Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

Per il discernimento biblico

Prima pagina

Contattaci

Domande frequenti

Novità

Arte sana

Bibbia ed ermeneutica

Culture e ideologie

Confessioni cristiane

Dottrine

Religioni

Scienza e fede

Teologia pratica

▼ Vai a fine pagina

 

Le Origini 1

 

Cristianesimo giudaico

 

 

 

 

L’opera si presenta in due volumi ed è organizzata come segue:

1° volume (Temi delle origini): Gli articoli introduttivi e i temi di approfondimento

2° volume (Esegesi delle origini): Il commento particolareggiato basato sul testo ebraico (comprende anche una traduzione letterale posta alla fine)

   Se si eccettua la prima parte del primo volume, che introduce a Genesi 1,1-5,1a, per il resto ambedue i volumi dell’opera sono suddivisi rispettivamente secondo le seguenti parti:
■ La creazione del mondo e dell’uomo 1,1-2,4a
■ L’essere umano nella creazione 2,4b-25
■ La caduta primordiale e il suo effetto 3
■ La fine del resoconto su Adamo 4,1-5,1a.

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

Le Origini 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serviti della e-mail sottostante!

E-mail

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL GESÙ EBRAICO E L’INTERPRETAZIONE DELLA TORÀ

 

 di Argentino Quintavalle

 

Il testo greco degli Evangeli si capisce meglio alla luce del suo retroterra ebraico. Consideriamo, per esempio, il significato ebraico delle famose parole di Gesù, «Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento. Perché in verità vi dico: Finché il cielo e la terra non passeranno, neppure uno iota o un solo apice della legge passerà, prima che tutto sia adempiuto» (Mt 5,17s). La parola «legge» in ebraico è in effetti Torah «istruzione». Essa non era una parola negativa per Gesù. Egli credeva che la Torà rivelasse la volontà di Dio. Egli credeva che fosse buona e santa. La Torà insegnava l’amore di Dio per tutto il popolo e forniva una guida per la vita giornaliera. Alla luce dell’alta stima che Gesù aveva per la Torà, Mt 5,17 era certamente indirizzato all’obiettivo di comprendere correttamente il testo biblico per potersi condurre nella vita con rettitudine.

     Il retroterra ebraico di questo verso rende chiaro il suo profondo significato. Nella letteratura rabbinica, le parole greche dell’Evangelo tradotte con «abrogare» e «portare a compimento» hanno una dinamica equivalente. La parola «abrogare» significa «interpretare non correttamente». In greco la parola kataluō significa «abolire», e il suo equivalente ebraico batel significa anche «cancellare, abolire, distruggere», ma batel è utilizzato spesso in contesti che hanno a che fare con l’interpretazione della Scrittura. Si cancella la Torà quando la si interpreta male. La parola «portare a compimento», inoltre, si riferisce all’interpretazione accurata di un brano. In greco la parola pleroō significa «soddisfare, adempiere». Il suo equivalente ebraico kijem è derivato da una radice che significa «motivo per durare» e ha il senso di «sostenere, osservare, adempiere, o mettersi su un solido punto d’appoggio». È anche utilizzato in contesti che hanno a che fare con l’interpretazione della Scrittura.

     Quando uno fraintende il significato corretto della Torà, è possibile che non obbedisca alla volontà del Signore. Quindi una persona può «abrogare» la Torà interpretando male la rivelazione divina. Al contrario, quando uno comprende il suo corretto significato, è in grado di obbedire alla volontà di Dio e quindi di adempie la Torà. Le polemiche teologiche all’interno del cristianesimo durante la lotta per definire se stesso, hanno fatto in modo che la chiesa si staccasse quasi completamente dal giudaismo. Questo ha creato un ambiente in cui le idee di Marcione potevano fiorire. Nei suoi sforzi per definire se stessa, è stato facile per la chiesa lasciarsi affascinare dall’anti-giudaismo di Marcione.

