1. ENTRIAMO IN TEMA
(Nicola Martella):
Quanto segue, si riferisce al tema di discussione «Kenneth
Hagin e confessione positiva? Parliamone». Qui Gianni Siena
faceva gli elogi «del pensare in positivo» e della «fede» degli orientali e
quindi di Yonggi Cho. Fra altre cose gli risposi come segue:
Io personalmente non condivido la «confessione
positiva» di
Kenneth Hagin né la «visualizzazione» di
Yonggi Cho, ambedue mutuate dall’esoterismo (Cho è orientale). Non condivido
neppure le tesi della psicologia esoterica di stampo junghiano, che attinge allo
spiritualismo orientale e all’esoterismo occidentale, e normalizza ciò in
presunte categorie psicologiche universali. È solo una maschera psicologica
dell’esoterismo di sempre. Conoscendo abbastanza bene le questioni, non posso
che dissentire. Rimando
per i dettagli alla mia
opera «Malattia
e guarigione».
Anche
nella seconda versione di tale contributo egli affermava, tra altre cose: «Possiedo
dei libri, sia di psicologia e non, che spiegano questa potenzialità intrinseca
a ognuno. Questo principio fu inizialmente osservato nelle religioni
orientali (induismo, buddismo), si tratta di psicologia usata per ottenere
una maggiore forza interiore in direzione dello scopo. Non è la forza fisica ma
quell’interiore che risiede nel “chi” a dare sostegno, cioè, esiste una risorsa
che scaturisce direttamente dall’anima. Gli orientali hanno imparato per primi
l’uso efficace della fede naturale, insita in ogni uomo, per “riuscire”.
[…] Yonggi Cho, quando iniziò a istruire i credenti circa l’uso d’una
fede più produttiva, ricevette attestati di gratitudine da varie parti. Poi mise
per iscritto il «suo» insegnamento e qualcuno notò subito le contaminazioni
buddiste del suo dire e agire: dopo un inizio «buono» sopravvenne il gelo con i
responsabili delle nostre chiese… nessuno ne parla più».
Rispondendo alle sue asserzioni, facevo le seguenti
obiezioni.
Il lettore parla della psicologia, come se essa fosse una scienza
neutrale. La psicologia di Jung attinge dalle sue esperienze fatte nel mondo
occulto (era un esoterista) e mette in termini psicologici ciò che è in effetti
tipico proprio delle religioni orientali e dell’esoterismo. Proprio una tale
antropologia mutuata dall’oriente e dall’esoterismo ha influenzato
la dottrina carismaticista; Yonggi Cho ne è stato uno straordinario mediatore
culturale. Perciò non è un buon esempio. Mi meraviglio di come Gianni Siena
parli positivamente della presunta energia «chi», su cui si basa il taoismo, e
afferma che esista una efficace «fede naturale, insita in ogni uomo, per
“riuscire”». Questo mostra quanto sia grande la confusione dottrinale e
ideologica del lettore, che non sa di che cosa parla veramente. Mi preoccupa poi
la cristianizzazione di tale concetti taoistici ed esoterici e la loro
applicazione alla fede cristiana.
