Ho discusso gli eventi che hanno condotto alla separazione dei cristiani giudei
dal resto della comunità giudaica e all’origine del giudaismo «rabbinico» o
moderno. [►
Lezioni dalla storia 1] In questo studio tratteremo
dello sviluppo d’un ben distinto «cristianesimo gentile» e dell’origine della
«teologia della sostituzione».
Nei primi anni che seguirono la risurrezione e
l’ascensione di Gesù, c’erano cinque sette principali in Israele. I Giudei
cristiani o cristiani giudei, che erano noti come i Nazareni. Le altre erano i
Farisei, i Sadducei, gli Esseni e gli Zeloti. Il primo e maggiore fattore che
contribuì allo sviluppo dello scisma tra i cristiani giudei e il resto della
comunità giudaica fu la Prima Rivolta contro Roma. Essa è culminata con la
distruzione del tempio, causando un grande cambiamento in tutto il giudaismo. In
seguito a quest’evento, molte sette giudaiche scomparvero. I Sadducei, la cui
ragion d’essere era direttamente legata al tempio; gli Zeloti, che hanno subito
l’onta maggiore della sconfitta dato che hanno combattuto le legioni di Tito,
spesso fino all’ultimo uomo; e gli Esseni, a causa del loro isolamento e alla
rinuncia a sposarsi.
I Farisei sono dunque emersi come gruppo prevalente. Il
rabbino Jochanan Ben Zakkai, che fuggì dalla città durante l’assedio, stabilì un
centro rabbinico a Jamnia, dove il giudaismo senza il tempio cercò di
ridefinirsi. Da qui si è sviluppato il giudaismo farisaico, diventato poi il
precursore del giudaismo moderno.
Un evento che si è verificato durante l’assedio di
Gerusalemme viene generalmente considerato come il principale fattore
dell’animosità sempre più crescente tra i Giudei cristiani e quelli non
cristiani. Cioè, l’opinione che i Giudei cristiani abbiano abbandonato la
nazione in tempo di necessità, durante l’assedio di Gerusalemme nell’anno 66. Si
pensa che essi abbiano abbandonato la città a un certo punto durante l’assedio,
poiché hanno interpretato gli eventi come la realizzazione delle parole di Gesù
di Luca 21 e Mt 24, e si dice che siano fuggiti nella città di Pella, in
Transgiordania. Questa è la posizione tradizionale degli storici. La fonte di
queste informazioni proviene da Eusebio e il suo racconto è rimasto praticamente
incontestato durante i secoli. Ci sono alcune questioni, tuttavia, che
potrebbero essere sollevate riguardo alla sua precisione, e questo è sicuramente
un argomento che gli storici avrebbero il dovere d’approfondire.
Per prima cosa è difficile trovare altre fonti che
avallano questo racconto al di fuori della storia della chiesa. Non c’è un
riscontro archeologico d’una comunità di cristiani giudei a Pella in quel
periodo. S.G.F. Brandon in «The fall of Jerusalem and the christian church»
(Londra 1951) dà le sue ragioni per cui il racconto tradizionale dovrebbe essere
messo in discussione:
1. I Romani avevano messo un grande contingente fuori
Gerusalemme durante l’assedio, e poteva uscire soltanto chi s’arrendeva.
2. I ribelli giudei non avrebbero permesso ai difensori
di lasciare la città senza opporsi con la forza.
Anche se alcuni di loro fossero riusciti a fuggire dall’assedio, il semplice
atto li avrebbe marchiati per sempre come traditori, e ciò sarebbe stato
definitivo; invece fino alla seconda rivolta giudaica c’è stata un certa
tolleranza tra in due gruppi. Molti tra i Farisei si sono opposti alla guerra e
hanno parlato contro d’essa. La persona più eminente era Rabbi Zakkai, il «padre
del giudaismo rabbinico». È riferito che egli è andato anche dal comandante
romano, ma, come abbiamo già visto, egli ha continuato a godere della stima dei
suoi contemporanei. Essere contro la guerra non significava necessariamente
essere dei traditori.
