Una lettura attenta del Nuovo Testamento indicherà
che Gesù era uno studioso versato nelle Scritture e nella letteratura religiosa
del suo tempo, che era vasta e variegata. L’opinione popolare di Gesù è che egli
era una persona semplice, di pochi studi; oggi si direbbe che era un
«provinciale». Questo malinteso è in parte dovuto alle molte dichiarazioni fatte
con disprezzo su Nazaret e sulla Galilea, ad esempio: «Può venire qualcosa di
buono da Nazaret?»; oppure: «E tutti stupivano e si meravigliavano, e si
dicevano l’un l’altro: “Ecco, non sono Galilei tutti questi che parlano?”»
(Atti 2,7).
Queste dichiarazioni
riflettono un pregiudizio dei Giudei contro i Galilei. Alcuni Giudei vedevano se
stessi come persone colte e cosmopolite. Ai loro occhi, i Galilei erano dei
provinciali dall’accento grossolano e grezzo.
In realtà, però, poteva essere vero anche il contrario:
i Galilei erano più esposti al mondo esterno, mentre i Giudei, che vivevano nel
cuore del paese, erano più protetti dal contatto con le nazioni straniere. La
Galilea era anche più urbanizzata, con molti villaggi sviluppati. La Giudea, al
contrario, era più rurale.
Questo disprezzo verso i Galilei è manifestato dalla
supposizione, conservata in Gv 7,15, che Gesù non aveva avuto istruzione: «E
i Giudei si meravigliavano e dicevano: “Come mai costui sa di lettere, senza
aver fatto studi?”».
Galilei conservatori
Tali brani hanno dato origine all’idea che Gesù e i
suoi discepoli erano ignoranti semplicemente perché provenivano dalla Galilea.
Sorprendentemente, però, il livello d’istruzione ed educazione religioso della
Galilea sorpassava quello della Giudea.
Secondo studi fatti negli ultimi decenni, grazie alla
riscoperta dello studio della letteratura rabbinica, non solo nel primo secolo i
maestri galilei superavano in numero quelli giudei ma la qualità morale ed etica
del loro insegnamento era considerata più elevata di quella dei loro colleghi
giudei. Famosi maestri galilei del primo secolo erano Johanan ben Zakkai, Hanina
ben Dosa, Abba Jose Holikofri di Tiv’on e Zadok, i quali hanno contribuito a
dare una profonda comprensione della Torà agli abitanti della Galilea.
Per il loro alto livello di conoscenza e di rispetto
delle Scritture, i Galilei potrebbero essere considerati come i religiosi
conservatori di quel tempo. Il nazionalismo messianico è fiorito in Galilea.
Giuda il Galileo, per esempio, è stato il fondatore del movimento degli
«Zeloti», e fu in Galilea, non in Giudea, che iniziò la grande rivolta contro
Roma nel 66 d.C.
Educazione primaria
Il Nuovo Testamento non dice quasi niente della vita di
Gesù da dopo la sua nascita fino a quando non si ritrova nel tempio all’età di
dodici anni, e da lì fino all’inizio del suo ministero pubblico all’età di
trenta anni. Una buona indicazione di ciò che un giovane giudeo faceva a quei
tempi può essere trovato in Avot 5,21, un trattato della Mishnah composto da una
raccolta di detti rabbinici: «A cinque anni d’età, si è pronti per lo studio
della Torà scritta, a dieci anni per lo studio della Torà orale, a tredici anni
per il bar mitzvah
[= la cerimonia per l’entrata nell’età in cui si è religiosamente
responsabili], a quindici per lo studio delle halakot [= decisioni legali
rabbiniche], a diciotto per il matrimonio, a venti per seguire una vocazione o
l’auto-sufficienza nei mezzi di sostentamento, a trenta per l’entrata nel pieno
vigore; a
quaranta, saggezza; a cinquanta, capaci di dare consigli; a sessanta,
vecchiaia; a settanta, pienezza d’anni; a ottanta, l’età della “forza”; a
novanta, un corpo curvato; a cento, ha oltrepassato il mondo» (Mishnah Avot
5,2). Sebbene quest’affermazione non può essere datata con
certezza, e potrebbe essere stata fatta anche 100 anni dopo i tempi di Gesù, ci
sono molti altri passi nelle opere rabbiniche che indicano l’importanza data
all’istruzione dei bambini e che ci danno qualche informazione su come
probabilmente Gesù passava il suo tempo.
Certamente, l’educazione era tenuta in alta
considerazione dalla società giudaica. Nella sua apologia del giudaismo,
Contro Apione, scritto per controbattere l’anti-semitismo, lo storico giudeo
del primo secolo, Giuseppe Flavio, dichiara: «Siamo oltremodo orgogliosi
dell’istruzione dei nostri figli e consideriamo come il compito più importante
della vita l’osservanza delle nostre leggi e delle pratiche pie che su d’esse si
basano, le quali abbiamo ereditato» (Contro Apione 1,60).
Il Talmud suggerisce anche la grandezza della classe
ideale: «Il numero massimo d’alunni elementari che dovrebbero stare sotto un
insegnante è venticinque; se ce sono cinquanta, deve essere aggiunto un altro
insegnante; se sono quaranta, uno studente anziano dovrebbe essere preso per
aiutare l’insegnante (Baba Batra 21a).
