Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Šabbât

 

Cristianesimo giudaico

 

 

 

 

Il sabato, l’anno sabbatico e il giubileo.

 

Ecco le parti principali:
■ Il patto, l'etica e il pensiero sabbatico
■ Il sabato nell’Antico Testamento, nel giudaismo, nel Nuovo Testamento e relative questioni odierne
■ L’estensione del sabato: l’anno sabbatico e lo jôbel nella Torà e nella storia
■ L’ideale e le funzioni teologiche risultanti
■ Excursus: Storia del giubileo cattolico
■ Le feste principali in Israele.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LEZIONI DALLA STORIA 1

 L’influenza delle rivolte giudaiche sulla chiesa primitiva

 

di Argentino Quintavalle

 

Alcune premesse

     Il tema di questo studio riguarda l’investigazione della base giudaica delle fede cristiana e quindi considerare le implicazioni che questo ha per i credenti d’oggi. L’obiettivo è quello di capire meglio la nostra fede e il nostro Messia attraverso una migliore comprensione di come quelli che per primi lo hanno seguito pensavano e vivevano, in modo che possiamo, a nostra volta, essere dei migliori testimoni della gloria del suo Evangelo.

     Il fatto è che, mentre molte delle cose che discutiamo in questi articoli sono di solito considerate come «giudaiche», esse però sono «bibliche». Questo ha un significato profondo per tutti i credenti. In altre parole, esse non solo sono significative per i Giudei, ma tutti i credenti possono essere benedetti da una cultura biblica.

     La fede in Gesù è una eredità giudaica. Egli viveva come tutti gli altri Giudei nella terra d’Israele. Quelli che per primi egli chiamò a seguirlo come Messia, erano Giudei. Lo stesso concetto di Messia è giudaico. I suoi primi discepoli pensavano di sé stessi che erano dei Giudei che avevano trovato il Messia promesso, e hanno continuato a manifestare l’ebraicità della loro fede.

     Un altro punto che deve essere sottolineato, e che ha un profondo significato, è questo: l’accettazione di Gesù non significava per i primi credenti, la conversione a una nuova religione. Piuttosto, essi credevano d’aver ricevuto la realizzazione di quello che era scritto nella Tanakh – nelle Scritture che noi chiamiamo Vecchio Testamento. Essi hanno continuato a vivere nell’unico stile di vita che conoscevano, naturalmente nella nuova comprensione che Gesù era il Messia. Questo fatto li rendeva ancora più zelanti nelle loro tradizioni, perché i loro occhi erano stati aperti alle verità spirituali.

     Uno sguardo su Atti 21,20 conferma quanto detto: «Fratello, tu vedi quante migliaia di Giudei vi sono che hanno creduto; e tutti sono zelanti della legge». E, affinché non si pensi che la Legge e la «tradizione» avevano valore solo per i credenti giudei, evidenzio le parole di Paolo ai credenti gentili di Tessalonica: «Perciò fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti (paradoseis = tradizioni) che avete imparato tramite la parola o la nostra epistola» (2 Ts 2,15).

     Il cristianesimo, qualunque forma «non-giudaica» abbia potuto prendere nel corso degli anni, ha comunque le sue radici nel giudaismo biblico, nella tradizione e nella cultura del popolo giudeo. Ma, la domanda che ci si pone è, come è avvenuto che qualcosa che era così «giudaico» all’inizio, è diventato oggi «non-giudaico»?

     Voglio iniziare con gli eventi che hanno portato alla separazione dei credenti giudei dal resto della comunità giudaica. Nel proseguo, se Dio vorrà, vedremo che c’è stato uno sviluppo distinto tra «cristianesimo gentile» e giudaismo «rabbinico» o moderno.

     Che cosa è accaduto che ha causato lo scollegamento del cristianesimo dalle sue radici giudaiche e creato una chiesa costituita praticamente da soli gentili? Per capire la risposta a questa domanda, abbiamo bisogno di conoscere la storia. Devo avvertire però, che non è sempre un’immagine piacevole. Ma se siamo disposti a confrontarci onestamente con il nostro passato oscuro, l’amore per la verità prevarrà sul disagio che potremmo provare. Questo articolo non vuole essere una semplice lezione di storia, ma una lezione dalla storia.

