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BENNY HINN E RANIERO CANTALAMESSA

Un’amicizia davvero «eccezionale»

 

 di Antonio Morlino

 

«Saggio è colui che si stupisce di tutto», ebbe a dire André Gide, e non «stupido», come vuole l’etimologia di quest’ultimo termine dispregiativo con cui si è soliti indicare chi «si stupisce» con sguardo beota davanti a qualunque cosa. Quando però, qualche giorno fa, ho appreso la notizia di questa nuova «amicizia», l’enorme stupore da cui sono stato colto ha fatto oscillare paurosamente i miei sentimenti fra la saggezza e la stupidità, non potendo scegliere da quale delle due cose essere più animato.

     Infatti, ci vuole una grande dose di saggezza — che, forse, nella mia grande «stupidità» mi manca — per capire come mai il celebre «Predicatore della Casa Pontificia», P. Raniero Cantalamessa, insigne storico del cristianesimo e patrologo brillante nonché impareggiabile comunicatore, anche televisivo, abbia cercato a lungo e, infine, ottenuto un incontro con quel losco figuro di un telepredicatore arcimiliardario e truffaldino qual è Benny Hinn, il cui ritratto mi sono sforzato di tratteggiare in una serie di articoli a carattere apologetico. Che cosa avrebbero in comune un figlio del «Poverello d’Assisi» con un figlio del più becero e florido marketing del sacro?

     Ma andiamo ai fatti. Mi limito a riportare, traducendo, la clamorosa notizia pubblicata con tanto di foto sul sito ufficiale di Benny Hinn (qui): «Mercoledì 22 novembre, il pastore Benny Hinn ha raggiunto la destinazione finale di un viaggio internazionale di dieci giorni […]. In quella data si è recato a Roma, in Italia, per incontrarsi con Padre Raniero Cantalamessa». Segue poi una breve presentazione del predicatore francescano più famoso al mondo, non solo fra i cattolici, ma anche fra i protestanti. Infatti, il pubblico italiano lo conosce per la trasmissione televisiva «A sua immagine. Le ragioni della speranza», mentre i cattolici carismatici e anche alcuni evangelici pentecostali più «aperti» lo ricorderanno per numerosi interventi a convegni e conferenze soprattutto a sfondo ecumenico, a cui ho assistito anch’io. Ma continuiamo brevemente con i fatti di cronaca: «Padre Cantalamessa cercò di partecipare alla Crociata di Roma del Pastore Benny nel settembre del 2005, ma fu una delle più di 6.000 persone che non riuscirono a entrare nell’edificio perché all’interno c’era già il tutto esaurito. Tuttavia, egli guardò il culto sugli schermi fuori del Palalottomatica e rimase impressionato dell’enfasi su Gesù Cristo come nostro Salvatore e Guaritore. Dopo molti mesi nel tentativo di sistemare i loro fitti programmi per combinare un incontro, il Pastore Benny e Padre Cantalamessa sono riusciti finalmente a incontrarsi faccia a faccia e ad avere una lunga discussione privata. Dopo il loro incontro, i due uomini hanno pregato l’uno per l’altro; il Pastore Benny ha offerto in dono al Padre Cantalamessa un DVD contenente il video con i momenti salienti della Crociata di Roma, e si è formato un eccezionale legame d’amicizia nel tempo trascorso insieme, seppure troppo breve» (mio il corsivo).

     Per comprendere adeguatamente questo interessante quadretto e i suoi protagonisti, rimando ai miei articoli su Benny Hinn e cercherò, adesso, di aggiungere altri elementi al veloce ritratto del predicatore francescano che ho già cominciato ad abbozzare. Chi è P. Raniero Cantalamessa? Nel presentarlo, non posso nascondere la mia stima e ammirazione per un uomo di tale levatura, sebbene io, da evangelico professante proveniente dal cattolicesimo, che ho definitivamente abbandonato, naturalmente non ne condivida in toto le convinzioni dottrinali e la scelta di campo ecclesiale. Ciò non mi impedisce, però, di rendere «a ciascuno quel che gli è dovuto […] l’onore a chi l’onore» (Romani 13,7), anche se la pensa diversamente da me.

