La questione del lettore
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Cosa ha voluto
intendere Gesù quando in Giovanni 14,26 dice: «...ma il Consolatore, lo
Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, v’insegnerà ogni cosa e vi
ricorderà tutto quello che vi ho detto»?
Forse che lo Spirito Santo, oltre a ricordarci tutto ciò che Gesù ha detto e che
anche noi conosciamo oggi, tramite la sua Parola, avrebbe avuto altro da
insegnarci?
Inoltre, con quali criteri possiamo provare se è lo Spirito Santo a insegnarci
«ogni cosa» oppure (secondo il mio parere) spesso sono cose dettate dal proprio
«io», e siccome si è nella fede si pensa che vengano dall’alto.
Con la pace del Signore, saluti… {Pino Destratis; 14 luglio 2008}
La risposta ▲
Bisogna notare
che Gesù nei «discorsi di commiato»(Gv 13-17) non stava parlando a tutti
i suoi seguaci d’allora, né a tutti i credenti di tutti i tempi,
ma solo ai suoi particolari discepoli, i suoi futuri apostoli e
rappresentanti, con i quali aveva condiviso il tempo del suo ministero e a cui
aveva affidato il «grande mandato» missionario. Dopo la risurrezione ci penso
Gesù stesso ad aprire loro la mente (Lc 24,45ss), a istruirli in modo
particolare per 40 giorni (At 1,3) e a comandare loro certe cose (Mt 28,20). A
parte ciò, gli Evangeli riportano il fatto che, dopo tali eventi, i discepoli si
ricordarono che Gesù aveva detto loro certe cose (Gv 2,17.22; 12,16; cfr. Lc
24,8).
Tutto quello che Dio aveva da dirci in senso di
rivelazione della sua volontà e dottrina, lo ha fatto nel NT. Alla «sana
dottrina», ossia all’Evangelo, non c’è più nulla da aggiungere. «Dio, dopo
aver in molte volte e in molte maniere parlato anticamente ai padri per mezzo
dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi mediante il suo Figlio»
(Eb 1,1s). Gesù istruì i suoi apostoli e si rivelò in modo particolare a Paolo
(At 9). Non ci sono quindi altre rivelazioni, altri insegnamenti e dottrine da
attendere, se non quelli di falsi cristi, falsi profeti, falsi apostoli, operai
fraudolenti, gente aperta ai demoni e marchiata nella loro coscienza e simili,
da cui la sacra Scrittura ci mette in guardia (Mt 7,15; 24,11.24; 2 Cor 11,13ss;
1 Tm 4,1ss; 2 Pt 2,1; 1 Gv 4,1).
Quello che manca spesso ai cristiani è la «luce», ossia la conoscenza
su ciò che è scritto. Ciò è dovuto a volte a pigrizia di leggere e studiare
la Bibbia. Altre volte ci si basa sulla cosiddetta «teologia dell’esperienza» e
si assoggetta la Parola a essa. A volte mancano conduttori che tagliano «rettamente
la parola della verità» (2 Tm 2,15), ma che cibano il gregge di allegorie e
spiritualizzazioni indebite e che vanno «oltre ciò che è scritto» (1 Cor
4,6), insegnando dottrine arbitrarie.
Paolo fu abbastanza umile dal citare il comandamento del Signore, qualora
Gesù avesse detto qualcosa in proposito su un certo tema: «Ordino non io, ma
il Signore…» (1 Cor 7,10); altrimenti disse: «Agli altri dico io, non il
Signore» (v. 12); oppure: «Io non ho comandamento dal Signore, ma do il
mio parere, come avendo ricevuto dal Signore la grazia d’essere fedele» (v.
25; cfr. 1 Cor 14,37 «le cose che io vi scrivo, sono comandamenti del Signore»).
Quanto ci sarebbe bisogno di tale umiltà oggi fra coloro che, appellandosi allo
Spirito del Signore, presentano le proprie parole come provenienti da Dio,
affermando: «Dio mi ha detto…», «Lo Spirito mi ha rivelato» e simili! Quante
false dottrine sono state introdotte nella chiesa, appellandosi allo Spirito
Santo!
Anche Pietro ricordò ai destinatari della sua epistola il «comandamento
del Signore e Salvatore, trasmessovi dai vostri apostoli» (2 Pt 3,2). Egli
ebbe così tanta umiltà da riconoscere la grazia che il Signore aveva dato a
Paolo: «…come anche il nostro caro fratello Paolo ve l’ha scritto, secondo la
sapienza che gli è stata data; e questo egli fa in tutte le sue epistole,
parlando in esse di questi argomenti; nelle quali epistole sono alcune cose
difficili a capire, che gli uomini ignoranti e instabili distorcono, come anche
le altre Scritture, a loro propria perdizione» (vv. 15s).
Si tengano presenti i seguenti principi.
■ Lo Spirito Santo non rivelerà nulla che sia in contrasto con l’insegnamento di
Gesù e degli apostoli, così come è stato scritto nel NT. Durante la storia, i
falsi profeti hanno definito se stessi come «Paracleto» (gr. difensore,
rivelatore, avvocato; tradotto come consolatore), come canali particolari dello
Spirito o addirittura come lo strumento definitivo della rivelazione divina.
