Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Il sabato, l’anno sabbatico e il giubileo.

 

Ecco le parti principali:
■ Il patto, l'etica e il pensiero sabbatico
■ Il sabato nell’Antico Testamento, nel giudaismo, nel Nuovo Testamento e relative questioni odierne
■ L’estensione del sabato: l’anno sabbatico e lo jôbel nella Torà e nella storia
■ L’ideale e le funzioni teologiche risultanti
■ Excursus: Storia del giubileo cattolico
■ Le feste principali in Israele.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ISRAELE? CHE CONFUSIONE!

Alla ricerca d’un equilibrio

 

 di Tonino Mele

 

 

1.  PREMESSE: Il 27 gennaio d’ogni anno ricorre la «giornata della memoria». Ciò è, per molti versi, un conquista di civiltà, in un tempo nel quale si fanno ricorrenti e insistenti le voci «negazioniste», che cercano di negare la realtà storica dell’olocausto, con le sue circa sei milioni di vittime ebree, sacrificate sull’altare del pregiudizio e dell’orgoglio razziale.

     Ogni volta che ricorre questo giorno i media si mobilitano per raccontare nei modi più disparati ciò che accadde in quei terribili anni, nei campi di concentramento nazisti. È altresì un’occasione per parlare d’Israele, il quale non ha certo bisogno di tale ricorrenza per balzare continuamente agli onori della cronaca. Anche noi vogliamo approfittarne per parlare d’Israele, non da una prospettiva storica o rievocativa del dramma della shoa, ma da una prospettiva sia biblica che profetica, per cercare di capire quale sia il posto attuale d’Israele nel piano di Dio.

     Personalmente non avevo nessuno stimolo ad approfondire quest’argomento, non perché avessi qualche riserva in merito. Mi è capitato però d’osservare e ascoltare la posizione diametralmente opposta di fratelli, che per altro verso condividono la stessa identità teologica e questo mi ha molto incuriosito e stimolato ad approfondire la questione. Mi è capitato di vedere anche dei fratelli dividersi su questo tema e ciò mi ha dato, nell’approfondimento di tale questione, anche un senso di necessità e d’urgenza.

     Ho cercato di documentarmi il più possibile, leggendo quasi tutta la letteratura indicata nella bibliografia, in fondo al presente scritto, oltre ad altri articoli presenti su vari siti internet. Ho anche ascoltato diverse esposizioni audio intorno alla materia. Ed è proprio nel mezzo di questa indagine che, a un certo punto, ho esclamato fra me e me, una frase che ho scelto quale titolo del presente contributo: «Israele? Che confusione!».

     Di seguito vorrei esporre la mia indagine, cercando anzitutto di dar conto della confusione in atto tra i cristiani su tale tema. Poi cercherò d’indicare le matrici teologiche, a cui si può ricondurre il tutto, e da qui traccerò la via scritturale, che può dare equilibrio e serenità alle contrapposte fazioni. Forse, per alcuni, le mie conclusioni suoneranno come esse stesse motivo su cui dividersi, ma è cosa che metto in conto, perché, studiando la materia, mi sono convinto che «Israele», è un tema che divide e continuerà a dividere, malgrado gli sforzi tesi a ricomporre la questione. Se non altro chiedo la pazienza di leggermi sino in fondo e rispondere nel merito delle cose che dico.

 

 

2.  UN PRIMO SGUARDO SU TALE CONFUSIONE: In una conferenza tenuta diversi anni fa a Mannheim (Germania) dal fratello Samuele Negri sul tema «Israele nel passato, nel presente e nel futuro», a un certo punto disse: «L’interesse che Israele suscita e deve suscitare non dipende dalla superiorità morale di questa nazione... mostrare interesse per Israele non significa adottare sentimenti filo-israeliani o anti-israeliani, ma significa prima di tutto essere attenti a quello che Dio vuol dire attraverso questo popolo». Ci pare molto utile riprendere le espressioni che Negri usa — filo-israeliani e anti-israeliani — che ci danno la misura della contrapposizione in atto intorno a questo soggetto, anche tra i cristiani e che alimenta la confusione di cui stiamo parlando.

