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La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

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COSÌ DICE JOHN BEVERE

A quale spirito si abbevera il «movimento profetico»?

 

 di Tonino Mele

 

L’autore fa qui una lettura critica del libro di John Bevere, Così dice il Signore (EUN, Marchirolo 2006). La sua domanda è: «A quale spirito l’autore vuole che i cristiani vengano abbeverati?». Quindi, a quale spirito si abbevera il «movimento profetico»?

 

 

1.  PREMESSA: Qualche tempo fa un amico cristiano mi mise in mano un libro sul dono di profezia chiedendomi una valutazione. Lì per lì non potei farlo per mancanza di tempo, così restituii il libro. Dopo un certo periodo quel fratello ebbe a dire che «noi non crediamo in tutti i doni», lasciando intendere che dovremmo farlo. Nello stesso periodo venni a sapere che altri fratelli stavano leggendo i libri di questo stesso autore, e di fatto, anch’essi presentavano vistosi cambiamenti in senso carismatico. Così decisi d’acquistare una copia di questo libro e di farne una valutazione. Il libro è titolato: «Così dice il Signore», di John Bevere.

     Come dice l’ultima pagina di copertina, «in queste pagine illuminanti John Bevere affronta la questione della profezia nei nostri tempi e fornisce risposte chiare e circostanziate alle seguenti domande e tante altre: Come discernere correttamente la profezia?… Come distinguere un profeta autentico da un falso profeta?». Ciò che dice è molto interessante perché porta molti esempi di profezia contraffatte, i cui effetti si son fatti sentire anche a distanza d’anni: «Il fatto più allarmante è che, nella maggior parte dei casi, s’accorgono d’essere stati ingannati soltanto molto tempo dopo… quando il danno è stato fatto» (pp. 114, 22, 80). Lo stesso autore può dire: «Personalmente mi sono stati rivolti molti: “Così dice il Signore…” negli ultimi vent’anni… Tra questi soltanto una manciata si sono dimostrati autentici messaggi da parte di Dio» (p. 14). Egli denuncia coraggiosamente gli abusi del movimento profetico moderno e del resto non poteva fare altrimenti.

     Tuttavia, non è sufficientemente radicale. Lascia in piedi il ceppo virale, da cui tali abusi sono nati, lo dà per scontato e lo difende. Pur essendo un libro di condanna di tali abusi e in questo non può non essere condivisibile, veicola poi il messaggio così che tale movimento profetico appaia come proveniente da Dio, lasciando di nuovo spazio all’arbitrio spirituale e agli spiriti dell’errore, che sicuramente troveranno nuove forme più sofisticate, di pseudo-spiritualità, per ingannare la gente. Per lui il solo problema sono gli abusi e assolve il «ministero profetico» odierno, come qualcosa di «buono». Dice che «è andato al nocciolo della questione», ma non è vero. Il problema è più a monte dei soli abusi. Egli dà l’idea d’aver risolto il problema, denunciando gli abusi, ma ha solo alimentato l’illusione che accompagna questo fenomeno sin dal suo sorgere. Fa qualche concessione alla verità, ma lascia intatto l’impianto fondamentale dell’errore. Questo è un libro che pecca per difetto: lascia passare il messaggio che la profezia odierna ed extra biblica è da Dio, tranne gli abusi.

 

 

2.  RAPPORTO «DIRETTO» CON DIO?: Sin dalla prima pagina fa una chiara differenza tra un ascolto di Dio mediato dalla lettura della sua Parola e un ascolto diretto: «Dobbiamo mettere da parte del tempo per leggere la sua Parole e poi disporci silenziosamente all’ascolto delle sua voce dolce e sommessa… I modi in cui Dio parla ai suoi figli sono numerosi e vari, ma quello che preferisce, io credo, è parlare direttamente con noi» (p. 11). Esiste dunque per l’autore, una rivelazione extra biblica, diretta e specifica che Dio fa della sua volontà, che costituisce il cuore stesso della profezia attuale: «Parlare profeticamente significa parlare per ispirazione divina. È la presentazione del messaggio di Dio per un individuo, un gruppo, una nazione o una generazione… Dio vuole affidarci la sua voce preziosa e usarci per rivolgere ad altri le sue parole» (p. 12).