     Lo scopo non è quello di «puntare l’indice» o attribuire la colpa a qualcuno. Spero solo d’infondere un senso di responsabilità, in modo da non permettere alla storia di ripetersi. Farò riferimento ai «padri della chiesa», alla chiesa cattolica, a Martin Lutero, ad altri leader della chiesa e ai concili della chiesa. Nessuno s’offenda per i fatti storici presentati. I fatti storici servono per aiutarci a capire e crescere nel nostro cammino di fede, non per offendere un particolare gruppo o denominazione.

 

Le rivolte giudaiche

     Nei primi anni che sono seguiti all’ascensione di Gesù Cristo, i credenti giudei erano conosciuti come i Nazareni, uno dei tanti partiti del giudaismo di quei tempi, come i più familiari Farisei, Sadducei, Esseni e Zeloti. Questo stato di fatto è continuato fino all’inizio della prima rivolta giudaica del 66 d.C. Il titolo, la prima rivolta, è in realtà una definizione inesatta, poiché non è la prima volta che il popolo giudeo si è rivoltato contro un’autorità oppressiva e tirannica. Ma quando si parla di prima rivolta, s’intende la prima rivolta della nazione contro Roma.

     Nel primo secolo, la potenza di Roma s’opponeva al desiderio giudaico di libertà dal giogo della sottomissione. L’esercito romano stanziato per «proteggere» la Giudea d’Erode il Grande, si doveva confrontare con la guerriglia degli Zeloti. Nell’anno 65 d.C. ci fu una serie di vittorie dei Giudei sull’esercito romano. Queste vittorie hanno galvanizzato il popolo fino al punto di fargli pensare di poter avere la meglio contro l’Impero Romano, un oppressore praticamente invincibile a quei tempi. Queste vittorie locali hanno però avuto lo scopo di forzare la mano all’imperatore di Roma, Nerone, il quale si è visto costretto a riportare la situazione sotto controllo. Egli ha scelto Vespasiano, un esperto generale, e gli ha dato il compito di domare la rivolta e ripristinare l’autorità romana. Lentamente, ma costantemente, Vespasiano ha sottomesso l’intero paese, domando gli insorti. Durante questa campagna militare, molti Ebrei con le loro famiglie hanno lasciato le loro case per rifugiarsi nella città fortificata di Gerusalemme. Ben presto Gerusalemme si trovò a essere super affollata e carente di cibo e acqua.

     Nell’anno 68 Vespasiano fu scelto come imperatore e si recò a Roma da dove nominò suo figlio Tito per sostituirlo nella guerra contro Israele. Quando Tito riprese l’assedio, fece in modo di circondare la città con un muro continuo, in modo da tagliare qualunque via di scampo e ridurre la popolazione alla fame.

     Nel frattempo, la rivalità tra le diverse sette e fazioni logoravano il morale dei difensori della città. I rivali principali erano costituiti dagli Zeloti e da un altro gruppo d’estremisti, i Sicari. Tra questi due gruppi le figure chiave erano Giovanni di Gischala, Eleazaro Ben Simone e Simone Ben Giona. Le lotte di potere si basavano su chi doveva capeggiare la difesa di Gerusalemme, dato che ognuno voleva essere il gruppo dominante nella battaglia finale per la città santa e per il Tempio. Giuseppe Flavio, lo storico giudeo, descrive la malvagia e folle auto-distruzione che queste fazioni hanno ingaggiato per rafforzare le proprie posizioni. Tutte e tre si sono incessantemente fatte guerra tra di loro, e la città presentava l’aspetto d’un campo di battaglia. Nel loro odio reciproco furono così stupidi che causarono l’incendio del magazzino più grande dove veniva raccolto il grano della città.

     L’offensiva finale dei Romani è stata lanciata contro la città oramai ridotta allo stremo nel maggio dell’anno 70. I difensori di Gerusalemme sono riusciti a resistere per alcuni mesi e a far pagare un grosso prezzo di sangue agli invasori romani. Tuttavia, il 9° d’Av (20 agosto 70 d.C.) il generale romano Tito, ha sfondato le mura, dato alle fiamme la città e distrutto il Tempio.

     Viene generalmente creduto che i discepoli di Gesù che stavano a Gerusalemme, interpretando gli eventi che accadevano come la realizzazione delle parole di Gesù in Lc 21 e Mt 24, siano fuggiti a Pella scampando così dalla distruzione della città e dai suoi orrori, lasciando i loro concittadini al loro destino. Questo viene generalmente considerato come il fattore principale della divisione tra i Giudei credenti e quelli non credenti. Tratterò in seguito in maniera più dettagliata questo fatto, per ora dico solo che esso, da solo, non può spiegare in maniera adeguata le ragioni della divisione.