     Che cosa pensano tuttavia gli uni e gli altri? Iniziamo con gli anti israeliani. Prima, però, una precisazione. Quando parliamo di «anti» e «filo» non parliamo d’un movimento unitario, pro o contro Israele, ma di movimenti molto diversificati tra loro, che presentano però una matrice comune di tipo filo-israeliana o anti-israeliana. In alcuni di questi casi, l’atteggiamento verso Israele è il solo elemento comune, in movimenti tra loro molto distanti (p.es. il Vaticano e gli evangelici che propugnano la teologia della sostituzione).

 

2.1.  GLI ANTI-ISRAELIANI: Tra gli anti-israeliani segnaliamo le seguenti posizioni.

     ■ 1. Chi pensa d’aver preso il posto d’Israele: Il Vaticano crede d’averlo rimpiazzato come stato teocratico. E forse nasce da qui la sua difficoltà a relazionarsi con Israele. Sono noti gli incidenti diplomatici tra Israele e la «santa sede», poi abilmente ricuciti dalla diplomazia vaticana.

 

     ■ 2. Chi considera gli ebrei colpevoli di «deicidio»: C’è chi li ha perseguitati pensando di vendicare Gesù. Persino la propaganda nazista ha fatto leva su questo sentimento antigiudaico, sapendo d’avere una certa presa proprio nel mondo cristiano. Eppure i dati evangelici mostrano anche le responsabilità dei Romani nella morte di Gesù.

 

     ■ 3. Chi ritiene gli ebrei i fautori d’un complotto mondiale: S’afferma con molta enfasi che loro siano a capo delle grandi lobby internazionali, della massoneria, del sistema finanziario e politico. È interessante che questa sia un’accusa ricorrente, da Hitler a Hamas, senza peraltro che siano mai state esibite prove chiare e inconfutabili. Una lucida esposizione di questa teoria la si può leggere nell’articolo 22 dello statuto di Hamas, che recita come segue: «Il nemico ha programmato per lungo tempo quanto è poi effettivamente riuscito a compiere, tenendo conto di tutti gli elementi che hanno storicamente determinato il corso degli eventi. Ha accumulato una enorme ricchezza materiale, fonte d’influenza che ha consacrato a realizzare il suo sogno. Con questo denaro ha preso il controllo dei mezzi di comunicazione del mondo, per esempio le agenzie di stampa, i grandi giornali, le case editrici e le catene radio-televisive. Con questo denaro, ha fatto scoppiare rivoluzioni in diverse parti del mondo con lo scopo di soddisfare i suoi interessi e trarre altre forme di profitto. Questi nostri nemici erano dietro la Rivoluzione francese e la Rivoluzione russa, e molte delle rivoluzioni di cui abbiamo sentito parlare, qua e là nel mondo. È con il denaro che hanno formato organizzazioni segrete nel mondo, per distruggere la società e promuovere gli interessi sionisti. Queste organizzazioni sono la massoneria, il Rotary Club, i Lions Club, il B’nai B’rith, e altre. Sono tutte organizzazioni distruttive dedite allo spionaggio. Con il denaro, il nemico ha preso il controllo degli Stati imperialisti e li ha persuasi a colonizzare molti paesi per sfruttare le loro risorse e diffondervi la corruzione. A proposito delle guerre locali e mondiali, ormai tutti sanno che i nostri nemici hanno organizzato la Prima guerra mondiale per distruggere il Califfato islamico. Il nemico ne ha approfittato finanziariamente e ha preso il controllo di molte fonti di ricchezza; ha ottenuto la Dichiarazione Balfour***, e ha fondato la Società delle Nazioni come strumento per dominare il mondo. Gli stessi nemici hanno organizzato la Seconda guerra mondiale, nella quale sono diventati favolosamente ricchi grazie al commercio delle armi e del materiale bellico, e si sono preparati a fondare il loro Stato. Hanno ordinato che fosse formata l’Organizzazione delle Nazioni Unite, con il Consiglio di Sicurezza all’interno di tale Organizzazione, per mezzo della quale dominano il mondo. Nessuna guerra è mai scoppiata senza che si trovassero le loro impronte digitali» (grassetto nostro). *** La Dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917 sostiene «il diritto degli ebrei a costituire un focolare nazionale in Palestina» e prende il nome dall’allora ministro degli esteri britannico e già primo ministro Lord Arthur James Balfour (1858-1930).