Alto livello d’istruzione
Una sinagoga del primo secolo aveva solitamente la sua
bet sefer
(scuola elementare) e la bet midrash (scuola secondaria) in cui bambini e
adulti studiavano la Torà e le tradizioni orali. L’istruzione formale finiva
all’età di dodici o tredici anni, quando la maggior parte dei giovani andavano a
lavorare. Gli studenti più dotati che desideravano continuare i loro studi
potevano farlo nella bet midrash insieme agli adulti che studiavano nel
loro tempo disponibile.
Alcuni degli studenti più bravi della bet midrash
potevano eventualmente lasciare le proprie case per andare a studiare con un
maestro famoso, essendo incoraggiati e talvolta sostenuti dalle loro famiglie.
Ma solo gli studenti molto promettenti erano esortati a continuare gli studi
poiché, di solito, la loro presenza era necessaria nel lavoro agricolo di casa.
Si potrebbe pensare che la sinagoga, in quanto luogo di
culto, era considerata più importante o più sacra delle scuole, ma non era così.
Ancora oggi alla bet midrash viene data più importanza della sinagoga —
non perché l’istruzione vale più del culto, ma perché il giudaismo non fa
distinzione tra i due. Infatti, il giudaismo ha sempre ritenuto che lo studio
della Torà è una delle forme più alte di culto (cfr. Talmud Babilonese, Shabbat
30a).
Studio diligente
La tradizione giudaica ha molte dichiarazioni che
raccomandano uno studio continuo e diligente, come mostra questo passo della
Mishnah: «Disciplinate voi stessi per studiare Torà, poiché non lo ricevete per
eredità» (Avot 2,12). Di questo punto di vista ne troviamo l’eco in molti
passaggi del Nuovo Testamento:
«Or costoro [i cristiani giudei di Berea] erano di
sentimenti più nobili… esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se queste
cose stavano così» (Atti 17,1).
«Studiati di presentare te stesso approvato davanti
a Dio, operaio che non ha da vergognarsi, che esponga rettamente la parola della
verità» (2Tm 2,15).
«…usando ogni diligenza, aggiungete alla vostra fede
la virtù, alla virtù la conoscenza» (2 Pt 1,5).
Memorizzazione Nonostante i rotoli venivano usati per la lettura e lo
studio, e la pratica della scrittura era molto sviluppata, il materiale scritto
era costoso dato che tutti i manoscritti dovevano essere copiati manualmente da
persone esperte (gli scribi). I rotoli, quindi, erano relativamente scarsi, e
anche se ai tempi di Gesù ogni casa aveva almeno uno dei circa venti rotoli
biblici, poche persone avevano un accesso immediato alla vasta biblioteca della
letteratura sacra. Apprendere era, di conseguenza, una questione di
memorizzazione. Lo studio individuale e di gruppo della Bibbia, ripetizione dei
brani, ecc., veniva fatto ad alta voce. È stata coniata l’espressione, «il
cinguettare dei bambini», che la gente sentiva passando vicino a una sinagoga,
poiché i bambini recitavano i versi. Anche gli adulti, nello studio individuale
e di gruppo, leggevano ad alta voce; poiché veniva consigliato di non studiare
sussurrando, ma ad alta voce. Questo era l’unico modo per evitare il rischio di
dimenticare.
Agli occhi dei maestri, la ripetizione era la chiave
dell’apprendimento, come questi brani illustrano:
«Una persona che ripete la sua lezione cento volte non
è paragonabile a quella che la ripete centouno volte» (Talmud Babilonese,
Hagigah 9b).
«Se [lo studente] apprende la Torà e non la ripete
continuamente, è simile a un uomo che semina senza mietere» (Talmud Babilonese,
Sanhedrin 99a). Questa memorizzazione è praticata ancora oggi.
I contemporanei di Gesù
Dai racconti trovati nelle fonti giudaiche come quelle
sopraccitate, ci si può formare un’idea ragionevolmente precisa di quello che
Gesù faceva nella sua infanzia e nella sua adolescenza. Egli studiava, affidando
alla memoria una grande quantità di materiale — Scritture e commentari sulle
Scritture — tutta la letteratura sacra disponibile a quei tempi.
Questo era esattamente quello che la maggior parte
degli altri ragazzi giudei facevano. La memorizzazione della Torà Scritta e
delle tradizioni era la parte più importante dell’istruzione giudaica e la
maggior parte dei contemporanei di Gesù, che avevano a disposizione gran parte
di questo materiale, s’impegnavano a impararlo a memoria. Era difficile trovare
un ragazzo per strada che non conosceva le Scritture. Secondo Girolamo (342-420 d.C.) che visse in Betlemme e
imparò l’ebraico dai Giudei locali, per poter tradurre la Bibbia in latino
(Vulgata), «non c’era alcun bambino che non conoscesse molto bene la storia da
Adamo a Zerubabele», cioè la Bibbia ebraica dall’inizio alla fine.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A2-Gesu_istruzione_OiG.htm
17-08-2007; Aggiornamento: 02-07-2010
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