Per
l’approfondimento rimando nel mio libro «Dizionario
delle medicine alternative»
(Malattia
e guarigione 2),
agli articoli: «Antropologia e medicina
alternativa», pp. 48s; «Antropologia
e paramedicina», pp. 49-53; «Antroposofia»,
pp. 53-57; «Chi», pp. 94s; «Energia
cosmica o vitale», pp. 139s; «Energie
e loro attivazione», pp. 140ss; «Esoterismo e Bibbia», pp. 157ss;
«Prana», pp. 435s; «Tao», pp. 518s; «Yin e Yang», pp. 555s. Si vedano inoltre: «Fede
cristiana e medicina alternativa», pp. 165s; «Fede e paramedicina», pp. 166-169; «Guarigione con la parola», pp. 208-211; «Guarigione con la preghiera», pp. 211s; si vedano i rimandi
incrociati in tali articoli. |
[…]
Proprio Yonggi Cho (per altro discepolo di
Peter Wagner) mostra come si possano cristianizzare idee, pratiche e tecniche
religiose estranee alla Bibbia e renderle appetibili ai cristiani. Così è
successo nei secoli con lo spiritualismo mistico, misteriosofico ed esoterico, a
cui è stata data una tinteggiatura cristianizzata e delle etichette
cristianizzate: gnosticismo, ermetismo cristiano, misticismo, ascetismo,
contemplazione, interpretazione allegorica, cabala, esercizi spirituali,
spiritualismo, New Age, meditazione trascendentale, esoterismo cristiano,
carismaticismo, esercizio di potenza. […]
Fin qui quanto gli avevo
risposto. Per il contesto e tutto il resto rimando al tema di discussione
«Kenneth
Hagin e confessione positiva? Parliamone». Qui segue la sua
risposta. Il titolo del prossimo punto è redazionale.
2. SALVARE CAPRE E CAVOLI?
(Gianni Siena):
È vero quello che dici e sono completamente d’accordo, ma il ministero di
Yonggi Cho fu inizialmente apprezzato perché riusciva a dare a cristiani
sconfitti un aiuto importante, verso una vita d’autentica vittoria. Più d’un
credente occidentale, pur salvato e riconoscente a Dio per questo, non notava
cambiamenti decisivi nella sua vita «nuova». Il tanto deprecato sciamano
pentecostale Yonggi Cho aveva capito il motivo: costoro non assimilavano la
Parola di Dio con l’atteggiamento dovuto, di fede senza dubbi.
In Corea, questo problema è quasi inesistente, la cultura e la mentalità sono
mosse da una dinamica mentale (= ha origine nello spirito umano attraverso la
psiche) che porta il coreano medio a ragionare usando immagini mentali. Questo è
il normale funzionamento del cervello, molto più produttivo e veloce se gli
elementi con cui costruisce i pensieri veicolano simboli e rappresentazioni
vivide di quel che si vuol fare o esprimere. Usare il cervello appoggiandosi
alla propria fede naturale lascia aperta la porta a un possibile interesse verso
lo spirituale: per il Vangelo, ma anche per altre cose non sempre lecite. Quando
uno prega o medita (= attività spirituale citata nei Salmi) usa il cervello e le
sue aree interagiscono in modo caratteristico, comunque diverso da soggetto a
soggetto; influiscono anche le sue credenze.
Nell’affermare questo faccio riferimento allo studio fatto da un professore
americano d’origine ebraica, egli ha evidenziato che le diverse credenze
religiose e filosofiche determinano anche la forma caratteristica delle aree
del cervello
interessate dalla manifestazione pratica della preghiera. In altre parole, se
uno prega come buddista il cervello reagisce in un modo, se prega da ebreo,
cristiano o musulmano, le suddette aree assumono (= evidenza della Tac e della
risonanza magnetica nucleare) forme diverse e caratteristiche d’ogni religione.
È interessante constatare che queste diversità s’evidenziano anche fra
cristiani: la mappa mentale d’una devota della madonna è diversissima da quella
d’una sorella in Cristo che sta devotamente lodando e adorando il Signore.
Detto questo, le «contaminazioni» buddiste dell’insegnamento di Yonggi
Cho non sono per nulla da accettare: la fede deve essere trasmessa pura come c’è
stata data una volta e basta (Giuda v 3). Quel che sostengo, parte dalla stessa
constatazione del pastore Yonggi Cho, ma con un diverso sviluppo e risultato
finale. Supponiamo d’ammirare i risultati del caratteristico modo
d’evangelizzare dei coreani, i frutti sono evidenti e molto cospicui. Ma (!) la
«visualizzazione» mentale, intesa come sforzo cosciente in preghiera di
vedere il risultato della stessa... è una forzatura. Anche perché la preghiera
diventa un esercizio psicologico interessato a «ottenere», e perde quel
soprannaturale «succo» di gioia e intimità con il Signore. Per questo i
«prosperisti» hanno adottato la tecnica... cosa non si fa per guadagnare
«palanche»!