     Nel linguaggio di questo scrittore «le sue parole» non sono le sue parole rivelate e poste per iscritto nella Scrittura, ma «la sua voce» è quella che il profeta odierno pretende d’udire in un modo diretto e circostanziato. E il linguaggio che usa in tutto il libro rispecchia questo rapporto «diretto» con Dio: «Lo Spirito di Dio mi disse: “Leggi Geremia 23,11”» (p. 41); «Sentii il Signore dirmi: “comincia leggendo Ezechiele 13”» (p. 44); «Ho chiesto al Signore in preghiera di darmi la sua definizione di cupidigia. Mi ha risposto: “La cupidigia è il desiderio di guadagno”» (p. 63; cfr. p. 65); «Sentii il Signore dire: “John, deponi il ministero sull’altare… Chiesi al Signore: “Perché me lo hai fatto fare?”. Il Signore rispose: “Perché volevo vedere se stavi servendo me o il sogno!”» (p. 76); «Sentii lo Spirito Santo dire: “Spezza la divinazione nella sua vita”» (p. 82); «Sentii lo Spirito di Dio chiedermi… Il Signore mi disse ancora… Allora il Signore mi disse…» (p. 98; cfr. pp. 107, 152); «Dio m’aveva rivelato» (p. 153).

     Tutto questo pone già due serie di problemi legati, uno al modo in cui Dio parla oggi e l’altro alla sufficienza della Scrittura. In merito alla prima questione ci si chiede, se davvero Dio parli in modo diretto, come dicono i profeti odierni, oppure lo fa attraverso le pagine della Scrittura, la preghiera e l’esperienza (2 Tm 3,16; Rm 12,1-2). In merito alla seconda questione ci si chiede, se il credente d’oggi abbia bisogno di rivelazioni specifiche e su misura, che gli dicano come applicare concretamente la Scrittura e come servire il Signore, dove và a finire la sufficienza della Scrittura? Non si viene a creare una rivelazione parallela alla Scrittura che ne prende il posto, visto che essa non è sufficientemente applicabile? La Scrittura parla di «profeti» che «profetizzano menzogne nel mio nome... visioni menzognere, divinazione, vanità, imposture del proprio cuore» (Ger 14,14); e dice ancora: «Non ascoltate le parole dei profeti che vi profetizzano; essi vi nutrono di cose vane; v’espongono le visioni del proprio cuore» (Ger 23,16). Se questo è il pericolo, non è meglio tenere distinta la Parola fuori di noi, dalla parola dentro di noi, la rivelazione dall’intuizione? L’idea stessa che esistono «profezie personali» per proprio uso e consumo o per conto terzi è molto rischiosa, almeno più di ciò che questo libro ne dica.

 

 

3.  LA BASE ESEGETICA E TEOLOGICA: La base esegetica e teologica di questo modo di pensare è fortemente debole. Bevere scrive: «La Bibbia rivela che il ministero profetico avrà un ruolo cruciale nella preparazione della chiesa per il ritorno del Signore… Dio ha promesso di restaurare pienamente la profezia prima del ritorno di Gesù (Atti 3,20-21)» (p. 13). Il testo biblico che l’autore cita non dice niente di tutto questo. Esso recita: «E affinché vengano dalla presenza del Signore dei tempi di ristoro e che egli mandi il Cristo che vi è stato predestinato, cioè Gesù, che il cielo deve tenere accolto fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose; di cui Dio ha parlato fin dall’antichità per bocca dei suoi santi profeti». Anzitutto qui non c’è nessun accenno al dono di profezia. In secondo luogo questo è un discorso rivolto ai Giudei (v. 25) che si realizzerà pienamente con la loro conversione finale. Infine, la restaurazione delle cose avverrà col ritorno di Gesù e sarà lui a produrla. Quindi, non è certo quest’una base biblica sufficiente per affermare il ripristino su larga scala del dono di profezia, dopo la chiusura del canone neotestamentario e prima del ritorno di Gesù.

