Questo scritto è
una reazione di Gianni Siena all’articolo «Tempo
di raccolta con Carlos Annacondia» e avrebbe dovuto trovare posto nel
tema di discussione connesso: «Carlos
Annacondia? Parliamone». Su quest’ultimo ha detto solo quanto segue:
«Io non so chi sia Annacondia, pur avendone sentito parlare molto tempo fa, non
mi permetto giudizi nei suoi confronti, ma il Signore ci conosce e renderà a
ciascuno secondo le sue azioni».
La famiglia dell’autore proviene dalle Assemblee dei Fratelli e anche dopo il
trasferimento nel nord d’Italia, essa continuò a frequentare questo ambiente.
Dopo il periodo del militare, l'autore si è inserito nelle Assemblee di Dio.
Come egli stesso afferma, la sana dottrina ricevuta all’inizio gli ha fatto da
antidoto verso l’attuale ondata carismaticista e i suoi «unti» esponenti. Egli,
pur condividendo le dottrine classiche del movimento pentecostale, in cui
milita, è molto allergico verso leader, «unti», showman, tele-evangelisti e
guaritori del fronte carismaticista.
Poiché Gianni Siena non ha, per sua ammissione, il dono della sintesi, sono
stato «costretto» a metterlo extra. La strutturazione dell’articolo è a cura
della redazione. Quello che segue mi sembra un chiarimento molto utile. {Nicola
Martella} |
Miracoli spesso
solo spot autoreferenziali
All’inizio degli anni ‘80 del trascorso 20° secolo, ero sposato da poco tempo
(1979) e durante una pedicure casalinga la tronchesina mi «pizzicò» la sede
esterna dell’unghia sull’alluce destro. Dopo qualche tempo scoprii d’avere
l’unghia incarnita: operata per due volte in anestesia generale e due volte
ricresciuta in modo anomalo. Durante questa sofferenza venne a farci visita un
evangelista brasiliano, un siculo-americano, di cui alcuni dicevano meraviglie.
Cominciò il «sermone» in cui elencò tutti i suoi successi, con dimostrazioni in
presenza di televisioni; quando fece l’appello per la guarigione andai avanti
con il mio doloroso problema. Questo pomposo ministro a malapena, mentre
«danzava» sul piano del pulpito, mi degnò di un’occhiata e borbottò qualcosa che
«poteva» assomigliare a una preghiera. Non lo vedemmo più perché il pastore
della nostra comunità era alquanto sobrio e attaccato alla fedele Parola di Dio:
chi lo ricorda non ha entusiasmi… non vi fu nessuna guarigione.
Eppure uno giurava ancora che, in altra occasione e in condizioni estremamente
ostili, avvennero meraviglie in presenza di lui…; «forse» avvennero ma non
davanti a me. Secondo le ultime notizie che lo riguardano, è in Brasile, dove
svolge «campagne di risveglio» accompagnate da «segni e miracoli»…
solo in Brasile!
[►
Guarigioni: in Africa sì e in Occidente no?] Non mi permetto giudizi
personali, ma solo considerazioni su questi «individui»: sono tanti, anzi,
troppi e il Signore ce ne scampi.
Il problema dell’unghia fu poi risolto da un
bravo podologo che m’operò, ricostruì la sede e mi seguì per un anno e mezzo.
Egli disse, infine: «Non hai più bisogno del mio intervento, ma se dovessi
averne ancora ecco il mio biglietto, così non dovrai ripetere la prenotazione
per la cura». Ringrazio il Signore perché, dopo 25 anni, ho ancora l’unghia e
l’operazione fu un vero successo, merito anche di quel medico coscienzioso e
capace.
Medicina e fede
Io non ho mai disprezzato l’azione terapeutica della medicina moderna e,
al tempo stesso, non disdegno affatto di rivolgermi al Signore per la guarigione
di qualunque malattia. Su questo punto affermo con totale consapevolezza che Dio
ha operato miracoli e/o guarigioni straordinarie.
Questo non è la rinuncia alle cure mediche, un ministro del Vangelo, che
credeva nella risposta di Dio all’intercessione, scriveva questo: «Noi preghiamo
per i malati e spesso il Signore risponde positivamente. Non abbiamo mai detto a
un infermo di smettere le cure prescritte dal medico, ma preghiamo anche per
costoro: da loro apprendiamo che Dio, molto spesso, abbrevia le terapie». Questo
è un sano realismo dettato da fede e conoscenza.
