Nei catechismi delle denominazioni, che usano
immagini sacre e la loro venerazione, viene spesso usato come argomento la
presenza dei cherubini sull’arca del patto nel luogo santissimo del santuario
d’Israele. Qui di seguito, io e Pietro Calenzo, che mi ha interpellato,
cominciamo una discussione in merito, a cui possono partecipare anche altri
lettori.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster
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I contributi sul tema
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1. {Pietro
Calenzo}
▲
■ Contributo:
Caro Nicola come credente, ho da anni una domanda che mi gira per la testa.
Premesso che la Parola di Dio è infallibile e altresì che se vi è qualcosa che
sembra non quadrare è solamente per le mie insufficienti categorie mentali,
volevo chiederti quanto segue. Nella Legge l’Eterno ci vieta di scolpire
o dipingere qualsiasi essere spirituale che è nei cieli in alto o sulla terra in
basso; e poi viceversa ordina anche sculture d’esseri spirituali come gli
angeli, che coprano con le loro ali, la santa arca? È vero che gli ordini del
Signore sono sempre unilaterali (come nel caso del serpente di rame, che poi fu
distrutto), è vero anche che le ali formavano come un trono per il Dio
invisibile.
Per turare la
bocca agli idolatri e agli iconolatri, volevo saperne di più
sull’argomento, anche perché studiosi veterotestamentari come te non ne conosco,
e i testi da me consultati non mi hanno completamente soddisfatto (tesi del
prototipo, tesi che ne vieta solo il culto, ecc.). Scusami se ti rubo un po’ del
tuo tempo. Con fraterno affetto. {28 febbraio 2010}
▬ Risposta: Proprio ultimamente ho insegnato nel corso di
discepolato l’espiazione e quindi il propiziatorio. Parliamone, quindi, anche
qui. Per prima cosa, vedo che un problema di «pneumatologia creaturale».
Dov’è, infatti, scritto che gli esseri celesti sull’arca fossero «angeli»?
Proprio quest’ultima categoria non ha ali; si noti l’episodio in cui un essere
celeste visitò dapprima la futura madre di Sansone e poi anche il futuro padre;
essi lo credevano un «uomo di Dio», ossia un profeta. Bisogna risolvere, quindi,
dapprima questo problema cognitivo. Si vedano in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articoli: «Arca del patto», pp. 92s; «Cherubini»,
pp. 107ss; «Esseri celesti», pp. 157s; «Santissimo (Luogo ~)», p. 319.
Potrebbe essere utile anche l’articolo «Immagini
d’angeli in casa?» e il tema connesso. {Nicola Martella}
2.
{Pietro Calenzo}
▲
■ Contributo 1:
Caro Nicola, ho il tuo «Manuale di Teologia dell’A.T». e anche «Radici». La
Parola di Dio parla, in effetti, di cherubini, e non di angeli; ma al di là di
ciò, ti sarei grato, se mi potessi illuminare sul punto precedentemente esposto.
Sono pur sempre esseri celestiali e, comparando ciò con Levitico 20 (intorno
alla proibizione assoluta del Signore di fare sculture o immagini di coloro che
sono nei cieli in alto, sulla terra in basso o sotto le acque), come
interpretare ciò per una corretta apologetica anti-iconalatra o contro
l’idolatria imperante nella religione ufficiale (e oltre)? Ti ringrazio nel
Signore. Shalom, Nicola, e grazie. {28 febbraio 2010}
■ Contributo 2:
Sono ritornato a casa, ho letto tutti i
contributi che mi hai suggerito. Gloria al Signore. Non si smette mai
d’imparare. E che cibo solido. Grazie, fratello, buona notte in Gesù. {01 marzo
2010}
▬
Risposta:
Sono contento che la lettura dei testi
suggeriti abbia diradato un po’ le nebbie di Pietro su tale argomento.