     Dopo la guerra, l’animosità fra i due gruppi divenne sempre più evidente. Nell’anno 90, i rabbini hanno aggiunto la diciannovesima benedizione alle «Shemoneh Esrei» (diciotto benedizioni), una raccolta di benedizioni o preghiere, conosciuta anche come Amidah (stare in piedi), perché vengono recitate nella sinagoga stando in piedi. Questa ulteriore «benedizione» è stata aggiunta proprio a causa della defezione dei giudei messianici, ed è chiamata «Contro gli Eretici». Ancora oggi viene letta tra i Giudei ortodossi durante il tradizionale servizio sinagogale. Essa recita così: «Non possano gli apostati avere alcuna speranza, a meno che essi non ritornino alla Torah, e possano scomparire i Nazareni in un istante. Possano essere cancellati dal libro della vita e non essere annoverati tra i giusti».

     Così, quando i credenti giudei che frequentavano le sinagoghe dovevano partecipare a questa preghiera, essi dovevano invocare una maledizione su loro stessi oppure astenersi dalla recitazione della preghiera, nel qual caso sarebbero stati esclusi dalla sinagoga. La preghiera è stata istituita perché i rabbini hanno ritenuto che i credenti giudei in Gesù fossero degli eretici e dovevano quindi essere isolati ed esclusi. Questa situazione si è trascinata per circa sessant’anni, fino a circa l’anno 135 e alla rivolta di Bar Kochba. Ma prima di discutere di questo, diamo uno sguardo allo sviluppo del giudaismo rabbinico.

     Dopo la guerra, i problemi degli Israeliti erano a dir poco monumentali. La popolazione è stata molto ridotta. L’intero paese era devastato. Cisterne e sorgenti erano state fatte defluire o distruggere. La povertà e la carestia abbondavano. Le risorse naturali sono state prese come bottino di guerra, impoverendo ancora di più i giudei sopravvissuti.

     Un effetto della distruzione di Gerusalemme fu la scomparsa delle diverse sette giudaiche. I Sadducei, costituiti dalla gerarchia e dal sacerdozio, scomparvero quasi del tutto, poiché il Tempio, ora distrutto, era la base non solo della loro potenza, ma anche della loro ragion d’essere.

     Per quanto riguarda gli Esseni, si dice che si siano estinti a seguito del loro isolamento e della loro rinuncia a sposarsi. La loro speranza nella venuta del Messia che avrebbe sconfitto il nemico in una grande battaglia, sembrava essere stata infranta nell’anno 70. Le loro piccole comunità o sono state abitate dai Giudei superstiti della guerra o sono state distrutte dagli eserciti romani.

     Le diverse fazioni di Zeloti sono quelle che hanno sofferto maggiormente l’onta della sconfitta contro le legioni di Tito, poiché hanno combattuto, in molti casi, fino all’ultimo uomo. I Farisei non hanno appoggiato la guerra contro Roma e si è detto che essi avevano denunciato le azioni insensate degli Zeloti. Dopo la guerra, è evidente che abbiano incolpato i leader della rivolta per le conseguenze devastanti e la distruzione del Tempio.

     Dopo la guerra e con la cessazione delle rivalità, i Farisei sono emersi come il gruppo predominante. Praticamente senza alcuna opposizione essi furono in grado d’esercitare l’autorità sopra la comunità giudaica. Essi hanno riguardato a sé stessi come ai custodi della Legge e hanno eretto della mura non di pietra, ma di fede e d’ideali che i Romani non sarebbero mai stati capaci d’abbattere.

     L’uomo accreditato come il padre del rabbinismo giudaico è Johanan Ben Zakkai, che era un membro della famiglia sacerdotale. È interessante osservare che, benché egli avesse avuto contatti con i Romani durante e dopo la guerra, non è stato mai etichettato come un traditore. Si dice di lui che fu portato fuori di Gerusalemme in una bara dai suoi discepoli mentre la città era sotto assedio. Che l’etichetta di traditore non gli sia mai stata applicata può solo essere a causa del grande rispetto che aveva dai suoi compatrioti. Gli storici giudei lo descrivono come una voce moderata in un’età d’estremismo. Egli parlava di pace e di riconciliazione mentre la sua nazione era afflitta sia dalla guerra esterna con lo straniero e sia da conflitti interni.