In realtà, erano altre le ragioni dell’animosità
crescente tra i cristiani giudei e il resto della comunità giudaica. Un primo e
importante passo verso la separazione è stata la decisione dei capi della
nazione di rifiutare la testimonianza degli apostoli riguardo la risurrezione di
Gesù. Bisogna anche ricordare, che siccome i sacrifici richiesti da Dio dovevano
essere fatti al tempio, e ora il tempio non c’era più, i Giudei non credenti
hanno dato inizio a un nuovo sistema, di cui ho parlato in precedenza. Essi non
si sono resi conto che Dio aveva un suo proprio e più vero sistema e aveva
fornito un sacrificio eterno attraverso il Messia Gesù. Questi fattori hanno
causato con naturalezza una crepa fra i cristiani giudei e il resto della
nazione.
Al concilio rabbinico di Jamnia, Simone il Minore si è
offerto per scrivere una maledizione che condannava i Giudei cristiani. Questa
maledizione doveva essere aggiunta a una delle preghiere centrali del giudaismo,
la Shemona Ezra (Diciotto Benedizioni). Questa preghiera è anche
chiamata l’Amidah (stare in piedi) perché è sempre recitata dalla congregazione
stando in piedi. I Giudei cristiani non potevano recitare questa preghiera,
perché avrebbero dovuto maledire sé stessi. Per questo sono stati esclusi dalla
sinagoga.
Il colpo finale, che ha completato la crepa, è venuto
in seguito agli eventi che hanno portato alla Seconda Rivolta giudaica.
Demoralizzati dopo la perdita della vita nazionale e religiosa, i Giudei avevano
bisogno d’attaccarsi a qualcosa in cui credere. La speranza in un Messia, in
procinto di venire per salvare la gente dall’oppressione di Roma, ha iniziato a
crescere sempre più. I Giudei cristiani hanno visto questo come un’opportunità
per diffondere la verità che il Messia era già venuto. Senza un tempio e i
sacrifici che lo accompagnavano, i credenti hanno avuto una ulteriore occasione
per presentare la morte espiatoria di Gesù in una luce più chiara. Questi erano
tempi in cui il popolo era distrutto, senza conduttori efficaci e senza speranza
per il futuro. In questa situazione, i Giudei cristiani avevano speranze e
avevano risposte. Molti hanno accettato la loro testimonianza, trovando conforto
nelle parole dell’Evangelo. La maggioranza, tuttavia, ha rifiutato l’idea che il
Messia doveva prima soffrire, e guardando le condizioni attuali, si è
concentrata su un venturo Re guerriero e il risentimento verso i Giudei
cristiani è cresciuto a causa della loro persistenza a dichiarare che Gesù è
risorto dai morti ed è il Messia. Poi, nell’anno 132, Simone Bar Kochba («figlio della
stella»), precedentemente conosciuto come Simon Ben Cosiba, condusse una rivolta
contro Roma. Egli è stato additato dal più eminente leader giudeo del tempo,
Rabbi Akiba, come il messia promesso. Molta gente era scettica, ma anche gli
altri rabbini hanno seguito l’esempio d’Akiba e l’hanno riconosciuto come
messia. I Giudei cristiani che dapprima combattevano insieme agli altri Giudei,
si sono rifiutati di continuare la lotta sotto la bandiera di Bar Kochba. Bar
Kochba uccise molti di loro, considerandoli come nemici, eretici e traditori
della causa nazionale.
Come abbiamo visto, c’è
una buona dose di fondatezza per la dichiarazione che i cristiani giudei siano
rimasti nella città a fianco dei loro compatrioti durante la Prima Rivolta.
Questo poteva essere, se non per scelta, per necessità. Comunque sia, molti
cristiani giudei sono morti durante le due guerre, anche se non c’è alcuna
registrazione storica della chiesa che parli dell’uccisione di cristiani giudei.
È importante osservare che i cristiani giudei non hanno mai scelto di separarsi
dalla comunità giudaica, essi sono stati forzati a farlo, essendo visti come una
minaccia interna che doveva essere eliminata.
Abbiamo visto i
fattori che maggiormente hanno contribuito alla separazione tra i cristiani
giudei dal resto della comunità giudaica, ma è ancora aperta la questione di
come la chiesa in prevalenza giudaica si è sviluppata in una chiesa
prevalentemente gentile.
