«Saggio è colui che si stupisce di tutto», ebbe a dire André Gide, e non
«stupido», come vuole l’etimologia di quest’ultimo termine dispregiativo con cui
si è soliti indicare chi «si stupisce» con sguardo beota davanti a qualunque
cosa. Quando però, qualche giorno fa, ho appreso la notizia di questa nuova
«amicizia», l’enorme stupore da cui sono stato colto ha fatto oscillare
paurosamente i miei sentimenti fra la saggezza e la stupidità, non potendo
scegliere da quale delle due cose essere più animato.
Infatti, ci vuole una grande dose di saggezza — che,
forse, nella mia grande «stupidità» mi manca — per capire come mai il celebre
«Predicatore della Casa Pontificia», P. Raniero Cantalamessa, insigne storico
del cristianesimo e patrologo brillante nonché impareggiabile comunicatore,
anche televisivo, abbia cercato a lungo e, infine, ottenuto un incontro con quel
losco figuro di un telepredicatore arcimiliardario e truffaldino qual è Benny
Hinn, il cui ritratto mi sono sforzato di tratteggiare in una
serie di articoli
a carattere apologetico. Che cosa avrebbero in comune un figlio del «Poverello
d’Assisi» con un figlio del più becero e florido
marketing del sacro?
Ma andiamo ai fatti. Mi limito a riportare, traducendo,
la clamorosa notizia pubblicata con tanto di foto sul sito ufficiale di Benny
Hinn (qui):
«Mercoledì 22 novembre, il pastore Benny Hinn ha raggiunto la destinazione
finale di un viaggio internazionale di dieci giorni […]. In quella data si è
recato a Roma, in Italia, per incontrarsi con Padre Raniero Cantalamessa». Segue
poi una breve presentazione del predicatore francescano più famoso al mondo, non
solo fra i cattolici, ma anche fra i protestanti. Infatti, il pubblico italiano
lo conosce per la trasmissione televisiva «A sua immagine. Le ragioni della
speranza», mentre i cattolici carismatici e anche alcuni evangelici pentecostali
più «aperti» lo ricorderanno per numerosi interventi a convegni e conferenze
soprattutto a sfondo ecumenico, a cui ho assistito anch’io. Ma continuiamo
brevemente con i fatti di cronaca: «Padre Cantalamessa cercò di partecipare alla
Crociata di Roma del Pastore Benny nel settembre del 2005, ma fu una delle più
di 6.000 persone che non riuscirono a entrare nell’edificio perché all’interno
c’era già il tutto esaurito. Tuttavia, egli guardò il culto sugli schermi fuori
del Palalottomatica e rimase impressionato dell’enfasi su Gesù Cristo come
nostro Salvatore e Guaritore. Dopo molti mesi nel tentativo di sistemare i
loro fitti programmi per combinare un incontro, il Pastore Benny e Padre
Cantalamessa sono riusciti finalmente a incontrarsi faccia a faccia e ad avere
una lunga discussione privata. Dopo il loro incontro, i due uomini hanno pregato
l’uno per l’altro; il Pastore Benny ha offerto in dono al Padre Cantalamessa un
DVD contenente il video con i momenti salienti della Crociata di Roma, e si è
formato un eccezionale legame d’amicizia nel tempo trascorso insieme,
seppure troppo breve» (mio il corsivo).
Per comprendere adeguatamente questo interessante
quadretto e i suoi protagonisti, rimando ai miei articoli su Benny Hinn e
cercherò, adesso, di aggiungere altri elementi al veloce ritratto del
predicatore francescano che ho già cominciato ad abbozzare. Chi è P. Raniero
Cantalamessa? Nel presentarlo, non posso nascondere la mia stima e ammirazione
per un uomo di tale levatura, sebbene io, da evangelico professante proveniente
dal cattolicesimo, che ho definitivamente abbandonato, naturalmente non ne
condivida
in toto le convinzioni dottrinali e la scelta di campo ecclesiale. Ciò
non mi impedisce, però, di rendere «a ciascuno quel che gli è dovuto […]
l’onore a chi l’onore» (Romani 13,7), anche se la pensa diversamente da me.
