termine richiama alla mente una
concezione esclusivista della fede. I fondamentalisti sembrano essere i veri
detentori della verità. (Ma di quale verità si tratta? La verità, di cui
essi sembrano essere in possesso, non è solo il corpus dei principi costitutivi
dell’evangelo, ma anche interpretazioni ininfluenti del testo sacro, su cui la
Scrittura non è molto chiara. Ad esempio per rimanere nell’ambito delle
chiese dei Fratelli, essi dibattono sulla
venuta di Cristo prima o dopo il rapimento della chiesa. E qui si pone un
altro problema: qual è la chiesa di Cristo, quelli che appartengono solo
alla chiesa dei Fratelli o la chiesa invisibile? Queste sono dissertazioni
sterili che non portano nessun vantaggio alla fede. E questo è il
fondamentalismo: fare d’una interpretazione discutibilissima un assioma
fondamentale…).
Pietro Bolognesi predilige il termine fondamentalista al termine
conservatore, chiamando neofondamentalisti tutti coloro che assumono
atteggiamenti esclusivisti (essi si sentono i detentori della verità, la quale
verità ha una connotazione più vasta di quella che riguarda i fondamenti della
fede cristiana).
Noi dell’ACBI ci dissociamo da questa sottile differenziazione, usando senza
mezzi termini il termine «conservatore» perché esso ci rimanda alla difesa dei
principi fondanti la fede cristiana (se vogliamo quelli messi in risalto dai
«fundamentals», i dodici libriccini pubblicati dai due pastori battisti; o, se
vogliamo essere più storici, ai fondamenti della fede cristiana così come sono
stati riesumati dai Riformatori e dal separatismo inglese (tanto per intenderci
dal battismo delle origini).
Ora il battismo italiano odierno si è «affollato» con la nascita di nuove
compagini ecclesiali. Per un verso, il battismo italiano era identificato fino a
pochi anni fa con l’UCEBI, la cui storia risale all’ultimo trentennio del
19° secolo con la nascita delle prime chiese attraverso l’azione congiunta delle
missioni battiste americana e inglese, entrambi conservatrici (i battisti
dell’UCEBI hanno assunto la teologia liberale alla fine degli anni
sessanta). Oggi c’è una reazione a questa defezione dei principi battisti
delle origini, incarnata da due compagini nate quasi contemporaneamente:
■ 1) Il CERBI è nato il 25 aprile del 2006 ed è di tendenza calvinista.
■ 2) Il progetto UBEIC è nato all’inizio del 2009 e il suo scopo è quello
di riunire tutte le forze evangeliche conservatrici battiste e di prassi
battista.
Tali chiese sono
quelle che non s’identificano con l’UCEBI, che ha rinnegato le sue
origini battiste. Esse non s’identificano neppure con quelle del CERBI,
pronunciatamente calvinista; queste ultime negano addirittura la data storica
della nascita del primo battismo del 1609/1612 (c’è stata una polemica tra noi
dell’UBEIC/ACBI e il CERBI, i cui contributi sono leggibili nei rispettivi siti:
Il CERBI porta nei suoi documenti questo articolo: «1609, una data impropria»
(www.cerbi.it), mentre nel nostro sito (www.ubeic.org) è pubblicata la nostra
risposta: «Il Battismo delle origini, un grande evento storicamente databile».
Tuttavia, c’è da dire che il CERBI non si può classificare come movimento
squisitamente battista, perché sembra aver adottato alcune pratiche del
calvinismo ginevrino (vedesi ad esempio l’organo decisionale «La Compagnia
degli Anziani», che non è molto distante dalla ginevrina «Compagnia dei
Pastori»). Inoltre, come giustamente è stato affermato da Nicola Martella, esso
è il risultato d’una camaleontica trasformazione di chiese che prima
appartenevano al pianeta delle Assemblee dei Fratelli. L’etichetta «battista» è
qui un sostrato denominazionale per classificare queste chiese, altrimenti prive
d’identità storica. Ma non credo che esse siano pienamente congregazionaliste. A
me sembra che adottino un semicongregazionalismo, molto vicino al
presbiterianesimo.
Comunque sia, eccetto queste compagini non esistono altre realtà battiste
conservatrici, se non quella dell’AEBI, che è una associazione
provinciale tutta concentrata nel napoletano (ma sembra non avere una vera
identità battista, tanto è vero che esse si associano con L’Unione delle Chiese
Bibliche Cristiane, che non sono battisti (ma di prassi battista e
fondamentalisti), perdendo proprio la loro identità battista.