Questo è un argomento ancora più triste del precedente
e vorrei che non fosse vero, ma è necessario discuterne. Nessuno s’offenda per i
fatti storici presentati. Essi ci aiutano a capire, a crescere e a progredire
nel nostro cammino di fede. Se vogliamo veramente capire, allora dobbiamo essere
disposti a confrontarci onestamente con il nostro passato oscuro. La maggior parte dei cristiani gentili sono
inconsapevoli di questa parte tragica della storia. Dall’altra parte, invece, la
comunità giudaica si ricorda anche troppo bene di questi tristi capitoli della
storia. Come Edward Flannery, nel suo libro, «The Anguish of the Jews:
twenty-three centuries of antisemitism», pubblicato nel 1965 (l’autore è un
prete cattolico), ha notato, «le pagine della storia che i Giudei hanno affidato
alla memoria, molte sono state strappate dai libri della storia cristiana». C’è
moltissimo materiale scritto dalla chiesa contro il popolo giudeo; soprattutto
come parte dei procedimenti e delle conclusioni raggiunti nei vari concili ed
editti, anche se la maggior parte degli storici evidentemente preferisce non
scrivere su queste cose, per una forma di sudditanza psicologica nei confronti
della chiesa. Per fortuna e a loro onore, in anni recenti molti studiosi
cristiani hanno riconosciuto apertamente questo passato oscuro e stanno
attivamente cercando di correggere il danno, ripristinando le Scritture in una
impostazione giudaica ed evitando di partecipare o insegnare dottrine
distruttive. Molti addirittura facendo una priorità quella d’evangelizzare i
Giudei secondo che è scritto: «Al Giudeo prima e poi al Greco» (Rm 1,16).
La risposta dell’Imperatore Adriano alla rivolta di Bar
Kochba doveva avere delle ripercussioni, sia fisiche che spirituali, per il
giudaismo e il cristianesimo. Il numero di Giudei, cristiani e non, è stato
molto diminuito a seguito delle due guerre. Inoltre, il cristianesimo ha
continuato a espandersi specialmente tra i Gentili, i quali hanno superato di
molto il numero dei cristiani giudei. In seguito alla sconfitta di Bar Kochba,
Adriano ha cambiato il nome di Gerusalemme, «Fondamento di Pace» in Aelia
Capitolina e ha proibito a tutti i Giudei, tra cui i discepoli di Gesù,
d’entrarvi. Egli ha quindi proibito lo studio della Torah, la circoncisione,
l’osservanza del Sabato e delle altre feste bibliche. La chiesa, prima centrata
su Gerusalemme, è diventata prevalentemente gentile, sebbene non tutti i giudei
furono espulsi da Gerusalemme fino alla fine del secondo secolo. Con il
potenziamento della chiesa gentile è venuta a diminuire l’influenza dei Giudei.
L’Apostolo Paolo, che si è chiamato un Fariseo, un Ebreo tra Ebrei, era
consapevole che di quello che sarebbe avvenuto tra cristiani giudei e gentili,
dato che ha scritto le seguenti parole: «E se la primizia è santa, anche la
massa è santa; e se la radice è santa, anche i rami son santi. E se pure alcuni
dei rami sono stati troncati, e tu, che sei olivastro, sei stato innestato in
luogo loro e sei divenuto partecipe della radice e della grassezza dell’ulivo,
non t’insuperbire contro ai rami; ma, se t’insuperbisci, sappi che non sei tu
che porti la radice, ma è la radice che porta te» (Rom.11:16-18).
Tristemente, questo è stato lo scenario che si è verificato nei rapporti tra i
cristiani e il popolo d’Israele, fino ai giorni nostri. I cristiani giudei, avevano continuato a vivere
nell’unico stile di vita che conoscevano, anzi, la nuova consapevolezza che Gesù
era il Messia, li aveva fatti essere ancora più zelanti per le loro tradizioni
perché i loro occhi erano stati aperti alle verità spirituali che vi si
nascondevano dietro. Ora però, essi venivano esclusi dal giudaismo che cercava
di riprendere forza e creare una nuova e durevole identità. Tragicamente, essi
si sono trovati esclusi anche dal resto dei cristiani, oramai sempre più a
maggioranza gentile senza alcuna comprensione della loro eredità. Benché essi
provassero una sincera lealtà sia verso i Giudei che versi i cristiani gentili,
si sono trovati a essere perseguitati da entrambi i gruppi.
