Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Malattia e guarigione 1

 

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La salute fra scienza, religioni e ideologie — Malattia e guarigione 1:

   Ecco le parti principali:
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■ Guarigione e problematica
■ La medicina e la Bibbia

 

Dizionario delle medicine alternative — Malattia e guarigione 2:

   Ecco il procedimento usato per i singoli temi:
■ Presentazione del metodo o della problematica
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Inoltre ci sono anche queste parti:
■ Fatti, casi ed eventi nella paramedicina
■ Registro delle voci
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Malattia e guarigione 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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SPIRITUALITÀ QUALE VIA PER UNA FALSA DEVOZIONE

 

 di Carlo Neri - Nicola Martella

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA (Nicola Martella): Il tallone d’Achille di tutti coloro, che si chiamano «cristiani» (o seguaci di Cristo), non è tanto la fede (= fiducia in Dio, credo), quanto il «timor di Dio» quale base dell’etica. Il timor di Dio, quale profondo rispetto e riverenza personale verso il Signore, è esercitato per onorare il Signore, ricercando il suo ordine creazionale e morale e cercando di corrispondervi mediante l’ubbidienza. Ciò è alla base della «sapienza» quale facoltà, che permette di riconoscere l’ordine di Dio e di corrispondere a esso (Gb 28,28; Pr 1,7; 9,10).

     Laddove manca un vero timore di Dio, subentra allora la religiosità quale spiritualizzazione della propria devozione, sebbene essa possa essere arbitraria, distante dal volere del Signore e addirittura in contrasto con la rivelazione di Dio. Allora alla rivelazione della sacra Scrittura si sostituisce la spiritualizzazione (e cristianizzazione) dei propri atti devozionali e morali, e si rimpiazza l’ubbidienza con le esperienze spirituali soggettive. Queste ultime sono poi chiamate «spiritualità» e costituiscono una via devozionale facile, poiché è legata all’arbitrio, ai propri desideri e alle proprie interpretazioni. Lo spiritualismo può attingere da tutto, anche da fonti discutibili e addirittura torbide, basta che abbia una tinteggiata di buonismo, umanismo, positività, di religiosità e cose simili.

 

 

 

2.  FRA SPIRITUALITÀ E VERITÀ (Carlo Neri): Qui di seguito riporto uno scritto di un conduttore di chiesa, che riflette appunto sulla spiritualità e sullo spiritualismo.

     Caro Nicola, come senz’altro anche tu avrai osservato, nel mondo, da sempre le persone religiose mostrano una tendenza a spiritualizzare, ad apprezzare il mistico o misticheggiante e a preferire quindi la «spiritualità» alla verità. Questo fenomeno non è piacevole da osservare, in particolare perché si avverte che mira a deviare l’uomo dall’intraprendere un cammino verso la «verità che vi farà liberi» (Gv 8,32).

     Se conosciamo il problema, però, lo possiamo studiare e affrontare in modo opportuno, così quando ci capiterà di parlare con chi è stato catturato da questa tendenza, sapremo più o meno come approcciarci e, se la persona ce lo permette, potremo forse mostrargli una breccia o una crepa nel muro, su cui ha appoggiato la sua costruzione.

     Il problema diventa però più serio, quando questa tendenza s’infiltra nella chiesa, specialmente quando i conduttori spostano la barra del timone dalla ricerca scrupolosa e obbiettiva della fedeltà alla Parola a una sempre maggiore e predominante «spiritualità». Ed ecco il motivo per cui ti scrivo. Quando, infatti, succede questo nella chiesa, non avremo quasi nessuna possibilità di essere d’aiuto ai nostri fratelli, magari anche giovani nella fede, che fanno affidamento sull’autorevolezza delle loro guide. Si potrebbero infatti provocare danni ancora maggiori mettendo in discussione la competenza dei loro conduttori.

     La causa di questa tendenza sarà da attribuire forse all’influenza del mondo, che entra anche all’interno della chiesa? O forse al carismaticismo, in particolare di provenienza cattolica, che rimane come una impronta in quei fratelli, che hanno vissuto quella esperienza e che rende loro più difficile giungere a comprendere l’armonia fra spiritualità e verità, a cui ci esorta la Parola?

     Saranno forse entrambi, non lo so, ma quando succede che i credenti vengono spinti a «iper-spiritualizzare» la loro fede, la chiesa può venirsi a trovare in una situazione simile a quella della chiesa di Corinto, dove i santi, influenzati dalla religiosità carica di misticismo dei loro concittadini, si sentirono spinti a eccedere nelle loro riunioni, fino a far dire all’apostolo: «Se… entrano dei profani o dei non credenti, non diranno che voi siete fuori di senno?» (1 Corinzi 14,23).