Gli scrittori biblici usano l’immagine della donna/sposa innamorata e si
riferiscono in modo evidente alla dimensione del proprio rapporto devozionale
privato: so che questa «gioia» fa parte della mia relazione con Cristo. Affermo
solo che l’azione propositiva del «retto pensare» andrebbe svolta nella
formazione cristiana delle persone. Pensare rettamente/positivo (nel biblico
senso del termine) da frutti nell’agire etico, fa parte della testimonianza da
rendere agli altri: la Bibbia ha molti insegnamenti, interi libri da studiare
sul’argomento... non dico nulla di nuovo. Un conduttore cristiano, che insegna
ai fratelli qualche buon esempio, può proporre cose tratte dalla sua esperienza
cristiana. Queste devono, essere in armonia con la Parola e i suoi contenuti,
rendere più vittoriosa la vita spirituale dei credenti.
Gli esempi di Yonggi Cho sono banali (la bici, il tavolo e la sedia) ma
sono le umili cose quelle che c’insegnano le grandi verità. Se Dio, dialogando
con lui attraverso canali culturali coreani, concede cose del genere, in
risposta alle necessità manifestategli in modo «specifico/dettagliato», la
stessa cosa può non avvenire altrove. Io, quando prego per qualche
bisogno materiale, m’affido a Dio che sa darmi le cose giuste, capita sovente
che Lui dia cose migliori e diverse. Per esempio, quando acquistai la macchina
che ora possiedo, avevo chiesto (= m’era piaciuto!) un altro modello. Nessuna
«visualizzazione», feci il conto di quel che avrei voluto/potuto spendere e
l’esigenza di trasporto persone e bagagli. Avevo «scelto», ero «specifico», e
pregavo anche (in ciò) di trovare quella macchina al minor prezzo possibile. Le
cose andarono diversamente, non trovai il modello e mi fu proposto l’acquisto
d’una macchina più nuova e costosa. La banca m’offerse un prestito a condizioni
vantaggiose ma più impegnative... la benedizione di Dio in tutto questo era
evidente ma ottenibile a un prezzo molto più alto e con modalità inaspettate.
Che io avrei voluto lasciar fuori: non amo i debiti! Oggi non mi rammarico
affatto di come andarono le cose allora, aveva ragione Dio e sono ancora
contento della macchina anche s’è vecchiotta, ora.
Gesù, per illustrare la natura del Regno (= di Dio), ricorse a immagini
familiari agli ascoltatori; era rabbino, avrebbe potuto ricorrere alla
sofisticata casistica e aneddotica della tradizione; ma scelse un seminatore,
una perla, una donna, un figlio spendaccione e gaudente, altri esempi di grande
efficacia, per illustrare la sublime verità di Dio. Le sue parole richiamavano
alla mente immagini del vissuto quotidiano... non viene a nessuno in mente
d’imitare l’esempio di Cristo nel predicare e insegnare?!
Il pastore
della più grande chiesa del mondo (oltre un milione d’adepti) ha palesemente
errato nel proporre ad altri credenti i «materiali» della sua personale «via» di
sviluppo della fede in Cristo. Egli, coreano, non s’è accorto d’essere ancora
troppo impregnato della precedente cultura buddista. Noi, senza volerlo, ci
portiamo addosso la razionalità impregnata d’incredulità e questo toglie
forza e sincere emozioni alla nostra fede. Confessiamolo: in Corea c’è
bisogno d’una radicale santificazione da questo lievito buddista, ma noi stiamo
meglio? L’incredula ragione, elevata a criterio di giudizio ultimo, senza che ce
ne accorgiamo, ci sterilizza in modo diabolico la fede. La religione cristiana è
in declino nell’occidente incredulo, ma i cristiani occidentali non hanno una
fede viva ed è per questo, anche, che con troppa fretta hanno salutato la novità
(?) coreana come la risposta di Dio alle loro insufficienze spirituali.
