Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
 Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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CONFRONTO CON UNA SEGUACE

DELLA TEOLOGIA RIFORMATA

 

 di Sebastiana Ellena, ps. - Nicola Martella

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Avevo scritto a una credente per farle i complimenti per quanto gestisce in rete. Ammetto che in quei giorni non mi sarei sognato di dover parlare con qualcuno di calvinismo e affini. Tuttavia, lei mi fece anche presente di gestire un sito «di stampo riformato, ciò che nel tuo sito chiami “sovrastrutture dottrinali”, ma contiene un po’ di tutto riguardo a ciò che concerne il cristianesimo, l’apologetica, ecc.». {26-07-2010} Spontaneamente ne è nata una discussione, a cui non ho potuto sottrarmi.

     Le risposi quanto segue. Quanto all’essere «riformati», come in altre cose (carismatici, avventisti, darbysti, giudaisti, ecc.), ho conosciuto chi nutre pacatamente le sue convinzioni e chi ne fa un cavallo di battaglia e una discrimina essenziale e vede me (e altri) come un campo di conquista. Sono abbastanza «tollerante» verso i primi, ma molto severo verso i secondi, essendo essi ideologi.

     Spontaneamente ne è nato un dialogo interessante con la mia interlocutrice. Abbiamo concordato la pubblicazione di questo dialogo, usando per lei uno pseudonimo. Questo confronto palesa abbastanza bene come funziona la percezione delle cose e il ragionamento di chi vive con una mentalità calvinista all'interno di una sovrastruttura, basata sulla «doppia predestinazione».

 

 

2.  DICHIARAZIONI DI MASSIMA

 

2.1.  LE QUESTIONI POSTE (Sebastiana Ellena, ps.): Caro Nicola, condivido il tuo punto di vista e forse immagino anche a cosa alludi. Purtroppo sia da una parte che dall’altra è spesso una battaglia ad averla vinta arminiani contro calvinisti. A me non piace nemmeno essere denominata calvinista in riferimento a una persona, un riformatore. Io non sono nemmeno per l’ipercalvinismo, altrimenti non starei nemmeno a evangelizzare, nonostante sia convinta che la salvezza dall’inizio alla fine dipenda solo da Dio e non da noi, provato anche sulla mia pelle con la mia conversione e penso spesso a quella di Paolo da Tarso. Non sopporto il focalizzarsi sempre su un argomento, che nei riformati può essere solo la predestinazione. Io credo fermamente nel TULIP [= i cinque punti del calvinismo, N.d.R. (cfr. qui)], ma non per questo voglio divisioni tra i fratelli evangelici, ci sono già troppe false dottrine da combattere in Italia, principalmente quelle di cattolici, testimoni di Geova e pentecostali, che sono i più diffusi. Bisognerebbe soffermarsi di più e focalizzarsi sulla figura di redenzione di Cristo, sulle conversioni e sulla salvezza per grazia. Non tanto su come questo avviene, libero o servo arbitrio, ma sul fatto che avviene e basta. Capire poi il perché e il per come Dio opera, è per noi impossibile. Quindi, qui bisognerebbe essere elastici da entrambe le parti, e almeno cercare di non discutere di questo continuamente. Io sul mio blog parlo di tanto in tanto della sovranità di Dio e dell’elezione, ma non mi piace fossilizzarmi su quello. Credo che chi arriva e trova solo di quegli argomenti, possa stufarsi o farsi una idea sbagliata, quindi meglio spiegare gli insegnamenti di Cristo e ridurre al minimo certi argomenti che possono essere interpretati male, se non conosciuti bene.

     Se fossi stata così estremista, non avrei nemmeno perso tempo nel sito, in cui tratto le dottrine mariane, tanto la salvezza dipende da Dio e chi se ne importa dei cattolici; ma Gesù ha detto di predicare per dar la possibilità di convertirsi agli altri (che per me sono gli eletti e per te sono tutti). […] Per non parlare poi del liberalismo esteso purtroppo anche in ambito riformato (i valdesi che hanno perso tutti i principi conservativi della Riforma e si sono adeguati alle dottrine moderne, ma tu questo già lo saprai). Tu mi citi anche i pentecostali, beh con quelli sono molto critica e severa e non li paragono ai Fratelli (con i quali grossomodo il problema è solo quello del libero arbitrio). […] {26-07-2010}

 

2.2.  OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella): Ammetto che i confronti fra arminiani e calvinisti non mi riscaldano per nulla, sia perché non mi ascrivo a nessuno di questi due fronti, sia perché sono di matrice esegetica e non dogmatica. Lo stesso dicasi, quindi, di discussioni filosofiche su «libero arbitrio» e «servo arbitrio»; chi ha relativamente pochi frammenti in mano, pretende di dire qualcosa di assoluto sull’immenso mosaico dell’esistenza!? Non ho problemi con la «sovranità di Dio» né con «l’elezione» (intesa come suo programma, non come fato; Israele ne è l’esempio: eletto e nel complesso attualmente perduto). Come esegeta sono allergico però a filosofie dottrinali quali la «doppia predestinazione» o l’ipercalvinismo, figlie più della cultura islamica di quel tempo che dell’esegesi biblica contestuale.