Credo che la sfida mossa all’UCEBI venga proprio dal neonato UBEIC/ACBI,
che vuole conservare l’identità battista, difendendo i principi costitutivi
dell’evangelo, ma ponendosi in dialogo-comunione con le forze evangeliche
conservatrici e fondamentaliste, che vogliono rinunciare alla loro pretesa
d’essere i veri detentori della veritàà.
Una ultima cosa: nel panorama variegato battista esistono alcune
chiese evangeliche battiste indipendenti, che sono in realtà
fondamentaliste. Esse escludono dalla comunione tutti coloro che non hanno la
loro visione ideologica (parlo ad esempio della chiesa battista di San Sisto
(Perugia), il cui pastore è Fred Whitman, il quale frequenta solo i
«santuari» di via Britannia a Roma e Isola del Gran Sasso; egli ha anche una
stretta comunione con Marco de Felice. Quest’ultimo è conosciuto come un
fanatico cultore della dottrina evangelica (che non ha niente a che fare con la
sobria fede in Cristo, sintetizzata con l’assioma evangelico della salvezza per
grazia a caro prezzo); egli ha rotto con la missione «Team», che pure è una
missione fondamentalista.
Da questo excursus abbastanza stringato spero che possa essere altro materiale,
su cui riflettere e dibattere. Se qualcuno si sente offeso dalle mie
dichiarazioni, non me ne voglia, perché non ho voluto offendere nessuno, ma
essere molto vicino alle coordinate storico-teologiche. Un abbraccio fraterno.
{10-04-2010}
8.
{Nicola Martella}
▲
Ringrazio Paolo Brancè per l’intervento, che gli avevo richiesto. Sono contento
che l’acronimo UBEIC si sia trasformato in ACBI; avevo suggerito loro
qualcosa del genere (p.es. UCLB, dove «U» stava per «Unione» ed «L» per
«Libere»), chiedendo loro di rinunciare nella nomenclatura formale alla «C» di
«Conservatore». [►
La «C» conservatrice in UBEIC e i fondamentalisti]
Del tema fondamentalismo – conservatorismo ne abbiamo parlato
nell’articolo appena menzionato e in altri: «Conservatori
fra Fundamentals ed Evangelicali», «Fra conservatori e fondamentalisti». Mi ha di nuovo sorpreso la frase «i
fondamentalisti sembrano essere i veri detentori della verità». Faccio notare
che basterebbe metterci «i conservatori» e citare i padri del battismo, per
arrivare agli stessi risultati. Poi, l’inciso tra parentesi mi sembra un po’ una
macchietta sulla chiesa dei Fratelli; non mi preme di difenderla, poiché
ci poteva stare qualsiasi altra chiesa qui. Faccio notare che anche i battisti
conservatori «dibattono sulla venuta di Cristo prima o dopo il rapimento
della chiesa» e su quale sia la «chiesa di Cristo»; vorrei leggere
qualche citazione eloquente, in cui esponenti di spicco dichiarano che la chiesa
dei Fratelli sia l’unica vera chiesa esistente; a me tutto ciò è sconosciuto.
Prendo perciò tale inciso come una macchietta.
Per me come per altri, i termini fondamentalisti e conservatori sono solo
sfumature dello stesso tema; se tenuti nel loro significato basilare, sono
del tutto interscambiabili. Come detto però, io ho rinunciato volentieri ad
ambedue queste etichette, ritenendo che il vino nuovo debba essere messo in
otri nuovi. Ne abbiamo già discusso, quindi rimando agli articoli già
citati.
Conoscendo alcuni dei fondatori dell’AEBI
e diversi fratelli di questo raggruppamento, non condivido l’analisi che Paolo
Brancè fa di loro, per classificare i battisti italiani con una sorta di «bollino
B-DOC» (Battisti di origine conservatrice o controllata, dato
dall’UBEIC/ACBI). Penso che egli dovrebbe avere più rispetto verso di loro,
visto che sono sorti relativamente molto tempo fa e non si sono identificati con
l’UCEBI. Il fatto che si siano associate con «L’Unione delle Chiese Bibliche
Cristiane», per non restare orfane, magari aspettando l’UBEIC/ACBI, non è un
criterio che può valere. Faccio notare che anche Luciano Leoni e la sua chiesa
sono associati con la MIE (Missione Evangelica per l’Europa, dove c’è
tutto e il contrario di tutto); faccio anche notare che in Germania i
«Fratelli aperti» e i Battisti conservatori sono federati insieme, senza
smettere di essere tali. Le ragioni dell’UBEIC/ACBI non devono per forza essere
messe in contrasto con quelle dell’AEBI, per avere un rilevante posto al sole
nell’arcipelago battista italiano; anzi è preferibile un
confronto rispettosoo e pacato fra loro.
