Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Nello stesso libretto sono contenute le domande per lo studio e il dizionarietto, dove trovare le risposte.

   Ecco le parti principali della parte di studio:
■ Introduzione all'Evangelo di Matteo
■ Nascita, battesimo e tentazione (Mt 1,1-4,11)
■ Attività in Galilea (Mt 4,12-16,12)
■ Istruzione dei dodici (Mt 16,13-18,35)
■ Viaggio verso Gerusalemme e ultimi giorni in essa (Mt 19-25)
■ Crocifissione e risurrezione (Mt 26-28).

 

Inoltre ci sono, tra altre parti, anche le seguenti:
■ Dizionarietto
■ Guida allo studio personale e di gruppo.

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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SENZA TRADUTTORE SI TACCIANO NELL’ASSEMBLEA

 

 di Nicola Martella

 

1 Corinzi 14,28 è un verso che suscita spesso falsi alibi ideologici ai fautori della glossolalia, specialmente a coloro che fanno parlare in lingue tutti insieme o permettono che lo si faccia senza tradurre. Si afferma che, se non c’è chi traduce, chi parla in altra lingua rispetto alla propria, può continuare a farlo in assemblea, parlando a bassa voce. Era questo che intendeva Paolo? Facciamo quindi bene a considerare tutto ciò più da vicino nel suo contesto.

     «…e se non c’è il traduttore, si taccia nell’assemblea, a sé poi parli e a Dio». Più o meno, così traducono varie traduzioni italiane. Ad esempio, la traduzioni tedesca Elberferder traduce, invece: «parli per sé e per Dio», ossia riservatamente; ma la sostanza non cambia, vista la proibizione assoluta di parlare in lingue nell’assemblea, quando manca un traduttore.

     Si noti che diermēneutēs è il «traduttore, l'interprete (di lingue)»; si trattava quindi di lingue vere. Le lingue servono per comunicare con i propri simili e con Dio. Quando una lingua viene tradotta, può essere compresa, comunica un messaggio e, quindi, può edificare.

     La locuzione «si taccia nell’assemblea» proibisce un loro intervento pubblico in altra lingua. Lo stesso verbo nella forma dell’imperativo compare nel v. 30 e intendeva che il proclamatore (gr. profētēs), che parlava senza ispirazione, doveva tacersi e far posto a chi possedeva una rivelazione sulla base della Scrittura. Nel v. 34 questo verbo è usato a proposito del lalein (parlare) delle donne in pubblico, e si riferiva con molta probabilità al giudicare il proclamare (gr. profētein) altrui in assemblea (vv. 29-33), essendo un’attività, che implicava insegnamento.

     Al glossolalo non rimaneva che quest’alternativa: «a sé poi parli e a Dio» (heautō dè laleítō kaì tō Theō), che si può anche tradurre a senso «parlino fra sé e Dio», ossia a tu per tu, in privato. La forma verbale laleítō «parli!» è imperativo, quindi un comando, come nel v. 29. Ora, secondo gli studiosi la particella heautō «per [o a] se stesso» intende «a casa propria» (così Fritz Rienecker; Hans Lietzmann) e forma il contrasto con «nell’assemblea». Al riguardo è visto un parallelo con i vv. 18s, dove «nell’assemblea» Paolo preferiva proferire «cinque parole intelligibili per istruire anche gli altri, che dirne diecimila in altra lingua». Un uso differente è considerato da lui come infantile e non da «uomini maturi» (v. 20).

     La sequenza di tacersi in assemblea e parlare a casa propria ricorre anche nei versi 34s; Paolo non prevedeva qui che si potesse parlare sottovoce, bisbigliando al marito o all’amica. L’espressione «a sé poi parli e a Dio», è da vedere in contrasto con il «si taccia nell’assemblea»; non intendeva, quindi, il farfugliare sottovoce in assemblea, ma il pregare nell’intimità personale con Dio a casa propria, a tu per tu. Ciò ricorda le parole di Gesù: «Tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, e serratone l’uscio fa’ orazione al Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa» (Mt 6,6).

     Il principio «senza traduttore si taccia nell’assemblea» bisognerebbe applicarlo anche per gli stranieri, che ci visitano e che vogliono pregare nella loro propria lingua. È difficile dire «amen» a ciò, che non si comprende. Nella nostra comunità ci sforziamo di far pregare solo quegli stranieri, che possiamo tradurre.

 

Senza traduttore parli a sé e a Dio {Nicola Martella} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Senza_traduttore_taci_Mt.htm

23-09-2011; Aggiornamento: 08-10-2011

 

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