Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.

 

Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.

 

Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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IL VARIEGATO ARCIPELAGO BATTISTA ITALIANO

 

 a cura di Nicola Martella

 

Il contributo di un lettore, appartenente all’area delle Assemblee dei Fratelli, mi ha dato il modo di parlare del variegato arcipelago battista italiano. Egli prende posizione riguardo all’articolo « Fra conservatori e fondamentalisti». È interessante come egli veda le cose da esterno al mondo battista; non so neppure se abbia compreso appieno la distinzione fra «fondamentalisti» e «conservatori», che sta alla base del nome e della scelta dell’UBEIC. Proprio tutto ciò risulterà probabilmente singolare agli occhi dei fratelli dell’UBEIC. Lo stesso dicasi del suo modo singolare per qualcuno di chiamare «assemblee» le comunità battiste e valdesi, sebbene io preferisca il termine  «assemblea» a «chiesa», che è il termine greco ekklesia italianizzato. Di là da quest'ultimo dettaglio, alle questioni rilevanti sollevate da questo lettore do una mia prima risposta, lasciando ad altri l’occasione di entrare nella discussione, specialmente a Luciano Leoni e a Paolo Brancè, se vorranno intervenire; questa sarà nuovamente l’occasione per spiegare il loro punto di vista.

     Gli altri contributi inerenti al battismo mi sono arrivati nel tempo, indipendentemente gli uni dagli altri.

 

Qui di seguito parliamo dell'UBEIC, ma facciamo notare che, intanto, tale gruppo battista ha preso il nome di «CBI» (per i dettagli vedi UBEIC ).

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Pietro Calenzo

2. Nicola Martella

3. Giovanni M. Caltana

4. Pietro Calenzo

5. Giovanni M. Caltana

6. Fortuna Fico

7. Paolo Brancè

8. Nicola Martella

9. Pietro Calenzo

10. Paolo Brancè

11. Nicola Martella

12. Volto Digennaro

13. Luciano Leoni

14. Nicola Martella

15. Enzo Corsini

16.

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Pietro Calenzo}

 

Seguendo il tuo intendimento, caro Nicola, ci dovremmo chiamare solamente «cristiani», e fin qui nulla da eccepire, o «seguaci del Messia», Unto a Re, gloria a Dio. Non credo e non penso che la reazione d’un dilagante liberalismo teologico, che purtroppo ha notevoli escrescenze nel mondo riformato (di oggi), sia debellato, anzi il post-cristianesimo, nell’epoca nella quale viviamo, per alcuni versi sta divenendo sempre più sottile e pernicioso. Anche nel movimento pentecostale-carismofilo odierno l’approccio all’ecumenismo (o peggio al sincretismo) è sempre più insidioso (in particolare dalla 2a ondata fino alla cosiddetta benedizione di Toronto).

     Trovo che l’approccio del movimento battista conservatore sia, in ogni caso positivo, e degno d’apprezzamento, come tu stesso hai avuto modo di commentare. Che poi ci siano tracce di fondamentalismo anche nel cattolicesimo romano tridentino, questo è vero da un lato (storico); ma dall’altro, è pacifico osservare che tra quei pochi cattolici che ancora credono nella loro confessione, è molto arduo trovarne due che la pensino nello stesso modo, o che approvino o conoscano postille, codici e quant’altro delle loro gerarchie clericali, o che le seguano coscienziosamente «ad litteram».

     Personalmente, e qui concludo, non condivido l’ordine cultuale dei cari fratelli Battisti Fondamentalisti o Conservatori (in questo, personalmente, mi rifaccio, con più sincronia, alla nascita delle assemblee dei Fratelli); tuttavia, come te, caro Nicola, ringrazio il Signore per questi cari fratelli, sottolineando (personalmente) anche che in Italia esiste un’altra associazione d’assemblee battiste riformate, che sia nel campo dell’editoria sia nello studio d’argomenti biblici specifici (ad esempio la grazia sovrana di Dio, pedagogia cristiana, ecc.), stanno portando avanti un intenso e proficuo lavoro, bibliocentrico, davvero eccellente. Un caro abbraccio in Gesù il Cristo vivente. {18 dicembre 2009}

 

 

2. {Nicola Martella}

 

Mia identificazione con le chiese dei Fratelli aperte

     Io non ho detto che «ci dovremmo chiamare solamente “cristiani”», ma che io tra le tante sigle e designazioni preferisco proprio e specialmente quella. La possibilità di essere fraintesi c’è sempre, qualunque etichetta si sceglierà. Se qualcuno mi chiede più dappresso con quale tipo di cristianesimo mi identifico maggiorante, non ho difficoltà a chiarire che simpatizzo col cristianesimo congregazionalista che aderisce ai seguenti principi o alla seguente dichiarazione di fede: «Salvati per la sola grazia mediante la sola fede nel solo Cristo sulla base della sola Scrittura e alla sola gloria di Dio». In particolare aderisco alle «chiese dei Fratelli aperte», ossia a quelle che fanno dell’esegesi contestuale (e non di un catalogo di tradizioni dottrinali ed ecclesiali) la loro base di pensiero; come si vede, anche le Assemblee delle origini cercarono un’etichetta semplice, appunto «Fratelli» (ossia in Cristo), nella quale si potevano identificare tutti coloro che intendevano seguire Cristo secondo la «dichiarazione di fede» sopra menzionata. Essi mettevano enfasi sulla pluralità e sull’autonomia di gestione delle «Assemblee» e sul fatto che come «Movimento» non era un’entità o istituzione ben delineabile, chiusa e impermeabile.

 

UBEIC, fondamentalisti e conservatori

     Di là dagli aspetti condivisibili del contributo di tale lettore, esso farà probabilmente girare le budella ai fratelli dell’UBEIC per vari motivi. È vero che la loro proposta intenda essere un valido progetto alternativo al «liberalismo teologico» (FCEI e UCEBI), al «movimento pentecostale-carismofilo» (come il lettore lo chiama), agli approcci all’ecumenismo o al sincretismo religioso e al cattolicesimo romano. Il problema principale non è neppure solo se condividere l’ordine cultuale dei Battisti. Chiamarli «Battisti Fondamentalisti» (oltre che «Conservatori») è ciò che li farà trasalire dopo ben tre articoli, in cui mi sono confrontato con loro proprio sul tema «fondamentalismo e conservatorismo». Essi vogliono essere «conservatori» proprio perché non vogliono essere «fondamentalisti»; e in ciò vogliono distinguersi specialmente dalle Assemblee dei Fratelli e da altre chiese libere (anche battiste), che essi ritengono in toto fondamentaliste.

 

L’UBEIC e le chiese battiste riformate

     L’altro punto, che farà storcere loro la bocca, è menzionare qui le chiese battiste riformate, che sono diventate tali dopo il fallito pluridecennale tentativo di riformare (= calvinizzare) le Assemblee dei Fratelli. I fratelli dell’UBEIC intendono essere alternativi anche a loro, considerandoli riformati a tutti gli effetti con un’etichetta «battista»; in effetti hanno ragione per certi versi, visto che erano in origine Assemblee dei Fratelli o erano sorte spaccando comunità esistenti mediante il cuneo di una ideologia riformata, con cui intendevano trasformarle. Di là dal buon lavoro che tali chiese battiste riformate facciano o meno (non sta a me giudicarlo qui), l’UBEIC è nata proprio per non potersi identificare nel CERBI.