Ho letto anch’io i libri di Yonggi Cho, non ho assimilato i suoi
concetti. Nel suo libro «La quarta dimensione» è evidente dove sbaglia: errori
di linguaggio e di contenuti dottrinali. Ma il bisogno della chiesa di vivere
una vita realmente al servizio di Cristo resta e nelle pagine della Bibbia c’è
la risposta a questa necessità. Yonggi Cho sostiene anche questo nei suoi libri
in generale; noi evangelici abbiamo più esperienza e sana dottrina di questo
coreano contraddittorio, ma facciamo sì che la «sana dottrina» non rimanga
nell’inchiostro con il quale sono stampate le Bibbie. Sarebbe ora che la Parola
diventasse reale nella nostra vita di fede, fosse «esperienza» quotidiana d’un
vissuto di testimonianza senza sbavature. Il consiglio di Paolo — «Non
disprezzate le profezie ma esaminatele e prendete quel ch’è buono» — ha ancora
un grandissimo valore: oggi! La risposta è sempre in ogni pagina della Bibbia e
sulle ginocchia d’ognuno: così nascono i risvegli che fanno rivivere le ossa
secche dell’Israele spirituale. {10 aprile 2009}
3. OSSERVAZIONI E OBIEZIONI
(Nicola Martella):
È vero che la lingua è un processo psicologico, sociale e culturale e
suscita immagini mentali, ma questo vale in tutte le culture, in oriente come in
occidente.
Esiste una «fede naturale»? Sì, la fiducia che un bimbo ha verso i
genitori, poi verso i parenti e il mondo conosciuto. Per altri aspetti sarei un
po’ attento, visto che la valutazione del «naturale» nella Bibbia ha aspetti
ambivalenti. Il termine «naturale» è molto raro e designa l’uso sessuale
legittimo contrapposto a quello contro natura (Rm 1,26s); si parla di «affezione
naturale» (carente; v. 31; 2 Tm 3,3). In altri brani c’è psichico (1 Cor 2,14;
15,44.46). Di «fede naturale» non si parla mai. Il cuore dell’uomo senza il
timore di Dio e una relazione personale con Dio vivente, è ottenebrato (Rm
1,21). Una «fede naturale», casomai esista e possa suscitare un «interesse verso
lo spirituale», non è detto che sia verso la Verità biblica. «Or un uomo
naturale [gr. psichico] non riceve ciò che è dello Spirito di Dio, perché gli è
pazzia; e non lo può riconoscere, perché lo si distingue spiritualmente» (1
Cor 2,14).
Il
funzionamento tecnico del cervello non dice assolutamente nulla sulla fonte
a cui s’attinge quanto al fenomeno «spirituale». Ci si può anche suggestionare e
ingannare. Anche la ricerca di tale professore americano d’origine ebraica mi
lascia un po’ perplesso, e sarà così finché non ci saranno dettagli in merito e
studi di altri che confermano o smentiscono tali tesi, secondo cui le aree
celebrali assumerebbero forme diverse e caratteristiche particolari a seconda
della religione d’appartenenza. Esprimo i miei forti dubbi in merito. Che
succede se un indù recita il «Padre Nostro»? Oppure se un cattolico praticante
diventa mussulmano e recita una sura? Che succede se una donna devota alla
madonna recita una preghiera scritta da una cristiana biblica? Il cervello è una
macchina meravigliosa e sofisticata, tuttavia si fa bene a verificare a fondo le
asserzioni che qualcuno fa sul piano religioso. Ci si dovrebbe aspettare che con
una Tac o una risonanza magnetica ogni esperto del settore riconosca la
religione e addirittura la denominazione di una qualsiasi persona, che lui non
conosce. Ci sarà un nuovo proverbio: «Mostrami la tua Tac e ti dirò chi sei». Ho
molti e profondi dubbi in merito.