 

     ■ 4. Chi vorrebbe «ingentilirli» quando si convertono: Questa è una posizione opposta a quella che i giudaizzanti tentavano d’imporre nelle chiese gentili fondate da Paolo. Come allora si pretendeva che un gentile convertito a Cristo rinunciasse alla sua identità per diventare un proselito ebreo, osservante della legge di Mosè, ora si vorrebbe che un ebreo convertito a Cristo rinunci alla sua identità ebraica e a tutte quelle feste veterotestamentarie, di cui tale identità è intrisa. L’AT ha per gli ebrei anche un valore culturale e nazionale e questo è un aspetto di cui tener conto quando un ebreo si converte a Cristo.

 

2.2.  I FILO-ISRAELIANI: Tra i filo-israeliani segnaliamo le seguenti posizioni.

     ■ 1. Il sionismo cristiano: Ci sono varie forme di sionismo cristiano. Nella versione più estrema esso promuove l’adempimento delle profezie bibliche su Israele. Si crede che assecondando Israele, cioè l’attuale Stato ebraico, s’affretta l’adempimento profetico. Per questo motivo appoggia quasi incondizionatamente la politica israeliana, soprattutto la politica egemonica Israeliana. Così facendo, si spera che Israele conquisti presto i confini loro promessi (Gn 15,18), fatto ritenuto importante per il completamento del calendario profetico.

 

     ■ 2. Gli «amici d’Israele»: Anche qui si riscontrano varie forme. Nella versione più estrema si ritiene il giudaismo messianico la miglior forma di cristianesimo. Si crede che i viaggi in Israele portino particolari benedizioni. Si vorrebbe «restaurare» la chiesa in senso giudaico, dando un particolare valore alla lettura ebraica degli scritti sacri e alle feste ebraiche, rivisitate in chiave cristiana.

     Non è il caso di continuare con questo quadro, anche se siamo consapevoli che queste poche note rappresentano un fenomeno ben più complesso e stratificato. Del resto volevamo solo dare un’idea della confusione che c’è in giro su Israele, anche tra i cristiani, pur senza doverla descrivere tutta. Riteniamo invece più proficuo cercare le matrici teologiche che hanno dato luogo a queste posizioni differenti e trovare così il bandolo della matassa, dove esso è nato e dove andrebbe risolto: la Scrittura.

 

 

3.  LE MATRICI TEOLOGICHE DI TALE CONFUSIONE: Un esame delle varie posizioni teologiche ci ha convinti che esse possono essere ridotte a tre ed esse partono tutte da una diversa interpretazione del concetto di «ripudio», che Paolo esprime in Romani 9-11 a proposito d’Israele, dopo che ha rinnegato il suo Messia. Alcuni  parlano di ripudio totale e definivo d’Israele, altri parlano di ripudio parziale d’Israele e infine c’è chi parla di ripudio temporaneo d’Israele. Soffermiamoci brevemente su ciascuna d’esse.

 

3.1.  RIPUDIO TOTALE E DEFINITIVO D’ISRAELE: Secondo questa posizione, Israele sarebbe stato ripudiato e questo sarebbe ciò che Paolo afferma, quando dice che «il loro ripudio è stato la riconciliazione del mondo» (Rm 11,15). Poi però s’aggiunge che Israele non è più il popolo di Dio. Israele avrebbe perso tutti i suoi privilegi di popolo «unico». E per capire meglio la caratterizzazione teologica di questa posizione, sono fondamentali le seguenti affermazioni: ▪ 1. Tutto Israele è stato ripudiato; ▪ 2. Israele è stato ripudiato per sempre.