{Nicola Martella}
▬
Replica:
Carissimo Nicola, le nebbie, come tu le
definisci, non sono del tutto diradate, per la ragione che ti ho espresso nel
mio primo messaggio. Prendo atto con gioia che, leggendo il tuo dizionario, mi è
più chiaro, la differenzazione tra le varie creature celestiali. È pur
vero, però, che con filiale e ossequiosa sottomissione a Dio, una domanda al
Signore permane (soggettivamente penso per mie deficienze) del perché Dio
ordini di scolpire o tessere immagini, che poi in altre parti della Scrittura
vieta ai suoi figli! Ora, non perché ciò sia o rivesta per me una problematica,
ma al fine di turare la bocca agli idolatri di varie confessioni
pseudo-cristiane (e vedendo la TBNE e l’uso che se ne fa, anche nel mondo
evangelico d’una certa matrice, anche su Facebook). Shalom, Nicola. Un
abbraccio. {Pietro Calenzo; 01 marzo 2010}
3. {Nicola
Martella}
▲
Nella Costituzione (Decalogo o Testimonianza) della teocrazia d’Israele è
ancorata la tassativa proibizione agli Israeliti di farsi immagini per
uso cultuale (Es 20,4s farsi immagini per prostrarsi dinanzi a loro). «Non
vi farete idoli, non vi eleverete immagini scolpite né statue, e non
collocherete nel vostro paese alcuna pietra ornata di figure,
per prostrarvi davanti a essa; poiché io sono l’Eterno, il Dio vostro»
(Lv 26,1). Dio considerava ciò una corruzione e un male agli occhi suoi (Dt
4,25), una personale provocazione e offesa (1 Re 14,9; Gr 8,19).
Il santuario d’Israele era una copia di ciò che
a Mosè fu mostrato dell’originale, che risiede nei cieli (At 7,44; Eb 8,5). I
cherubini sono le guardie del corpo dell’Onnipotente (Ez 1) e compaiono come
protettori della sua proprietà personale (Gn 3,24) e difensori del suo diritto e
della sua regalità; per questo erano sull’arca del patto e sulla cortina che
separava il luogo santo da quello santissimo (Es 25,18-22; 26,1.31; 36,8.35;
37,7ss). Per questo, l’espressione ricorrente era questa: «l’arca della
testimonianza fra i due cherubini» quale luogo fisico, dall’alto del quale
Dio parlava a Mosè (Es 25,22; Nu 7,89; 1 Sm 4,4).
I troni degli antichi re erano spesso fregiati da
cherubini, esseri dal corpo di leone e dalla faccia spesso umana. L’arca del
patto era effettivamente una cassapanca stilizzata a trono con due cherubini
dal corpo di leone, le cui teste formavano i braccioli e le cui quattro
ali formavano la spalliera del trono. Essa era il trono visibile del Dio
invisibile.
Quando fu costruito il santuario, a nessuno in Israele
veniva in mente di rendere un culto a tali immagini di cherubini. Ciò era
dovuto già al comandamento, che lo proibiva. Inoltre c’era un motivo pratico:
nessun Israelita poteva accedere al luogo santissimo per rendere un culto a tali
cherubini. Solo il sommo sacerdote poteva entrare nel luogo santissimo per fare
l’aspersione del sangue espiatorio, e cioè soltanto una volta l’anno e soltanto
dopo aver riempito tale luogo con una nuvola di fumo d’incenso (Lv 16,12ss).
Egli sapeva che la sua vita era estremamente a rischio, se non faceva tutto come
prescritto (v. 13). Quindi, non gli sarebbe venuto in mente di trasgredire il
comandamento divino, venerando altri se non solo Dio stesso. «Tu non adorerai
altro dio, perché l’Eterno, che si chiama “il Geloso”, è un Dio geloso» (Es
34,14).
Quindi, nessun Israelita aveva accesso al santuario e
vedeva i cherubini. A nessuno era permesso di farsi immagini di esseri
celesti per rendere loro una qualche forma di culto. «Non ti fare
scultura alcuna né immagine alcuna delle cose
che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la
terra;
non ti prostrare dinanzi
a tali cose e non servire loro,
perché io, l’Eterno, il Dio tuo, sono un Dio geloso che punisco l’iniquità…»
(Es 20,4s).
Quindi la tesi degli iconolatri, che prendono
spunto dai cherubini nel santuario per avvallare la prassi dell’attuale
venerazione delle immagini ritenute sacre, non ha alcun fondamento biblico ed è
una scusa artificiosamente composta. L’iconolatria è semplicemente idolatria e,
in quanto tale, è
abominio per il Signore. «Le immagini… [cosiddette sacre] sono
un’abominazione per l’Eterno, ch’è il Dio tuo» (Dt 7,25). Chi le fa e chi
le venera è sotto maledizione
del patto: «Maledetto l’uomo che fa un’immagine scolpita o di getto, cosa
abominevole per l’Eterno» (Dt 27,15).