     Ricordo ancora con commozione quando ascoltai la testimonianza di P. Cantalamessa riguardo a quella che ha tutte le caratteristiche di una «conversione», avvenuta nel 1977, quando egli partecipò a Kansas City a un gremito raduno interdenominazionale di pentecostali e carismatici, già da sacerdote e ancora nelle prestigiose vesti di professore di Storia delle origini cristiane e Direttore del Dipartimento di Scienze Religiose all’Università Cattolica di Milano, nonché di membro della Commissione Teologica Internazionale. Fu proprio una scritta che giganteggiava nello stadio, «Jesus is Lord» («Gesù è Signore»), a mostrargli la sua reale condizione di «Gerico», facendone crollare le mura di resistenza e orgoglio, spronandolo pertanto a vivere davvero nella signoria di Cristo. Cominciò così per lui un itinerario affascinante che lo costrinse ad abbandonare nel 1979 la cattedra universitaria, dimettendo le «ricche» vesti accademiche e indossando solo l’umile saio — da vero figlio di Francesco d’Assisi —, per dedicarsi interamente alla predicazione dell’Evangelo. P. Cantalamessa si unì anche al movimento carismatico cattolico — verso cui nutriva, precedentemente, forti sospetti —, divenendone una delle figure chiave, soprattutto per il dialogo ecumenico. Nel 1980, Giovanni Paolo II gli affidò l’illustre incarico di «Predicatore della Casa Pontificia» o «Predicatore Apostolico» (titolo e ufficio che risalgono a Paolo IV [1555-1559] e indicano il predicatore che tiene ogni venerdì, in Avvento e in Quaresima, una meditazione in presenza del papa, dei cardinali, vescovi, prelati e superiori generali di ordini religiosi). Oltre che predicare, insegnare e tenere conferenze e ritiri in tutto il mondo da infaticabile oratore qual è, P. Cantalamessa è uno scrittore prolifico, essendo l’autore di centinaia di articoli e saggi su riviste specialistiche e prestigiose testate giornalistiche, nonché di decine di libri fra i più venduti nell’editoria cattolica, tradotti anche in numerose lingue. Insomma, non si tratta di un semplice «uomo di chiesa», ma di un grande intellettuale tra i più vivaci e fecondi del nostro Paese, nonché di un esponente di spicco del cristianesimo mondiale.

     A questo punto, alla luce dei miei articoli su Hinn e di questa mia breve presentazione di P. Cantalamessa, lo stupore da cui sono stato colto sembra più comprensibile, ancor di più se chi sta leggendo abbia mai ascoltato predicare entrambi, come ho fatto io, abbia visto le loro trasmissioni televisive o, per lo meno, abbia letto alcuni dei loro libri. Dire che siamo agli antipodi sarebbe un eufemismo! Il motivo di questa «eccezionale amicizia» (che sembrerebbe appartenere, cioè, più all’«eccezione» che alla «regola») sarà dato dal fatto che i poli opposti, almeno in fisica e chimica, si attraggono? Faccio un esempio. Chi abbia letto Buon giorno, Spirito Santo di Hinn e La vita in Cristo di Cantalamessa (che consiglio vivamente non solo di leggere, ma di centellinare e studiare, essendo forse il testo più «evangelico» mai scritto dal frate cappuccino, e probabilmente il suo capolavoro), riuscirà a cogliere il senso del mio sconcerto. Sono testi che hanno ben poco da spartire e, se si azzardasse un confronto, sarebbe come paragonare le rocambolesche «confessioni» di «san Ciappelletto» — con cui si apre il Decameron di Boccaccio — con le sublimi Confessioni di sant’Agostino: l’accostamento sarebbe semplicemente grottesco.