     Partendo da 1 Tessalonicesi 5,19-21, Bevere scrive: «Abbiamo bisogno di profezia nella chiesa e la Bibbia c’esorta fermamente a non disprezzarla... Dio sta preparando i suoi profeti per gli ultimi tempi. È un ministero estremamente necessario e importante con un compito decisivo e urgente... Gli uomini si professeranno cristiani, ma saranno invece “egoisti, amanti del denaro, vanagloriosi...” (2 Tm 3,1-5)... Per porre rimedio a questa situazione Dio sta inviando profeti che riveleranno la nostra vera condizione e ci solleciteranno, come chiesa a fare ritorno al Signore» (pp. 14, 120, 121). Qui l’autore sta facendo una certa confusione tra la predicazione profetica dell’Antico Testamento e il carisma di profezia neotestamentario, che è un frutto del Nuovo Patto (At 2,16-21; cfr. 1 Cor 12,10; 14,31; Ef 4,11). Quest’ultimo era probabilmente un messaggio «breve» a seguito d’una rivelazione, che veniva pronunciato nella chiesa riunita, la quale era chiamata a valutarlo. Mentre, nella predicazione profetica veterotestamentaria il profeta doveva parlare anche quando incontrava la contrarietà del popolo, nel caso del carisma di profezia del NT, il profeta poteva parlare solo quando toccava il suo turno, poteva anche essere messo a tacere e la validità della sua profezia, non era in suo potere stabilirla, ma in potere della chiesa locale e soprattutto di chi aveva il dono del «discernimento degli spiriti» (1 Cor 14,29-38; 12,10). E che l’autore abbia le idee confuse sul dono di profezia, lo dimostra anche quando confonde profezia e discernimento, cioè «l’abilità di percepire l’anima degli altri e leggerla» (pp. 46, 47). Confonde poi il discernimento con la preconoscenza divina che aveva Gesù (pp. 53-55).

     Per quanto riguarda poi la preparazione della chiesa al ritorno del Signore, l’apostolo Paolo rivela quale sia la strategia di Dio: «Anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato sé stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile» (Ef 5,25-27). Prevedendo i tempi bui a cui sarebbe andata incontro la chiesa d’Efeso, Paolo disse ai suoi anziani: «E ora, v’affido a Dio e alla Parola della sua grazia, la quale può edificarvi e darvi l’eredità di tutti i santificati» (At 20,32). Anche l’apostolo Pietro, pur prevedendo che «negli ultimi giorni verranno schernitori beffardi, i quali si comporteranno secondo i propri desideri peccaminosi», fa semplicemente «appello alla vostra memoria, perché vi ricordiate le parole già dette dai santi profeti, e il comandamento del Signore e Salvatore trasmessovi dai vostri apostoli» (2 Pt 3,1-2). Nessun accenno alla necessità di profezie oltre quelle già scritte.

     Citando Efesini 4,11-13, l’autore porta un altro argomento per confermare la sua tesi e dice: «Nota che le varie funzioni vengono assegnate fino a che il corpo di Cristo giunge all’unità della fede e della conoscenza di Gesù Cristo. Ciò deve ancora accadere e non si è concluso con il trapasso degli apostoli e dei profeti che scrissero il Nuovo Testamento. Perciò la funzione di profeta è ancora attuale e necessaria» (p. 28). Questo non è sostenibile. Il brano d’Efesini dice che i doni che Gesù «ha dato» sono il frutto della sua opera redentrice (vv. 7-10). Secondo l’argomento del Bevere, anche Gesù dovrebbe allora continuare a sacrificarsi sulla croce affinché la chiesa raggiunga «l’unità della fede». Perché poi, proprio la funzione di profeta dovrebbe avere questo ruolo e non ad esempio quella di dottore o la funzione di «ogni singola parte»? Colpisce anche il fatto che ponga i profeti odierni sullo stesso piano degli apostoli, e le loro profezie sullo stesso piano del canone neotestamentario. Strano che si vogliano mettere tali parole in bocca all’apostolo Paolo, il quale, poc’anzi aveva detto che la chiesa «è edificata sul fondamento degli apostoli e dei profeti» (Ef 2,19). Se il fondamento è già stato posto che ragione c’è di continuare a porlo? Il Nuovo Testamento racchiude già la «totalità della Parola di Dio» (Col 1,25) e questo vale «per sempre» (Gd 3). Alla fine dell’era apostolica, quando l’apostolo Pietro vedeva prossima la sua «partenza», indica soltanto il valore del «ricordare» le cose già dette (2 Pt 1,12-15), cioè, «le parole già dette dai santi profeti, e il comandamento del Signore e Salvatore trasmessovi dai vostri apostoli» (3,2). E questo vale, tanto più per gli «ultimi giorni», quando «verranno degli schernitori beffardi» (v. 3).