     Il problema concreto che sto osservando e che probabilmente non riguarda solo una singola assemblea, si manifesta ad esempio quando le guide esortano i credenti a pregare dicendo: «Gesù, ti prego… Gesù, ti chiedo… Gesù, ti lodo, ecc.»; anziché a dire: «Padre ti prego… ti chiedo… ti lodo, nel nome di Gesù», come insegna la Scrittura; in questo modo a mio avviso viene distorta, con apparente pietà, la Parola. Nella Scrittura infatti, il Signore Gesù stesso ci comanda di pregare il Padre nel suo nome: «E qualunque cosa chiederete al Padre nel nome mio la farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figlio» (Giovanni 14,13). Obbedendo a questo precetto, metteremmo così il nome di Gesù su di noi, quando ci poniamo in preghiera davanti al Padre, presentandoci a Lui come se fossimo Gesù stesso. Che senso avrebbe altrimenti pregare Gesù, nel suo stesso nome? La conseguenza naturale di questo modo apparentemente innocuo, ma non corretto di pregare, diventerà in seguito quella di esortare, la chiesa a «far vivere sempre di più Gesù nel nostro cuore».

     Sottolineando la sacrosanta importanza di avvicinarsi alla persona di Gesù, ma in questo modo esasperato, potrei dire forse fanatizzato, ho notato come conseguenza un altro squilibrio, quello di percepire secondario il valore delle opere nella fede e l’importanza dello studio approfondito e obbiettivo della Parola.

     Quando capita infatti di leggere brani che trattano questi temi, è facile osservare qualche «acrobazia interpretativa» da parte di quei fratelli, che cercano di salvaguardare la dottrina, di cui ho parlato.

     Le conseguenze pratiche di questo approccio quindi sono, a mio avviso, nientemeno che deviazioni dottrinali, che portano la chiesa a non esercitare il discepolato o a non farlo nel modo giusto; e allo stesso tempo sollecitano il credente, specialmente se giovane nella fede, a percepire fondamentale un comportamento «spirituale» ed esteriore e a considerare secondarie le implicazioni pratiche della sua scelta di fede. Al contrario, è lo studio serio e obbiettivo della Parola, che porterà il credente a una crescita utile a lui e a chi ha vicino, alla ricerca dei doni che lo Spirito Santo gli ha dato e al loro esercizio nell’ambito della chiesa e fuori.

     Quello che in sintesi, quindi, secondo me, potrebbe portare un danno alla fede e all’opera di chi è entrato a far parte del corpo di Cristo, non è detto sia solamente ciò, che frena o che ostacola il cammino dei fratelli, potrebbe essere anche un tentativo come questo di migliorare ed elevare la loro vita spirituale.

     «Spiritualizzando» troppo, infatti, si può ottenere l’effetto opposto a quello, che queste guide auspicano. E mi piacerebbe, con l’aiuto tuo, Nicola e di chi eventualmente darà un contributo, di esortare loro e tutti quei fratelli, che ritengono corretto questo approccio a riconsiderare, alla luce delle Scritture, la loro linea dottrinale.

 

 

3.  ALCUNI APPROFONDIMENTI (Nicola Martella): Dopo un’attenta analisi dei termini «spirituale» e «spiritualità» nella Bibbia, si evince che essi non sono presenti nell’AT e che nel NT ricorrono relativamente poco e con dei significati ben specifici e limitati.

     Nel NT il termine greco pneumatikós «pneumatico, spirituale» intende in senso stretto ciò, che attiene allo Spirito Santo e a ciò, che Egli produce nel credente (carismi, conoscenza, discernimento, beni). In senso lato, esso intende l’elevatezza morale del credente maturo, ossia ciò che sta in contrasto con la carnalità, la materialità, la colpa e l’immaturità. Infine, tale termine indica un approccio e un’analisi riguardo alla realtà quale «comprensione spirituale», perché dettata dallo Spirito; essa si differenzia perciò da quella dell’«uomo psichico» (psychikós ánthrōpos), ossia di chi si basa soltanto sui propri sensi naturali (1 Cor 2,12-15; Col 1,9).

     Quindi, nel NT si dà un limitato spazio a «spirituale» e «spiritualità», che non ricorrono mai nel senso di una devozione religiosa personale, specialmente intesa come prodotto di qualsiasi animo religioso. «Spirituale» può essere, in senso strettamente biblico, soltanto chi ha lo Spirito di Cristo (Rm 8,9; cfr. At 16,7; Fil 1,19), non altri.

     Nella Bibbia la devozione legittima non è legata a esperienze mistiche, ritenute pregne di «spiritualità», ma ai seguenti elementi: il timor del Dio vivente, la verità e la pratica della giustizia.