Il popolo giudeo, senza un dialogo aperto e senza più
rapporto con i cristiani giudei, ha iniziato a vedere il cristianesimo come una
fede pagana e apostata, a causa dell’introduzione di rituali e concetti che
hanno a volte avuto le loro radici, non nelle Scritture, ma nelle pratiche
pagane e nella filosofia greca. Dall’altra parte, la chiesa gentile ha iniziato
a considerare i cristiani giudei come degli eretici legati alla Legge.
Imbarazzati dall’amaro e sempre più crescente, anti-semitismo della chiesa, i
Giudei cristiani hanno iniziato a dissociarsi dai cristiani gentili. Questi
cristiani giudei, che sfortunatamente erano il solo gruppo che poteva salvare la
cristianità dagli errori, attraverso la loro comprensione delle radici della
fede e della conformità allo stile di vita di Gesù e degli apostoli, sono
scomparsi per molti secoli, fino alla loro ricomparsa nel 19° secolo. Rari e
sporadici riferimenti di gruppi messianici possono essere trovati in alcuni
scritti del 15° secolo (è auspicabile che qualche storico approfondisse lo
studio di questo periodo), ma nella maggior parte dei casi, i cristiani giudei
si sono nascosti all’interno delle sinagoghe custodendo la loro fede in Gesù nel
segreto, oppure all’interno della chiesa, mantenendo in segreto lo stile di vita
giudaico, o sono morti per mano di quelli che volevano epurare la chiesa dagli
eretici.
Il cristianesimo diventava sempre meno tollerante nei
confronti delle proprie radici giudaiche. Tutte le cose giudaiche erano sospette
e l’idea che dei cristiani giudei potessero mantenere uno stile di vita giudeo
diventava sempre più incomprensibile. Nel secondo secolo, i teologi e i padri
della chiesa erano interessati a «segnare la rottura» con qualunque cosa
giudaica, e hanno iniziato a prendere una posizione intransigente e a fare una
politica e una teologia d’opposizione. Scandalose politiche di condotta che
condannavano i giudei hanno iniziato a colorare l’interpretazione del Nuovo
Testamento. L’opinione che la distruzione del tempio a opera dei Romani fosse un
segno del rigetto di Dio del suo popolo storico ha iniziato a farsi strada.
Questa dottrina della chiesa, però, si basava sull’interpretazione data dai suoi
primi padri; non dalla conoscenza dei rapporti di Dio con il suo popolo del
patto, ma sulla filosofia greca, che ha dato un colpo mortale al rapporto tra i
giudei e i credenti gentili. È a questo punto della storia, e segnatamente negli
scritti dei padri, che abbiamo l’inizio di quella falsa dottrina che la nazione
storica d’Israele sia stata sostituita dalla chiesa. Le seguenti sono solo alcune delle idee che sono
serpeggiate nella dottrina della chiesa nei primi 400 anni. La Torah o Legge è
stata adempiuta in Gesù e il suo uso è del tutto inutile, specialmente per la
chiesa gentile. Il Vecchio Testamento è stato considerato non più valido laddove
parlava di benedizioni e maledizioni – le benedizioni in questo caso sono state
prese dalla chiesa e le maledizioni sono state lasciate ai Giudei. Nell’anno 138 circa, è apparso sulla scena Marcione,
che si è opposto a tutte le cose giudaiche. Egli voleva che il Vecchio
Testamento fosse rimosso dal Canone delle Scritture, e ha insegnato che il «Dio»