Ricordo ancora con commozione quando ascoltai la
testimonianza di P. Cantalamessa riguardo a quella che ha tutte le
caratteristiche di una «conversione», avvenuta nel 1977, quando egli partecipò a
Kansas City a un gremito raduno interdenominazionale di pentecostali e
carismatici, già da sacerdote e ancora nelle prestigiose vesti di professore di
Storia delle origini cristiane e Direttore del Dipartimento di Scienze Religiose
all’Università Cattolica di Milano, nonché di membro della Commissione Teologica
Internazionale. Fu proprio una scritta che giganteggiava nello stadio, «Jesus
is Lord» («Gesù è Signore»), a mostrargli la sua reale condizione di
«Gerico», facendone crollare le mura di resistenza e orgoglio, spronandolo
pertanto a vivere davvero nella signoria di Cristo. Cominciò così per lui
un itinerario affascinante che lo costrinse ad abbandonare nel 1979 la cattedra
universitaria, dimettendo le «ricche» vesti accademiche e indossando solo
l’umile saio — da vero figlio di Francesco d’Assisi —, per dedicarsi interamente
alla predicazione dell’Evangelo. P. Cantalamessa si unì anche al movimento
carismatico cattolico — verso cui nutriva, precedentemente, forti sospetti —,
divenendone una delle figure chiave, soprattutto per il dialogo ecumenico. Nel
1980, Giovanni Paolo II gli affidò l’illustre incarico di «Predicatore della
Casa Pontificia» o «Predicatore Apostolico» (titolo e ufficio che risalgono a
Paolo IV [1555-1559] e indicano il predicatore che tiene ogni venerdì, in
Avvento e in Quaresima, una meditazione in presenza del papa, dei cardinali,
vescovi, prelati e superiori generali di ordini religiosi). Oltre che predicare,
insegnare e tenere conferenze e ritiri in tutto il mondo da infaticabile oratore
qual è, P. Cantalamessa è uno scrittore prolifico, essendo l’autore di centinaia
di articoli e saggi su riviste specialistiche e prestigiose testate
giornalistiche, nonché di decine di libri fra i più venduti nell’editoria
cattolica, tradotti anche in numerose lingue. Insomma, non si tratta di un
semplice «uomo di chiesa», ma di un grande intellettuale tra i più vivaci e
fecondi del nostro Paese, nonché di un esponente di spicco del cristianesimo
mondiale.
A questo punto, alla luce dei miei articoli su Hinn e
di questa mia breve presentazione di P. Cantalamessa, lo stupore da cui sono
stato colto sembra più comprensibile, ancor di più se chi sta leggendo abbia mai
ascoltato predicare entrambi, come ho fatto io, abbia visto le loro trasmissioni
televisive o, per lo meno, abbia letto alcuni dei loro libri. Dire che siamo
agli antipodi sarebbe un eufemismo! Il motivo di questa «eccezionale
amicizia» (che sembrerebbe appartenere, cioè, più all’«eccezione» che alla
«regola») sarà dato dal fatto che i poli opposti, almeno in fisica e chimica, si
attraggono? Faccio un esempio. Chi abbia letto Buon giorno, Spirito Santo
di Hinn e La vita in Cristo di Cantalamessa (che consiglio vivamente non
solo di leggere, ma di centellinare e studiare, essendo forse il testo più
«evangelico» mai scritto dal frate cappuccino, e probabilmente il suo
capolavoro), riuscirà a cogliere il senso del mio sconcerto. Sono testi che
hanno ben poco da spartire e, se si azzardasse un confronto, sarebbe come
paragonare le rocambolesche «confessioni» di «san Ciappelletto» — con cui si
apre il Decameron di Boccaccio — con le sublimi
Confessioni di sant’Agostino: l’accostamento sarebbe semplicemente
grottesco.
Pertanto, mi domando se si sarà trattato di semplice
curiosità o di vera ammirazione da parte del frate cappuccino, che sicuramente
non ignora le eresie e i torbidi retroscena di Hinn, come fanno molti ingenui
evangelici nostrani. O forse mi sbaglio? È mai possibile che P. Cantalamessa
veda in Hinn un autentico predicatore dell’Evangelo? I più malevoli
anticattolici e antiecumenici oltranzisti diranno che, in fondo, fra le eresie
neocarismatiche di alcuni neoevangelici come Hinn e le eresie cattoliche, tutte
presenti nel movimento carismatico cattolico, cui appartiene P. Cantalamessa, il
passo è davvero breve. Ecco il vero motivo di tale incontro che tradirebbe
un’effettiva convergenza. Un’«eccezione», insomma, che confermerebbe la
«regola». Il mio stupore, quindi, sarebbe semplice frutto di «stupidità», vuoi
ingenuità… Oppure dovremmo intravedere in questo evento la longa manus
vaticana, cioè una precisa strategia della Santa Sede di fagocitare in ogni modo
fette sempre più ampie di protestantesimo meno fondamentalista e più
borderline, ben rappresentate da Hinn e che oggi compongono una nutrita e
appetibile porzione dei «fratelli separati»? Non è un caso che, in àmbito
protestante, l’ecumenismo sia un dato irrinunciabile proprio dei liberali e dei
nuovi carismatici, ossia di quanti sono meno ancorati ai valori fondanti della
Riforma. E a me pare che la concezione «ecumenica» — o meglio
«cattolicocentrica» — del nuovo pontificato sia stata chiaramente delineata «ante
litteram» già nel 2000 dalla Dominus Iesus, realizzata proprio
dall’attuale papa, quand’era ancora cardinale e Prefetto della «Congregazione
per la dottrina della fede» (l’ex Santo Uffizio). Più di recente, il Card.
