1. LE QUESTIONI DI BASE: Ho
già scritto sul sabato e non intendevo ritornarci. Ultimamente le mie vie si
sono incrociate con un sabatista che si presentava come «Cristiano Indipendente»
(da che cosa?); poi, dopo varie insistenze, svelò il suo vero nome: Salvatore
Tarantino. Sempre di nuovo compaiono in scena presunti «cristiani indipendenti»,
che vogliano rendere gli altri dipendenti dalle proprie dottrine, ad esempio da
quella del sabato. Essi chiamano «libertà», la schiavitù sotto la legge
dell’antico patto, da cui Cristo ci ha liberati! (Gal 5,1; cfr. 2 Pt 2,19).
Il suo scritto, lungi dal toccare le epistole del NT, si conclude con un’arringa
antidomenicale; è chiaro che ha suscitato la reazione antisabatica di coloro
che seguono il «giorno» sì, ma domenicale. Studiando tutto il NT, non ho trovato
però nessun comandamento chiaro ed esplicito relativo a un giorno da
osservare, sia esso il sabato, la domenica o un altro giorno. Aspetto ancora che
qualcuno mi mostri il brano del NT, in cui è comandato in modo chiaro e diretto:
«Osservate il giorno X!», qualunque esso sia.
Ero curioso di vedere come il sedicente «Cristiano Indipendente» (poi mostratosi
come Salvatore Tarantino) argomentasse sul sabato con Atti 15 e le epistole del
NT in tale articolo; di ciò non ne ho visto neppure una virgola nel suo scritto.
Si vede che per lui era più importante la sua polemica antidomenicale; io
personalmente essendo di coloro, per i quali legittimamente «ogni giorno è
uguale» (Rm 14), può interessarmi poco sia il sabato sia la domenica.
I cristiani sono stati liberati dal «giorno» (da qualsiasi giorno!) e dal luogo
(tempio) e hanno la libertà d’incontrarsi quando e dove vogliono (cfr. Rm 14).
Si vede che per tali sabatisti, di antica e nuova leva, Atti 15 e il Concilio
ecclesiale di Gerusalemme non ci sono mai stati. Eppure la chiesa giudaica
decise che i cristiani gentili non fossero in obbligo d’ubbidire alla legge
mosaica! Qui si vuole assoggettare la gente del nuovo patto alla «Costituzione»
della teocrazia e dello stato d’Israele, come se il nuovo patto non avesse la
sua propria «Costituzione» (o «Legge di Cristo»; 1 Cor 9,21; Gal 6,2; Rm 8,2)!
È scritto: «Dicendo: “Un nuovo patto”, Egli ha dichiarato antico il primo.
Ora, quel che diventa antico e invecchia è vicino a sparire» (Ebrei 8,13).
C’è chi vuole stare ancora sotto precettore, pur essendo venuta
l’emancipazione (Gal 3,24s). C’è chi vuole vivere nelle ombre del vero,
pur essendo arrivata la luce (Eb 10,1). Padroni di farlo, ma non permetterò a
nessuno di defraudarci della «libertà che abbiamo in Cristo Gesù, col fine di
ridurci in servitù» (Gal 2,4).
Non bisogna farsi mettere nuovamente sotto il giogo della legge mosaica!
Durante il Concilio di Gerusalemme Pietro rimproverò così i sabatisti
massimalisti d’allora (i farisei; At 15,1.5): «Perché dunque tentate adesso
Dio mettendo sul collo dei discepoli un giogo che né i padri nostri né noi
abbiamo potuto portare?» (v. 10). E Giacomo aggiunse: «Per la qual cosa
io giudico che non si debba inquietare quelli dei Gentili che si convertono a
Dio» (v. 19).
I presunti «cristiani indipendenti» d’oggi pretendono di portare tale giogo, lo
vogliono imporre agli altri e dare così «angustia» ai cristiani gentili. Non so
quando pretenderanno pure di mettersi il velo in faccia, mentre leggono la
Parola (2 Cor 3,13ss).