Ammetto che il ritorno sulla questione delle chiese che non «vogliono rinunciare
alla loro pretesa d’essere i veri detentori della verità» e la pretesa
che UBEIC/ACBI sia, in qualche modo, la vera «alternativa B-DOC», mi dispiace e,
invece di appassionarmi, mi fa salire incresciosi timori. Desidererei toni più
pacati, pretese più umili e proposte più praticabili, senza lotte per «bollini
di autenticità» e senza vincitori e vinti nello schieramento dei «battisti
biblici» (preferisco chiamarli così!). E dico questo proprio perché seguo da
tempo con attese positive la nascita di un progetto di «battismo biblico»
alternativo al «battismo liberale».
Ammetto che sono rimasto allibito dalle accuse verso chiese evangeliche
battiste indipendenti e specialmente verso quella di Perugia e verso Fred
Whitman. Non conosco Marco de Felice; mi astengo sulla chiesa «Berea»
(Roma), fondata da Bill Standridge, e sull’IBE di Isola del Gran Sasso.
Visto tale atteggiamento, mi sembra che Paolo Brancè abbia una concezione del
battismo abbastanza propria e che , come tale, richiede che tutti i battisti
italiani vadano, da ora in poi, da lui e dall’UBEIC/ACBI per fare la «revisione»
e per ottenere finalmente quello che ho chiamato «bollino B-DOC». Certo che tale
nuova sigla battista non nasce proprio sotto i migliori auspici! Penso proprio
che ci sarà molto da «riflettere e dibattere». Permettetemi una battuta finale:
mi pare che il conservatore Paolo Brancè porti molti tratti di un esclusivismo
battista «nudo e crudo», che formalmente si potrebbe chiamare a ragione
«fondamentalismo».
Sarebbe opportuno sapere se Luciano Leoni condivide tale analisi, visto
che è l’altro cofondatore dell’UBEIC/ACBI.
9. {Pietro
Calenzo}
▲
Definirei il variegato arcipelago del movimento battista mondiale una
costellazione; si veda al riguardo l’Enciclopedia delle Religioni Cesnur di
Massimo Introvigne pp. 153-155; menziono pure i pareri dei miei grandi amici
missionari battisti Richard Kreider e Thomas Heinze (ambedue della Consevative
Foreign Mission) e di Tim Hall d’Aprilia. In base a ciò, è di lodevole
apprezzamento il progetto, la nascita e la crescita di questa nuova realtà
battista Italiana dell’UBEIC dei cari fratelli Leoni e Brancè.
Il punto più interessante è che questi due cari servitori del Signore si
definiscono conservatori e non fondamentalisti. Il che mi pare una
questione di lana caprina, poiché nella redazione del loro commento, inviato al
fratello Nicola, citano il teologo o storico Enzo Pace, che non mi sembra
imbrocchi la via giusta, allorquando afferma che i fondamentalisti (al contrario
dei conservatori) in qualsiasi ambito religioso credano, malgrado «la
astoricità della verità del libro che la contiene»; questa è una dicotomia
di negazione implicita, poiché la verità spirituale in quanto tale non può mai
essere scissa dal contesto storico, dal quale anzi ne trae la sua piena linfa e
valenza propositiva.
Altro punto controverso è che il battismo in generale sia stato un
movimento di risveglio antesignano. È vero che alcuni credenti battisti
(già citati in altro commento) furono fautori di tali revival, ma è pur vero che
in molti altri ambiti del luteranesimo d’origine pietista e dell’anglicanesimo
(vedi Darby, Müller, e ancora Ludwig Nicholas Zinzendorf, Philip Jacob Spener, e
il gruppo dei Brethren di Alexander Mack, da non confondersi con le assemblee
dei Fratelli), vi furono credenti che accesero tante anime.