 

L’UBEIC e i restanti battismi

     Sebbene io non mi consideri, come ho già espresso, né fondamentalista né conservatore (tale era lo spirito dei primi Fratelli aperti), condivido molti punti del manifesto dell’UBEIC e simpatizzo con tali fratelli, aderendo alle loro preoccupazioni e ai loro aneliti nel panorama cristiano attuale. Essi vogliono reagire a una continua e progressiva liberalizzazione degli altri battisti (specialmente dell’UCEBI). D’altra parte intendono distinguersi anche dagli altri battisti, sorte da chiese missionarie (specialmente l’AEBI), che essi considerano fondamentaliste. Sinceramente è proprio tale polemica del loro essere «conservatori» contro l’essere «fondamentalisti» di altri battisti (alcune chiese libere e Fratelli) che non condivido.

     Tuttavia, devo ammettere che è nobile il loro agire alla luce del sole e senza sotterfugi (così hanno fatto per altro già i fratelli dell’AEBI, da cui quelli dell’UBEIC cercano però di distinguersi). Essi non hanno cercato di colonizzare un movimento o un gruppo di chiese esistente, ma hanno avviato un proprio progetto fin dall’inizio; inoltre sono stati pronti a dialogare con me e presumo con altri. Ciò li distingue chiaramente dai padri dell’attuale CERBI, che è diventata tale dopo un ambiguo e recondito progetto di colonizzazione e calvinizzazione del Movimento dei Fratelli, dopo pluridecennali aspre polemiche e dopo la susseguente scissione. È il caso di dire che la CERBI è nata, dopo acerbi conflitti scatenati da coloro che intendevano riformare le Assemblee.

     Ci sono anche vari «battisti di transito», che hanno manovrato le loro chiese prima in campo riformato e ora addirittura in quello presbiteriano, accettando così il pedobattismo. Mi fermo qui. Penso che i fratelli dell’UBEIC sapranno spiegare al meglio le loro posizioni (e sul loro sito lo hanno già fatto) e i motivi perché hanno ritenuto bene iniziare un progetto nuovo, che li distingue dagli altri battisti.

 

 

3. {Giovanni M. Caltana}

 

L’UCEBI che brutta fine ha fatto (!), come i loro compari valdesi del resto. L’Evangelo è stato sostituito, come nel resto del protestantesimo liberale, da un’ideologia a metà tra un generico buonismo ecumenico dei nobili sentimenti e una chiara militanza radical-chic, progressista e illuminista. {13-03-2010}

 

Nota redazionale: Qui il lettore prende posizione riguardo agli articoli di Paolo Brancè e particolarmente riguardo al seguente: «Differenze tra Proto-Battismo e UCEBI 3: Ancora congregazionalisti?». Lo stesso vale per il lettore che segue.

 

 

4. {Pietro Calenzo}

 

Una piccola e rapida premessa: come ebbe a dirmi Richard Kreider, un caro missionario battista statunitense, tantissimi anni addietro, il mondo battista mondiale è come un grande arancio, con molte e importanti diversificazioni. La più importante è quella tra l’ala liberale e quella fondamentalista (vi sono anche dei Battisti sabatisti).

     Da un punto di vista storico, il battismo trae le sue origini dalla visione di due grandi servitori del Signore, John Smith (1570-1612) e Thomas Helvys (1550-1616). La loro devozione al Signore fu tale che malvisti in patria dalla chiesa anglicana, emigrarono in Olanda. In tale nazione però non ebbero molto successo, tant’è che i seguaci dello Smith furono assorbiti dal movimento mennonita; mentre T. Helvys non condividendo l’approccio teologico mennonita, ritornò con gran rischio in patria.

     Ciò detto, come è stato ben documentato nell’articolo «Differenze tra Proto-Battismo e UCEBI 3: Ancora congregazionalisti?», citando affermazioni personali e olografe di questi due servi del Signore, il problema posto è un altro: le chiese battiste, che si riconoscono nell’Ucebi, sono oggidì congregazioniste? In riferimento all’ecclesiologia battista degli albori, si può ben dire che Smith e Helvys fossero congregazionalisti, poiché affermano nei loro scritti chiaramente il postulato di dette assemblee: pari dignità e autorità, nei rapporti con tutte quante le assemblee consorelle, poiché biblicamente dichiarano che dove c’è una convocazione da parte del Signore di più persone credenti, lì c’è l’ecclesia, con la biblica e corretta somministrazione o applicazione dei due ordinamenti del Signore. C’è da sottolineare ulteriormente che essi, così i loro successivi discepoli (come Henry Jacob), posero l’accento alla completa e più sana sottomissione a Gesù Cristo e alla sua Parola, come unica e fondamentale pietra angolare d’ogni assemblea cristiana. Possiamo dire la medesima cosa delle Assemblee Battiste che oggi si riconoscono nell’Unione Chiese Evangeliche Battiste Italiane (UCEBI) dal 1956? Non disconoscendo assolutamente che tra i membri di tale denominazione italiana ci siano tanti meravigliosi figli di Dio, risulta palese ed evidente che abbiano cessato d’essere assemblee congregazionaliste.

     Quanto alla struttura dell’Ucebi, notiamo che c’è un Comitato Esecutivo centrale, c’è un Collegio di Revisori e c’è un Collegio degli Anziani che di fatto, nel dirimere questioni o divergenze con pastori o singole assemblee affiliate, più che dare «raccomandazioni», sembrano diramare «ingiunzioni». I pastori (uomini e donne, circa cinquanta per una popolazione di credenti di circa cinquemila, più venticinquemila fra simpatizzanti e bambini) il più delle volte sono nominati direttamente dal Collegio degli Anziani su richiesta del Comitato Esecutivo; inoltre vi sono comitati regionali o di zona.

     Non entro nello specifico in merito a osservazioni personali sull’etica e sull’approccio da brividi che hanno alla Sacra Scrittura; tuttavia, una chiesa cessa d’essere strettamente congregazionalista allorquando sulla fonte del loro regolamento, organi di dirigenza, siano essi centrali o derivati, «consigliano» un candidato pastore per una determinata assemblea, comunità; o assemblee, che non si sottomettono agli indirizzi recepiti, possono essere esclusi dall’UCEBI. Non è certamente biblico affermare, come il regolamento delle assemblee Ucebi dichiara, che ci siano pastori a tempo pieno e non (pastori locali). Per dirimere tale questione, si noti che l’apostolo Paolo continuò anche a fare il tessitore, o gli apostoli Pietro e Giovanni erano pescatori. In tal modo annullano di fatto la scelta da parte d’ogni singola comunità o assemblea dei credenti spiritualmente più maturi per il ministero pastorale o d’anzianato, e di diaconia.

     Hanno un bel districarsi nel citare Bonhoeffer gli odierni apologeti di tali assemblee, che di fatto sono divenute in gran misura presbiteriane (oltre oceano si è soliti denominarle episcopali). Non Basta affermare che siamo tutti peccatori, per non ricevere la giusta disciplina e la riprensione biblica; e benché il fr. Tomasetto citi ed elogi il teologo martire tedesco, sarebbe più equilibrato e biblico aggiungere alla citazione dell’amato fratello martire Bonhoeffer quest’altra: «Solo chi crede obbedisce, e chi obbedisce mostra di credere». E ancora: «…e obbedisce a tutto l’Evangelo a caro prezzo con santo e devoto timore, dirigendo la propria vita con una conversione vissuta nella santificazione».