Riguardo alla legge mosaica (tutta intera e senza eccezioni!), Paolo ingiunse ai
Galati insensati: «Cristo ci ha affrancati perché fossimo liberi; state
dunque saldi, e non vi lasciate di nuovo porre sotto il giogo della schiavitù!»
(Gal 5,1).
2. APPROFONDIAMO LE QUESTIONI:
Se si fa una ricerca onesta su «osservare il giorno», ci si renderà conto che
per «giorno» s’intende ogni šabbāt (giorno in cui si «smette [il
lavoro]» [= ebr. šābat] per avere una santa convocazione; cfr. Is 1,13):
il sabato settimanale, il novilunio, le feste ancorate nel calendario religioso
(cfr. 1 Cr 23,31; 2 Cr 2,4; 8,13; 31,3); šabbāt è anche l’anno sabbatico,
«l’anno del riscatto» (degli schiavi) e il giubileo. La Pasqua era chiamata, ad
esempio, «il grande šabbāt (Gv 19,31). Quando Paolo rimproverò i Galati —
«Voi osservate giorni e mesi e stagioni e anni. Io temo, quanto a voi,
d’essermi invano affaticato per voi
» (Gal 4,10s) — si riferiva a tutto questo complesso di cose, essendo la
legge una cosa unica!
Comandare «Osserverete dunque il sabato,
perché è per voi un giorno
santo» (Es 31,14), e ordinare «Osserva il
giorno del riposo per santificarlo»
(Dt 5,12.15), era la stessa cosa. Anche nel NT si trova l’espressione
pleonastica «giorno di sabato» (Mc 3,2; Lc 6,7; 14,1).
Un
grave trucco mentale dei sabatisti è quello di voler osservare lo
šabbāt settimanale, senza osservare gli altri «sabati». La legge prescriveva
però l’osservanza di tutti gli šabbāt: «Osserverete i miei
sabati, e porterete rispetto ai mio santuario. Io sono l’Eterno» (Lv 19,30;
26,2). Per questo si trova il termine «sabati» al plurale in 31 versi. È
scritto: «Allora la terra si godrà i suoi sabati» (Lv 26,34s.43), equi
intende gli «anni sabbatici» (ogni sette anni), che Israele non rispettò mai (2
Cr 36,21); 70 anni di cattività equivalgono a 70*7 = 490 anni, ossia dal 606
a.C. (prima deportazione) al 1096 a.C. (tempo dei giudici), contando a ritroso;
a ciò si devono aggiungere anche gli anni di Giubileo, anch’esso mai festeggiato
(ogni cinquant’anni).
Per questo, l’espressione paolina «Nessuno dunque vi giudichi quanto al
mangiare o al bere, o rispetto a feste, o a noviluni o a sabati, che sono
l’ombra di cose che dovevano avvenire» (Col 2,16s) si riferisce a tutti gli
šabbāt, nessuno escluso, poiché tale espressione era standard nella
dizione del’’AT (cfr. Ez 45,17; Os 2,11). Tutto ciò era strettamente legato alla
vita liturgica presso al santuario. Il sabato era un’istituzione e simbolo del
patto di Dio con Israele ed era la base di tale teocrazia, legge religiosa e di
Stato.
Chi vuole osservare lo šabbāt, deve prima ricostruire la teocrazia
d’Israele, deve entrare nel patto mosaico e deve osservarlo in tutti i suoi
aspetti. La Legge è una sola e indivisibile. È ingiunto di aver «cura di
mettere in pratica tutta la legge che Mosè, mio servo, t’ha dataa» (Gs 1,7;
2 Re 21,8). Perciò, Giacomo ribadì: «Chiunque avrà osservato tutta la legge, e
avrà fallito in un solo punto, si rende colpevole su tutti i punti» (Gcm 2,10).
Nella legge non esiste una presunta divisione fra «legge cerimoniale» e
«legge morale» e altro. La legge mosaica era un tutt’uno. Basta leggere alcuni
capitoli, per rendersene conto, ad esempio Levitico 19, in cui prescrizioni di
diverso tipo e genere sono intimamente connesse insieme. Chi vuole osservare la
legge, l’osservi tutta, senza se e senza ma.