     Il Signore Gesù ha dato il grande mandato; non è opzionale praticarlo. Se gli eletti sono coloro che poi si convertono, allora il grande eletto, Israele, spariglia tale equazione. Da due millenni, se si prescinde da relativamente poche eccezioni («l’Israele di Dio» o il residuo all’interno delle chiese a maggioranza gentile), uomini e donne d’intere e molteplici generazioni hanno rifiutato Gesù quale Messia e sono perduti. Dio non ha abbandonato il suo programma (elezione d’Israele), ma lo realizzerà con la generazione d’Israele del tempo della fine. Se tuttavia l’elezione fosse «irresistibile», qualcuno deve aver fallito riguardo a Israele; io non penso che sia così, e il «consiglio» di Dio è un puzzle troppo grande per essere sondato da chi ha poche tessere in mano, ma pretende lo stesso di poter dire qualcosa di assoluto, in un modo o in un altro.

     Quanto al liberalismo dei riformati, non è da prendere sotto banco, essendo un fenomeno sempre più vasto nel mondo. Non so come ciò si possa conciliare con la dottrina (iper-)calvinista dell’elezione; qualche conto potrebbe non tornare. In ogni modo, sui nostrani Valdesi e sul resto della BMV (Federazione) ho scritto sul mio sito. [► Denominazioni (generale), alle voci «Battisti», «Valdesi»]

 

 

3.  MAGGIORI DELINEAMENTI

 

3.1.  LE QUESTIONI POSTE (Sebastiana Ellena, ps.): Caro Nicola, […] Per la teologia riformata non si tratta d’ideologia dal mio punto di vista, ma di fede al testo e contesto biblico. Mentre trovo l’arminianesimo impregnato di cultura umanistica e frutto della mente umana. Come vedi pensiamo la stessa cosa l’uno dell’altro, ma non è un problema questo.

     Per quanto riguarda Israele, il popolo eletto, a me i conti tornano perfettamente, perché l’apostolo Paolo, parlando dei «suoi fratelli di sangue», si dimostra dispiaciuto per il fatto di non aver accettato il Messia, ma ammette che questo è il piano di Dio che ha volutamente indurito i loro cuori, come ha sempre fatto con chi ha voluto (Avrò misericordia di chi avrò misericordia e compassione di chi avrò compassione), affinché la salvezza si estendesse anche ai Gentili. Ma anche Israele alla fine sarà salvato perché Dio adempie le sue promesse, con loro ha un patto, il patto di Abramo, e con noi gentili questo patto è Cristo.

     La doppia predestinazione deve esser pur vera, visto che se esiste un’elezione alla salvezza, di conseguenza vi è anche quella alla perdizione. Non mi riesce difficile digerire questo concetto (elezione / non elezione), perché lo trovo ovunque nella Bibbia, supportato da riferimenti biblici e dalla mia logica, nonché dalla mia esperienza personale. Trovo anche che ad esempio se preghiamo continuamente affinché una persona si converta e questa non si converte, la volontà di Dio è che quella persona non è un eletto. Nonostante questo dobbiamo continuare a pregare fino alla fine, perché nessuno di noi conosce chi sono gli eletti, ma solo Dio conosce «i suoi». Trovo che la teologia riformata sia in assoluto la più aderente al testo biblico.

     Nella Bibbia si parla di «eletti alla salvezza», che non vuol dire assolutamente che Dio preconosceva chi lo avrebbe seguito (che sovranità sarebbe questa?). Dio ha un piano, e Dio non ha bisogno della nostra cooperazione alla salvezza, e trovo anche che la grazia irresistibile sia un concetto perfettamente in armonia con la Bibbia; allo Spirito Santo / a Dio non si resiste. Noi siamo nel peccato e spiritualmente morti, se non ci mette mano Dio, che dona la fede (lo dice la Bibbia, «la fede è un dono di Dio» e non si domanda un dono o la grazia; si parla della cosiddetta chiamata interiore che ha avuto Paolo, che ho avuto io e tanti altri). Questo concetto di resistere allo Spirito è assurdo e fa acqua da tutte le parti; «la fede è un dono di Dio e la salvezza non è per opere, affinché nessuno se ne vanti», e nelle opere è compresa anche la nostra «volontà» ad avvicinarci a Dio, è pur sempre una nostra bravura che ci fa meritare la salvezza. L’elezione a salvezza significa proprio quel che è scritto, che Dio ha scelto alcuni a salvezza; e Cristo sarebbe morto per molti e non per tutti. Che dirti? È cosi per me.