 

     ■ Il timor di Dio: Esso rappresenta il culto esclusivo al Signore. È comandato: «Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi il culto» (M 4,10); il contrario è un culto basato su dottrine e precetti di uomini (Mt 15,9).

     Il timor di Dio rappresenta anche la pratica dell’etica biblica. «Il timore dell’Eterno è odiare il male» (Pr 8,13). «Col timor dell’Eterno si evita il male» (Pr 16,6).

 

     ■ La verità: La devozione non può prescindere dalla verità. Clemenza (chësëd) e fermezza (’ëmët «verità, fedeltà») soni ben coniugati insieme dall’Eterno (Sal 86,15). La conoscenza della verità va di pari passo con devozione personale (eusébeia «riverenza, rispetto» di Dio) e con l’attesa della vita eterna quale meta (Tt 1,1s). Sono gli «uomini corrotti di mente e privati della verità, i quali stimano la devozione come una fonte di guadagno», ossia economico (1 Tm 6,5).

 

     ■ La pratica della giustizia: Partendo dalla sua esperienza di vita, Davide affermò di Dio quanto segue: «Tu ti mostri benigno verso il benigno, integro verso l’uomo integro; ti mostri puro col puro e ti mostri avverso col perverso» (2 Sm 22,26s = Sal 18,25s). Perciò, è scritto: «Tu vai incontro a chi gode nel praticare la giustizia, a chi, camminando nelle tue vie, si ricorda di te» (Is 64,5). La quintessenza della devozione biblica è formulata come segue: «O uomo, Egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene. E che altro richiede da te l’Eterno, se non che tu pratichi ciò che è giusto, che tu ami la misericordia, e cammini umilmente col tuo Dio?» (Mi 6,8; cfr. Sf 2,3).

     La devozione biblica non può prescindere dalla pratica della giustizia, che Dio ha rivelato all’interno dei patti. Perché Eterno realizzasse le sue promesse, era necessario che i discendenti di Abrahamo si attenessero «alla via dell’Eterno, per praticare la giustizia e l’equità» (Gn 18,19). L’Eterno lo preferiva a qualunque pratica sacrificale (Pr 21,3). Infatti, la devozione era imprescindibile dalla giustizia personale, che consisteva nella cura di mettere in pratica i comandamenti dati dall’Eterno (Dt 6,25). Dove ciò non avviene, la devozione diventa un guscio vuoto, fatto di riti religiosi senza alcuna pratica della giustizia e senza misericordia, cosa che il Signore detesta assolutamente (Is 58,1-7).

     Questo è il limite di ciò che oggigiorno viene chiamato «spiritualità». Essa è una scatola vuota, che ognuno riempie come l’aggrada e come l’arbitrio gli suggerisce. Al contrario, la devozione legittima si realizza solo «se emendate veramente le vostre vie e le vostre opere, se praticate sul serio la giustizia gli uni verso gli altri, se non opprimete lo straniero, l'orfano e la vedova, se non spargete sangue innocente in questo luogo e non andate per vostra sciagura dietro ad altri dèi» (Gr 7,5s). Da chi è entrato in uno dei patti di Dio, sperimentando la sua grazia, Egli si aspetta che pratichi l’equità e la giustizia. Se ha deviato, può tornare indietro, ravvedendosi e riparando. «Tu, dunque, torna al tuo Dio, pratica la misericordia e la giustizia, e spera sempre nel tuo Dio» (Os 12,7).

     Tali cataloghi, che segnano i confini di chi è «giusto» e di ciò che è «giustizia, ricorrono spesso nella Bibbia; gli elementi sono spesso gli stessi, ad esempio: pratica dell’equità, distanza da culti esoterici e idolatrici, osservanza dei comandamenti di Dio, pratica della misericordia verso gli svantaggiati, fedeltà e giusto giudizio (cfr. Ez 18,5-9; 33,14ss). Ciò esclude ogni contaminazione morale e ogni commistione religiosa (sincretismo). E prevede che ci si ritiri da tutte le trasgressioni, per praticare ciò che è giusto per Dio (cfr. Ez 18,19.21s.27; 33,14; 45,9), restituendo anche il maltolto (Ez 33,15).

 

 

4.  ASPETTI CONCLUSIVI (Nicola Martella)

     ■ Spiritualità e fine dei tempi: Abbiamo visto che il limite di ogni «spiritualità» è riempire tale «scatola religiosa» a proprio piacere. Allora, invece di realizzare la giustizia di Dio, si pratica la propria giustizia nel cospetto degli uomini, spesso per essere osservati dagli altri (Mt 6,1). La spiritualità, come oggigiorno è intesa, può prescindere completamente dai contenuti, che Dio desidera. Infatti, è scritto: «Alcuni apostateranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori e a dottrine di demoni, sviati dall’ipocrisia di uomini bugiardi, segnati da un marchio nella propria coscienza» (1 Tm 4,1s). La «spiritualità» della fine dei tempi avrà le seguenti caratteristiche: «Essi non sopporteranno la sana dottrina; ma per prurito di udire si accumuleranno insegnanti secondo le loro proprie voglie e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno ai miti» (2 Tm 4,3s).