     Pertanto, mi domando se si sarà trattato di semplice curiosità o di vera ammirazione da parte del frate cappuccino, che sicuramente non ignora le eresie e i torbidi retroscena di Hinn, come fanno molti ingenui evangelici nostrani. O forse mi sbaglio? È mai possibile che P. Cantalamessa veda in Hinn un autentico predicatore dell’Evangelo? I più malevoli anticattolici e antiecumenici oltranzisti diranno che, in fondo, fra le eresie neocarismatiche di alcuni neoevangelici come Hinn e le eresie cattoliche, tutte presenti nel movimento carismatico cattolico, cui appartiene P. Cantalamessa, il passo è davvero breve. Ecco il vero motivo di tale incontro che tradirebbe un’effettiva convergenza. Un’«eccezione», insomma, che confermerebbe la «regola». Il mio stupore, quindi, sarebbe semplice frutto di «stupidità», vuoi ingenuità… Oppure dovremmo intravedere in questo evento la longa manus vaticana, cioè una precisa strategia della Santa Sede di fagocitare in ogni modo fette sempre più ampie di protestantesimo meno fondamentalista e più borderline, ben rappresentate da Hinn e che oggi compongono una nutrita e appetibile porzione dei «fratelli separati»? Non è un caso che, in àmbito protestante, l’ecumenismo sia un dato irrinunciabile proprio dei liberali e dei nuovi carismatici, ossia di quanti sono meno ancorati ai valori fondanti della Riforma. E a me pare che la concezione «ecumenica» — o meglio «cattolicocentrica» — del nuovo pontificato sia stata chiaramente delineata «ante litteram» già nel 2000 dalla Dominus Iesus, realizzata proprio dall’attuale papa, quand’era ancora cardinale e Prefetto della «Congregazione per la dottrina della fede» (l’ex Santo Uffizio). Più di recente, il Card. Kasper, Presidente del «Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani», così si è espresso proprio riguardo al dialogo con i pentecostali: «Abbiamo iniziato un dialogo abbastanza sostanziale con i pentecostali, che con circa 500 milioni e più di aderenti sono oggi il secondo schieramento cristiano dopo la Chiesa cattolica, soprattutto nell’emisfero meridionale, in America Latina, Asia e Africa. Registrano un enorme aumento e alcuni parlano persino del cristianesimo del futuro». Facendo poi un mea culpa e lasciando intravedere i veri motivi di questo dialogo, Kasper ha aggiunto: «Più importanti delle questioni tradizionali ecumeniche mi sembrano gli interrogativi di autocritica. Perché queste comunità hanno tanta attrattiva? Cosa manca a noi? Come possiamo migliorare nella nostra pastorale? Come rendere più viva la nostra liturgia parrocchiale? Come iniziare una catechesi sostanziale e fondamentale? Come realizzare tra noi un sano rinnovamento e rinvigorimento spirituale?». Insomma, si tratta di buone intenzioni genuinamente «cristiane» o di una subdola politica del do ut des? A tale proposito, alcune dietrologie sarebbero plausibili. Però mi chiedo come mai i famosi «Ritiri per un Dialogo Fraterno» fra carismatici cattolici ed evangelici pentecostali (a molti dei quali ho partecipato io stesso, da cattolico), capitanati dall’affiatata coppia di M. Calisi e G. Traettino, si siano interrotti in Italia per continuare, però, qui in Argentina, dove mi trovo attualmente? Ci sarà forse lo zampino di Ratzinger? Qualcuno dirà che il mondo latino-americano, in fondo, è più appetibile per i moderni «conquistadores» ecumenici. E potrebbe avere ragione. Quest’anno, poi, qui si è registrata la prestigiosa partecipazione proprio di P. Cantalamessa, che ha galvanizzato per 45 minuti la gremita assemblea del Luna Park di Buenos Aires con affermazioni ben lontane da quelle più «utilitaristiche» di Kasper: «Siamo qui insieme per godere di ciò che ci unisce, che è Cristo, il quale entra nel cuore dell’uomo. Non ci sono argomentazioni teologiche, il percorso consiste nell’incrementare le relazioni d’amicizia. […] L’unità che noi cerchiamo esiste già, perché è già stata conquistata da Cristo, e si fa operante nella Chiesa attraverso lo Spirito Santo. Nonostante questo, c’è ancora molto da fare», dicendo fra l’altro che «il nostro contributo all’unità è l’amore reciproco». Che si condividano o meno, queste dichiarazioni sono certamente più in armonia con la humilitas francescana e la Preghiera semplice attribuita, erroneamente, proprio a Francesco d’Assisi, perché ben ne rappresenta lo stile ministeriale lasciato in eredità ai suoi «figli».