     Ci sarebbero tante cose da dire sulla predestinazione ma non mi sembra il caso di continuare, visto che la pensiamo diversamente. {27-07-2010}

 

3.2.  OSSERVAZIONI E OBIEZIONI (Nicola Martella): Quanto alla teologia riformata, io diffido da approcci di «teologia dogmatica», qualunque essi siano (arminianesimo, calvinismo, ecc.), essendo essi di natura filosofica. Si veda in merito in Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002), gli articoli: «Teologia biblica e dogmatica: confronti», pp. 252s (i due approcci alla Scrittura a confronto); «Teologia biblica» (approccio esegetico), pp. 353s; «Teologia dogmatica», pp. 356s (approccio dottrinale).

     Io preferisco l’esegesi contestuale e la «teologia biblica (o esegetica)», da cui risulta non la «teologia del patto unico» (calvinismo), ma la «teologia dei patti». Si veda in merito nel Manuale Teologico dell’Antico Testamento gli articoli: «I patti e gli altri approcci», pp. 31-53 (un confronto fra la teologia dei patti, quella del patto unico e quella delle dispensazioni); «Sistemi teologici», pp. 332ss (sintesi parziale dell’articolo precedente); «Teologia del patto e l’AT», pp. 354ss (analisi della teologia del patto unico del calvinismo).

     Inoltre, l’Europa di quei secoli aveva respirato la cultura islamica proveniente dalla Spagna (ma anche dai Balcani e da varie zone d’Italia, come la Sicilia); questo aspetto è stato trattato  sul mio sito nell'articolo « La predestinazione dell’individuo, figlia d’una cultura umanistica» {Nicola Berretta}.

     Quanto a Israele, non posso che dissentire. Esso è il «popolo eletto» e proprio Israele mostra che la grazia (o l’elezione) non è irresistibile, ma che bisogna entrare personalmente nel patto, prendendone il giogo dell’ubbidienza. Sono stati i Giudei a indurire i loro cuori; a ciò si deve l’appello a non farlo (Eb 3,8.15; 4,7). Dio indurisce (definitivamente) i cuori di coloro, che lo induriscono.

     In Giovanni 12 viene detto che i Giudei non credevano che Gesù fosse il Messia, sebbene egli avesse fatto tanti miracoli in loro presenza (v. 37). Perciò Giovanni stesso trasse due conclusioni profetiche: ▪ 1. Essi non hanno creduto (v. 38 causa); ▪ 2. Fu impedito loro di credere, dopo che Dio aveva indurito i loro cuori (vv. 39s conseguenza). ▪ 3. Nonostante ciò, c’erano coloro che credettero di nascosto (vv. 42s eccezione). Così anche Paolo fece la differenza fra il popolo e il residuo. Egli affermò che Dio non ha reietto il suo popolo (Rm 11,1s); anzi per essere fedele alla «elezione della grazia», ha lasciato un residuo santo (v. 5). La massa d’Israele, pur essendo eletta, non ha ottenuto quanto promesso, ma è stata indurita (avendo rifiutato Gesù quale Messia), ma il residuo ha ottenuto ciò (vv. 7s).

     Lo stesso procedimento lo troviamo in altri casi nella Scrittura: il Faraone indurì il suo cuore e Dio glielo indurì. A distanza di secoli dall’accaduto, i sacerdoti e gli indovini dissero ai Filistei: «E perché indurireste il cuore vostro come gli Egiziani e Faraone indurirono il cuore loro?» (1 Sam 6,6). Così vediamo sia l’azione di Dio (Es 4,21; 7,3; 9,12; 10,20.27; 11,10; 14,4.8.17), sia la responsabilità umana (Es 7,13.22; 8,19; 9,35). Chi cerca la verità, deve tener presente ambedue gli aspetti.

     Comunque, non è mai scritto riguardo agli Israeliti che «Dio che ha volutamente indurito i loro cuori… affinché la salvezza si estendesse anche ai Gentili». Questa è un’asserzione ideologica, non esegetica. È scritto invece: «Per la loro caduta la salvezza è giunta ai Gentili per provocarli a gelosia» (Rm 11,11). Qui viene dichiarato semplicemente un fatto storico di causa ed effetto, non che ciò fosse stato originato da Dio.