Così facevano i Giudei cristiani di Gerusalemme! Quando Paolo, alla fine
della sua carriera, arrivò a Gerusalemme, gli fu chiaramente detto: «Fratello,
tu vedi quante migliaia di Giudei ci sono che hanno creduto; e tutti sono
zelanti per la legge» (At 21,20). Essi partecipavano ai riti di
purificazione al tempio (vv. 23s.26), i quali terminavano con sacrifici di
animali. Gli stessi ribadirono però quanto ai cristiani gentili: «Quanto ai
Gentili che hanno creduto, noi abbiamo loro scritto, avendo deciso che debbano
astenersi dalle cose sacrificate agli idoli, dal sangue, dalle cose soffocate, e
dalla fornicazione» (At 21,25). Ciò rispecchiava la decisione del Concilio
di Gerusalemme, avvenuto decenni prima (At 15).
Quindi, o uno si rende Giudeo, facendosi circoncidere e assoggettandosi
all’intera legge mosaica, oppure la smetta di voler vivere da Gentile,
giudaizzando
soltanto nelle cose che gli fanno comodo. Paolo non usò mezzi termini: «Ogni
uomo che si fa circoncidere, è obbligato ad osservare tutta quanta la legge. Voi
che volete esser giustificati per la legge, avete rinunziato a Cristo; siete
scaduti dalla grazia» (Gal 5,3s). Egli chiamò ciò un «altro evangelo»,
contro cui fece sentire il suo anatema (Gal 1,6-9).
3. ASPETTI CONCLUSIVI: La
chiesa non è una teocrazia né Israele. Un giorno da osservare è possibile
solo in una nazione, dove c’è una legge dello Stato che prescrive un giorno
particolare o almeno lo permette. Poiché l’Evangelo doveva raggiungere il mondo
intero, esso doveva tener conto delle diverse situazioni locali di paese in
paese. In genere tra i popoli non si conosceva un giorno settimanale regolare da
osservare. Si conoscevano ritmi differenti, legati perlopiù a festività del
calendario liturgico dei santuari di divinità.
Una
uniformità intorno al sabato era possibile soltanto nelle chiese a
maggioranza giudaica, quindi costituite da circoncisi convertiti all’Evangelo.
Tale situazione era possibile soltanto a Gerusalemme (qui c’era il tempio e una
cultura religiosa giudaica) e in parte nelle città della Giudea, ma ciò era
difficile, se non impossibile, già nelle città greche della Palestina,
figuriamoci nel resto dell’impero romano.
Poiché la maggior parte delle chiese si radunava nelle case, nella diaspora si
potevano formare piccole «cellule» di Giudei cristiani, che conservavano la loro
identità giudaica. Ciò non rimaneva senza problemi, poiché tali piccoli
gruppi minoritari guardavano con sospetto la stragrande maggioranza dei Gentili
cristiani, che non praticavano l’osservanza di un giorno particolare (nessuno in
assoluto, neanche la presunta e postuma domenica!) né si attenevano alle leggi
alimentari dell’AT. Questi ultimi guardavano con sufficienza tali relativamente
pochi cristiani giudaici, considerandoli singolari e intrappolati in osservanze,
che essi neppure capivano! Tale questione fu affrontata da paolo in Romani 14,
una lettera indirizzata a cristiani giudei e gentili. Il «giorno» è qui il
sabato settimanale e tutti gli altri «sabati» del calendario liturgico.
Ancor più problematica era la situazione, in cui i gruppi di Giudei cristiani
formavano una vera missione per giudaizzare i cristiani gentili, credendo
che solo con la «seconda esperienza» della circoncisione e dell’osservanza della
legge potevano essere veramente nella salvezza (cfr. At 15,1.5; Gal; Col; 2 Cor
11). Paolo, vedendo minacciato l’Evangelo stesso, si scagliò con veemenza contro
tale contro-missione, facendosi forza sulla decisione del Concilio di
Gerusalemme (At 15; 21,25).