     «Tutto» vuol dire che Israele è stato ripudiato come nazione privilegiata dinanzi a Dio ed è stato sostituito dalla chiesa, che ora è «il vero Israele». Questo è dunque il cuore della cosiddetta «teologia della sostituzione». «Per sempre» vuol dire che Israele è stato messo definitivamente da parte. Non ha più un ruolo nei piani di Dio, neppure escatologico. Ormai è capitolo chiuso. Questa è la posizione della chiesa cattolica e di varie chiese riformate. Purtroppo questa matrice teologica ha contribuito ad alimentare l’antisemitismo cristiano.

 

3.2.  RIPUDIO PARZIALE D’ISRAELE: Questa posizione condivide con la prima il fatto del ripudio d’Israele, ma diverge nel definire l’entità di questo ripudio. Essa afferma che solo «una parte» d’Israele è stata ripudiata e anche questo è ciò che Paolo afferma: «un indurimento si è prodotto in una parte d’Israele (Rm 11,25; cfr. v. 7). Quindi, questa posizione rappresenta un superamento della precedente e una rappresentazione più aderente ai dati biblici. Riconosce, di principio, la realtà del ripudio d’Israele, ma non la confonde con una improbabile sostituzione d’Israele da parte della chiesa. Non dà valore assoluto a tale ripudio, come fa la prima posizione, ma gli da quel valore «parziale» e limitato che la Scrittura gli ascrive.

     A prima vista parrebbe che questa è la miglior posizione che si possa avere in merito alla questione d’Israele e del suo attuale posto nel piano di Dio. Per un certo tratto abbiamo seguito questa convinzione, condividendo alcuni passaggi, ma poi ci è venuto un dubbio così rilevante che può pregiudicare la legittimità di questa posizione: cosa s’intende per «parziale»?

     Seguiamo, però, passo per passo il ragionamento che questa posizione teologia fa. Si parte dal dire che Dio ha ripudiato «solo» gli ebrei «nemici... del Evangelo» (Rm 11,28). Si dice che essi non rappresentano il «vero Israele», pur essendone la maggioranza e si cita ciò che dice Paolo: «Infatti non tutti i discendenti d’Israele sono Israele; né per il fatto d’essere stirpe d’Abraamo, sono tutti figli d’Abraamo... Cioè, non i figli della carne sono figli di Dio; ma i figli della promessa sono considerati come discendenza» (Rm 9,6-8).

     A questo si lega poi il discorso che Paolo fa sul «residuo» fedele. Egli afferma: «Al presente, c’è un residuo eletto per grazia» (Rm 11,5; cfr. v. 7). Essi sono i «figli della promessa» (Rm 9,8 cfr Gal 3,29), cioè i Giudei che si convertono a Cristo. Paolo, essendo un cristiano giudeo, era uno di questi, come dice lui stesso: «Dio ha forse ripudiato il suo popolo? No di certo! Perché anch’io sono Israelita, della discendenza d’Abraamo, della tribù di Beniamino» (Rm 11,1).

     Dunque, secondo questa posizione, Israele continua nel presente, a essere il popolo di Dio, con tutti i suoi privilegi, in virtù di questo «residuo» (Rm 11,1). E si può estremizzare questa posizione, dicendo che in realtà non c’è «nessun ripudio», visto che l’Israele ripudiato, non è il «vero Israele». Il «vero Israele» è questo «residuo eletto», il quale continua a essere il «porta bandiera» della nazione, dinanzi a Dio e dinanzi al mondo. Così, il significato che assume il termine «parziale» in questa posizione rischia di vanificare l’insegnamento, anch’esso biblico, che Israele è stato realmente ripudiato, riducendolo soltanto a un’affermazione «di principio», smentito dal resto del ragionamento.