■ Lo Spirito Santo non metterà mai al centro se stesso, attirando l’attenzione
dottrinale e innologica su di sé, ma lo farà di Gesù Messia. Perciò tutte le
dottrine che hanno al centro lo Spirito Santo sono sospette, tutte le preghiere
e gli inni rivolti a Lui non sono da Lui ispirati; infatti mai nella Bibbia c’è
qualcosa del genere. [►
Pregare lo Spirito Santo?;
►
Spirito Santo e preghiere a Lui rivolte]
■ Lo Spirito Santo non si serve di persone moralmente disordinate, sebbene si
presentino come particolari «unti». Gesù affermò dello Spirito Santo che, «quando
sarà venuto, convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio»
(Gv 16,8). Come può quindi lo Spirito di Dio, che è santo, servirsi di persone
che fanno affari con la fede e di «uomini corrotti di mente e privati della
verità, i quali stimano la devozione essere fonte di guadagno»? (1 Tm 6,5).
Come non pensare qui agli scandali dei telepredicatori e dell'arricchimento
indebito degli «unti» della «teologia della prosperità», che il fisco
statunitense ha messo sotto accusa?
Infine si tenga
presente quanto segue. Al tempo della prima chiesa, quando gli scritti del
NT non erano ancora completi e diffusi, nelle chiese (perlopiù chiese in casa)
si leggeva insieme l’AT e ognuno, che ne aveva il carisma, ne da va una
interpretazione «profetica» (cristologica, morale), ossia adattando tali cose
alla loro propria situazione. Essi traevano dalle narrazioni dell’AT analogie e
ammaestramenti morali, dalle parole della legge dei principi adatti a loro,
dalla letteratura sapienziale degli insegnamenti pratici e dagli scritti dei
profeti ammonizioni e consolazione (Rm 15,4; 1 Cor 10,11; 2 Tm 3,16; cfr. Rm
4,23s). L'AT era usato dai credenti della prima chiesa come una specie di libro
illustrato (ossia
corredato di illustrazioni) per il nuovo
patto (Rm 15,4; 1 Cor 10,11). La stessa legge mosaica non era più «lettera»,
ossia ingiunzione perentoria da ubbidire pena sanzioni divine e statali
all'interno della teocrazia d'Israele, ma era «spirito», ossia fonte di
rivelazione riguardo a Gesù Cristo, di principi morali e di consolazione (2 Cor
3,6; Rm 7,6). Al tempo del NT, «profeta» significa qui «proclamatore»;
gli altri potevano giudicare sulla base della stessa Scrittura, se ciò era
compatibile con la verità rivelata mediante Gesù Cristo e gli apostoli. Perciò
si legge: «Parlino due o tre profeti, e gli altri giudichino; e se una
rivelazione è data a uno di quelli che stanno seduti, il precedente si taccia.
Poiché tutti, uno a uno, potete profetare; affinché tutti imparino e tutti siano
consolati; e gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti, perché Dio non
è un Dio di confusione, ma di pace» (1 Cor 14,29-33).
Oggigiorno abbiamo l’intera sacra Scrittura, ma il principio rimane.
Quando si medita insieme la Parola di Dio in modo partecipativo, come facciamo
noi nella nostra comunità, lo Spirito può ispirare i credenti nella corretta
interpretazione o in un’applicazione confacente. Attenzione però che in tale
processo può intervenire anche la carne, la mentalità mondana, l’ideologia e
così via, ed è facile «spiritualizzare» tali cose. Perciò anche oggigiorno,
durante il confronto sulla Parola, vale il principio che gli altri possono
giudicare, alla luce della Scrittura, ciò che l’uno dice. Al riguardo bisogna
servirsi di questa livella: spiegare la Parola con la Parola, rispettando il
contesto (letterario, storico, culturale, ecc), il fatto che la rivelazione è
progressiva e che ora ci troviamo nel nuovo patto.
Le cose più
pericolose per il cristianesimo sono proprio quelle che provengono dalla
carne (l’io) e che vengono attribuite a Dio o al suo Spirito. Sebbene si ammanti
di «spiritualità», essa è una sapienza «terrena, carnale, diabolica»,
poiché serve solo a gloriare se stessi e a mentire contro la verità, a generare
invidia e contenzione e, quindi disordine e ogni mala azione (Gcm 3,14ss). La
«sapienza dall’alto» è quella che cerca la volontà di Dio, secondo la sua
Parola; e allora è certamente «prima è pura, poi pacifica, mite, arrendevole,
piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia»
(v. 17).
Questo non si può certamente dire di coloro che, pretendendo di parlare da parte
di Dio, strumentalizzano il suo Spirito, presentando a nome suo la farina del
proprio sacco.
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Spirito e rivelazione oltre la Scrittura? Parliamone
{Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Spirito_rivela_scrittura_Car.htm
23-07-2008; Aggiornamento: 04-08-2008
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