Il nuovo patto non ha portato cambiamenti al
riguardo, visto che l’idolatria d’ogni tipo esclude dal regno di Dio e apre le
porte alla condanna eterna per chi non si ravvede (1 Cor 6,9; Ap 21,8). Gesù
affermò alla fine dell’Apocalisse: «Beati coloro che lavano le loro vesti per
avere diritto all’albero della vita e per entrare per le porte nella città!
Fuori i cani, gli stregoni, i
fornicatori, gli omicidi,
gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna» (Ap
22,14s). Altro non c’è da aggiungere per ora.
4. {Gianni
Siena}
▲
Caro Pietro
Calenzo, salute. Il problema me lo sono posto tanto tempo fa, comincio con una
considerazione sulla Parola di Dio. Essa è infallibile ma è pur sempre «parola»
espressa da uomini, sia pure sospinti dallo Spirito Santo. Ogni discorso ha un
contesto naturale e la chiave di lettura è la frase: «Non ti fare scultura
alcuna né immagine alcuna… non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servir
loro…»! [Es 20,3s; N.d.R.]. Detto questo, so che sei una persona
intelligente e non farai fatica a concludere che il nostro Dio non ha nulla
contro l’arte e la genialità conseguente da lui stesso largita a uomini come
Bezaleel [Es 36,1; N.d.R.].
Nel 1° secolo d.C. s’usava istruire il popolo, convertito al giudaismo dal
paganesimo, mediante scene illustrative della storia biblica. Questo accadeva
fuori dalla Giudea e, secondo i rabbini, non c’era pericolo d’idolatria: segno
che l’arte poteva servire a istruire il popolo.
Lascio a te ogni conclusione meno questa: l’uso di elementi artistici per
rappresentare le cose in cui crediamo è lecita. Come pentecostale, ho avuto modo
di guardare il simbolo delle ADI: un vulcano eruttante fuoco e la figura della
Bibbia aperta con scritto: «Tutto l’Evangelo». Nessun credente s’è mai sognato
(fino a questo momento) d’adorare questo simbolo! L’arca, i cherubini e
quant’altro «rappresentavano» realtà spirituali: Siamo ancora distanti anni luce
dalla crassa e grossolana idolatria che circonda l’iconografia «cristiana» (=
cattolica). {18 marzo 2010}
5. {Daniele
Gandolfi}
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■ Contributo:
C’è da dire che immagini, sculture,
ecc. non dovevano essere fatte per adorarle. Poi c’era un significato ben
preciso per quanto riguarda i cherubini, infatti erano posti sopra l’arca con lo
sguardo volto verso il coperchio del propiziatorio, dove veniva offerto il
sacrificio, simbolo di Cristo... come a dire che gli angeli guardavano e
vogliono guardare al mistero dell’incarnazione di Dio in Cristo. Infatti è
scritto: «E fu loro rivelato che non per se stessi ma per voi ministravano
quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno
evangelizzato per mezzo dello Spirito Santo mandato dal cielo; nelle quali cose
gli angeli desiderano riguardare bene addentro» (1 Pietro 1,12). Pace. {18
marzo 2010}
▬ Risposta: Evidentemente per «sacrificio» offerto
sull’arca il lettore intende il sangue spruzzato dal sommo sacerdote
annualmente; il sacrificio vero e proprio era praticato fuori sull’altare.
L’altro aspetto riguarda l’individuazione dei «cherubini» con gli «angeli»;
essi in effetti sono due categorie ben differenti: i primi sono, per così dire,
le guardie del corpo di Dio e difensori del suo diritto; i secondi (ebr. male’ākîm;
gr. angheloi) sono letteralmente «inviati, messaggeri» di Dio. [Per
l’approfondimento si veda in Nicola Martella,
Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articoli:
«Arca del patto», pp. 92s; «Cherubini», pp. 107ss; «Esseri celesti», pp. 157s; «Santissimo (Luogo ~)», p. 319.]