     Questa è la matrice teologica del sionismo cristiano e di quanti credono che Israele è ancora oggi fonte di benedizione speciale, anche per la chiesa.

 

3.3.  RIPUDIO TEMPORANEO D’ISRAELE: Questa posizione condivide con le altre due il fatto del ripudio d’Israele, però si discosta da entrambe, affermando che tale ripudio non riguarda tanto la sua entità (totale o parziale), ma la sua temporaneità: è limitata nel tempo. Essa afferma che Israele è stato ripudiato solo per un tempo e pure questo è cosa affermata dall’apostolo Paolo: «Un indurimento si è prodotto in una parte d’Israele, finché non sia entrata la totalità degli stranieri e tutto Israele sarà salvato, così come è scritto: “Il liberatore verrà da Sion”» (Rm 11,25-26). L’espressione «la totalità degli stranieri» sembra riprendere le parole che Gesù usa nel suo discorso profetico: «E cadranno sotto il taglio della spada, e saranno menati in cattività fra tutte le genti; e Gerusalemme sarà calpestata dai Gentili, finché i tempi dei Gentili siano compiuti» (Lc 21,24). Anche Gesù usa la particella temporale «finché», che indica in questi brani, la fine di un’epoca: quella delle «nazioni». Questa è l’unica vera sostituzione che è avvenuta in questo periodo: la nazione d’Israele è stata sostituita dalle «nazioni». Questo tempo finirà però col ritorno di Cristo per Israele (Rm 11,26). Allora sarà tutta la nazione a essere reintegrata nei piani di Dio.

     Questa posizione rappresenta un superamento della precedente perché non riduce il ripudio d’Israele a una sola affermazione di principio, ma afferma l’insegnamento biblico che Israele è stato realmente ripudiato. È vero che Paolo usa un linguaggio che pare ambiguo. Prima afferma: «Dio non ha ripudiato il suo popolo» (11,2 cfr. v. 11). Poi dice: «il loro ripudio è la riconciliazione del mondo» (11,15 cfr. v. 12). Questa apparente ambiguità non deve tuttavia ingannarci. L’espressione «non ha ripudiato» dovrebbe essere riferita alla negazione di un ripudio assoluto e definitivo. Paolo però sottolinea a più riprese il reale ripudio d’Israele, ripudio che non è parziale ma «totale», sebbene non sia definitivo ma temporaneo.

 

3.4.  APPROFONDIMENTI: Secondo le parole che Paolo usa, dobbiamo convenire sui seguenti dati di fatto: ▪ 1. Israele è «caduto» dalla posizione che aveva (11,12); ▪ 2. C’è stata una «diminuzione» dei suoi privilegi (11,12); ▪ 3. C’è bisogno d’una «riammissione» d’Israele (11,12); ▪ 4. Israele ha bisogno di «rivivere dai morti» (11,15 cfr Ez 37). Se Israele fosse solo il «residuo» e non c’è stato un reale ripudio, allora, che bisogno ci sarebbe di parlare di «conversione» e di «riammissione» d’Israele, oltre che d’un «rivivere dai morti»?