     Mi meraviglia la seguente asserzione: «Ma anche Israele alla fine sarà salvato perché Dio adempie le sue promesse, con loro ha un patto, il patto di Abramo, e con noi gentili questo patto è Cristo». Questa è una catastrofe teologica. Nel nuovo patto Dio ha un solo modo di salvare: Cristo e, quindi, per grazia mediante la fede. Paolo aveva scongiurato «Giudei e Greci a ravvedersi dinanzi a Dio e a credere nel Signor nostro Gesù Cristo» (At 20,21). E sebbene Cristo crocifisso fosse per i Giudei uno scandalo e per i Gentili una pazzia, egli ribadiva che «per quelli, i quali sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Cor 1,22ss; cfr. 12,13 un «unico corpo»). Essendo Cristo il seme d’Abramo, chi crede in Lui anche fra i Gentili diventa similmente seme d’Abramo e suo erede (Gal 3,28s).

     La doppia predestinazione è una costruzione filosofica, basata sulla deduzione e non sull’esegesi. I dogmatici pretendono di poter guardare nel consiglio di Dio; questa è arroganza ideologica. Quando si cerca la verità riguardo a Dio, bisogna mettere in campo le sue qualità ritenute antitetiche: amore e verità, misericordia e giustizia, salvezza e giudizio, e così via. Solo così riusciremo a capirlo in modo verace, senza fare ideologia e renderlo un idolo dell’umanesimo sentimentalista (solo e tutto amore) o del massimalismo legalista (solo e tutto giudizio). Lo stesso deve avvenire con l’azione di Dio verso il mondo: ▪ 1. Dio è formalmente libero di salvare chi vuole, visto che tutti sono perduti (Mt 10,28; Gv 3,36); ▪ 2. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e vengano alla conoscenza della verità (1 Tm 2,4); ▪ 3. Dio ama tutto il mondo e ha dato per esso suo Figlio (Gv 3,16) e in Cristo ha riconciliato il mondo con sé (2 Cor 5,19); ▪ 4. Nonostante tutto ciò, nessuno viene salvato d’ufficio, senza entrare nel nuovo patto e senza accettare Gesù quale Messia, ossia come personale Salvatore e Signore (At 2,38; 3,19; 8,37; 16,31; Rm 10,9s). ▪ Poiché Dio ha riconciliato il mondo con sé, abbiamo la promessa che chiunque cerca Cristo, Egli si farà trovare da lui e non lo caccerà fuori (Gv 6,27-40).

     Chi annulla tale tensione, fa ideologia dogmatica; lo stesso vale per chi polarizza tale vasto spettro in una direzione o nell’altra. Per comprendere l’azione di Dio verso il mondo, bisogna tener presente tutte le questioni antitetiche, senza dover necessariamente arrivare a una sintesi.

     Non spetta a noi stabilire con una deduzione da falso sillogismo che se una persona non si converte, sebbene preghiamo continuamente per lei, ella non è eletta da Dio. Non abbiamo la capacità di verificare tutti gli aspetti del problema in modo oggettivo e non sappiamo neppure come la cosa andrà veramente a finire. Fatto sta che «chiunque avrà invocato il nome del Signore, sarà salvato» (At 2,21; Rm 10,13). Poche tessere di un grande puzzle non ci permettono di trarre false conclusioni di comodo; lasciamo che Dio sia Dio.

     Quanto al fatto che Dio conosca «i suoi», ciò è vero. Tuttavia, la questione ha per Paolo due facce della stessa medaglia: «Ma pure il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: “Il Signore conosce quelli che sono suoi”; e: “Si ritragga dall’iniquità chiunque nomina il nome del Signore”» (2 Tm 2,19). Anche qui c’è l’aspetto divino e quello umano, che concorrono a formare quell’unico fondamento. Se abbiamo a che fare con coloro, che aderiscono alla teologia riformata e si credono «eletti» per dottrina, ma la cui condotta è peccaminosa, questo principio ci permette di dichiararli come dei malvagi, che bisogna allontanare dalla comunione dei santi (cfr. 1 Cor 5,11s).

     A chi afferma di trovare che «la teologia riformata sia in assoluto la più aderente al testo biblico», rispondo che sono allergico a tutte le teologie dogmatiche e riconosco soltanto la «teologia esegetica».