     Tornando all’incontro di P. Cantalamessa con Benny Hinn, sono certo che non si possa sorvolare su queste «nobili intenzioni» da parte del frate cappuccino e dei fautori del dialogo cattolico-pentecostale, sicuramente in linea di continuità con la tanto auspicata «nuova Pentecoste» di Giovanni XXIII sin dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Sono lì da ricercare le vere radici dei rapporti fra cattolicesimo e pentecostalismo (si ricordi che il famoso «Mr. Pentecost», David du Plessis, amico del più celebre Smith Wigglesworth — il quale gli profetizzò nel 1947 un risveglio pentecostale mondiale che avrebbe investito anche il cattolicesimo —, fu l’unico invitato pentecostale ad assistere ai lavori conciliari da «osservatore»). Forse sono questi i veri sentimenti che hanno spinto P. Cantalamessa a stringere amicizia con Hinn. Ma non dimentichiamoci neanche che i rapporti di quest’ultimo con il cattolicesimo non sono affatto una novità. Anzi! (Si veda in merito il mio articolo «Benny Hinn e la sua spiritualità ecumenica»). Dovremmo subodorare, forse, un clientelismo strisciante da parte sua? Infatti, mi pare che sia proprio alla luce della politica ecumenica più ampia della Chiesa cattolica che dobbiamo leggere i vari spostamenti e le alleanze di Benny Hinn, da cui egli non può che trarre profitto. O l’incontro con P. Cantalamessa sarà forse, e più semplicemente, l’effetto del sincretismo postmoderno — che non risparmia proprio nessuno — in una delle sue peggiori versioni kitsch? Mi riferisco all’interesse del frate cappuccino anche per fenomeni più riconducibili al «carismaticismo» (di cui Hinn è un emblema) che al genuino pentecostalismo. Infatti, P. Cantalamessa partecipò ad alcune riunioni della controversa «benedizione di Toronto» (come ho sentito dire personalmente nel 1999 dai coniugi Arnott, pastori della Toronto Airport Christian Fellowship, durante una conferenza tenuta a Parigi), dando a quanto sembra la sua «benedizione» di approvazione, nonostante le chiare prese di posizione contrarie — fin dal 1995 — di altri leader carismatici cattolici, come quelli del Rinnovamento carismatico tedesco, i quali produssero anche un autorevole documento!

     Comunque stiano le cose, il mio stupore resta, soprattutto quando leggo che P. Cantalamessa è rimasto «impressionato dell’enfasi [da parte di Hinn] su Gesù Cristo come nostro Salvatore e Guaritore». Insomma, mi pare se non altro paradossale che un teologo della sua statura si lasci impressionare così facilmente da un predicatore considerato, da altri eminenti teologi e leader ecclesiastici, un vero e proprio eretico! O sarà, forse, che il frate cappuccino sia rimasto preda delle famigerate doti «ipnotiche» di Hinn? Sarà anch’egli l’ennesima vittima del sortilegio mediante il mesmerismo da fake healer (guaritore impostore) che fa «cadere» ai suoi piedi, come pere cotte, chiunque entri nel magico raggio della sua «unzione sepolcrale»? Mi piacerebbe davvero chiedere al «Predicatore Apostolico» che cosa è stato a spingerlo a stringere un simile legame d’amicizia… A mio avviso, qualunque siano le vere motivazioni, si tratta comunque di una fragorosa «caduta»… di stile, la cui eco non poteva restare fra quattro mura, ma che si è riverberata, purtroppo, attraverso Internet. Sicuramente, però, lui la pensa diversamente, e sarei davvero lieto di conoscerne il parere — che in ogni caso rispetto — perché ritengo doveroso da parte sua dare qualche spiegazione, almeno a chi, come me, lo stima molto.

 

Per l’approfondimento sul rapporto di alcuni carismatici di spicco verso l’ecumenismo e il cattolicesimo cfr. in Nicola Martella, Carismosofia (Punto°A°Croce, Roma 1995) i seguenti articoli: «Movimento carismatico e cattolicesimo», pp. 112-118; «Fra ecumenismo e sincretismo», pp. 119-126. Sul fenomeno della guarigione carismaticista cfr. qui i seguenti articoli: «Guarigioni», pp. 91.97; «Ministero di guarigione», pp. 98-111; «Esercizio di potenza e magia bianca», pp. 182-190. ● Cfr. Nicola Martella, «Medium, estasi, falsi profeti e Bibbia», La lieve danza delle tenebre (Veritas, Roma 1992), pp. 363ss. ● Su mesmerismo e affini cfr. in Nicola Martella, Dizionario delle medicine alternative, Malattia e guarigione 2 (Punto°A°Croce, Roma 2003), i seguenti articoli: «Ipnosi», pp. 251-258; «Magnetopatia», pp. 182s; «Mesmer Anton», pp. 334s; «Mesmerismo», p. 335.

 

Benny Hinn e Raniero Cantalamessa? Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A2-Hinn_Cantalamessa_Car.htm

15-12-2006; Aggiornamento: 09-10-2009

 

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