     Prendendo spunto da Malachia 4,5-6, l’autore dice ancora: «Quello che Malachia vuol dire, è che prima del giorno del Signore Dio invierà un ministero profetico che opererà con la forza e la potenza dell’unico vero Dio… Prima del ritorno di Gesù Dio susciterà di nuovo un’unzione profetica. Tuttavia questa volta il mantello non riposerà su un singolo individuo, ma a livello comunitario su un gruppo di profeti (Efesini 4,7-11 e Apocalisse 22,8-9). Questi Elia proclameranno un messaggio simile a quello di Giovanni il Battista, poiché egli era un modello e un precorritore degli ultimi giorni… Il ministero profetico che Dio sta suscitando in questi ultimi giorni seguirà le orme di Giovanni il Battista. I suoi ministri riecheggeranno la stessa chiamata e i medesimi avvertimenti… Comanderanno, rimprovereranno, correggeranno ed esorteranno con ogni autorità» (pp. 30, 32, 37).

     Questo è il piatto forte dal quale il movimento profetico odierno trae legittimazione. Ma è proprio così? Anzitutto si deve rilevare che spesso le profezie veterotestamentarie riguardanti il giorno dell’Eterno abbracciano tutto il periodo che va dalla prima alla seconda venuta di Cristo. Anche qui, il Nuovo Testamento rileva un primo grande adempimento di questa profezia con la venuta di Giovani Battista (Ml 3,1; Mt 11,7-10.14; 17,12-13; Lc 1,17). L’evidenza neotestamentaria ci parla tuttavia anche d’un futuro adempimento di questa profezia (Gv 1,21-23; Mt 17,11). È interessante però che, né nel discorso profetico di Gesù (Mt 24,3-33), né in quello dell’apostolo Paolo (2 Ts 2,1-12), dove pure danno delle indicazioni di ciò che i credenti devono aspettarsi per i tempi della fine, non si parla di questa profezia di Malachia. L’unico riferimento che appare un plausibile adempimento di questa profezia è Ap 11,1-13. Se così è, tale profeta pare sarà un Ebreo in carne e ossa, accompagnato da un altro profeta (Ap 11,3-4) e ciò avverrà durante la grande tribolazione (v. 2). Questi profeti faranno cose particolari (vv. 5-6) e avranno un epilogo molto particolare (vv. 7-13). Cosa c’entra il movimento profetico odierno con tutto questo? Dove sta scritto che la profezia di Malachia avrà un adempimento comunitario? Dove sta scritto che i profeti odierni continuano il ministero del Battista e devono parlare come lui e con la sua stessa autorità? I Vangeli presentano la sua chiamata e la sua predicazione come qualcosa d’unico e irripetibile (Gv 1,15-16.23.26.31.33; 3,28-29; 5,36; Lc 7,26-28). Del resto il suo ministero è ora concluso come lui stesso aveva previsto (Mc 1,7-8; Mt 3,11; Lc 3,16; Gv 1,26) e riconosciuto (Gv 3,30 cfr. At 19,3-6). Riproporre quel ministero è un anacronismo storico. Ora e «sino alla fine dell’età presente», il compito della chiesa è quello di «fare discepoli» per Gesù, «insegnando loro a osservare tutte le cose che io vi ho comandato» (Mt 28,19-20). Non esiste un fantomatico mandato profetico per i giorni della fine. Il mandato è sempre lo stesso fino alla fine: «E questo vangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo, affinché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; allora verrà la fine» (Mt 24,14). «La forza e la potenza dell’unico vero Dio» è già presente nel «Vangelo», il quale è «potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1,16), bisogna solo «non vergognarsi» d’annunciarlo. Anche «l’unzione» è già presente in tutti i figli di Dio (1 Gv 2,20.27 cfr. 2 Cor 1,21-22). Quello che invece bisogna aspettarsi per i tempi della fine è «il sorgere di molti falsi profeti» (Mt 24,11.24;1 Gv 4,1), i quali imiteranno le parole, le opere e l’autorità del Signore Gesù.