Un altro fattore esclusivista che i fratelli Leoni e Brancè affermano, è che il
battismo sia stata una o la fucina più importante del
congregazionalismo. Prima di fare qualsiasi commento, tengo a precisare che
mi riconosco nella Assemblee dei Fratelli e che ho visitato o avuto direttamente
comunione con almeno quattro entità di diverse denominazioni o entità battiste;
non dimentichiamo, ad esempio, le Associazioni Battiste Riformate Italiane
(ARBI), le AMBI, ossia i battisti conservatori molto fiorenti nel napoletano, e
i battisti che si riconoscono nel Patto di Losanna, oltre alle più note UCEBI e
agli Studenti Universitari per Cristo del Campus Crusade. Detto questo, non mi
pare di poter definire o intuire nel programma gustativo delle UBEIC un forte
spirito di congregazionalismo, ma piuttosto di presbiterianesimo, come lo
è in tutte le entità battiste nel mondo. Non mi paiono storicamente sufficienti
i rimandi ai mennoniti o agli anabattisti (dei quali ultimi, tra l’altro, tutto
il battismo mondiale — al di là di qualche gruppuscolo minoritario — non si
richiama più né s’identifica).
Ultima osservazione, sulla collocazione storica o sulla genesi del
movimento conservatore. I fratelli Leone Luciano e Paolo Brancè
definiscono il termine «conservatore» di moderna coniazione. Tuttavia, già in
tempi anteriori, il sostantivo era in notevole uso in accezione politica e
spirituale, ad esempio tra Tory e Labour. Nel 19° secolo o agli inizi del
ventesimo secolo, gli stessi Charles Haddon Spurgeon e Benjamin Warfield, perché
si differenziavano dalla posizione liberal dei loro confratelli, erano tacciati
d’essere conservatori; o ancora, per esempio, Bob Jones senior e Jack Wryzen, i
precettori del noto (e sempre più ecumenico) Billy Graham (si legga la sua
autobiografia «Così come sono»), furono tacciati anch’essi di conservatorismo;
lo stesso dicasi del fratello Martin LLoyd Jones, che venne definito il
«dottore» per antonomasia.
Al di là di tale non condivisione, dei carissimi fratelli dell’UBEIC bisogna
tuttavia da appezzare l’aver sottolineato il «Vangelo a caro prezzo» e il
loro antiecumenismo che, lungi dall’essere settario, è però (come loro
affermano) contro ogni manipolazione della Parola di Dio; essi sottolineano la
loro devozione a una vita di fede vivente che è tutt’altro che «una pura
adesione alla dottrina cristiana, come una generale conoscenza della religione
intellettuale, che di per sé non è obbedienza a Cristo». Al contrario, il
credente è spinto da Dio a «donare come segno di gratitudine, tutto se stesso,
come conseguenza della libertà in Cristo».
Concordo con il fratello Nicola (per rispondere anche e in primo luogo alla
questione aperta dal caro lettore) che storicamente
conservatorismo e fondamentalismo sono due concetti distinti e
distinguibili, ma nella prassi molto spesso i due concetti
s’intersecano e si sovrappongono. Io da membro delle Assemblee dei Fratelli
non mi permetterai mai, ad esempio, come invece afferma la chiesa romana, di
sancire che non c’è salvezza all’infuori della propria confessione o del
proprio culto, poiché questo è fondamentalismo e del più sinistro. Eppure, ti
posso assicurare che, giorni fa, ho fatto amicizia su Facebook con un caro
fratello che si definisce evangelico fondamentalista. Tale fratello,
però, non si sarebbe mai potuto definire fondamentalista, secondo quanto
asserito sopra da Paolo Brancè, altrimenti avrebbe asserito che solamente nella
sua denominazione c’è salvezza... cosa, che tale fratello non ha mai affermato
né creduto. Sarebbe più corretto biblicamente definirsi «cristiani» o «seguaci
di Gesù Messia», l’Unto a Re.
Ai cari fratelli Leoni e Brancè, le più care benedizioni in questa fase di
gestazione del loro gruppo battista e di slancio per servire il Signore. Con
tanta, tanta simpatia nel Messia Gesù, Unto Re. {11-04-2010}
10. {Paolo
Brancè}
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Caro Nicola,
innanzitutto voglio esprimere le mie scuse se tu o qualcun altro si è
sentito toccato in malo modo dalle mie dichiarazioni. Tuttavia, alla fine del
mio intervento avevo già previsto qualche risentimento, soprattutto da
parte tua riguardo alcune dichiarazioni sull’AEBI e su alcune chiese battiste
indipendenti e la «macchietta» sulle chiese dei Fratelli. Non era mio intento
quello di provocare risentimenti, ma, come ho già sottolineato, il mio intento
era quello d’evidenziare una analisi storico-teologica che io conosco di
persona, al di là d’un astratto concettualismo teologico. Non mi sarei mai
permesso di fare dichiarazioni, citando esplicitamente movimenti e persone
fisiche, se non avessi avuto una conoscenza empirica intorno a
sopracitati movimenti e persone fisiche. A questo punto è doveroso fare alcune
più dettagliate precisazioni affinché vengano fugate le incomprensioni emerse
dalle tue dichiarazioni.