All’interno del nuovo patto o della «legge di Cristo» non è previsto
l’osservanza di un giorno particolare di alcun tipo, tanto meno per le chiese
gentili. Non esiste un’ingiunzione apostolica del tipo: «Osservate il giorno…»
(sabato, domenica o altro). Al contrario, come abbiamo visto, esistono pesanti
rimproveri verso quelle chiese gentili che si mettevano a osservare «giorni e
mesi e stagioni e anni» (Gal 4,10; Col 2,16).
Coloro che oggigiorno vogliono osservare il «giorno», devono osservarlo in
tutto: sabato settimanale, noviluni, feste, anno sabatico (Lv 25,4 «il
settimo anno sarà un sabato») e giubileo; il «giorno delle espiazioni» (Lv
23,27) è chiaramente chiamato «sabato» (v. 32; cfr. 16,31 e in ambedue
l’espressione «umilierete le anime vostre»). Il sabato settimanale,
poi, non è da osservare a proprio arbitrio, ma in tutti i suoi aspetti, secondo
la legge del sabato, pena la morte (Es 31,14s): nessun lavoro, nessun fuoco
domestico (Es 35,2s), non portare nessun carico né a spalla (Ger 17,21s.24.27)
né con un mezzo (Ne 13,15.19 asini; + né calcare l’uva), non raccogliere delle
legna (Nu 15,32s; v. 34 prigione; vv. 35s morte). Doveva essere un «giorno di
completo riposo e di santa convocazione» (Lv 23,3); quindi non era possibile
fare turni. Si parla anche del «cammino di sabato» quale distanza di riferimento
di circa un miglio (At 1,12).
Chi vuol osservare il sabato, deve attenersi in tutto e per tutto alla
legge sabatica e alle sue conseguenze odierne: non accendere il riscaldamento,
non mettere in moto una macchina (si basa sulla combustione) e non muoversi con
un mezzo a combustione, non fare turni di lavoro dal venerdì dopo il tramonto al
sabato dopo il tramonto, non usare nessun mezzo di trasporto per persone e
merci, non fare più di un miglio, eccetera. Chiaramente in tale giorno non
bisogna usare nulla che produca o consumi energia (ascensori, televisori,
telefoni, computer, ecc.), non bisogna cucinare (Es 16,23), e così via. Come
abbiamo visto, a chi disattendeva anche minimamente alla legge del sabato (p.es.
raccogliere legna), meritava la morte.
Chi vuol osservare ancora oggi la legge, sebbene in modo singolare e soggettivo,
tenga presente quanto segue: «La legge dello Spirito della vita in
Cristo Gesù mi ha affrancato dalla legge del peccato e della morte» (Rm
8,2). «La fine della legge è Cristo, per essere giustizia a ognuno che crede»
(Rm 10,4). «Se la giustizia si ottiene per mezzo della legge, Cristo è dunque
morto inutilmente. (…) Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della
legge, essendo divenuto maledizione per noi» (Gal 2,21; 3,13). «Voi che
volete essere giustificati per la legge, avete rinunziato a Cristo; siete
scaduti dalla grazia» (Gal 5,4).
Per
l'approfondimento:
■ Nicola Martella,
Šabbât (Punto°A°Croce, Roma 1999). Vedi qui particolarmente: «Il
sabato nel Nuovo Testamento», pp. 36-45; «Questioni
intorno al sabato ebraico», pp. 46-50; «La
questione della legge», pp. 51-56; «La
questione della domenica», pp. 57-60.
■ Nicola Martella (a cura di), Escatologia fra legittimità e abuso.
Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007). Vedi qui particolarmente: «Dall’Illuminismo
alla “gran delusione”», pp. 90-100; «Dall’avventismo
al geovismo», pp. 108-113.
■ Nicola Martella, Esegesi delle origini.
Le Origini 2 (Punto°A°Croce, Roma 2006). Vedi qui particolarmente: «Il
settimo giorno e la conclusione [Gn] 2,1-4a», pp. 94-105. |
►
Avventismo e legge mosaica nel nuovo patto
{Tommaso Failla - Nicola Martella} (T/A)
►
Avventismo e legge mosaica nel nuovo patto? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
►
Sabato, Decalogo e avventismo
{Nicola Martella} (A)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Voglia_di_sabato_Lv.htm
09-05-2010; Aggiornamento: 10-05-2010 |