 

 

4.  FALSA PROFEZIA E CONTROMISURE: Quando infine arriva alle contromisure contro la falsa profezia, anzitutto dà una definizione assolutamente insufficiente di falsa profezia, anche se dice che gli è stata data da Dio: «Un falso profeta è uno che viene nel mio nome con i suoi programmi... brama di guadagno, di promozione, di ricompense» (p. 125). Altrove associa la falsa profezia con la divinazione, ma poi dà anche di quest’ultima una definizione assolutamente insufficienze: «La Divinazione è l’imitazione del divino» (p. 82).

     Questo tentativo di risolvere la questione dentro l’orizzonte dell’antropologia, pecca di grande ingenuità. Anche le contromisure sono deboli. Pur riconoscendo l’importanza di «giudicare sia la profezia (1 Cor 14,29; 1 Ts 5,20-21), sia lo spirito di chi la pronuncia (1 Gv 4,1)» (pp. 144-145), non chiarisce bene se sta parlando dello spirito umano o dello spirito dell’errore (1 Gv 4,6). Inoltre non applica pienamente le direttive apostoliche presenti in 1 Corinzi 14,29-38. Non dà quindi il giusto ruolo alla chiesa nella valutazione delle profezie, ma riduce il tutto all’aspetto individuale: «Leggendo gli esempi riportati in questo libro insieme con la Parola di Dio, la tua preparazione al riguardo è iniziata» (p. 145). E a questo aggiunge soltanto il criterio della «testimonianza interiore dello Spirito», che indica nella «pace interiore», cioè «l’armonia dell’anima» (p. 146). Un po’ poco per fronteggiare «il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo» (Ap 12,9). Esiste anche una falsa pace (1 Ts 5,3; Mic 3,5; Ez 13,10.16; Ger 6,14; 8,11; 23,17), che calza a pennello con il cuore ingannevole dell’uomo (Ger 17,9; 23,17.26).

 

 

5.  ALTRI ERRORI PRESENTI NEL LIBRO: Questi sono gli errori più grossolani che si possono ravvisare in questo libro. Ma ce ne sono altri che non abbiamo preso in considerazione, tipo che lo Spirito Santo viene sui profeti quando parlano (p. 88), che si deve ricercare la comunione dello Spirito Santo (p. 68), che solo gli anziani possono profetizzare (p. 123), che gli eletti possono essere ingannati e sedotti (p. 20), che la volontà dev’essere annullata (p. 108).

     Ci sono anche delle verità che questo libro dice, ma non per questo è un libro da proporre e da porre in mano al singolo credente. Sarebbe molto meglio la lettura comunitaria di certi libri. La validità di questo libro non può essere data dalle verità che dice, visto il quadro menzognero in cui sono inserite. Esso crea un illusione di cui può avvantaggiarsi solo un falso spirito. E quando un certo spirito è entrato, esso tenderà a riempire tutti gli spazi. È come un virus informatico che non puoi più controllare.

 

 

6.  CONCLUSIONE: Credo che in merito al movimento profetico odierno, lo scetticismo sia d’obbligo. Non possiamo non tenere conto delle parole di Gesù: «Molti mi diranno in quel giorno: “Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demoni e fatto in nome tuo molte opere potenti?”. Allora dichiarerò loro: “Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!”» (Mt 7,22-23). E anche se potrebbe apparire un giudizio troppo sommario, non s’allontana dalla realtà chi vede «in queste parole una denuncia molto forte delle seduzioni che vengono introdotte dal “movimento carismatico” di tutte le tendenze, anche se al suo interno ci sono dei figli di Dio».[1]