Kasper, Presidente del «Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei
Cristiani», così si è espresso proprio riguardo al dialogo con i pentecostali:
«Abbiamo iniziato un dialogo abbastanza sostanziale con i pentecostali, che con
circa 500 milioni e più di aderenti sono oggi il secondo schieramento cristiano
dopo la Chiesa cattolica, soprattutto nell’emisfero meridionale, in America
Latina, Asia e Africa. Registrano un enorme aumento e alcuni parlano persino del
cristianesimo del futuro». Facendo poi un mea culpa e lasciando
intravedere i veri motivi di questo dialogo, Kasper ha aggiunto: «Più importanti
delle questioni tradizionali ecumeniche mi sembrano gli interrogativi di
autocritica. Perché queste comunità hanno tanta attrattiva? Cosa manca a noi?
Come possiamo migliorare nella nostra pastorale? Come rendere più viva la nostra
liturgia parrocchiale? Come iniziare una catechesi sostanziale e fondamentale?
Come realizzare tra noi un sano rinnovamento e rinvigorimento spirituale?».
Insomma, si tratta di buone intenzioni genuinamente «cristiane» o di una subdola
politica del do ut des? A tale proposito, alcune dietrologie sarebbero
plausibili. Però mi chiedo come mai i famosi «Ritiri per un Dialogo Fraterno»
fra carismatici cattolici ed evangelici pentecostali (a molti dei quali ho
partecipato io stesso, da cattolico), capitanati dall’affiatata coppia di M.
Calisi e G. Traettino, si siano interrotti in Italia per continuare, però, qui
in Argentina, dove mi trovo attualmente? Ci sarà forse lo zampino di Ratzinger?
Qualcuno dirà che il mondo latino-americano, in fondo, è più appetibile per i
moderni «conquistadores» ecumenici. E potrebbe avere ragione. Quest’anno,
poi, qui si è registrata la prestigiosa partecipazione proprio di P.
Cantalamessa, che ha galvanizzato per 45 minuti la gremita assemblea del Luna
Park di Buenos Aires con affermazioni ben lontane da quelle più
«utilitaristiche» di Kasper: «Siamo qui insieme per godere di ciò che ci unisce,
che è Cristo, il quale entra nel cuore dell’uomo. Non ci sono argomentazioni
teologiche, il percorso consiste nell’incrementare le relazioni d’amicizia. […]
L’unità che noi cerchiamo esiste già, perché è già stata conquistata da Cristo,
e si fa operante nella Chiesa attraverso lo Spirito Santo. Nonostante questo,
c’è ancora molto da fare», dicendo fra l’altro che «il nostro contributo
all’unità è l’amore reciproco». Che si condividano o meno, queste dichiarazioni
sono certamente più in armonia con la humilitas
francescana e la Preghiera semplice attribuita, erroneamente, proprio a
Francesco d’Assisi, perché ben ne rappresenta lo stile ministeriale lasciato in
eredità ai suoi «figli».