     Nell’anno 90, Johanan Ben Zakkai ha riunito i maestri giudei da tutto Israele per incontrarsi con lui a Yavneh (Jamnia), la «città di studiosi e rabbini». Insieme essi hanno cercato di ricostruire il giudaismo alla luce della distruzione del Tempio e per il bene del popolo della nazione sconfitta.

     L’ultimo lascito di Yavneh fu l’accordo per il canone definitivo della Bibbia (Vecchio Testamento) e la redazione della Mishnah. Il loro compito è stato anche quello di trovare delle ragioni per la sostituzione del culto e dei sacrifici del Tempio. Per quanto importante fosse il culto per la vita della nazione, nuove alternative e spiegazioni dovevano riempire questo vuoto. Dopo la distruzione del Tempio, Ben Zakkai e i suoi colleghi, si sono sforzati a sottolineare l’unità religiosa dei Giudei dovunque essi avessero vissuto e la loro comunione spirituale con Dio dovunque essi avessero pregato. Hanno cercato di sostituire il sacrificio giornaliero con un rituale fisso di preghiere da recitare a determinate ore del giorno, e con il pentimento e l’abbondanza d’elemosine. Questo ha segnato l’inizio del giudaismo «rabbinico» o moderno.

     La distruzione di Gerusalemme non è stata la fine dell’odio giudeo contro i Romani. Dopo quaranta anni, è sorta una nuova generazione di combattenti disposta a raccogliere il testimone della lotta contro Roma a qualunque costo. Questa seconda rivolta giudaica — conosciuta anche come la rivolta di Bar Kochba, è stato l’evento fondamentale della separazione definitiva dei cristiani giudei dalla comunità giudaica.

     L’umiliazione inflitta alla nazione, il desiderio di libertà e la sete di vendetta erano il combustibile per la seconda guerra romana. Il leader spirituale era Rabbi Akiba e Simon Bar Kochba era il carismatico comandante militare. All’inizio, i cristiani giudei hanno combattuto a fianco dei loro amici ma increduli giudei. Però, quando Rabbi Akiba ha proclamato Bar Kochba come Messia, i cristiani giudei non hanno potuto più sostenere questa lotta per la libertà. Questo rifiuto di portare le armi è stato visto come il tradimento ultimo e così, lo scisma è stato completato.

     Dopo la sconfitta finale di Bar Kochba e i suoi seguaci, l’imperatore Adriano decise d’espellere i Giudei sopravvissuti proibendo loro di far ritorno a Gerusalemme. Egli decise anche di proibire tutte le pratiche religiose giudaiche, come lo studio della Torah e l’osservanza del sabato, che egli considerava come la radice di tutti i mali che avevano afflitto la provincia. La grande dispersione è stata completata in pochi anni. Gerusalemme è stata ricostruita come città romana, Aelia Capitolina. Non c’era più una patria giudaica e la speranza d’un restauro della nazione era alquanto debole.

     Negli anni seguenti, il potere teologico e politico è passato dai leader giudeo-cristiani ai centri dei leader cristiano-gentili come Alessandria, Roma e Antiochia. È importante capire questo cambiamento, perché ha influito sui padri della chiesa per fare dichiarazioni anti-giudaiche man mano che il cristianesimo si staccava dalle sue radici giudaiche. Come la chiesa s’espandeva all’interno dell’Impero Romano, e i suoi membri crescevano sempre più con mentalità non-giudaica, il pensiero greco e quello romano, strisciando e infiltrandosi, hanno iniziato a cambiare completamente l’orientamento dell’interpretazione biblica attraverso la mentalità greca, invece che ebraica. Una volta che il cristianesimo e il giudaismo hanno iniziato a prendere percorsi separati, il vuoto tra di loro è diventato sempre più grande.

     I Romani avevano soppresso con efficacia il giudaismo, tuttavia, il cristianesimo si diffondeva velocemente. Questo divenne una delle preoccupazioni principali di Roma, e la pressione politica è stata un fattore importante per allargare la crepa tra cristiani e Giudei.

 

Per una presa di posizione su alcuni aspetti di questo articolo si veda: ► La questione della «cultura biblica» alla luce del giudaismo 1 {Nicola Martella}.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A2-Lezioni_storiche1_Sh.htm

13-02-2007; Aggiornamento: 30-06-2010

 

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