     Ultima osservazione. Come giustamente è stato asserito, l’Ucebi sembra mostrare tutto il suo futuro sviluppo, dichiarando la sua vicinanza o convergenza con le chiese valdo-metodiste, sebbene si differenzino dai Battisti dell’Ucebi per il pedobattesimo (che il Protobattismo o Veterobattismo rifiutò in modo vigoroso). {15-03-2010}

 

 

5. {Giovanni M. Caltana}

 

Ben vengano tutti i distinguo addotti, specie se riccamente e intelligentemente discussi e argomentati come viene fatto (come evangelici non bisogna essere a priori «rudemente anti-intellettuali»), ma temo sempre che, in buona fede e qualche volta anche a ragione, si finisca per vedere il dito piuttosto che la luna che si vuole indicare. Sono uno di quei pochi a cui ragionare di «etichette» intriga, pare utile e interessante, perché il nome fa capire molte cose di quello che nomina, e la questione non è affatto puramente formale ma anche sostanziale; basta però che il tutto non degeneri in una lotta tra fazioni, un po’ come quei partitini estremistici che si dividono tra loro per una virgola di differenza.

     La questione in palio, mi rendo conto che è di ben diverso tenore e dichiaro senza problemi di non essere minimamente addentro alla politica ecclesiologica dei diversi gruppi lungo i decenni precedenti. Tuttavia da «cristiano biblico», come mi sforzo d’essere, e dovendo percorrere un po’ di strada per raggiungere la mia comunità (in Italia, specie in diverse zone, questo fattore non va affatto disconosciuto) vedo che tra «il popolo di Dio», più che tra «gli addetti ai lavori», la differenza non viene perlopiù avvertita e anzi tutte le divisioni sono sentite con sofferenza.

     Personalmente, senza vantarmi minimamente, ma lo dico per esperienza, pur avendo alcune conoscenze in più della media, a causa dei miei studi, a livello storico e «teologico», dichiaro di riconoscermi senza troppe difficoltà in questo grande arcipelago di «cristiani biblici», anche se a sua volta è suddiviso in altri più piccoli (Fratelli, Battisti più o meno riformati o più o meno dispensazionalisti, adenominazionali e chiese libere che di fatto credono e operano nello stesso modo delle precedenti). Tuttavia, preferisco chiaramente distinguermi, da una parte, da tutte le sette pseudo-cristiane e le cosiddette «altre religioni» e, per quanto riguarda il mondo evangelico, in dialogo critico, e anche aspro, dai liberali e dai penteco-carismatici (almeno, per entrambi, quelli meno estremisti).

     I termini conservatore e fondamentalista credo che siano declinabili e declinati secondo diverse sensibilità; anche le parole hanno una storia, e basta mettersi d’accordo sul loro uso dato che possono definire le stesse cose in maniera diversa e vengono sono usati perlopiù per distinguersi piuttosto che in modo da affermare qualcosa. La fluidità (congregazionalista) di questo movimento — certamente plurale e variegato ma non troppo eterogeneo (evangelicale, a chi piace il termine, o di «cristianesimo confessante») — è il pregio contro tutti i denominazionalismi e dei confessionalismi troppo stringenti e partigiani, e alla fine velleitari, ciechi e, se posso, «tafazziani» [= masochistici, N.d.R.].

     Non voglio essere troppo ecumenico o sottostimare il valore e l’importanza della («sana») dottrina, ma vorrei appuntare l’attenzione sulle questioni irrinunciabili, che distinguono il vero seguace di Gesù Cristo e che, per quanto mi riguarda, sono i cinque «Sola» della Riforma [= sola Scrittura, solo Cristo, sola grazia, sola fede, solo la gloria di Dio, N.d.R.]. A ciò si aggiunga — dato che viviamo nella storia e non nell’iperuranio — la lotta contro tutte le filosofie umane che infestano il mondo soprattutto nella modernità (Illuminismo, Marxismo, Razzismo, anarco-liberalismo, scientismo) e nella post-modernità (edonismo, nichilismo e indifferentismo morale, evoluzionismo, freudismo, liberalismo teologico). Inoltre, c’è bisogno dell’Amoree, non ovviamente quello romantico e vacuo, ma il segno che, come disse il nostro Signore, Salvatore e Maestro, ci avrebbe distinto dagli altri, e che ci mantiene in comunione, come dice Paolo ai Romani, con il fratello più debole nella fede o con quello con cui possiamo essere in dissenso per questioni di coscienza. {09-04-2010}

 

 

6. {Fortuna Fico}

 

Tu, Nicola, scrivi sopra: «“Salvati per la sola grazia mediante la sola fede nel solo Cristo sulla base della sola Scrittura e alla sola gloria di Dio”. In particolare aderisco alle “chiese dei Fratelli aperte”, ossia a quelle che fanno dell’esegesi contestuale (e non d’un catalogo di tradizioni dottrinali ed ecclesiali) la loro base di pensiero; come si vede, anche le Assemblee delle origini cercarono un’etichetta semplice, appunto “Fratelli” (ossia in Cristo), nella quale si potevano identificare tutti coloro che intendevano seguire Cristo secondo la “dichiarazione di fede” sopra menzionata. Essi mettevano enfasi sulla pluralità e sull’autonomia di gestione delle “Assemblee” e sul fatto che come “Movimento” non era un’entità o istituzione ben delineabile, chiusa e impermeabile».

     Ecco, questo è il pensiero più bello, nella sua semplicità, non è un’appartenenza a una denominazione a dare la salvezza, ma il prezioso sangue di Gesù, e chiunque accetta questa verità è mio fratello! Grazie, Nicola, per questi tuoi interventi! Dio ti benedica! {09-04-2010}

 

 

7. {Paolo Brancè}

 

Cari fratelli, trovo compiacimento nel constatare reazioni simpatiche al dibattito sul fondamentalismo e sul conservatorismo, prendendo come spunto quello riguardante il battismo liberale dell’UCEBI e quello fondamentalista-conservatore di nuovi movimenti battisti e chiese battiste indipendenti. Già noi dell’UBEIC (da ora ACBI, Associazione di chiese battiste italiane) abbiamo evidenziato le importanti differenze tra fondamentalismo e conservatorismo nel dibattito con Nicola.

     Abbiamo detto che il termine «fondamentalismo» nella nostra società occidentale ha una connotazione estremamente negativa: esso equivale a integralismo, fanatismo, terrorismo. Tale termine richiama alla mente una concezione esclusivista della fede. I fondamentalisti sembrano essere i veri detentori della verità. (Ma di quale verità si tratta? La verità, di cui essi sembrano essere in possesso, non è solo il corpus dei principi costitutivi dell’evangelo, ma anche interpretazioni ininfluenti del testo sacro, su cui la Scrittura non è molto chiara. Ad esempio per rimanere nell’ambito delle chiese dei Fratelli, essi dibattono sulla venuta di Cristo prima o dopo il rapimento della chiesa. E qui si pone un altro problema: qual è la chiesa di Cristo, quelli che appartengono solo alla chiesa dei Fratelli o la chiesa invisibile? Queste sono dissertazioni sterili che non portano nessun vantaggio alla fede. E questo è il fondamentalismo: fare d’una interpretazione discutibilissima un assioma fondamentale…).

     Pietro Bolognesi predilige il termine fondamentalista al termine conservatore, chiamando neofondamentalisti tutti coloro che assumono atteggiamenti esclusivisti (essi si sentono i detentori della verità, la quale verità ha una connotazione più vasta di quella che riguarda i fondamenti della fede cristiana).

     Noi dell’ACBI ci dissociamo da questa sottile differenziazione, usando senza mezzi termini il termine «conservatore» perché esso ci rimanda alla difesa dei principi fondanti la fede cristiana (se vogliamo quelli messi in risalto dai «fundamentals», i dodici libriccini pubblicati dai due pastori battisti; o, se vogliamo essere più storici, ai fondamenti della fede cristiana così come sono stati riesumati dai Riformatori e dal separatismo inglese (tanto per intenderci dal battismo delle origini).