     È vero che si parla di «eletti a salvezza» (p.es. 2 Ts 2,13), parlando a un’intera chiesa, ma non dice quanti essi lo siano né se tutti gli eletti siano poi salvati. L’elezione è il piano di Dio nella storia e la possibilità che si possa accedere al suo patto di salvezza; ho già parlato sopra del pericolo della polarizzazione ideologica e delle falsi deduzioni. Anche in tale brano si coglie tale tensione, che bisogna lasciare, fra libertà dell’uomo e arbitrio di Dio. Ci sono coloro che «periscono, perché non hanno aperto il cuore all’amore della verità per essere salvati» (v. 10). Qui non si afferma che non avrebbero potuto aprire il loro cuore, perché non eletti, ma semplicemente che «non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti nell’iniquità» (v. 12). E siccome hanno agito così, «Dio manda loro efficacia d’errore cosicché credano alla menzogna, affinché… siano giudicati» (vv. 11s). Anche qui vediamo il principio: Dio indurisce coloro che s’induriscono.

     L’altro aspetto della medaglia è la gratitudine e la responsabilità di coloro che Dio ha «eletti a salvezza»; se da una parte, c’è quale attuazione «la santificazione nello Spirito» (aspetto divino), dall’altra, c’è l’esercizio della «fede nella verità» (v. 13). Paolo non affermò qui un automatismo, ma evidenziò la responsabilità come in 2 Tm 2,19. Il piano di Dio è glorioso (2 Ts 2,14), ma anche la responsabilità è evidente: «Fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti» (v. 15). Questa bipolarità o tensione riguardo all’elezione (quale piano di Dio a salvezza, non come sorte inesorabile) bisogna lasciarla così com’è, senza cedere alla tentazione di pericolose sintesi in un modo o nell’altro.

     La teologia dei patti mostra che è sempre e solo Dio a chiamare per la sua grazia, ma ciò non basta: bisogna anche entrare nel rispettivo patto! Lo sapeva bene Abramo, che chiese a Dio specifiche garanzie riguardo alle sue promesse (Gn 15), che Dio adempié mediante una stipulazione formale. Lo sapeva anche Dio, quando chiese ad Abramo di prendersi le sue responsabilità, camminando alla sua presenza come uomo integro (Gn 17). Lo sapevano ambedue, quando Dio affermò che l’ubbidienza di Abramo e della sua progenie avrebbe permesso a Dio di attuare le sue promesse e di elargire loro i privilegi (cfr. Gn 26,3ss).

     La cosiddetta «grazia irresistibile» è una di quelle etichette dogmatiche che la teologia biblica non conosce. Che a Dio (o al suo Spirito) non si resista, è una costruzione mentale possibile soltanto all’interno di una sovrastruttura ideologica. Se andiamo all’esegesi, prendiamo atto dell’avvertimento e del lamento di Dio: esiste la possibilità di resistere a Dio (Lv 26,40), e cioè con la condotta (Lv 26,21.23.27) e non volendo ascoltare la sua parola (Lv 26,21.27).

     Tralascio alcuni aspetti finali, perché contorti. È sintomatico dell’(iper-) calvinismo quale sovrastruttura dogmatica, asserire cose per deduzione (p.es. «Dio ha scelto alcuni a salvezza») e non per prova esegetica contestuale, che non esiste. Poi ci si appella al fatto che Cristo sarebbe «morto per molti e non per tutti». Purtroppo qui c’è soltanto ignoranza linguistica e culturale rispetto all’ebraismo. Gli Ebrei dicevano «per i molti / per i tanti» per significare l’immensurabile quantità; ciò corrispondeva spesso al nostro tutti. Se così non fosse, la Bibbia si contraddirebbe in punti salienti.

     Si noti che in Adamo «i molti sono morti» e «la grazia di Dio e il dono… hanno abbondato verso i molti» (Rm 5,15; cfr. Is 53,11 «renderà giusti i molti»); sarebbe un grande errore di sintassi estendere il primo «molti» a tutti e il secondo ai soli eletti. E questo tanto più che pochi versi dopo Paolo usò il «tutti»: «Come dunque con una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così, con un solo atto di giustizia la giustificazione che dà vita s’è estesa a tutti gli uomini» (Rm 5,18).

     Nella stessa lettera di Cristo è detto che è morto per «portare i peccati di molti» (Eb 9,28) e che «gustasse la morte per tutti» (Eb 2,9). Similmente Paolo affermò di lui che «uno solo morì per tutti» (2 Cor 5,14). Per Giovanni «egli è propiziazione per i nostri peccati; e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1 Gv 2,2; cfr. Rm 5,18).

 

Confronto con una seguace della teologia riformata. Parliamone {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Teologia_riformata-cfr_UnV.htm

22-09-2010; Aggiornamento: 21-11-2010

 

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