In primo luogo desidero che sia chiaro la differenza teologica tra
fondamentalismo e conservatorismo. Anche se per qualcuno sembra esserci una
sottile linea di demarcazione, in realtà essa è più marcata di quanto si
pensi. Infatti, è stato spesso ribadito che il fondamentalismo teologico
si differenzia dal conservatorismo teologico per la enfasi che viene data dai
fondamentalisti a questioni, che sono secondarie e discutibilissime e che
vengono fatte passare come questioni fondamentali che intaccano la salvezza.
Questo punto deve essere chiaro. Se s’invoca una teologia conservatrice
la ragione sta nel fatto che esistono movimenti e chiese che travalicano il
confine posto dai dogmi precipui e inoppugnabili contro altri che sono vaghi,
acritici e deboli convinzioni personali, dettati da una lettura estremamente
letterale della Scrittura. Se vengono sconosciuti i generi letterali, si
prendono delle grosse cantonate (le «macchiette» di cui tu parli riguardo le
Chiese dei Fratelli, ma potrei citare le Chiese pentecostali nel suo pittoresco
organigramma, le Chiese di Cristo, le Chiese del Nazareno, le Chiese calviniste
con la loro teologia restrittiva della salvezza, sono quelle per cui le chiese
si dividono e si prendono a calci per quisquilie teologiche e perdono il loro
tempo come i loro antichi predecessori scolastici che litigavano per un
nonnulla).
In secondo luogo, e questo si rivela come una dichiarazione autobiografica,
io non sono «Battista per nascita» né per una adesione al battismo per
acquisizione, perché qualcuno tra gli evangelici battisti mi ha fatto conoscere
l’evangelo e con esso il movimento battista. Io sono stato convertito dal
Signore, quando ero ancora all’interno della ideologia cattolica. Non ho
conosciuto nessuno degli evangelici, che ha pilotato la mia conversione. La mia
conversione è avvenuta all’interno del mondo cattolico. Il mio iter spirituale è
stato contrassegnato da un cammino rigorosamente personale, che mi ha portato ad
aderire all’evangelismo confessionale, distinto dal confessionalismo cattolico,
per convinzione (dovute alle mie scoperte teologiche, [invece] che come
risultato d’un stringente discorso intellettualistico sulla fede evangelica).
Questo significa che se oggi mi definisco «Cristiano Battista» perché mi
sono appropriato di categorie teologiche distintive rispetto al variegato
universo evangelico. Io sono un Cristiano Battista per convinzione [invece] che
per convenzione. Dunque difendo la specificità evangelica battista come io l’ho
scoperta. Può darsi che l’indomani sarò un cristiano che s’appiccica su di sé un
altro nomignolo che rispecchia le sue sopraggiunte scoperte. Ma per adesso sono
un Cristiano Battista. E questo quanto basta. Quanti sono i credenti che si
definiscono come appartenenti a una denominazione e non sanno neppure che cosa
essa significhi.
In terzo luogo, permettimi di dissentire dalle tue dichiarazioni. Innanzitutto,
per quanto riguarda l’AEBI. Noi siano stati in contatto da diverso tempo
e sembrava che loro volessero condividere con noi il nostro programma teologico
così come è stato dichiarato nel Manifesto. Nell’ultimo periodo vi è stata un
ripensamento, dettato dalla logica dell’utilitarismo [invece] che da
quello squisitamente evangelico di combattere le difficoltà anche a mettere in
discussione i propri privilegi. Entrando a far parte delle «Unione delle
chiese Bibliche», loro rinunciano alla loro identità storica per entrare in un
movimento privo d’identità storica. Io conosco diverse chiese di questa «Unione»
e sono discutibili per la loro azione più colonizzatrice che
evangelizzatrice. Sono dirette dalla «Freie Missionsgemiende», una Missione
svizzera fondamentalista, con cui io ho avuto a che fare personalmente e non è
il caso di raccontare alcuni aneddoti spiacevoli di queste chiese in
questa sede. Comunque sia, essi perdono l’identità battista. Per quanto
riguarda la citazione di Fred Whitman, non indietreggio, perché anche con
lui abbiamo avuto un bel dialogo, avente la finalità di poter condividere
insieme la strategia dell’UBEIC/CBI. Ma quando lui ha saputo che io avevo
comunione con i GBU, lui stesso ha rotto la comunione perché non può condividere
la stessa fede con qualcuno che ha comunione con i GBU (se questo non è
fondamentalismo, dimmi una definizione diversa). Per quanto riguarda Marco
De Felice egli è un missionario italo-americano venuto in Italia con la
missione Team, da cui si è allontanato per «divergenze dottrinali» (io
vorrei sapere quali sono queste divergenze, giacché la missione TEAM è
fondamentalista). Se dunque, Fred Whitman ha comunione solo con i «Santuari» di
via Britannia e d’Isola di Gran Sasso e con Marco de Felice, significa che lui è
un Fondamentalista Battista, da cui noi prendiamo le distanze, non perché
lo vogliamo escludere, ma perché lui s’auto esclude.