     Più tardi, durante il periodo della Riforma, molti protestanti hanno attaccato il papato. Essi hanno ingiustamente usato la Torà e il giudaismo per criticare l’insegnamento sbagliato della chiesa ufficiale. Non è insolito che il giudaismo sia stato il capro espiatorio per attaccare tutto quello che veniva percepito come malvagio nella dottrina della chiesa. Il buono era visto come proveniente dal cristianesimo autentico, mentre il male era ingiustamente descritto come proveniente dal giudaismo.

     Come risultato, le moderne traduzioni italiane delle tre parole chiave di Mt 5,17, ossia «Torà», «abrogare» e «portare a compimento», hanno acquistato dei significati abbastanza diversi dai loro originari significati giudaici. Che cosa volevano dire queste parole per Gesù e per i suoi primi discepoli? La parola ebraica «Torà» è derivata dalla radice jarah, che significa lanciare una freccia o insegnare. Torà significa insegnamento o istruzione veritieri e diritti come le parole della Torà lanciate in un tragitto diretto come quello di una freccia, con potenza e con forza per vivere una vita piena. Torà è il proposito divino per tutti quelli che amano Dio. Torà è volontà di Dio, che va oltre la lettera di ciò che è scritto. La rivelazione divina della Torà, tuttavia, può essere interpretata in molte e diverse maniere. L’interpretazione corretta infonde un soffio di vita e di potenza nelle parole scritte in essa.

     Se correttamente capita e obbedita, la rivelazione divina fornisce la guida per una vita efficace. La legge è così portata a compimento. L’interpretazione sbagliata, d’altra parte, cancella le parole comunicate attraverso la rivelazione divina. Come Abramo Joshua Heschel ha mostrato, mentre i Greci studiavano per comprendere e i pensatori occidentali studiano per applicare la loro conoscenza in un senso pratico, gli antichi Ebrei studiavano per meglio venerare Dio (A.J. Henschel, God in Search of Man, pp. 3-12; 43-53; 73-79). Dio ha dato la Torà. Egli deve essere riverito. Ogni essere umano deve aver timor di Dio e meravigliarsi davanti a Lui. Perciò il compito di apprendere la Torà è un’impresa sacra. Studiare i comandamenti per riverenza. Riverire i comandamenti nell’ubbidienza. Gesù è venuto a interpretare la Torà nella maniera corretta, in modo che Dio che l’ha data, sarà riverito e ubbidito attraverso delle azioni corrette. «Abrogare» significa ostruire attraverso una interpretazione sbagliata. «Portare a compimento» si riferisce a una comprensione del testo che conduce a un comportamento di vita santa.

     Questi significati delle parole «Torà», «abrogare» e «portare a compimento» sono illustrate in una pittoresca storia della vita del re Salomone nella letteratura giudaica. Salomone è ricordato per la sua leggendaria sapienza. Nondimeno, anche il saggio Salomone potrebbe decidere di cancellare una lettera della Torà. A causa dei propri desideri, egli ha interpretato la Bibbia in modo tale da cancellare il suo significato. Egli ha avuto problemi con un comandamento della Torà, quello che dice al re che «non deve procurarsi un gran numero di cavalli… non deve procurarsi un gran numero di mogli… non deve accumulare per se stesso una grande quantità di argento e d’oro» (Dt 17,16s). Questo serviva a impedire che il cuore del re si allontanasse da Dio. Così re Salomone decise di cancellare uno iota o un apice dalle parole ebraiche del verso.