del Vecchio Testamento era un demiurgo, un Dio di battaglie e di sacrifici,
diversamente dal Dio del Nuovo Testamento, che era un Dio d’amore. Mentre
Marcione è stato scomunicato nell’anno 144, l’eredità dei suoi insegnamenti è
rimasta con la chiesa attraverso l’opinione che le Scritture del Nuovo
Testamento fossero in qualche modo superiori e avessero sostituito le Scritture
del Vecchio e in risposta, uomini come Ireneo, Origene e Agostino, che hanno
individualmente avuto ruoli importanti nella formazione della dottrina della
chiesa, hanno iniziato a utilizzare l’allegoria o la spiritualizzazione per
interpretare il Vecchio Testamento. Nei loro pensieri, Israele, Gerusalemme e Sion sono
venuti a essere dei sinonimi della chiesa. Questo e altri sentimenti simili
contenuti nelle lettere d’Ignazio d’Antiochia (70-107 d.C.) hanno dato origine
alla teoria che la chiesa è il Nuovo Israele. Più tardi l’Imperatore Costantino
dichiarò che la terra d’Israele non apparteneva al popolo giudeo ma piuttosto,
da lì in avanti, apparteneva alla chiesa cristiana. La giovane chiesa ha ben
presto dichiarato d’essere il vero Israele, l’erede delle promesse divine del
Vecchio Testamento. Questo era fondamentale per discreditare l’Israele «secondo
la carne», per dimostrare che Dio l’aveva rigettato e per dimostrare che aveva
trasferito il suo amore solo sui cristiani. In ciò troviamo le origini della
«teologia della sostituzione», che ha messo la chiesa trionfante sopra la
sconfitta e conquistata Israele. Questa «teoria della sostituzione» è diventata
il principale fondamento su cui si sono basati i cristiani anti-semiti, anche ai
giorni nostri.
Quelli che coltivano questi pensieri, però, hanno avuto
un problema. Contrariamente a quello che credevano dovesse avvenire, il
giudaismo non è scomparso ma ha recuperato la sua vitalità e la sua influenza e
l’argomentazione che la chiesa aveva sostituito Israele ha incominciato a
perdere forza. Inoltre, i cristiani erano gelosi dei Giudei come possibili
concorrenti per convertire i pagani, e a questo punto il giudaismo è stato visto
come una minaccia per la chiesa. Per controbattere questa minaccia, la teologia
cristiana ha provato a creare un Messia non-giudeo. Sono state portate le prove
più svariate — che andavano dalla fede d’Abrahamo alla promessa fatta a Adamo —
per sostenere l’argomentazione che la chiesa non solo esisteva prima d’Israele,
ma è, in realtà, l’«Israele eterno» (Tertulliano). Eusebio ha insegnato che il
cristianesimo era più vecchio e superiore al giudaismo. Egli ha insegnato che
gli «Ebrei» erano il popolo più antico del mondo e che la loro religione si
basava sulla filosofia greca. Gli «Ebrei» non erano né giudei né gentili; essi
erano cristiani sin dall’inizio e i patriarchi «ebrei», Mosè e Gesù, non erano
giudei ma cristiani. Il nome Jeshua, che lo identificava e collegava con i suoi
fratelli e sorelle giudei, e ancora di più il significato del suo nome che vuol
dire «salvezza di Jahwè», è stato cambiato nel nome gentile di «Gesù». I
pericoli d’una tale mentalità sono stati evidenziati dal Terzo Reich quando
Hitler, che cercava di convincere i cristiani, ha promosso un Cristo ariano o
non-giudeo.