Le
contaminazioni di Yonggi Cho sono taoiste, provenienti dall’area cinese e
non da quella indiana. Egli ha cristianizzato alcune credenze religiose e
filosofiche della sua cultura d’appartenenza. Inoltre la «visualizzazione»
è una tecnica comune all’esoterismo d’ogni latitudine e longitudine, dello
sciamano come dell’occultista. È una tecnica di appropriazione magica di ciò che
si desidera ottenere. La fede biblica è invece la fiducia totale in Dio, anche
quando Egli dice di no, aspetta, la mia grazia ti basta o mostra un’altra via.
Per chi pratica tale «visualizzazione» in campo cristiano, pregare: «Sia fatta
la tua volontà», è una specie di abominio, di mancanza di «fede» e una specie di
peccato contro lo Spirito.
La questione del «retto pensare» è significativa. Essa intende pensare
biblicamente e di far conto di Dio. Pensare rettamente non significa però
pensare positivo (che significa costruirsi una realtà virtuale), ma pensare in
modo realistico. Chi pensa biblicamente, ha fiducia in Dio, ma non per forza
fiducia negli uomini e nel mondo. È lo stolto che crede a ogni cosa, è il
sempliciotto che non fa stima del pericolo, contrariamente all’uomo accorto (Pr
22,3; 27,12). Isaia metteva in guardia le «donne spensierate» e «troppo
fiduciose», che non si preoccupavano dell’annuncio del grave giudizio storico
imminente (Is 32,9ss). Il «retto pensare» si accompagna, non col «pensiero
positivo» (che è una costruzione mentale poco realistica), ma con il realismo
biblico che è chiamato biblicamente «accorgimento» e «discernimento», merce
di cui i sempliciotti e gli stolti mancano (Pr 1,4; 8,5). Tale realismo biblico
è stato così formulato da Gesù: «Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai
lupi; siate dunque accorti come i serpenti e semplici come le colombe» (Mt
10,16). Infatti i falsi maestri «con dolce e lusinghiero parlare seducono il
cuore dei semplici» (Rm 16,18).
È pericoloso voler salvare la «visualizzazione» di Yonggi Cho riguardo alle cose
definiti banali, cercando di giustificarla con la cultura d’appartenenza. Essa è
una tecnica di (auto-)manipolazione mentale. Una volta resa «dottrinale»,
diventa un mezzo ingannevole e seducente e svia dalla fede biblica,
sostituendola con un surrogato. Mi viene il presentimento che come Gianni Siena
non abbia usato tecnicamente la cosiddetta «professione positiva», non lo faccia
qui neppure per il «pensiero positivo» e per la «visualizzazione», concetti
particolari della spiritualità esoterica, importati poi da carismaticisti come
Yonggi Cho. Il lettore fa poi, con i suoi esempi pratici di vita, proprio il
contrario di ciò che richiede la visualizzazione; c’è quindi una certa
incoerenza in ciò. Mentre la visualizzazione richiede la passività e si fissa
sulla visione mentale di quanto si desidera, la fede realistica chiede a Dio in
preghiera, pondera, fa i conti, prega nuovamente Dio, usa il buon senso e
sceglie.
L’uso di parabole per illustrare la natura e la dinamica del regno di Dio è
un mezzo stilistico retorico. Egli suscitava nelle menti dei suoi ascoltatori
immagini e analogie. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la visualizzazione
carismaticista; confondere tali cose, significa non averle capite nel loro senso
tecnico. Si rischia così di fare di tutta l’erba un fascio e di snaturare la
specificità delle cose; tale superficialità e sciatteria mentale costituiscono
un pericolo per sé e un’insidia per gli altri.