     Si noti poi che, quando Paolo afferma che «un indurimento si è prodotto in una parte d’Israele» (Rm 11,25 cfr. v. 7), non si riferisce al «ripudio», cioè al giudizio di Dio su Israele, ma alla colpa, cioè allo «indurimento» d’Israele, che è parziale, perché ci sono stati sempre degli Ebrei che, come Paolo, hanno creduto nel Messia Gesù. Questo però non toglie che il ripudio sia «totale», cioè riguardi tutta la nazione, anche se limitato nel tempo. E, a rischio d’apparire strano, debbo dire che questo «ripudio» cade anche sul «residuo eletto», il quale non è il «porta bandiera» dell’Israele nazionale e decaduto, né il continuatore dei suoi privilegi e delle sue benedizioni. Infatti, le benedizioni di cui gode, ora, un israelita che si converte, sono quelle della «chiesa», della quale Cristo è il «capo supremo» (Ef 1,22), nella quale si può «conoscere oggi... la infinitamente varia sapienza di Dio» (Ef 3,10) e dove ora alberga la «gloria» di Dio (Ef 3,21). «L’elezione» di questo «residuo eletto per grazia» (Rm 11,5) è diversa dalla «elezione» dell’Israele nazionale (9,11; 11,28): «l’elezione per grazia» opera solo mediante la fede in Cristo ed è rivolta al singolo, mentre, «l’elezione… dei loro padri» vale anche se essi sono «nemici dell’Evangelo» (11,28), tant’è che per via d’essa «sono amati» e non ripudiati in modo definitivo. Inoltre, questa è stata rivolta a Israele come nazione.

     Secondo l’insegnamento biblico, Israele è ora, nel suo complesso, sotto il giudizio di Dio. Lo stesso Gesù preannunziò questo, quando disse: «Il regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato a gente che ne faccia i frutti» (Mt 21,43). E Paolo ne dà la definizione più lucida: «I Giudei, i quali hanno ucciso il Signore Gesù e i profeti, e hanno cacciato noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, impedendoci di parlare agli stranieri perché siano salvati. Colmano così senza posa la misura dei loro peccati; ma ormai li ha raggiunti l’ira finale» (1 Ts 2,14-16). In merito, René Pache ha giustamente detto: «Da quel tempo la porta è chiusa a Israele, come nazione. Un Giudeo che si converta e crede in Gesù Cristo, può raggiungere la salvezza come l’abbiamo raggiunta noi. Ma il popolo eletto ha attualmente perduto tutte le sue prerogative».

     Tuttavia, Israele non ha perso la sua elezione. Paolo né parla come una cosa ancora in vigore (Rm 9,4). Essa opera indipendentemente dal loro operato (9,11). Essa ispira i sentimenti e l’azione di Dio verso di loro (11,28), anche se sono «nemici dell’Evangelo» e sotto «l’ira finale» per via di questo loro rifiuto. Essa è «irrevocabile» (11,29). Distinguere tra elezione e privilegi è molto importante per avere un giusto approccio verso l’Israele attuale. L’elezione rimane, anche se i loro privilegi sono stati sospesi. In virtù della sua elezione permanente non dobbiamo sottovalutare Israele, ma in virtù del giudizio che attualmente pesa su d’esso, non dobbiamo sopravvalutare Israele.

 

 

4.  CONCLUSIONE: SUPERAMENTO DELLA CONFUSIONE: Bisogna a questo punto tracciare un sentiero che segua l’equilibrio biblico, per non ricadere in posizioni faziose e di parte. E, vista la lezione che ci viene dalla storia diciamo anzitutto che non dobbiamo disprezzare Israele. Non assecondiamo l’antisemitismo in nessun modo. Contrariamente a ciò che pensa il «sionismo cristiano», pare che sarà proprio l’antisemitismo che accelererà l’adempimento delle profezie bibliche su Israele. Sarà esso che culminerà a Harmaghedon, quando Dio farà «di Gerusalemme una coppa di stordimento per tutti i popoli circostanti» (Zc 12,2). Sarà allora, quando l’antisemitismo raggiungerà il culmine, che Israele si convertirà, «guarderanno… a colui che essi hanno trafitto» (Zc 2,10), riconosceranno che la causa di tutte le loro sventure non è solo la diabolica cattiveria del mondo, ma anche il loro rifiuto del Messia promesso, Gesù di Nazareth. Allora Cristo ritornerà per il suo popolo, Israele e lo «salverà». Ma l’antisemitismo verrà giudicato nella più grande deflagrazione della storia. Ecco perché, in quanto cristiani dobbiamo prendere le distanze da ogni pregiudizio e manipolazione sia diretta che mediatica contro Israele.