     Quando Dio ha dato la Torà ad Israele, Egli vi ha messo dei comandamenti sia positivi che negativi e, come abbiamo visto, ha dato dei comandamenti per il re (Dt 17,16s). Secondo la tradizione giudaica, Salomone si sarebbe levato e avrebbe studiato la ragione del decreto di Dio, dicendo: «Perché Dio ha comandato: non procurarti un gran numero di mogli? Non è perché il tuo cuore non si svii? Se il mio cuore non si svia io ne posso però avere molte, ed è quello che farò». I rabbini dicono: in quel momento, lo jod (la lettera più piccola dell’alfabeto Ebraico, j, la prima lettera di jarbeh, che significa moltiplicare) è salita in alto e si è prostrata davanti a Dio dicendo: «Padrone dell’Universo! Non hai detto che nessuna lettera sarà mai abrogata dalla Torà? Guarda, Salomone si è levato e ne ha abrogata una. Chi sa cosa succederà? Oggi egli ha abolito una lettera, domani ne abolirà un’altra fino a che l’intera Torà non sarà annullata». Dio rispose: «Salomone e mille come lui passeranno, ma l’apice più piccolo della Torà non sarà cancellato da voi» (Exodus Rabbah 6,1).

     Cancellando la lettera più piccola dell’alfabeto ebraico, il re Salomone ha interpretato il comandamento secondo la sua propria sapienza. Alla fine egli l’ha cambiato da un comandamento negativo, «non procurarti un gran numero» di cavalli, mogli e denaro, in un comandamento positivo, dando a se stesso l’ordine divino che avrebbe potuto «procurarsi gran numero» di cavalli, mogli e denaro. Egli ha «portato a compimento» il verso secondo la sua versione riveduta. Tutto questo è stato possibile attraverso una «sapiente» interpretazione biblica. La potenza straordinaria dell’esegesi non dovrebbe mai essere sottovalutata. Questa leggenda si riferisce all’abilità del re Salomone di abrogare e portare a compimento la Torà attraverso la propria interpretazione. Questo esempio della letteratura rabbinica dimostra che rimuovere anche uno iota o un apice da un verso potrebbe fare in modo che la Torà venga abolita. Quando Gesù ha usato le parole «Torà», «abrogare» e «portare a compimento», la gente sarebbe andata subito col pensiero alla interpretazione corretta.

     Quando uno studia con attenzione il contesto delle parole di Gesù, «Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento», diventa chiaro che egli si sta occupando di quello che noi oggi chiamiamo Vecchio Testamento e della sua corretta interpretazione. Le parole «Voi avete udito che fu detto dagli antichi» introduce una citazione (Mt 5,21). Per esempio, Gesù cita un brano dei Dieci Comandamenti: «Non uccidere». Il significato letterale del comandamento si riferisce all’effettivo versamento di sangue. Ma l’interpretazione di Gesù va oltre la lettera del comandamento e si eleva a un livello più alto di santità. Se uno si adira contro il suo fratello, si è incamminato su una strada pericolosa. Un rabbino ha detto che se uno viola una comandamento secondario, come il divieto di adirarsi, ciò può condurlo alla trasgressione di un comandamento primario, come il divieto di uccidere. Inoltre, negli insegnamenti di Gesù, se uno insegna agli altri di trasgredire anche un comandamento minore (in ebraico kal), cioè, «uno di questi minimi comandamenti» (Mt 5,19), quelli che vengono considerati secondari, sarà chiamato minimo (in ebraico kal) nel regno dei cieli. Quando qualcuno viola un comandamento minore (kal), inizia a percorrere una strada che lo condurrà a una violazione più grave (in ebraico chamor, «pesante o maggiore). I rabbini hanno messo in confronto le leggi maggiori o pesanti (chamor) come i Dieci Comandamenti, con altri che potevano essere considerati minori (kal). Nel Sermone sul Monte, Gesù confronta i comandamenti secondari con quelli principali. La sensualità può essere considerata una violazione secondaria, ma essa conduce all’adulterio. L’ira porta all’omicidio.