     Ora il battismo italiano odierno si è «affollato» con la nascita di nuove compagini ecclesiali. Per un verso, il battismo italiano era identificato fino a pochi anni fa con l’UCEBI, la cui storia risale all’ultimo trentennio del 19° secolo con la nascita delle prime chiese attraverso l’azione congiunta delle missioni battiste americana e inglese, entrambi conservatrici (i battisti dell’UCEBI hanno assunto la teologia liberale alla fine degli anni sessanta). Oggi c’è una reazione a questa defezione dei principi battisti delle origini, incarnata da due compagini nate quasi contemporaneamente:

     ■ 1) Il CERBI è nato il 25 aprile del 2006 ed è di tendenza calvinista.

     ■ 2) Il progetto UBEIC è nato all’inizio del 2009 e il suo scopo è quello di riunire tutte le forze evangeliche conservatrici battiste e di prassi battista.

 

Tali chiese sono quelle che non s’identificano con l’UCEBI, che ha rinnegato le sue origini battiste. Esse non s’identificano neppure con quelle del CERBI, pronunciatamente calvinista; queste ultime negano addirittura la data storica della nascita del primo battismo del 1609/1612 (c’è stata una polemica tra noi dell’UBEIC/ACBI e il CERBI, i cui contributi sono leggibili nei rispettivi siti: Il CERBI porta nei suoi documenti questo articolo: «1609, una data impropria» (www.cerbi.it), mentre nel nostro sito (www.ubeic.org) è pubblicata la nostra risposta: «Il Battismo delle origini, un grande evento storicamente databile».

     Tuttavia, c’è da dire che il CERBI non si può classificare come movimento squisitamente battista, perché sembra aver adottato alcune pratiche del calvinismo ginevrino (vedesi ad esempio l’organo decisionale «La Compagnia degli Anziani», che non è molto distante dalla ginevrina «Compagnia dei Pastori»). Inoltre, come giustamente è stato affermato da Nicola Martella, esso è il risultato d’una camaleontica trasformazione di chiese che prima appartenevano al pianeta delle Assemblee dei Fratelli. L’etichetta «battista» è qui un sostrato denominazionale per classificare queste chiese, altrimenti prive d’identità storica. Ma non credo che esse siano pienamente congregazionaliste. A me sembra che adottino un semicongregazionalismo, molto vicino al presbiterianesimo.

     Comunque sia, eccetto queste compagini non esistono altre realtà battiste conservatrici, se non quella dell’AEBI, che è una associazione provinciale tutta concentrata nel napoletano (ma sembra non avere una vera identità battista, tanto è vero che esse si associano con L’Unione delle Chiese Bibliche Cristiane, che non sono battisti (ma di prassi battista e fondamentalisti), perdendo proprio la loro identità battista.

     Credo che la sfida mossa all’UCEBI venga proprio dal neonato UBEIC/ACBI, che vuole conservare l’identità battista, difendendo i principi costitutivi dell’evangelo, ma ponendosi in dialogo-comunione con le forze evangeliche conservatrici e fondamentaliste, che vogliono rinunciare alla loro pretesa d’essere i veri detentori della veritàà.

     Una ultima cosa: nel panorama variegato battista esistono alcune chiese evangeliche battiste indipendenti, che sono in realtà fondamentaliste. Esse escludono dalla comunione tutti coloro che non hanno la loro visione ideologica (parlo ad esempio della chiesa battista di San Sisto (Perugia), il cui pastore è Fred Whitman, il quale frequenta solo i «santuari» di via Britannia a Roma e Isola del Gran Sasso; egli ha anche una stretta comunione con Marco de Felice. Quest’ultimo è conosciuto come un fanatico cultore della dottrina evangelica (che non ha niente a che fare con la sobria fede in Cristo, sintetizzata con l’assioma evangelico della salvezza per grazia a caro prezzo); egli ha rotto con la missione «Team», che pure è una missione fondamentalista.

     Da questo excursus abbastanza stringato spero che possa essere altro materiale, su cui riflettere e dibattere. Se qualcuno si sente offeso dalle mie dichiarazioni, non me ne voglia, perché non ho voluto offendere nessuno, ma essere molto vicino alle coordinate storico-teologiche. Un abbraccio fraterno. {10-04-2010}

 

 

8. {Nicola Martella}

 

Ringrazio Paolo Brancè per l’intervento, che gli avevo richiesto. Sono contento che l’acronimo UBEIC si sia trasformato in ACBI; avevo suggerito loro qualcosa del genere (p.es. UCLB, dove «U» stava per «Unione» ed «L» per «Libere»), chiedendo loro di rinunciare nella nomenclatura formale alla «C» di «Conservatore». [► La «C» conservatrice in UBEIC e i fondamentalisti]

     Del tema fondamentalismo – conservatorismo ne abbiamo parlato nell’articolo appena menzionato e in altri: «Conservatori fra Fundamentals ed Evangelicali», «Fra conservatori e fondamentalisti». Mi ha di nuovo sorpreso la frase «i fondamentalisti sembrano essere i veri detentori della verità». Faccio notare che basterebbe metterci «i conservatori» e citare i padri del battismo, per arrivare agli stessi risultati. Poi, l’inciso tra parentesi mi sembra un po’ una macchietta sulla chiesa dei Fratelli; non mi preme di difenderla, poiché ci poteva stare qualsiasi altra chiesa qui. Faccio notare che anche i battisti conservatori «dibattono sulla venuta di Cristo prima o dopo il rapimento della chiesa» e su quale sia la «chiesa di Cristo»; vorrei leggere qualche citazione eloquente, in cui esponenti di spicco dichiarano che la chiesa dei Fratelli sia l’unica vera chiesa esistente; a me tutto ciò è sconosciuto. Prendo perciò tale inciso come una macchietta.

     Per me come per altri, i termini fondamentalisti e conservatori sono solo sfumature dello stesso tema; se tenuti nel loro significato basilare, sono del tutto interscambiabili. Come detto però, io ho rinunciato volentieri ad ambedue queste etichette, ritenendo che il vino nuovo debba essere messo in otri nuovi. Ne abbiamo già discusso, quindi rimando agli articoli già citati.

     Conoscendo alcuni dei fondatori dell’AEBI e diversi fratelli di questo raggruppamento, non condivido l’analisi che Paolo Brancè fa di loro, per classificare i battisti italiani con una sorta di «bollino B-DOC» (Battisti di origine conservatrice o controllata, dato dall’UBEIC/ACBI). Penso che egli dovrebbe avere più rispetto verso di loro, visto che sono sorti relativamente molto tempo fa e non si sono identificati con l’UCEBI. Il fatto che si siano associate con «L’Unione delle Chiese Bibliche Cristiane», per non restare orfane, magari aspettando l’UBEIC/ACBI, non è un criterio che può valere. Faccio notare che anche Luciano Leoni e la sua chiesa sono associati con la MIE (Missione Evangelica per l’Europa, dove c’è tutto e il contrario di tutto); faccio anche notare che in Germania i «Fratelli aperti» e i Battisti conservatori sono federati insieme, senza smettere di essere tali. Le ragioni dell’UBEIC/ACBI non devono per forza essere messe in contrasto con quelle dell’AEBI, per avere un rilevante posto al sole nell’arcipelago battista italiano; anzi è preferibile un confronto rispettosoo e pacato fra loro.

     Ammetto che il ritorno sulla questione delle chiese che non «vogliono rinunciare alla loro pretesa d’essere i veri detentori della verità» e la pretesa che UBEIC/ACBI sia, in qualche modo, la vera «alternativa B-DOC», mi dispiace e, invece di appassionarmi, mi fa salire incresciosi timori. Desidererei toni più pacati, pretese più umili e proposte più praticabili, senza lotte per «bollini di autenticità» e senza vincitori e vinti nello schieramento dei «battisti biblici» (preferisco chiamarli così!). E dico questo proprio perché seguo da tempo con attese positive la nascita di un progetto di «battismo biblico» alternativo al «battismo liberale».