È comunque suggestiva l’immagine che i cherubini vegliassero sul sangue del
patto. Quanto sarà stata la loro meraviglia nel santuario celeste, quando
alla rammemorazione terrestre si sostituì il sangue di Gesù Messia. Infatti, noi
abbiamo «un gran Sommo Sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il
Figlio di Dio» (Eb 4,14). «Venuto Cristo, Sommo Sacerdote dei futuri
beni, egli, attraverso il tabernacolo più grande e più perfetto, non fatto con
mano, vale a dire, non di questa creazione, e non mediante il sangue di becchi e
di vitelli, ma mediante il proprio sangue,
è entrato una volta per sempre nel santuario, avendo acquistata una
redenzione eterna… Cristo non è entrato in un santuario fatto con mano, figura
del vero; ma nel cielo stesso, per
comparire ora, al cospetto di Dio, per noi e non per offrir se stesso più volte…
ma ora, una volta sola, alla fine dei secoli, è stato manifestato, per annullare
il peccato col suo sacrificio» (Eb 9,12s.24ss). Egli è diventato «ministro
del santuario e del vero tabernacolo» (Eb 8,1s).
Chiaramente
la curiosità degli angeli, che «desiderano riguardare bene addentro»
alle cose annunziate dai profeti (1 Pt 1,12), parla della desiderio di sapere di
tutti gli esseri celesti riguardo al «mistero» tenuto nascosto nei tempi
precedenti all’incarnazione (cfr. Ef 3,8ss).
{Nicola Martella}
6. {Salvatore
Paone}
▲
Nella lettera ai
Romani Paolo, riferendosi alla creazione, alla riverenza verso Dio, alla
fede, alle cose invisibili e visibili, scrive che l’uomo è senza
giustificazioni. Oltre a questo, Paolo denuncia l’idolatria come peccato.
Anche nell’A.T. ci fu un re di nome Ezechia che distrusse gli altari Baal
e anche il «serpente di rame». Dio compiva la sua opera attraverso profeti, re e
sacerdoti. Nel logo santissimo Dio fece raffigurare cherubini, ma ciò non
implicava che l’uomo dovesse avere una devozione verso l’immagine stessa, che
simboleggiava solo la sua presenza.
Quindi, che la strada genuina, che Dio aveva data ai figli d’Israele, diventasse
molto spesso fonte d’idolatria, dipendeva dalla loro disubbidienza. Per
evitare l’idolatria, Dio proibì qualunque immagine di culto.
Oggigiorno le cose non sono cambiate in alcuni ambienti; il cattolicesimo
fa uso di immagini scolpite; questa è palesemente idolatria.
«Per questo, Dio li ha abbandonati ai loro
desideri: Si sono lasciati andare a impurità d’ogni genere fino al punto di
comportarsi in modo vergognoso gli uni con gli altri; proprio loro che
hanno messo idoli al posto del vero Dio,
e hanno adorato e servito quel che Dio ha creato, anziché il
Creatore. A lui solo sia la lode per sempre. Amen» (Romani 1,24s). {18 marzo
2010}
7. {Pietro
Calenzo}
▲
Grazie, Nicola, delle tue delucidazioni, in
merito all’Arca del Patto e ai cherubini. Debbo confessarti che finalmente ho
chiaro il quadro della volontà di Dio, sia in merito alla sua divina
espressione terrena, sia al servizio che nel Tempio gli doveva essere reso dal
sacerdote. Dopo lo studio di molti commentari esegetici, che non m’avevano mai
completamente appagato nel mio essere interiore, consentimi d’essere felice e
grato a Dio, poiché ora so cosa rispondere agli iconoclasti (e agli
idolatri più in generale), che si stanno espandendo (riguardo alle immagini
d’angeli e del Signore Gesù Messia) anche nel mondo carismatico. Dio te ne renda
merito. Un caro abbraccio nel Signore, ed Egli sia benedetto per i tuoi carismi.
Shalom. Dio ti benedica. {18 marzo 2010}
8. {Pietro
Zanca}
▲
■ Contributo:
Confesso che il soggetto mi mette un po’ in crisi e la mia risposta non è
certa, ma tenterò e spererò d’approfondire il soggetto... Penso che sia
sbagliato avere la presunzione di sapere rispondere a tutto; alle volte credo
che sia meglio attendere le risposte degli altri che possono avvicinarti al
vero. Ma tenterò lo stesso.
■ Aldilà di tutte le considerazione che possiamo fare contro l’idolatria, credo
che dovremmo ritornare al comandamento di base: «Non farti scultura
alcuna, né immagine alcuna di cosa che sia in cielo di sopra, né di cosa che sia
in terra di sotto, né di cosa che sia nell’acque di sotto alla terra» (Esodo
20,4). Questa è l’espressione del diniego di Dio all’edificazione e
all’adorazione dell’idolatria, dando dei parametri non superabili dall’umano e
dal suo volere che lo porterebbe alla trasgressione del comandamento – ordine
- divieto.