Mi viene solo da scuotere la testa, quando sento parlare del «pastore della
più grande chiesa del mondo (oltre un milione d’adepti)». Devo pensare a un
piccolo despota monarchico di una specie di teocrazia nello Stato. Ho tutt’altra
immagine di una chiesa locale, in cui si pratica il «pari consentimento» (At
1,14; 2,46; 5,12).
La
razionalità e le emozioni spirituali non sono in contrasto e non si trovano
o le une o le altre a esclusione in una certa cultura. Non posso accettare tale
discorso. Non è questo l’oggetto di critica quanto la cristianizzazione di
tecniche spiritualistiche prese in prestito dal taoismo e dalla spiritualità
esoterica. Già a Corinto c’era tale problema, dove i superapostoli giudaici di
stampo gnostico avevano introdotto una spiritualità esoterica cristianizzata (2
Cor 11). Qui Paolo contrappose al misticismo irrazionale, la pratica del
controllo razionale delle espressioni devozionali: «Se prego in altra lingua,
ben prega lo spirito mio, ma la mia intelligenza rimane infruttuosa. Che dunque?
Io pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza; salmeggerò con
lo spirito, ma salmeggerò anche con l’intelligenza» (1 Cor 14,14s; cfr. vv.
19s).
La contrapposizione non è tra sentimenti e razionalità, attribuendo i primi
all’oriente e i secondi all’occidente. Si tratta di pensare biblicamente, si
tratta del realismo biblico; e ciò sia riguardo ai sentimenti e agli slanci
della fede, sia riguardo all’uso dell’intelligenza e della ragione. Si tratta di
riconoscere il «fuoco estraneo» (Lv 10,1; Nu 26,61), quel lievito taoista
ed esoterista, e di purificare dottrina, culto e pratica della fede
dall’abominio posto in luogo sacro (Mt 24,15). Bisogna uscire dalla religione di
Babilonia (Is 48,20; 50,8), che si presenta in sempre nuove forme, pur restando
lo spiritualismo esoterico di sempre, la fornicazione spirituale che si ricicla
e si adatta e che sarà dominante alla fine dei tempi (Ap 14,8; 17,5; 18,2).
La
religione cristiana è in declino nell’occidente? Se lo è, è per mancanza di
timor di Dio, per mancanza di sottomissione alla volontà di Dio, per il
materialismo e l’edonismo (alimentati ultimamente dalla filosofia religiosa
della prosperità). La fede viva non si crea col misticismo o importando come
«novità» una spiritualità gnostica, ma ritornando a sottomettersi alla Parola di
Dio e a servire il Dio vivente.
Se Yonggi Cho sbaglia nel linguaggio e nei contenuti dottrinali, come si
afferma, allora è bene non prenderlo come riferimento per la fede per
risvegliare le chiese in occidente, perché assulgendolo a modello invece di
risvegliare la fede biblica (quella che ubbidisce alla Parola di Dio), si
rischia di risvegliare uno spiritualismo mistico e gnostico. La Parola diventa
reale nella nostra vita di fede per prima cosa mediante una corretta esegesi
contestuale, e poi mediante una corretta applicazione nella vita, ubbidendo alle
richieste del nuovo patto. Dopo che è scritto «Non disprezzate le profezie,
ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene» (1 Ts 5,20s), segue subito «astenetevi
da ogni specie di male» (v. 22).
Per
l’approfondimento si veda Nicola Martella, «La
quarta dimensione»,
Carismosofia
(Punto°A°Croce, Roma 1995), pp. 31-34. |
►
L’Evangelo secondo Yonggi Cho
{Nicola Martella} (A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-YCho_pens-posit_visualiz_MeG.htm
16-04-2009; Aggiornamento: 20-07-2009
|