     Ammetto che sono rimasto allibito dalle accuse verso chiese evangeliche battiste indipendenti e specialmente verso quella di Perugia e verso Fred Whitman. Non conosco Marco de Felice; mi astengo sulla chiesa «Berea» (Roma), fondata da Bill Standridge, e sull’IBE di Isola del Gran Sasso. Visto tale atteggiamento, mi sembra che Paolo Brancè abbia una concezione del battismo abbastanza propria e che , come tale, richiede che tutti i battisti italiani vadano, da ora in poi, da lui e dall’UBEIC/ACBI per fare la «revisione» e per ottenere finalmente quello che ho chiamato «bollino B-DOC». Certo che tale nuova sigla battista non nasce proprio sotto i migliori auspici! Penso proprio che ci sarà molto da «riflettere e dibattere». Permettetemi una battuta finale: mi pare che il conservatore Paolo Brancè porti molti tratti di un esclusivismo battista «nudo e crudo», che formalmente si potrebbe chiamare a ragione «fondamentalismo».

     Sarebbe opportuno sapere se Luciano Leoni condivide tale analisi, visto che è l’altro cofondatore dell’UBEIC/ACBI.

 

 

9. {Pietro Calenzo}

 

Definirei il variegato arcipelago del movimento battista mondiale una costellazione; si veda al riguardo l’Enciclopedia delle Religioni Cesnur di Massimo Introvigne pp. 153-155; menziono pure i pareri dei miei grandi amici missionari battisti Richard Kreider e Thomas Heinze (ambedue della Consevative Foreign Mission) e di Tim Hall d’Aprilia. In base a ciò, è di lodevole apprezzamento il progetto, la nascita e la crescita di questa nuova realtà battista Italiana dell’UBEIC dei cari fratelli Leoni e Brancè.

     Il punto più interessante è che questi due cari servitori del Signore si definiscono conservatori e non fondamentalisti. Il che mi pare una questione di lana caprina, poiché nella redazione del loro commento, inviato al fratello Nicola, citano il teologo o storico Enzo Pace, che non mi sembra imbrocchi la via giusta, allorquando afferma che i fondamentalisti (al contrario dei conservatori) in qualsiasi ambito religioso credano, malgrado «la astoricità della verità del libro che la contiene»; questa è una dicotomia di negazione implicita, poiché la verità spirituale in quanto tale non può mai essere scissa dal contesto storico, dal quale anzi ne trae la sua piena linfa e valenza propositiva.

     Altro punto controverso è che il battismo in generale sia stato un movimento di risveglio antesignano. È vero che alcuni credenti battisti (già citati in altro commento) furono fautori di tali revival, ma è pur vero che in molti altri ambiti del luteranesimo d’origine pietista e dell’anglicanesimo (vedi Darby, Müller, e ancora Ludwig Nicholas Zinzendorf, Philip Jacob Spener, e il gruppo dei Brethren di Alexander Mack, da non confondersi con le assemblee dei Fratelli), vi furono credenti che accesero tante anime.

     Un altro fattore esclusivista che i fratelli Leoni e Brancè affermano, è che il battismo sia stata una o la fucina più importante del congregazionalismo. Prima di fare qualsiasi commento, tengo a precisare che mi riconosco nella Assemblee dei Fratelli e che ho visitato o avuto direttamente comunione con almeno quattro entità di diverse denominazioni o entità battiste; non dimentichiamo, ad esempio, le Associazioni Battiste Riformate Italiane (ARBI), le AMBI, ossia i battisti conservatori molto fiorenti nel napoletano, e i battisti che si riconoscono nel Patto di Losanna, oltre alle più note UCEBI e agli Studenti Universitari per Cristo del Campus Crusade. Detto questo, non mi pare di poter definire o intuire nel programma gustativo delle UBEIC un forte spirito di congregazionalismo, ma piuttosto di presbiterianesimo, come lo è in tutte le entità battiste nel mondo. Non mi paiono storicamente sufficienti i rimandi ai mennoniti o agli anabattisti (dei quali ultimi, tra l’altro, tutto il battismo mondiale  — al di là di qualche gruppuscolo minoritario — non si richiama più né s’identifica).

     Ultima osservazione, sulla collocazione storica o sulla genesi del movimento conservatore. I fratelli Leone Luciano e Paolo Brancè definiscono il termine «conservatore» di moderna coniazione. Tuttavia, già in tempi anteriori, il sostantivo era in notevole uso in accezione politica e spirituale, ad esempio tra Tory e Labour. Nel 19° secolo o agli inizi del ventesimo secolo, gli stessi Charles Haddon Spurgeon e Benjamin Warfield, perché si differenziavano dalla posizione liberal dei loro confratelli, erano tacciati d’essere conservatori; o ancora, per esempio, Bob Jones senior e Jack Wryzen, i precettori del noto (e sempre più ecumenico) Billy Graham (si legga la sua autobiografia «Così come sono»), furono tacciati anch’essi di conservatorismo; lo stesso dicasi del fratello Martin LLoyd Jones, che venne definito il «dottore» per antonomasia.

     Al di là di tale non condivisione, dei carissimi fratelli dell’UBEIC bisogna tuttavia da appezzare l’aver sottolineato il «Vangelo a caro prezzo» e il loro antiecumenismo che, lungi dall’essere settario, è però (come loro affermano) contro ogni manipolazione della Parola di Dio; essi sottolineano la loro devozione a una vita di fede vivente che è tutt’altro che «una pura adesione alla dottrina cristiana, come una generale conoscenza della religione intellettuale, che di per sé non è obbedienza a Cristo». Al contrario, il credente è spinto da Dio a «donare come segno di gratitudine, tutto se stesso, come conseguenza della libertà in Cristo».

     Concordo con il fratello Nicola (per rispondere anche e in primo luogo alla questione aperta dal caro lettore) che storicamente conservatorismo e fondamentalismo sono due concetti distinti e distinguibili, ma nella prassi molto spesso i due concetti s’intersecano e si sovrappongono. Io da membro delle Assemblee dei Fratelli non mi permetterai mai, ad esempio, come invece afferma la chiesa romana, di sancire che non c’è salvezza all’infuori della propria confessione o del proprio culto, poiché questo è fondamentalismo e del più sinistro. Eppure, ti posso assicurare che, giorni fa, ho fatto amicizia su Facebook con un caro fratello che si definisce evangelico fondamentalista. Tale fratello, però, non si sarebbe mai potuto definire fondamentalista, secondo quanto asserito sopra da Paolo Brancè, altrimenti avrebbe asserito che solamente nella sua denominazione c’è salvezza... cosa, che tale fratello non ha mai affermato né creduto. Sarebbe più corretto biblicamente definirsi «cristiani» o «seguaci di Gesù Messia», l’Unto a Re.

     Ai cari fratelli Leoni e Brancè, le più care benedizioni in questa fase di gestazione del loro gruppo battista e di slancio per servire il Signore. Con tanta, tanta simpatia nel Messia Gesù, Unto Re. {11-04-2010}

 

 

10. {Paolo Brancè}

 

Caro Nicola, innanzitutto voglio esprimere le mie scuse se tu o qualcun altro si è sentito toccato in malo modo dalle mie dichiarazioni. Tuttavia, alla fine del mio intervento avevo già previsto qualche risentimento, soprattutto da parte tua riguardo alcune dichiarazioni sull’AEBI e su alcune chiese battiste indipendenti e la «macchietta» sulle chiese dei Fratelli. Non era mio intento quello di provocare risentimenti, ma, come ho già sottolineato, il mio intento era quello d’evidenziare una analisi storico-teologica che io conosco di persona, al di là d’un astratto concettualismo teologico. Non mi sarei mai permesso di fare dichiarazioni, citando esplicitamente movimenti e persone fisiche, se non avessi avuto una conoscenza empirica intorno a sopracitati movimenti e persone fisiche. A questo punto è doveroso fare alcune più dettagliate precisazioni affinché vengano fugate le incomprensioni emerse dalle tue dichiarazioni.