■ Tuttavia,
quanto all’ordine dell’Arca, quindi alla concessione, diversa dal
divieto, anche se compresa nella forma del divieto, ma sotto concessione,
vediamo che essa fu fatta secondo il modello ordinato da Dio e preso come
riferimento. Lo stesso era per il serpente di rame. Sono simboli di concessione
divina per coloro che dovevano avere, solo in quei casi concessi, un segno
materiale di riproduzione dello spirituale. {18 marzo 2010}
▬
Risposta:
Grazie, Pietro Zanca. Se hai letto, come spero
e credo, l’intero scritto sul sito, hai visto quanta concordanza di risposte si
trovano da parte di diversi fratelli. La sapienza viene dalla moltitudine di
consiglieri, premesso che essi abbiano timor di Dio e sottomissione alla sacra
Parola dell’Onnipotente. Shalom… {Nicola Martella}
▬
Replica:
Ti confesso che non ho letto, adesso lo farò! Ho tentato di dare qualcosa senza
essere influenzato da nobili riflessioni in grado di farmi giungere al soggetto.
È bello meditare la Parola con cari servi. E credo che sia anche intelligente
sapere ammettere i propri limiti, e rispettare anche le diversità di pensiero.
L’intelligenza sta nella comunicazione. Shalom. {Pietro Zanca; 18 marzo 2010}
9. {Stefano
Sambataro}
▲
■ Contributo:
Vi do anche un altro spunto sulla
situazione: anche la copia della Bibbia che abbiamo tra le mani può essere un
idolo, ma ciò non vuol dire che dobbiamo bruciarla; anche noi possiamo essere un
idolo per noi stessi (vedi narcisismo), ma questo non vuol dire che ci dobbiamo
suicidare {19 marzo 2010}
▬
Risposta:
Alcuni hanno proprio il «dono» d’andare fuori
tema e di non attenersi al merito della stretta questione discussa. La chiamerò
«da-palo-in-frascologia»! {Nicola Martella}
10. {Michele
Savino}
▲
Ciao a tutti, vi
saluto nell’amore del Signore, e un sentito e sincero grazie per la vostra
amicizia. Riguardo alla discussione, mi sembra che a partire dalle dichiarazioni
contenute nei testi di Esodo (20,4-5), Levitico (26,1), Deuteronomio (5,8-9;
4,23; 16,22), che riportano il divieto di farsi delle immagini, la
tradizione ebraica si sia attestata su posizioni anti-iconografiche. Per
l’antico popolo di Dio le immagini erano fonte d’idolatria e di commistione con
i popoli stranieri; e addirittura il divieto a fabbricarsele prescindeva
dal possibile culto connessovi.
A parte quelle richieste dal Signore per adornare l’arca o il tempio stesso di
Gerusalemme, non era previsto per il popolo alcuna eccezione, in deroga
all’ordine del Signore. Credo che nessun israelita pio sia mai stato sfiorato
dal desiderio di raffigurarsi cose, alle quali rendere il proprio culto, pena la
trasgressione dell’ordine di Dio. Il divieto, variamente formulato nei testi
biblici del periodo precedente alla venuta di Gesù Cristo, è poi ripreso
ripetutamente in alcuni passi talmudici [N.d.R.: il Talmud è il libro
delle tradizioni giudaiche, terminato durante il Medioevo], affinché il popolo
stesse attento a non cadere negli stessi errori dei popoli pagani.
Un’applicazione pratica del divieto, era riscontrabile nelle sinagoghe,
prive di raffigurazioni d’esseri animati e nell’assenza, per molti secoli,
d’opere pittoriche o scultoree di rilievo. {19 marzo 2010}
11. {Pietro
Calenzo}
▲
■ Contributo:
Unendomi all’apprezzamento per il fratello Zanca [►
8.], posso
personalmente asserire, che la fede richiede assoluta e incondizionata
sottomissione alla Parola di Dio, anche se spesso per nostra personale
negligenza (almeno parlo, senza problemi, della mia) non immediatamente
riusciamo a comprendere tutto il consiglio di Dio su un determinato argomento.