     Amiamo Israele come Dio lo ama. Dio ama Israele per via della sua elezione (11,28) e, verosimilmente, in vista della sua conversione. Così dobbiamo fare anche noi. Preghiamo per Israele. Adoperiamoci per il bene spirituale di questo popolo.

     D’altro canto non dobbiamo sopravvalutare Israele. Non dobbiamo «assolverlo» in modo incondizionato. La Scrittura non lo fa mai. Gesù disse: «Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli... e voi non avete voluto!» (Mt 23,37).

     Il compimento delle profezie sarà giusto. In tempi meno sospetti, René Pache ha scritto: «Dio non è ingiusto e quelli che si reclamano Suoi non possono non esserlo. Anche se non sappiamo ancora come, il compimento finale del Suo piano comporterà anche una giusta soluzione per i vicini d’Israele, perché Egli li ama e anche per loro ha donato il Suo Figlio».

     Non dobbiamo neppure dare alla terra d’Israele un valore che non ha più. Sempre Gesù disse alla Samaritana: «L’ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre» (Gv 4,20-23). Il «luogo sacro» che ora Dio predilige per essere adorato è «in spirito e verità».

     Inoltre, non dobbiamo «giudaizzare», cioè non dobbiamo dare troppo valore a cose, come le feste ebraiche, che ormai sono state superate in Cristo. Paolo ci ammonisce in proposito dicendo: «Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, a noviluni, a sabati, che sono l’ombra di cose che dovevano avvenire» (Col 2,16-17).

     Infine c’è da chiedersi se la chiesa abbia veramente una «missione speciale» per Israele? Oggi s’insiste su questo fatto rispolverando la prassi della chiesa primitiva di privilegiare Gerusalemme nella predicazione dell’Evangelo. Bisogna però osservare che la priorità data a Gerusalemme (At 1,8) era rivolta a missionari giudei. Inoltre, se esiste una priorità per Israele esiste anche per i Samaritani (At 1,8). E non bisogna dimenticare che la loro conversione sarà il frutto d’eventi escatologici (Zc 12,10). Credo che anche qui, lo zelo per Israele debba essere mitigato da un sano equilibrio.

 

 

BIBLIOGRAFIA

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     ■ Brown M.L., Le nostre mani sono bagnate nel sangue (Edizioni Verso la Meta)

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     ■ Kreloff S., Il piano di Dio per Israele (Verità evangelica, Roma 2008).

     ■ Martella Nicola, Escatologia biblica essenziale. Escatologia 1 (Punto°A°Croce, Roma 2007), pp. 80-81, 95-100, 170-172.

     ■ Martella Nicola, Escatologia fra legittimità e abuso. Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), pp. 252-262, 412-425.

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     ■ Pache R., Il ritorno di Gesù Cristo (UCEB, Fondi 1979).

     ■ Stern D.H., Ristabilire l’ebraicità del vangelo (Edizioni Beth-lehem, 2004).

 

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Questo articolo è discusso qui: Giudei già salvati? O per sempre ripudiati? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

Cristiani giudei e gentili, giudaizzanti e non {Nicola Martella} (T)

Falsi maestri fra i giudeo-messianici odierni {Nicola Martella} (A)

Falsi maestri fra i giudeo-messianici odierni? Parliamone {Nicola Martella} (T)

Gerusalemme e i cristiani {Nicola Martella} (A)

Giudaico-messianici ed etero-cristiani {Giampaolo Natale - Nicola Martella} (A)

Il giudaismo e l’Evangelo {Nicola Martella} (T)

Giudei già salvati in quanto tali? {Nicola Martella} (D)

Il rapporto fra Israele e la chiesa {Nicola Martella} (T)

Il sionismo cristiano {Nicola Martella} (A)

Sionismo cristianizzato? Parliamone {Nicola Martella} (T)

Sulla via di un «sionismo cristianizzato»? {Nicola Martella} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A2-Israel_confus_equilib_Sh.htm

25-01-2010; Aggiornamento: 28-01-2010

 

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