     Si deve comunque precisare che questo è cosa diversa dal dire che «non si crede in tutti i doni». Questo tipo d’affermazioni sono più viscerali che logiche e assomigliano ad altre affermazioni tipo: «Io sono della Roma» – «Io sono della Lazio», oppure «Io sono di destra» – «Io sono di sinistra». Sono affermazioni fatte apposta per chiudere ogni dialogo… e ogni riflessione. In realtà, non è vero che non si crede a tutti i doni, ma più semplicemente si crede che è Dio che li dà «come vuole» (1 Cor 12,11; Ebr 2,4) e quando Egli vuole. Condividiamo la seguente posizione: «il dono autentico da sempre viene distribuito sovranamente dallo Spirito Santo (1 Cor 12,11), quindi chi desidera il vero dono (cfr. 14,5) non farà nulla che rischia di contraffarlo. Le contraffazioni in campo spirituale sono pericolosissime (2 Cor 11,3-4, 13-15; 1 Gv 4,1-5)».[2]

     Persino John Bevere ammette: «Abbiamo avuto talmente paura di disprezzare la profezia che abbiamo trascurato di giudicarla… Credo che attualmente le comunità di cristiani ripieni di Spirito tendano ad accettare indiscriminatamente ogni parola» (p. 14). Peccato che la sua risposta a questo problema, per quanto coraggiosa e interessante, sia assolutamente debole, insufficiente e fuorviante. Continuando a diffondere gli errori esegetici e teologici che stanno alla base del movimento profetico odierno, Bevere dimostra di non essere «abbeverato d’un solo Spirito» (1 Cor 12,13), quello Spirito che Gesù chiama «lo Spirito della verità, che vi guiderà in tutta la verità» (Gv 16,13). Non possiamo dunque far altro che sconsigliare la lettura di questo libro e degli altri libri di quest’autore, oppure, consigliarne la lettura «comunitaria», con tutta la chiesa riunita, al completo dei ministeri di guida e dei doni di discernimento, di modo che, secondo le istruzioni apostoliche, se ne faccia poi la valutazione (cfr. 1 Cor 14,23.29-38). Fintantoché si continua a disattendere queste direttive e a non applicarle anche ai libri che si leggono, credo che la confusione in ambito spirituale non farà che aumentare…

 

Così dice John Bevere? Parliamone {Nicola Martella} (T)

Decodificando il «cuore ardente» di John Bevere {Tonino Mele} (A)

 

°*°*°*°*°*°*

 

Per approfondire ulteriormente la problematica, si vedano i seguenti articoli e temi di discussione.

Bob Hazlett: due tesi a confronto {Andrea Merli - Nicola Martella} (T/A)

Bob Hazlett: testimonianza e riflessioni {Emiliano Musso - Nicola Martella} (A)

Linguaggio diretto di Dio nella falsa profezia {Nicola Martella} (A)

Linguaggio diretto di Dio nella falsa profezia? Parliamone {Nicola Martella} (T)

Profezia e discorso diretto di Dio nel NT {Nicola Martella}

Profeti del nuovo patto {Nicola Martella}

Profeti falsi ed escatologia {Nicola Martella}

Profeti e mutamento di patto {Nicola Martella} (A)

Profeti falsi nell'Antico Testamento {Nicola Martella}

Profeti fra continuità e discontinuità {Nicola Martella} (A)

Profeti fra traduzioni e supposizioni {Nicola Martella} (D)

Profeti nel Nuovo Testamento {Nicola Martella}

Profezie personali {Nicola Martella} (D)

Qual è il compito dei profeti? {Massimiliano Monti - Nicola Martella} (T/A)

Questioni sui profeti del NT {Emanuela Crespi - Nicola Martella} (T/A)

Questioni sui profeti del NT: parliamone {Nicola Martella} (T)

Voglia di profeti e veggenti {Nicola Martella} (A)

Voglia di profeti e veggenti? Parliamone (1) {Nicola Martella} (T)

Voglia di profeti e veggenti? Parliamone (2) {Nicola Martella} (T)

 

 

[1] Samuele Negri, La chiesa locale, Allegato a «Il Cristiano» n. 4 (ASPE Anghiari 2005), p. 31.

[2] Rinaldo Diprose, 1 Corinzi: Una lettera per i nostri tempi, «Il Cristiano» n. 5 (ASPE, Anghiari 2006), p. 229.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A2-Cosi_dice_Bevere_Car.htm

10-10-2008; Aggiornamento: 22-03-2009

 

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