In definitiva, il Fondamentalismo è una perniciosa concezione
teologico-filosofica che rende banale l’Evangelo e inibisce le coscienze di quei
compagni d’umanità, che stanno cercando spasmodicamente la salvezza, la quale
viene preclusa a loro da uno stile di vita evangelico gretto e grottesco.
Spero d’essere stato più chiaro e di non avere offeso nessuno, ma d’avere
evidenziato sommariamente quelle coordinate storico-teologiche che mettono in
risalto un complesso movimento evangelico fondamentalista che deve essere
rinnovato. Senza un rinnovamento, questo poliedrico movimento
evangelico fondamentalista rischia d’essere azzerato alla pari del movimento
liberale. {12-04-2010}
11. {Nicola
Martella}
▲
Vedo che qui stiamo
deviando dal tema principale, ossia quello di rappresentare il variegato
arcipelago battista in Italia. Quindi, penso che abbiamo discusso abbastanza
di fondamentalisti e conservatori, di etichette e otri vecchi. Penso che qui
mettiamo un punto finale su tale questione, tornando al tema: i variegato
arcipelago battista in Italia.
Premetto ancora una volta che ho simpatia con i propositi programmatici e
con molti punti del cosiddetto «Manifesto» dell’UBEIC/ACBI. In ogni modo, come
mostrerò qui di seguito, penso che un grande ostacolo a tale progetto sia
proprio l’atteggiamento di base di Paolo Brancè, il suo carattere impulsivo e
una certa dose di radicalismo o massimalismo (per non chiamarlo, a modo suo,
«fondamentalismo»), con cui presenta, in modo spesso assolutistico, le sue
opinioni e con cui divide, in qualche modo, buoni e cattivi (battisti,
fondamentalisti, persone specifiche, ecc.). Chi inizia un movimento, per
essere un aggregatore, deve avere certamente le idee chiare, ma deve mostrarsi
equilibrato, propositivo, idealista, innovativo, e, sì, clemente e
misericordioso. Dal lungo confronto, avuto con Paolo negli ultimi mesi, non
posso che confermare tale quadro complessivo.
In ogni modo, non si tratta qui di avere risentimenti, e le mie
precisazioni non sono motivate da ciò e non ho tempo per cose del genere. Io
dialogo volentieri con tutti e ritengo che non bisogna «buttare via il bambino
con tutta l’acqua sporca». Sminuire movimenti, come quello battista l’AEBI, i
battisti indipendenti, la chiesa «Berea» (via Britannia), Isola del Gran Sasso e
altri, soltanto perché non rientrano nel proprio schema (ammetto un po’
artificioso) «conservatore sì, fondamentalista no» (ambedue «etichette» e «otri»
estranei alle mie categorie), mi sembra un po’ pretestuoso e ideologico. Io
personalmente sono grato per ogni raggruppamento, battista o meno, che è
legato a una posizione rispettosa della Bibbia come Parola di Dio, che ha una
fede neotestamentaria (senza dottrine speciali di natura mistica, giudaista,
fatalista, ecc.) e una «teologia biblica» (assolutezza di Cristo, Bibbia,
grazia, fede, nuovo patto), che opera per la salvezza delle anime ed è attiva
per l’avanzamento del regno di Dio, di là se sono d’accordo con loro in tutti i
dettagli.