     In primo luogo desidero che sia chiaro la differenza teologica tra fondamentalismo e conservatorismo. Anche se per qualcuno sembra esserci una sottile linea di demarcazione, in realtà essa è più marcata di quanto si pensi. Infatti, è stato spesso ribadito che il fondamentalismo teologico si differenzia dal conservatorismo teologico per la enfasi che viene data dai fondamentalisti a questioni, che sono secondarie e discutibilissime e che vengono fatte passare come questioni fondamentali che intaccano la salvezza. Questo punto deve essere chiaro. Se s’invoca una teologia conservatrice la ragione sta nel fatto che esistono movimenti e chiese che travalicano il confine posto dai dogmi precipui e inoppugnabili contro altri che sono vaghi, acritici e deboli convinzioni personali, dettati da una lettura estremamente letterale della Scrittura. Se vengono sconosciuti i generi letterali, si prendono delle grosse cantonate (le «macchiette» di cui tu parli riguardo le Chiese dei Fratelli, ma potrei citare le Chiese pentecostali nel suo pittoresco organigramma, le Chiese di Cristo, le Chiese del Nazareno, le Chiese calviniste con la loro teologia restrittiva della salvezza, sono quelle per cui le chiese si dividono e si prendono a calci per quisquilie teologiche e perdono il loro tempo come i loro antichi predecessori scolastici che litigavano per un nonnulla).

     In secondo luogo, e questo si rivela come una dichiarazione autobiografica, io non sono «Battista per nascita» né per una adesione al battismo per acquisizione, perché qualcuno tra gli evangelici battisti mi ha fatto conoscere l’evangelo e con esso il movimento battista. Io sono stato convertito dal Signore, quando ero ancora all’interno della ideologia cattolica. Non ho conosciuto nessuno degli evangelici, che ha pilotato la mia conversione. La mia conversione è avvenuta all’interno del mondo cattolico. Il mio iter spirituale è stato contrassegnato da un cammino rigorosamente personale, che mi ha portato ad aderire all’evangelismo confessionale, distinto dal confessionalismo cattolico, per convinzione (dovute alle mie scoperte teologiche, [invece] che come risultato d’un stringente discorso intellettualistico sulla fede evangelica). Questo significa che se oggi mi definisco «Cristiano Battista» perché mi sono appropriato di categorie teologiche distintive rispetto al variegato universo evangelico. Io sono un Cristiano Battista per convinzione [invece] che per convenzione. Dunque difendo la specificità evangelica battista come io l’ho scoperta. Può darsi che l’indomani sarò un cristiano che s’appiccica su di sé un altro nomignolo che rispecchia le sue sopraggiunte scoperte. Ma per adesso sono un Cristiano Battista. E questo quanto basta. Quanti sono i credenti che si definiscono come appartenenti a una denominazione e non sanno neppure che cosa essa significhi.

     In terzo luogo, permettimi di dissentire dalle tue dichiarazioni. Innanzitutto, per quanto riguarda l’AEBI. Noi siano stati in contatto da diverso tempo e sembrava che loro volessero condividere con noi il nostro programma teologico così come è stato dichiarato nel Manifesto. Nell’ultimo periodo vi è stata un ripensamento, dettato dalla logica dell’utilitarismo [invece] che da quello squisitamente evangelico di combattere le difficoltà anche a mettere in discussione i propri privilegi. Entrando a far parte delle «Unione delle chiese Bibliche», loro rinunciano alla loro identità storica per entrare in un movimento privo d’identità storica. Io conosco diverse chiese di questa «Unione» e sono discutibili per la loro azione più colonizzatrice che evangelizzatrice. Sono dirette dalla «Freie Missionsgemiende», una Missione svizzera fondamentalista, con cui io ho avuto a che fare personalmente e non è il caso di raccontare alcuni aneddoti spiacevoli di queste chiese in questa sede. Comunque sia, essi perdono l’identità battista. Per quanto riguarda la citazione di Fred Whitman, non indietreggio, perché anche con lui abbiamo avuto un bel dialogo, avente la finalità di poter condividere insieme la strategia dell’UBEIC/CBI. Ma quando lui ha saputo che io avevo comunione con i GBU, lui stesso ha rotto la comunione perché non può condividere la stessa fede con qualcuno che ha comunione con i GBU (se questo non è fondamentalismo, dimmi una definizione diversa). Per quanto riguarda Marco De Felice egli è un missionario italo-americano venuto in Italia con la missione Team, da cui si è allontanato per «divergenze dottrinali» (io vorrei sapere quali sono queste divergenze, giacché la missione TEAM è fondamentalista). Se dunque, Fred Whitman ha comunione solo con i «Santuari» di via Britannia e d’Isola di Gran Sasso e con Marco de Felice, significa che lui è un Fondamentalista Battista, da cui noi prendiamo le distanze, non perché lo vogliamo escludere, ma perché lui s’auto esclude.

     In definitiva, il Fondamentalismo è una perniciosa concezione teologico-filosofica che rende banale l’Evangelo e inibisce le coscienze di quei compagni d’umanità, che stanno cercando spasmodicamente la salvezza, la quale viene preclusa a loro da uno stile di vita evangelico gretto e grottesco.

     Spero d’essere stato più chiaro e di non avere offeso nessuno, ma d’avere evidenziato sommariamente quelle coordinate storico-teologiche che mettono in risalto un complesso movimento evangelico fondamentalista che deve essere rinnovato. Senza un rinnovamento, questo poliedrico movimento evangelico fondamentalista rischia d’essere azzerato alla pari del movimento liberale. {12-04-2010}

 

 

11. {Nicola Martella}

 

Vedo che qui stiamo deviando dal tema principale, ossia quello di rappresentare il variegato arcipelago battista in Italia. Quindi, penso che abbiamo discusso abbastanza di fondamentalisti e conservatori, di etichette e otri vecchi. Penso che qui mettiamo un punto finale su tale questione, tornando al tema: i variegato arcipelago battista in Italia.

     Premetto ancora una volta che ho simpatia con i propositi programmatici e con molti punti del cosiddetto «Manifesto» dell’UBEIC/ACBI. In ogni modo, come mostrerò qui di seguito, penso che un grande ostacolo a tale progetto sia proprio l’atteggiamento di base di Paolo Brancè, il suo carattere impulsivo e una certa dose di radicalismo o massimalismo (per non chiamarlo, a modo suo, «fondamentalismo»), con cui presenta, in modo spesso assolutistico, le sue opinioni e con cui divide, in qualche modo, buoni e cattivi (battisti, fondamentalisti, persone specifiche, ecc.). Chi inizia un movimento, per essere un aggregatore, deve avere certamente le idee chiare, ma deve mostrarsi equilibrato, propositivo, idealista, innovativo, e, sì, clemente e misericordioso. Dal lungo confronto, avuto con Paolo negli ultimi mesi, non posso che confermare tale quadro complessivo.