Verso la fine del secondo secolo, il vescovo-papa di
Roma, Vittorio, in un intenso dibattito scritto con Policarpo, vescovo
d’Antiochia, ha proibito l’uso del calendario lunare giudaico per datare i
giorni santi del cristianesimo. Policarpo rimase incredulo. Come poteva proibire
le pratiche che erano state tramandate direttamente dagli apostoli? Questo era
il primo provvedimento atto a proibire le pratiche giudaiche all’interno della
chiesa sotto la pena dell’esclusione. Nei suoi scritti Policarpo, più tardi
martirizzato per la sua fede, dice che egli e i suoi seguaci hanno conservato la
festa della Pasqua (quell’ebraica), perché essi dovevano ubbidire a Dio
piuttosto che agli uomini. I seguaci di Policarpo sono stati poi scomunicati dal
vescovo-papa Vittorio. Nello stesso periodo, Eusebio scrive della separazione
della Pasqua. Divenne un’eresia, punibile con la scomunica, celebrare la morte e
la risurrezione di Gesù, in contemporanea con la Pasqua ebraica. Dal quarto
secolo, la Pasqua (quella che gli anglosassoni chiamato Easter, una festa della
fertilità in onore alla dea Babilonese Ištar) è stata «cristianizzata» (benché
molti degli oggetti della festa della fertilità – uovo, abiti nuovi, ecc., hanno
continuato a esservi inclusi) e ha ufficialmente sostituito l’unica Pasqua che
prima si conosceva, quell’ebraica, diventando così la commemorazione dei
cristiani. Alcuni paesi, nello sforzo d’abolire tutte le vecchie cose
«giudaiche» collegate con quest’osservanza, vi hanno introdotto come tradizione
anche quella di mangiare prosciutto.
Al concilio d’Elvira (Spagna) nell’anno 305, sono state
fatte delle dichiarazione per tenere separati Giudei e cristiani, incluso
l’ordine per i cristiani di non mangiare insieme ai Giudei e non contrarre
matrimoni con loro. La Roma Imperiale, nell’anno 313, con l’Editto di Milano, ha
concesso dei favori al cristianesimo, mentre dichiarava illegali le sinagoghe.
Poi, nell’anno 315, un altro editto condannava al rogo i Giudei nel caso
avessero infranto le leggi. Queste e altre restrizioni sono state ripetutamente
confermate dai vari Concili della chiesa per i successivi 1.000 anni.
Il Concio di Nicea, convocato da Costantino, ha
cambiato le date delle feste religiose, da quelle bibliche a quelle pagane, e ha
imposto ai cristiani di non partecipare ai «sacrilegi giudaici». In un ulteriore
sforzo di rimuovere ogni traccia d’ebraismo, è stato insegnato che la domenica,
il giorno della risurrezione del Messia, era il «nuovo sabato». Nell’anno 321,
Costantino ha decretato che tutti i lavori dovevano cessare nell’«onorato giorno
del sole». Questa controversia tra domenica cristiana e sabato giudaico è stata
affrontata nel Concilio di Nicea (anno 325), dove si è stabilito che la domenica
doveva essere il giorno cristiano di riposo, anche se per molto tempo se ne è
continuato a discutere. Silvestro, vescovo di Roma dal 314 al 337 ha cambiato
ufficialmente il nome del primo giorno della settimana – «giorno del sole» –
chiamandolo «giorno del Signore». Tommaso d’Aquino ha scritto che l’osservanza
del giorno del Signore ha preso il posto dell’osservanza del sabato, non in
virtù d’un precetto biblico ma per istituzione della chiesa. Domanda: «Si può provare che la chiesa abbia l’autorità
d’istituire feste di precetto?». Risposta: «Essa si è presa un’autorità che non avrebbe
dovuto prendersi, e su questo concordano quasi tutti i moderni religionisti;
essa non avrebbe dovuto sostituire l’osservanza del sabato, con l’osservanza
della domenica, il primo giorno della settimana, un cambiamento per il quale non
c’è alcuna autorità scritturale».
Quando Costantino ha dichiarato il cristianesimo come
religione «ufficiale» di Roma, al cristianesimo è stato dato il potere dello
Stato Imperiale, e gli imperatori hanno iniziato a mettere in pratica i concetti
e le richieste dei teologi cristiani contro i Giudei e il giudaismo. La chiesa,
invece di cogliere quest’opportunità per diffondere il messaggio dell’amore, è
diventata la chiesa trionfante, pronta a vincere tutti i suoi nemici. Dopo
l’anno 321, le opere dei Padri della chiesa hanno cambiato tenore. Non erano più
sulla difensiva e sull’apologetica, ma erano più aggressive, scagliando anatemi
velenosi su chiunque fosse «fuori dal gregge», in particolare verso il popolo
giudeo che oramai si trovava in quasi ogni comunità e nazione.