Se l’unico o preponderante criterio di discrimina è appunto «conservatore
sì, fondamentalista no» (categorie per me molto discutibili), allora ciò ha i
tratti di un’ideologia. E mi viene in mente quella massima che uso volentieri in
tali casi e che qui adatto: «Chi ha un martello conservatore in mano, vede tutti
come chiodi fondamentalisti»; mi viene in mente anche questo proverbio, che
adatto: «La lingua conservatrice batte, dove il dente fondamentalista duole». E
fare della propria soggettiva «conoscenza empirica» un criterio per
esercitare tale discrimina, mi pare molto arbitrario. Chi si è scottato una
volta, trema dinanzi a ogni fiammifero e non è sereno nelle sue analisi e
reazioni. A ogni «io l’ho vissuto» si possono contrapporre altri vissuti di
segno diverso. Qui arriviamo a una «teologia dell’esperienza», che spesso
è nostro motivo di dissenso verso altri. Trovo personalmente tutto ciò molto
poco, oltre che soggettivo e arbitrario. Qualcuno parlerebbe di «lana caprina».
Paolo si muove su uno strato di ghiaccio molto sottile nelle sue acribie
per mostrare presunte e fondamentali differenze fra fondamentalismo e
conservatorismo. Penso che ci vuole poco per ribaltare i termini e trovare
esempi contrari. Tali differenze vivono perlopiù nella mente di Paolo e non
nella realtà della maggior parte delle chiese, in cui tali termini non hanno
nessun significato, anzi non sono neppure conosciuti dalla stragrande
maggioranza delle persone. E tutto ciò per affermare che i «conservatori» sono
teologicamente migliori? Sono vecchi otri che non possono contenere vino nuovo!
Se la questione si riduce a un iperletteralismo dovuto a un una impropria
interpretazione dei «generi letterali», non ci vorrà molto per trovare
autori e predicatori «conservatori», che hanno le stesse pecche. Anzi, se
andassimo all’uso dell’AT nel NT, dovremmo squalificare, per certi versi, non
solo i «popolani senza istruzione… che erano stati con Gesù» (At 4,13),
ma anche il dotto Paolo (cfr. 2 Pt 3,15). Egli usò un iperletteralismo
incredibile, su cui basò tutto un ragionamento cristologico: «Ora, ad Abramo
furono fatte le promesse e alla sua discendenza. Egli non dice: “E alle
discendenze”, [quindi] di molte; ma di una [sola]: “E alla tua discendenza”, che
è Cristo» (Gal 3,16). Chiaramente io sono a favore di un’esegesi
contestuale rigorosa, rispettosa dei «generi letterari». Questo, però, non è
un criterio sufficiente per accreditare gli uni e screditare gli altri. Con tale
criterio non ci vuole molto per screditare non solo i cosiddetti «padri della
chiesa», ma anche Agostino, Calvino, Lutero, Melantone, tanti pietisti,
anabattisti e perfino molti autori conservatori, tra cui tanti battisti. In
tutti loro troviamo l’allegorizzazione di fatti concreti, discutibili tipologie
cristologiche e iperletteralismo. Dovremmo dichiararli tutti fondamentalisti.
Arriveremmo così alla paranoia. Per l’approfondimento rimando in Nicola Martella
(a cura di), Escatologia fra legittimità e abuso.
Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), specialmente alle sezioni: «Escatologia e primo
millennio», pp. 27-52; «Escatologia e secondo millennio», pp. 53-113.
Che ci siano «chiese [che] si dividono e [che] si prendono a calci per
quisquilie teologiche e [che] perdono il loro tempo come i loro antichi
predecessori scolastici che litigavano per un nonnulla», è certamente triste.
Faccio notare che neppure le chiese conservatrici sono esenti da ciò, visto in
tutto il mondo i battisti sono un arcipelago diviso in centinaia e centinaia di
sigle.
Quanto alle note autobiografiche, fa sempre piacere leggere il cammino
d’ognuno verso la verità. Anch’io ho un cammino simile, ma non è esso decisivo
qui. Non credo di avere problemi con chiunque mi assicuri: «Io sono un Cristiano
Battista per convinzione [invece] che per convenzione». Chiaramente chi fa
scelte consapevoli è da apprezzare; qui però il tema è un altro.
Non posso parlare per l’AEBI; sarebbe opportuno che lo facessero loro
direttamente. In questo, come in ogni problema, c’è il punto di vista dell’uno,
c’è quello dell’altro e poi c’è la realtà oggettiva. Se gli altri non si
esprimono, è difficile accettare una sincera valutazione di parte come tutta la
realtà oggettiva. Trovo fuorviante usare etichette come «utilitarismo», «privilegi»
e simili, quando si parla di chi non concorda con noi. Ognuno prima di decidere,
valuta ogni punto di vista. Posso immaginarmi che finora non hanno valutato il
progetto dell'UBEIC/ACBI come abbastanza credibile. Ma dovrebbero essere loro a
esprimersi.