     In ogni modo, non si tratta qui di avere risentimenti, e le mie precisazioni non sono motivate da ciò e non ho tempo per cose del genere. Io dialogo volentieri con tutti e ritengo che non bisogna «buttare via il bambino con tutta l’acqua sporca». Sminuire movimenti, come quello battista l’AEBI, i battisti indipendenti, la chiesa «Berea» (via Britannia), Isola del Gran Sasso e altri, soltanto perché non rientrano nel proprio schema (ammetto un po’ artificioso) «conservatore sì, fondamentalista no» (ambedue «etichette» e «otri» estranei alle mie categorie), mi sembra un po’ pretestuoso e ideologico. Io personalmente sono grato per ogni raggruppamento, battista o meno, che è legato a una posizione rispettosa della Bibbia come Parola di Dio, che ha una fede neotestamentaria (senza dottrine speciali di natura mistica, giudaista, fatalista, ecc.) e una «teologia biblica» (assolutezza di Cristo, Bibbia, grazia, fede, nuovo patto), che opera per la salvezza delle anime ed è attiva per l’avanzamento del regno di Dio, di là se sono d’accordo con loro in tutti i dettagli.

     Se l’unico o preponderante criterio di discrimina è appunto «conservatore sì, fondamentalista no» (categorie per me molto discutibili), allora ciò ha i tratti di un’ideologia. E mi viene in mente quella massima che uso volentieri in tali casi e che qui adatto: «Chi ha un martello conservatore in mano, vede tutti come chiodi fondamentalisti»; mi viene in mente anche questo proverbio, che adatto: «La lingua conservatrice batte, dove il dente fondamentalista duole». E fare della propria soggettiva «conoscenza empirica» un criterio per esercitare tale discrimina, mi pare molto arbitrario. Chi si è scottato una volta, trema dinanzi a ogni fiammifero e non è sereno nelle sue analisi e reazioni. A ogni «io l’ho vissuto» si possono contrapporre altri vissuti di segno diverso. Qui arriviamo a una «teologia dell’esperienza», che spesso è nostro motivo di dissenso verso altri. Trovo personalmente tutto ciò molto poco, oltre che soggettivo e arbitrario. Qualcuno parlerebbe di «lana caprina».

     Paolo si muove su uno strato di ghiaccio molto sottile nelle sue acribie per mostrare presunte e fondamentali differenze fra fondamentalismo e conservatorismo. Penso che ci vuole poco per ribaltare i termini e trovare esempi contrari. Tali differenze vivono perlopiù nella mente di Paolo e non nella realtà della maggior parte delle chiese, in cui tali termini non hanno nessun significato, anzi non sono neppure conosciuti dalla stragrande maggioranza delle persone. E tutto ciò per affermare che i «conservatori» sono teologicamente migliori? Sono vecchi otri che non possono contenere vino nuovo!

     Se la questione si riduce a un iperletteralismo dovuto a un una impropria interpretazione dei «generi letterali», non ci vorrà molto per trovare autori e predicatori «conservatori», che hanno le stesse pecche. Anzi, se andassimo all’uso dell’AT nel NT, dovremmo squalificare, per certi versi, non solo i «popolani senza istruzione… che erano stati con Gesù» (At 4,13), ma anche il dotto Paolo (cfr. 2 Pt 3,15). Egli usò un iperletteralismo incredibile, su cui basò tutto un ragionamento cristologico: «Ora, ad Abramo furono fatte le promesse e alla sua discendenza. Egli non dice: “E alle discendenze”, [quindi] di molte; ma di una [sola]: “E alla tua discendenza”, che è Cristo» (Gal 3,16). Chiaramente io sono a favore di un’esegesi contestuale rigorosa, rispettosa dei «generi letterari». Questo, però, non è un criterio sufficiente per accreditare gli uni e screditare gli altri. Con tale criterio non ci vuole molto per screditare non solo i cosiddetti «padri della chiesa», ma anche Agostino, Calvino, Lutero, Melantone, tanti pietisti, anabattisti e perfino molti autori conservatori, tra cui tanti battisti. In tutti loro troviamo l’allegorizzazione di fatti concreti, discutibili tipologie cristologiche e iperletteralismo. Dovremmo dichiararli tutti fondamentalisti. Arriveremmo così alla paranoia. Per l’approfondimento rimando in Nicola Martella (a cura di), Escatologia fra legittimità e abuso. Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), specialmente alle sezioni: «Escatologia e primo millennio», pp. 27-52; «Escatologia e secondo millennio», pp. 53-113.

     Che ci siano «chiese [che] si dividono e [che] si prendono a calci per quisquilie teologiche e [che] perdono il loro tempo come i loro antichi predecessori scolastici che litigavano per un nonnulla», è certamente triste. Faccio notare che neppure le chiese conservatrici sono esenti da ciò, visto in tutto il mondo i battisti sono un arcipelago diviso in centinaia e centinaia di sigle.

     Quanto alle note autobiografiche, fa sempre piacere leggere il cammino d’ognuno verso la verità. Anch’io ho un cammino simile, ma non è esso decisivo qui. Non credo di avere problemi con chiunque mi assicuri: «Io sono un Cristiano Battista per convinzione [invece] che per convenzione». Chiaramente chi fa scelte consapevoli è da apprezzare; qui però il tema è un altro.

     Non posso parlare per l’AEBI; sarebbe opportuno che lo facessero loro direttamente. In questo, come in ogni problema, c’è il punto di vista dell’uno, c’è quello dell’altro e poi c’è la realtà oggettiva. Se gli altri non si esprimono, è difficile accettare una sincera valutazione di parte come tutta la realtà oggettiva. Trovo fuorviante usare etichette come «utilitarismo», «privilegi» e simili, quando si parla di chi non concorda con noi. Ognuno prima di decidere, valuta ogni punto di vista. Posso immaginarmi che finora non hanno valutato il progetto dell'UBEIC/ACBI come abbastanza credibile. Ma dovrebbero essere loro a esprimersi.

     Quanto alla «Unione delle chiese Bibliche», mi astengo dai giudizi. Anche qui, per valutare tali «aneddoti spiacevoli», bisognerebbe ascoltare anche la loro campana; ma qui sarebbe fuori tema. Quindi non ritengo neppure opportuni i giudizi radicali (o massimalisti sì, fondamentalisti) di Paolo su tutti coloro che non concordano con lui e la sua linea: «Unione… colonizzatrice», quelli dell’AEBI «perdono l’identità battista», eccetera.

     Anche Fred Whitman dovrebbe esprimere il suo punto di vista per completare il puzzle. Dare del facile fondamentalista a chi non condivide qualcosa con noi, mi sembra eccessivo e fuori luogo. Se questo è il modo di procedere di Paolo, temo che farà scappare presto tutti e farà terra bruciata intorno a sé e al suo progetto.

     Lo stesso dicasi per Marco De Felice e la missione Team: non si possono accettare giudizi così assoluti sugli altri, senza sentire l’altra campana o senza che si citino chiari scritti altrui che documentano ciò. Così si rischia di fare solo maldicenza. Non possiamo considerare avversari e «fondamentalisti» tutti coloro, che non concordano col nostro progetto, come se noi abbiamo tutte le ragioni per prendere le distanze da loro. Questo significa dare al proprio progetto un valore esclusivista, per non dire altro, con cui caratterizzare amici e avversari, Capuleti e Montecchi. È semplicemente triste dare alla luce una propria creatura su tali premesse.

     Paolo ridicolizza alla fine il fondamentalismo, definendolo «una perniciosa concezione teologico-filosofica». Constato che la sua ideologia non è migliore. Egli non è un proponitore positivo, ma uno che reagisce a presunti spauracchi, che nessuno veramente comprenderà. Temo che con tali premesse massimaliste, sì reazionarie, la sua «riforma» nasca storpia fin dalle fasce. Lo ritengo un peccato. Così condanna la UBEIC/ACBI a diventare un’altra «sigletta» dell’arcipelago battista. Spero che ci sia un cambiamento di rotta.