     I rabbini impiegano questo metodo di esegesi per la loro interpretazione della Bibbia. Dio ha dato la Torà al popolo che, per la loro riverenza nei suoi confronti, hanno studiato i suoi vitali comandamenti per la vita quotidiana. La menzione di leggi leggere (kal minore) e pesanti (chamor maggiore) della Torà appare in un commentario giudaico sul libro del Deuteronomio. Nel loro «timore del peccato» e desiderio di una vita santa, i rabbini hanno spiegato il modo in cui l’ira può portare all’omicidio: «Se un uomo odia il suo prossimo, gli tende un agguato, lo aggredisce e lo ferisce a morte» (Dt 19,11). Da ciò è stato dedotto: se un uomo ha trasgredito un comandamento leggero (kal), egli alla fine trasgredirà un comandamento pesante (chamor). Se egli ha trasgredito il comandamento: «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18), egli infine trasgredirà il comandamento: «Non farai vendetta e non serberai rancore» (Lv 19,18), e il comandamento: «Non odierai il tuo fratello» (Lv 19,17), e il comandamento: «Il tuo fratello vivrà presso di te» (Lv 25,36) — ed alla fine sarà portato a commettere l’omicidio. Quindi è detto: «Se un uomo odia il suo prossimo, gli tende un agguato, lo aggredisce…» (A Tannaitic Commentary on the Book of Deuteronomy [Yale University, New Haven 1986]).

     La base della spiegazione si trova in Dt 19,11. La progressione dell’azione è data dalla sequenza dei verbi, «Se un uomo odia il suo prossimo, gli tende un agguato, lo aggredisce e lo ferisce a morte», ha logicamente suggerito ai rabbini che di solito un peccato maggiore sia il risultato di una serie di torti minori. Quindi, uno deve fare attenzione a non trasgredire il minimo comandamento perché il pericolo è troppo grande. Il primo peccato condurrà a un altro ancora più grave del precedente. Il timore di peccare deve portare una persona a rispettare il comandamento più «leggero» con la stessa determinazione di quanto fa con il comandamento più «pesante».

     Il Sermone sul Monte nell’Evangelo di Matteo contiene le parole di Gesù che riguardano la corretta interpretazione biblica. Che Gesù ha portato a termine (adempiuto) la Torà non significa certamente che non ci sia più la proibizione dell’adulterio e dell’omicidio. Le parole di Gesù mettono il significato della Torà su un livello più alto di rettitudine. Uno deve abbandonare tutto il male, anche il peccato minore, perché una volta che una persona intraprende il cammino della trasgressione apparentemente insignificante, non può stabilire quale sia il limite di questo male. La concupiscenza conduce all’adulterio. L’ira porta all’omicidio. Uno deve ricercare il livello più alto di rettitudine in tutti gli aspetti della propria vita. Gesù non ha abrogato la Torà. Egli l’ha messa su un piedistallo più solido interpretandola correttamente.

     Il giudaismo di Gesù, l’analisi dei rapporti tra gli Evangeli Sinottici, i semitismi del testo greco e la lingua ebraica hanno molto da dirci sulla sua vita e i suoi insegnamenti. Nella sua prima venuta egli è venuto come salvatore e insegnante. Come servo sofferente egli è morto in croce. Ha promesso ai suoi discepoli che sarebbe ritornato.

      Sfortunatamente, i suoi insegnamenti sono oggi raramente studiati o praticati. L’urgenza della chiamata di Gesù per un discepolato attivo nel regno è oggi alquanto pertinente per un mondo con tanta sofferenza umana, sebbene possa essere sentito come un fastidio da alcuni. Gesù, con i suoi insegnamenti, continua a sfidare tutti quelli che hanno orecchi per ascoltare.

 

Per l’approfondimento si vedano in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), i seguenti articoli: ▪ «Insegnamento, istruzione», pp. 187s; ▪ «Legge di Mosè», p. 212; ▪ «Legge: origine», pp. 213s.

   In Nicola Martella, «E voi, chi dite ch’io sia?», Offensiva intorno a Gesù (Punto°A°Croce, Roma 2000), si veda particolarmente: «L’insegnamento di Gesù», pp. 54-67.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A2-Gesu_Tora_Ori.htm

12-04-2007; Aggiornamento: 02-07-2010

 

▲ Vai a inizio pagina ▲

Proprietà letteraria riservata

© Punto°A°Croce