La «supplica fatta con fede», conformemente all’insegnamento apostolico,
trova ascolto presso il Padre celeste; e affianca «anche» la fatica dei colleghi
del «diletto medico» Luca, autore umano del Vangelo e degli Atti. In qualche
caso per l’inutilità delle cure mediche, come fu per la donna dal flusso di
sangue, è utile che l’infermo abbandoni ciò per confidare solo nell’azione di
Cristo.
Su questo tema, però, occorre (moltissimo) discernimento spirituale e ciò
dà risultati solo se chi intercede per l’infermo è certo di quel che Dio sta per
fare. La fede del credente, se non è in comunione perfetta con Dio e la sua
volontà, se non ha ricevuto istruzioni certe (ma condivise perfettamente con
uguale fede da chi deve sottoporsi a questo), in uno spirito di preghiera e
assoluto rispetto della dottrina biblica… è meglio lasciar fare ai medici!
Questa «certezza» si può esercitare consapevolmente quando il soggetto prega ed
è attento alla voce del Signore.
Danni per la
testimonianza
La preghiera perseverante sta alla fede, come l’allenamento sta alla
competizione atletica. Questo esempio è positivo, un credente fa sempre le cose
in vista della gloria del Signore e vi si prepara con impegno. Un vero credente
conosce i limiti della sua fede personale e non s’esporrà a fare azioni che
possano attirare biasimo su Cristo: come dare per certo quello, su cui
Lui non ha detto nulla.
Dio può sempre intervenire con la sua compassione a favore dell’infermo e noi
accettiamo di pregare in modo non drammatico ma certamente utile, senza quelle
spettacolarità tipiche d’una certa prassi (oramai) pseudo evangelica.
Il Signore, talvolta o spesso (Egli è sovrano), usa il «tale» per guarire
«tizio» e l’ultimo rinuncia all’uso delle medicine e guarisce… ma la cronaca
registra casi di
gente confusa che, per imitazione di simili casi verificati o per non aver
ben ponderato l’insegnamento ricevuto (da verificare se l’insegnante fu chiaro a
sua volta), provocò la morte di persone innocenti. Vorrei dire che questo
avvenne solo in qualche disordinata o confusionale «chiesa libera», a opera di
persone certamente confuse… non conosco casi del genere nel mio ambiente
[N.d.R.: Assemblee di Dio], ma per la vita altrui non faccio sconti neppure a me
stesso.
Sono testimone (e in un caso, responsabile) di fallimenti pietosi;
personalmente commisi un errore, mi rimorde ancora il ricordo d’un fratello
ammalato cronico al quale «proclamai» la guarigione ed essa non avvenne… ero
giovane ma, a «cose fatte», mi resi conto della pochezza del mio gesto.
Vegliare con
discernimento
La letteratura pentecostale e carismatica più recente è piena d’episodi di segno
positivo e opposto. Dio è misericordioso e risponde alle richieste, ma non è
legato agli
ordini dei taumaturghi. Egli, se opera segni, il risultato è sempre alla sua
gloria, il testimone e strumento di ciò non reclama neppure una briciola
dell’onore all’Eterno. Ma quando, in presenza d’indubitabili miracoli, l’uomo è
preminente e Dio «scompare» dalla vista, è bene rispondere a costui / costoro
come il vecchio Diogene che viveva in una botte. Andò a trovarlo Alessandro
Magno e si piazzò davanti a lui chiedendogli: «Sono Alessandro Magno, cosa posso
fare per te?». Diogene rispose: «Levati davanti
che mi togli il sole!». La gloria di Dio è più benefica da ammirare e godere che
la «gloria» di questi leader (poi di chi!?).
Verso la fine degli anni ’70, la mia denominazione (pentecostale) era assediata
letteralmente da gruppetti con apparenze simili alle sue, ma con
contenuti dottrinali e scopi molto diversi. V’era qualche problema ma la chiesa
era nel complesso «sana», i fratelli responsabili reagirono e misero alla porta
tutti costoro. Agli inizi degli anni ‘80 comparvero i primi «leader» e
penetrarono nelle chiese evangeliche, specialmente di stampo carismatico e
pentecostale. Tutto questo avveniva mentre si manifestavano gli scandali
finanziari e sessuali di costoro (i falsi profeti mirano al successo finanziario
e con il gentil sesso).