 

     ■ Incompatibilità: Essendo Dio giusto, la pratica della giustizia di Dio è il segno che si è stati rigenerati da Lui (1 Gv 2,9). L’ingiustizia si appaia con la contaminazione, mentre la pratica della giustizia è connessa alla santificazione (Ap 22,11); questi due paradigmi sono incompatibili e portano a due destini diversi (v. 12).

 

     ■ Sorveglianti sonnolenti: È triste quando proprio i conduttori, che dovrebbero sorvegliare il gregge, annacquano la «salutare dottrina» con aperture alla «spiritualità» modernista e all’etica tollerante. Peggio è quando tali guide cercano elementi di «spiritualità» in altri culti e in altre religioni; allora nel calderone dell’esperienza spiritualista tutto fa brodo, basta reinterpretarlo dandogli una tinteggiata di biblico e cristiano. Sono propriamente come capitani dissennati, che abbandonano timone e sestante e che lasciano che nella ciurma ognuno agisca secondo il proprio arbitrio; certo la nave va alla deriva, ma si pensa che in qualche modo arriverà lo stesso al porto.

 

     ■ Il lievito estraneo: Gesù aveva comandato agli apostoli: «Guardatevi bene dal lievito dei farisei e dei sadducei», intendendo così le loro dottrine (Mt 16,6.11s). Anche sul piano morale, Paolo fece notare che «un po’ di lievito fa lievitare tutta la pasta» (1 Cor 5,6; Gal 5,9). E ingiunse: «Purificatevi dal vecchio lievito», contrapponendo al vecchio lievito di malizia e di malvagità, la pasta non lievitata della sincerità e della verità (1 Cor 5,6ss).

     Il problema è che alcuni, che abbracciano l’Evangelo, non sempre si separano dal vecchio lievito dottrinale ed etico, ma lo cristianizzano come nuova «spiritualità». Tale lievito può essere la mondanità, la variegata spiritualità esoterica, la religiosità popolare, una delle filosofie umaniste e psicologiche, e così via. Lo spiritualismo senza verità tende sempre alle commistioni religiose e al sincretismo tinteggiato di cristianesimo. Esperienze, provenienti dal mondo gnostico ed esoterico, vengono accreditate, cristianizzandole. Tale misticismo, per far tornare i conti, si servirà poi di «sussidi» nell’interpretazione biblica, quali l’allegoria, la spiritualizzazione arbitraria, il falso sillogismo, l’indebita versettologia e cose simili.

 

     ■ Accenti spostati: Conduttori, che non hanno le capacità di analizzare la sacra Scrittura con l’esegesi contestuale o che si approcciano alla Parola solo per trovare conferme alle proprie convinzioni, spostano lentamente gli accenti biblici. Allora l’insegnamento apostolico diventa relativo o viene rimpinguato con altri contenuti o altri usi; e ciò comincia già dal linguaggio. I termini biblici vengono svuotati del loro significato originario e diventano mere «etichette», che ognuno riempie come vuole (cfr. «unzione», «profezia»). Inoltre, lentamente si passa dallo studio della Scrittura, per comprendere la volontà di Dio e farla, all’esperienza religiosa auto-definita, che spettacolarizza la devozione, ma che non tocca l’etica quale pratica della giustizia. A sua volta, la «spiritualità» auto-gestita diventerà il filtro per interpretare la Scrittura, portando lentamente a deviazioni dottrinali, basate proprio sullo spostamento degli accenti da quelli biblici a quelli dell’esperienza religiosa.

 

     ■ Quale spiritualità?: Quando si realizzano le premesse sopra esposte, allora, invece di promuovere la pratica della giustizia di Dio, si cercherà di favorire una presunta migliore ed elevata «spiritualità» dai contorni indefiniti, trattandosi spesso di buonismo, di umanismo, di psicologismo (p.es. ama te stesso) o di «filosofia positiva» (pensa positivo), il tutto reso appetibile da una verniciatura «cristiana». I surrogati e le imitazioni danno l’impressione di avere a che fare con gli originali, ma è solo pura illusione e inganno. Questo è vero anche nel campo biblico e cristiano riguardo alla dottrina, all’etica, alla devozione e alla pratica.

 

Spiritualità quale via per una falsa devozione? Parliamone {Nicola Martella} (T)

Dallo spiritualismo allo spiritismo {Nicola Martella} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Spiritual_fals_MeG.htm

08-12-2014; Aggiornamento: 18-04-2017

 

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