Quanto alla «Unione delle chiese Bibliche», mi astengo dai giudizi. Anche
qui, per valutare tali «aneddoti spiacevoli», bisognerebbe ascoltare anche la
loro campana; ma qui sarebbe fuori tema. Quindi non ritengo neppure opportuni i
giudizi radicali (o massimalisti sì, fondamentalisti) di Paolo su tutti coloro
che non concordano con lui e la sua linea: «Unione… colonizzatrice», quelli
dell’AEBI «perdono l’identità battista», eccetera.
Anche Fred Whitman dovrebbe esprimere il suo punto di vista per
completare il puzzle. Dare del facile fondamentalista a chi non condivide
qualcosa con noi, mi sembra eccessivo e fuori luogo. Se questo è il modo di
procedere di Paolo, temo che farà scappare presto tutti e farà terra bruciata
intorno a sé e al suo progetto.
Lo stesso dicasi per Marco De Felice e la missione Team: non si
possono accettare giudizi così assoluti sugli altri, senza sentire l’altra
campana o senza che si citino chiari scritti altrui che documentano ciò. Così si
rischia di fare solo maldicenza. Non possiamo considerare avversari e
«fondamentalisti» tutti coloro, che non concordano col nostro progetto, come se
noi abbiamo tutte le ragioni per prendere le distanze da loro. Questo significa
dare al proprio progetto un valore esclusivista, per non dire altro, con
cui caratterizzare amici e avversari, Capuleti e Montecchi. È semplicemente
triste dare alla luce una propria creatura su tali premesse.
Paolo ridicolizza alla fine il fondamentalismo, definendolo «una
perniciosa concezione teologico-filosofica». Constato che la sua ideologia
non è migliore. Egli non è un proponitore positivo, ma uno che reagisce a
presunti spauracchi, che nessuno veramente comprenderà. Temo che con tali
premesse massimaliste, sì reazionarie, la sua «riforma» nasca storpia fin dalle
fasce. Lo ritengo un peccato. Così condanna la UBEIC/ACBI a diventare un’altra
«sigletta» dell’arcipelago battista. Spero che ci sia un cambiamento di rotta.
Paolo conclude parlando di ciò che dev’essere «rinnovato» e di «rinnovamento»,
che fa dipendere dalla sua riforma conservatrice, pena l’azzeramento. Devo
ammettere che io confido di più sull’opera rinnovatrice dello Spirito Santo, che
va di là da «etichette« e «otri». Un nuovo movimento, per riuscire, di là
dalle proprie caratteristiche peculiari, deve avere la capacità dialettica di
avere una certa osmosi — senza pretese colonizzatrici — verso tutti coloro che
possono essere compagni di via. Il «nuovo» è anche tale, perché si lascia
dietro «etichette» e «otri», oramai desueti, e propone gli antichi valori
biblici fondamentali con le categorie culturali correnti; così fecero tutti i
veri riformatori nella storia passata.
Come detto, il tema fondamentalismo e conservatorismo è orami più che saturo.
Costa tanto tempo e energie dover rispondere a questioni che, sebbene
interessanti, non mi edificano né ritengo che siano
veramente decisive per il rinnovamento dell’evangelismo italiano. Altri temi
e questioni reclamano la mia attenzione. Spero nella comprensione di Paolo.
12. {Volto
Digennaro}
▲
Caro fratello
Martella, Dio ci benedica! Devo confessarti che certe categorie come
«conservatori e fondamentalisti», «predestinazione e libero arbitrio» non
m’appassionano molto. In fondo nell’animo di un cristiano vi sono tutti questi
aspetti che sembrano in guerra tra loro, mentre l’uno arricchisce l’altro. Ma io
vivo in pace! {10-04-2010}
Ho apprezzato molto gli interventi e mi fa piacere che ancora s’apprezzi il
voler operare a «viso aperto», senza spaccare chiese e «raccogliere dove
altri hanno coltivato». Ritengo quest’ultimo un comportamento odioso. Un
particolare apprezzamento all’intervento di Giovanni Caltana.
Mi spiace molto per
la caduta di stile del pastore Brancè. Quello che ha detto, non ha nessuna
attinenza con l’argomento. E io, che sono un battista (conservatore), me ne
sento offeso. Nessuno ha il diritto di offendere i propri fratelli, solo per
delle vedute differenti. Spero che si scusi. {13-04-2010}