     Paolo conclude parlando di ciò che dev’essere «rinnovato» e di «rinnovamento», che fa dipendere dalla sua riforma conservatrice, pena l’azzeramento. Devo ammettere che io confido di più sull’opera rinnovatrice dello Spirito Santo, che va di là da «etichette« e «otri». Un nuovo movimento, per riuscire, di là dalle proprie caratteristiche peculiari, deve avere la capacità dialettica di avere una certa osmosi — senza pretese colonizzatrici — verso tutti coloro che possono essere compagni di via. Il «nuovo» è anche tale, perché si lascia dietro «etichette» e «otri», oramai desueti, e propone gli antichi valori biblici fondamentali con le categorie culturali correnti; così fecero tutti i veri riformatori nella storia passata.

     Come detto, il tema fondamentalismo e conservatorismo è orami più che saturo. Costa tanto tempo e energie dover rispondere a questioni che, sebbene interessanti, non mi edificano né ritengo che siano veramente decisive per il rinnovamento dell’evangelismo italiano. Altri temi e questioni reclamano la mia attenzione. Spero nella comprensione di Paolo.

 

 

12. {Volto Digennaro}

 

Caro fratello Martella, Dio ci benedica! Devo confessarti che certe categorie come «conservatori e fondamentalisti», «predestinazione e libero arbitrio» non m’appassionano molto. In fondo nell’animo di un cristiano vi sono tutti questi aspetti che sembrano in guerra tra loro, mentre l’uno arricchisce l’altro. Ma io vivo in pace! {10-04-2010}

 

 

13. {Luciano Leoni}

 

Sono lieto di vedere questo interesse di fronte a questo progetto per riunire chiese di prassi battista in un ambito che sia rispettoso della Parola di Dio. Come sanno molti di coloro che mi conoscono, non m’offendo affatto se vengo appellato come «fondamentalista». Lo sono. Ma lo sono nel termine che abbiamo descritto nei precedenti confronti su questo sito, secondo quello spirito che animò gli ormai noti «The Fundamentals». Ecco il motivo per il quale si preferisce il termine «conservatore». Tutti sappiamo (almeno lo spero…) che le «etichette» non salvano e che esse possono rimanere solo sterili e sbiaditi «stendardi», logorati dal «vento» delle ideologie. Pertanto, personalmente, non mi si «girano le budella» (J) quando, conoscendo il significato originario, vengo chiamato «fondamentalista», seppure, per evitare equivoci, preferisco «conservatore».

     Riguardo «l’ordine cultuale», citato dal fratello Pietro, non posso che ribadire che, quando l’ordine del culto non è contrario alla Parola di Dio, ma a essa s’attiene e si svolge con ordine e decoro, esso è lecito, che si svolga nelle forme tipiche sia d’una «Assemblea dei Fratelli» che d’una «Chiesa battista» o d’altro tipo. Una sola raccomandazione: facciamo attenzione a non gettare il bambino insieme all’acqua sporca, quando pensiamo all’ordine del culto.

     Ho apprezzato molto gli interventi e mi fa piacere che ancora s’apprezzi il voler operare a «viso aperto», senza spaccare chiese e «raccogliere dove altri hanno coltivato». Ritengo quest’ultimo un comportamento odioso. Un particolare apprezzamento all’intervento di Giovanni Caltana.

     Le affermazioni che ha fatto il fratello Paolo Brancè sono affermazioni personali e attengono a personali esperienze che hanno lasciato, in lui, delle ferite profonde e per le quali comprendo il suo sfogo. Con molto senso della responsabilità, il fratello Paolo ha accettato di fare queste dichiarazioni e di confrontarsi nel merito con gli interessati. Tuttavia non lo condivido.

     Ritengo le Chiese dei Fratelli una delle presenze evangeliche più sane nel panorama Italiano e ringrazio Dio per la loro presenza. Mi spiace per la loro mancanza di coordinamento, ma sono certo che operino per il meglio.

     Non condivido la scelta dei fratelli del comprensorio napoletano (leggi AEBI), con i quali avevamo intrapreso un dialogo per una «unificazione» (anche accettando di sfruttare la già esistente associazione AEBI), e che poi hanno deciso diversamente abdicando alla loro evidente identità battista, ma è una libera scelta e va rispettata. Sono certo che, comunque, opereranno alla sola gloria di Dio e per questo prego.

     Apprezzo e stimo il lavoro del centro battista di Perugia, soprattutto il ministero radiofonico (Radio Luce), del quale sul nostro sito è possibile trovare un link permanente. Certo, non posso condividere la visione estremamente «esclusiva», che denota un comportamento legato a una sorta di «presunzione» d’essere i «pieni detentori» della verità in aperto contrasto con il nostro «Manifesto», ma non per questo posso escludere collaborazioni o comunione d’intenti, qualora a loro fosse gradito (lo voglia Dio…).

     In ultimo la MIE. Credo di non essere ancora riuscito a spiegare in modo corretto che la MIE è una associazione di chiese «libere, autonome e indipendenti», che si propone come utile strumento d’interfaccia tra le amministrazioni pubbliche e le chiese che non trovano spazio (per propria o altrui volontà) nelle «denominazioni» e che non vogliono rimanere isolate. Ritengo il servizio reso dalla MIE un «ottimo servizio», soggetto come a tutte le associazioni a possibilità di miglioramento; è, tuttavia, comunque, una presenza utile nel mondo evangelico Italiano. {13-04-2010}

 

 

14. {Nicola Martella}

 

Sono lieto che Luciano Leoni abbia preso la parola e per i suoi toni più pacati e concilianti. Condivido le sue scelte propositive e non in contrasto col resto del mondo evangelico, battista o meno. Infatti, non possiamo pretendere che tutti salgano sul nostro carro, e non per questo sono da considerare squalificati o avversari, visto che possiamo averli come compagni di via in altro modo. Sulle «etichette» non ci ritorno.

     Sull’«ordine cultuale», ogni chiesa locale è autonoma nell’organizzarsi come meglio crede, sulla base delle direttive chiare del nuovo patto; per questo siamo congregazionalisti.

     Quanto alle affermazioni di Paolo Brancè, sono contento che esse non rispecchiano né il pensiero di Luciano né quello ufficiale del loro movimento in formazione. Da fratello e curatore d’animo, però, consiglio che lui risolva le sue «ferite profonde» e i suoi risentimenti, prima che si metta ad avviare un tale ambizioso progetto. Infatti sarà lì che il diavolo farà continuamente leva, per farlo reagire nella carne; e ciò sarà a danno suo, dell’opera del Signore e dell’UBEIC/ACBI in particolare. Mi riservo di intervenire in merito con un articolo extra riguardo all’animo ferito di un conduttore.

     Apprezzo l’equilibrio con cui Luciano valuta le altre componenti del panorama ecclesiale simile al battisti del proprio progetto, e questo di là dalle eventuali differenze: Chiese dei Fratelli, l’AEBI del Napoletano, centro battista di Perugia la loro «Radio Luce», ecc. Vedo che trova parole per rendere apprezzabile perfino la MIE. Ha tutta la mia stima per questo atteggiamento mentale.

 

 

15. {Enzo Corsini}

 

Mi spiace molto per la caduta di stile del pastore Brancè. Quello che ha detto, non ha nessuna attinenza con l’argomento. E io, che sono un battista (conservatore), me ne sento offeso. Nessuno ha il diritto di offendere i propri fratelli, solo per delle vedute differenti. Spero che si scusi. {13-04-2010}

 

 

16. {}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Arcipelago_battista_UnV.htm

06-04-2010; Aggiornamento: 14-04-2010

 

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