Tornando all’incontro di P. Cantalamessa con Benny
Hinn, sono certo che non si possa sorvolare su queste «nobili intenzioni» da
parte del frate cappuccino e dei fautori del dialogo cattolico-pentecostale,
sicuramente in linea di continuità con la tanto auspicata «nuova Pentecoste» di
Giovanni XXIII sin dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Sono lì da
ricercare le vere radici dei rapporti fra cattolicesimo e pentecostalismo (si
ricordi che il famoso «Mr. Pentecost», David du Plessis, amico del più celebre
Smith Wigglesworth — il quale gli profetizzò nel 1947 un risveglio pentecostale
mondiale che avrebbe investito anche il cattolicesimo —, fu l’unico invitato
pentecostale ad assistere ai lavori conciliari da «osservatore»). Forse sono
questi i veri sentimenti che hanno spinto P. Cantalamessa a stringere amicizia
con Hinn. Ma non dimentichiamoci neanche che i rapporti di quest’ultimo con il
cattolicesimo non sono affatto una novità. Anzi! (Si veda in merito il mio
articolo
«Benny
Hinn e la sua spiritualità ecumenica»). Dovremmo subodorare,
forse, un clientelismo strisciante da parte sua? Infatti, mi pare che sia
proprio alla luce della politica ecumenica più ampia della Chiesa cattolica che
dobbiamo leggere i vari spostamenti e le alleanze di Benny Hinn, da cui egli non
può che trarre profitto. O l’incontro con P. Cantalamessa sarà forse, e più
semplicemente, l’effetto del sincretismo postmoderno — che non risparmia proprio
nessuno — in una delle sue peggiori versioni kitsch? Mi riferisco
all’interesse del frate cappuccino anche per fenomeni più riconducibili al
«carismaticismo» (di cui Hinn è un emblema) che al genuino pentecostalismo.
Infatti, P. Cantalamessa partecipò ad alcune riunioni della controversa
«benedizione di Toronto» (come ho sentito dire personalmente nel 1999 dai
coniugi Arnott, pastori della Toronto Airport Christian Fellowship, durante una
conferenza tenuta a Parigi), dando a quanto sembra la sua «benedizione» di
approvazione, nonostante le chiare prese di posizione contrarie — fin dal 1995 —
di altri leader carismatici cattolici, come quelli del Rinnovamento carismatico
tedesco, i quali produssero anche un autorevole documento!
Comunque stiano le cose, il mio stupore resta,
soprattutto quando leggo che P. Cantalamessa è rimasto «impressionato
dell’enfasi [da parte di Hinn] su Gesù Cristo come nostro Salvatore e
Guaritore». Insomma, mi pare se non altro paradossale che un teologo della sua
statura si lasci impressionare così facilmente da un predicatore considerato, da
altri eminenti teologi e leader ecclesiastici, un vero e proprio eretico! O
sarà, forse, che il frate cappuccino sia rimasto preda delle famigerate doti
«ipnotiche» di Hinn? Sarà anch’egli l’ennesima vittima del sortilegio mediante
il mesmerismo da fake healer (guaritore impostore) che fa «cadere» ai
suoi piedi, come pere cotte, chiunque entri nel magico raggio della sua «unzione
sepolcrale»? Mi piacerebbe davvero chiedere al «Predicatore
Apostolico» che cosa è stato a spingerlo a stringere un simile legame
d’amicizia… A mio avviso, qualunque siano le vere motivazioni, si tratta
comunque di una fragorosa «caduta»… di stile, la cui eco non poteva restare fra
quattro mura, ma che si è riverberata, purtroppo, attraverso Internet.
Sicuramente, però, lui la pensa diversamente, e sarei davvero lieto di
conoscerne il parere — che in ogni caso rispetto — perché ritengo doveroso da
parte sua dare qualche spiegazione, almeno a chi, come me, lo stima molto.
Per l’approfondimento sul rapporto di
alcuni carismatici di spicco verso l’ecumenismo e il cattolicesimo cfr. in
Nicola Martella,
Carismosofia
(Punto°A°Croce, Roma 1995) i seguenti articoli: «Movimento carismatico e
cattolicesimo», pp. 112-118; «Fra ecumenismo e sincretismo», pp. 119-126. Sul
fenomeno della guarigione carismaticista cfr. qui i seguenti articoli:
«Guarigioni», pp. 91.97; «Ministero di guarigione», pp. 98-111; «Esercizio di
potenza e magia bianca», pp. 182-190. ● Cfr. Nicola Martella, «Medium, estasi,
falsi profeti e Bibbia»,
La lieve danza delle tenebre (Veritas, Roma 1992), pp.
363ss. ● Su mesmerismo e affini cfr. in Nicola Martella,
Dizionario delle medicine alternative,
Malattia e guarigione
2
(Punto°A°Croce, Roma 2003), i seguenti articoli: «Ipnosi», pp. 251-258;
«Magnetopatia», pp. 182s; «Mesmer Anton», pp. 334s; «Mesmerismo», p. 335. |
►
Benny Hinn e Raniero Cantalamessa? Parliamone {Nicola
Martella} (T)
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A2-Hinn_Cantalamessa_Car.htm
15-12-2006; Aggiornamento: 09-10-2009 |