Sviluppo della
dipendenza dagli uomini
Ritornando al tema di questi evangelisti, all’inizio essi predicavano un
Vangelo «conforme al modello delle sane parole» (cominciavano a uscire dal
nostro mezzo…) ma, di seguito, tralasciarono (non essendo dei nostri) il
ministero della Parola di Dio: si dedicarono sempre di più alla «taumaturgia»
molto più redditizia e meno faticosa, che l’esortare a ravvedersi e cambiar vita
davanti al Signore; per costoro l’inferno futuro dei loro ascoltatori non sembra
essere una preoccupazione. Con la «fame» carismatica crebbe anche la richiesta
d’altre «prestazioni» soprannaturali, prontamente eseguite… come invano si
denuncia da tempo.
Purtroppo, e va detto, quando qualcuno si converte, per lui tutto si tinge di
«rosa»: la vita di chiesa, i fratelli, il pastore, la denominazione nei cui
ambiti è avvenuta la sua salvezza… dimenticando che questa è opera del
Signore Gesù Cristo. Uno ha nel cuore amore e devozione che, anziché
rivolgerli verso Colui che è morto per noi e per la nostra salvezza, li proietta
sugli uomini. Certi «marpioni» lo sanno e deviano questo elemento devozionale da
Cristo per rivolgerlo verso se stessi, da ciò scaturisce la fedeltà cieca
a loro tributata. I credenti che fanno ciò, non se ne rendono spesso conto, sono
sinceri e perciò fanno «muro» contro chi vorrebbe metterli in guardia da questo
errore nefasto: quando aprono gli occhi sono stanchi e scandalizzati, non
reggono la delusione e se ne vanno dalla chiesa. Nella migliore delle ipotesi
s’aggiungono a qualche chiesa evangelica, dove si leccano le ferite, ma non
dimenticano quello che hanno vissuto.
Instillazione
della soggezione dagli uomini
Io ringrazio il Signore per avermi aperto gli occhi in tempo, mi convertii a Lui
che avevo già una base biblica (unica vaccinazione efficace) e, tranne
qualche ritocco per accogliere realtà che ignoravo nella Parola, non l’ho mai
abbandonata. Anzi, essa (l’istruzione della Parola scritta) m’ha evitato un
sacco di guai; non è affatto facile la vita in una chiesa composta da simili
soggetti infatuati dagli uomini (anziani e pastori, sani biblicamente,
vivono con fastidio e disagio tutto questo).
Si rimane esterrefatti dall’agire di costoro. L’ubbidienza (mista a devozione…)
assoluta ai conduttori è incoraggiata, pur sapendo doversi trattare di fiducia,
dovuta all’esempio (se c’è) senza macchie. Essi scoraggiano il senso critico
(altro che diligenza bereana nell’esaminare l’insegnamento con le Scritture)
perché sanno di non poter raggiungere altrimenti i loro scopi (quali?).
Impronte
rivelatrici
Basta esaminare i bilanci delle «chiese» di tali leader, che ammontano a
svariati milioni di dollari / euro annui; o come ricercano il sostegno
femminile al loro «ministero» (se uno è ammirato per il suo aspetto
estetico, la fornicazione e l’adulterio — anche «platonici» — sono in agguato).
Infine si guardi come trattano i poveri: non assistono le missioni e non
sfamano i miseri. Il conto in banca del «pastore» è molto cospicuo e con
il plauso osannante dei suoi seguaci.
Un altro segno serio è il seguente: coloro che hanno servito il Signore con
perseveranza e vocazione (intendo: hanno dimostrato d’avere ricevuto una
chiamata al servizio) sono messi al margine nelle chiese degli
«infatuati».
Gesù ha detto che nel suo giorno costoro scopriranno di non averlo mai realmente
conosciuto. {09-02-2009}
►
Abbiamo bisogno d’una casta di superapostoli?
{Gianni Fontanesi - Nicola Martella} (T/A)
►
Servi di Dio o di se stessi: Leader pentecostali e carismaticisti a
confronto {Gianni Siena}
(A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A2-Pentecostale_guaritori_carismatici_Esc.htm
10-02-2009; Aggiornamento: 25-02-2009
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