Chi cerca la verità della fede pensante, d’una fede cognitiva o
ragionata, non viene assolutamente condannato dal Signore. Anzi, i cristiani di
Berea sono stati lodati dai cristiani d’ogni tempo per questa loro propensione.
Posso testimoniare che per mezzo di validi sussidi come il «Manuale
Teologico dell’Antico Testamento» e i volumi di «Radici [1-2,
3-4,
5-6]» del fratello Nicola Martella, sono riuscito a penetrare più a fondo questo non facile
argomento. Ringrazio infine il fratello Martella, perché per mezzo della sua
corrispondenza, oggi so come rispondere in maniera molto più appropriata
agli iconolatra, e come demolire le loro barcollanti teorie sulle
antiscritturali proposizioni d’immagini, che tutta la Scrittura senza indugio
vieta. Dio benedica coloro che il Signore ci ha donato per il perfezionamento
dei santi, grazie Nicola. Shalom. {20 marzo 2010}
▬
Risposta:
Conosco molti servi e molte chiese con
le rispettive visioni dottrinali che condivido e altre volte no; comunque porto
rispetto alle fatiche d’ogni singolo. Sono d’accordo, fratello Calenzo, reputo
interessante la preparazione del nostro fratello e dottore Nicola, sia in
materia dottrinale che anche di pacatezza spirituale nel rispondere. L’ho
osservo da tempo e ho notato come non mi ha escluso, ma anzi mi ha dato la
possibilità d’intervenire nei suoi forum, malgrado le critiche che alle volte
ricevo da taluni; ciò mi ha onorato. Credo che anche alla sua spiritualità abbia
influito la sua personale comunione con la «Chiesa dei Fratelli». Ho comunione
con questo gruppo, nella nostra Chiesa sono venuti da Niscemi e oltre; il
Pastore Angiulli di Belluno ha più volte predicato da noi. Rispetto quella
visione all’antica e la Chiesa è sempre a disposizione quando volete venirci a
trovare; abbiamo buone strutture che ci permettono di diffondere l’Evangelo in
tutto il mondo, ma credo che il dottorato e l’umiltà sia alla base di tutto.
{Pietro Zanca; 20 marzo 2010}
▬
Replica:
Dio ti benedica, pastore Zanca condivido
ogni tua parola. Benedizioni a te e al tuo gregge. {Pietro Calenzo; 20 marzo
2010}
12. {Guerino De
Masi}
▲
Mi chiedo come
facciano i catechisti ad appoggiarsi sulla figura dei cherubini per giustificare
l’idolatria delle immagini sacre.
Quando ho posto la domanda a un prete, la sua risposta voleva forse minimizzare
il problema, ma comunque giustificava le icone sacre: «Il popolino (immaturo) ha
bisogno di supporti per la sua fede!».
In ogni modo, la Scrittura non ci parla di problemi d’idolatria che queste
sculture avrebbero causato al popolo d’Israele nel tempo, a differenza del
serpente di rame per esempio.
La loro collocazione sicuramente non ne facilitava una possibile applicazione
idolatra. Credo che il sommo sacerdote stesso faceva fatica a distinguerli
nitidamente tra la nuvola di fumo d’incenso e una volta l’anno soltanto.
No, rifarsi ai cherubini dell’arca per giustificare le icone sacre è un
arrampicarsi ai vetri!
Se il «popolino» aveva bisogno di supporti per la sua fede, mi chiedo di cosa
hanno bisogno i prelati visti ieri in tv, i quali si chinavano baciando l’anello
del papa.
Ora, però, l’argomento della discussione è il seguente: «Perché il Signore ha
permesso la raffigurazione dei cherubini, visto che Egli ha solennemente
proibito la rappresentazione di qualsivoglia essere per adorarlo?». Credo che la
motivazione sta in questo: la rappresentazione dei cherubini, lo scopo e la loro
funzione nonché la loro collocazione non ne consentivano alcuna applicazione di
forma idolatra.
Differente è invece l’antica e l’attuale iconolatria: la gente si pone di fronte
a immagini, appositamente esposte, per venerarle; questa è una pratica idolatra
e, in quanto tale, riprovevole. {21-03-2010}
►
I cherubini sull’arca del patto {Nicola Martella} (D)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/T1-Arca_cherub_iconolatr_MeG.htm
02-03-2010; Aggiornamento: 21-03-2010 |