Ben presto è stata sviluppata la dottrina del
«Deicidio», l’accusa che i Giudei hanno ucciso Dio. I teologi cristiani del
terzo secolo, tra cui Ippolito, e Origene, hanno elaborato questa teoria.
Origene credeva che la colpa della morte di Gesù ricadesse tutta sul popolo
giudaico vivente al momento della sua morte, e da lì in poi su tutti i Giudei
d’ogni epoca. Nel quarto secolo il pensiero cristiano era divenuto dominante.
Questa dottrina ha causato la morte di decine di migliaia d’Ebrei per mano dei
cosiddetti cristiani che credevano di far cosa gradita a Dio. Le parole di
Crisostomo, «Dio v’odia», ha alimentato l’odio verso i Giudei per i secoli a
venire. Non è mai stata fatta la citazione delle parole di Gesù: «Io depongo
la mia vita, per ripigliarla poi. Nessuno me la toglie, ma la depongo da me»
(Gv 10,17s). Gesù è morto per tutti gli esseri umani, sia giudei che gentili, e
verso tutti si possono riferire le parole: «Padre, perdona loro, perché non
sanno quello che fanno» (Luca 23,34). Costantino, che seguiva i passi d’Adriano, proibì
anch’esso la circoncisione e l’osservanza dello
Šabbat (sabato). I Giudei che desideravano accettare Gesù come Messia
erano forzati a rinunciare alla loro giudaicità, rigettare le loro famiglie e
pronunciare delle maledizioni su loro stessi se fossero ritornati a osservare
una qualunque delle usanze ebraiche. Nella sua lettera a Agostino, Girolamo
dichiara che, secondo lui, i cristiani giudei non erano né giudei né cristiani. Verso la fine del quarto secolo, Giovanni Crisostomo,
vescovo d’Antiochia, il cui nome significa «bocca d’oro», rivoltandosi al fatto
che i cristiani assistevano alle funzioni nella sinagoga per cercare di
comprendere le loro radici, ha denunciato con veemenza i Giudei, chiamandoli «la
parte più miserabile di tutti gli uomini, lussuriosi, rapaci, avidi, perfidi
banditi, inveterati assassini, distruttori, uomini posseduti dal demonio, pieni
di corruzione e ubriachi; porci, peste del mondo, persone che hanno sorpassato
in ferocia le bestie selvagge, assassini dei propri figli». Il contemporaneo di Crisostomo, Agostino (354-430),
sebbene più misurato, era ambiguo. Mentre riaffermava l’insegnamento di Paolo
che abbiamo il dovere d’amare i Giudei, ha altresì condiviso il punto di vista
degli altri Padri della chiesa, e cioè che Giuda era l’immagine del popolo
giudeo. Da Agostino è derivata la dottrina che i Giudei sono un popolo di
testimoni destinati a vivere come testimonianza del male, in contrasto alla
verità cristiana, proprio come Caino, che non è stato ucciso ma gli è stato
impresso il marchio dell’infamia. «Permettete loro di vivere tra noi, ma
lasciate che essi soffrano e che siano continuamente umiliati».
Con una tale retorica, proveniente dai padri più
stimati della chiesa, non deve sorprendere che il popolo giudeo è stato
diffamato e perseguitato durante i secoli, da coloro che si nascondevano dietro
il segno e l’autorità della croce. I cristiani giudei, se volevano accettare il
Messia, sarebbero stati esclusi dalla chiesa se, contemporaneamente, non
avessero abbandonato la loro eredità giudaica.
Dato che la chiesa è
cresciuta in importanza e in potenza dopo l’accettazione del cristianesimo da
parte di Costantino, come religione ufficiale dell’Impero, il popolo giudeo è
stato contemporaneamente defraudato delle loro Scritture, dei loro patti e della
loro identità come popolo scelto da Dio. Questo ha condotto a un capitolo molto
vergognoso della storia della chiesa, dai tempi di Costantino alla prima
crociata nell’anno 1096.
Per una presa di posizione su alcuni aspetti di questo articolo si veda:
►
La questione della «cultura biblica» alla luce del giudaismo 2 {Nicola Martella}.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A2-Lezioni_storiche2_S&A.htm
13-02-2007; Aggiornamento: 30-06-2010 |