Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
 Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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SABATO, DECALOGO E AVVENTISMO

 

 di Nicola Martella

 

Quanto qui segue premette la lettura del confronto fra un lettore avventista e l'autore nell'articolo « Avventismo e legge mosaica nel nuovo patto», quindi le risposte date dall'ultimo al suo interlocutore. Si premette inoltre quando detto dall'autore in risposta ai lettori all'interno del tema di discussione « Avventismo e legge mosaica nel nuovo patto? Parliamone». Partiamo dalla premessa che «Il Signore conosce quelli che sono suoi» (2 Tm 2,19). Inoltre mettiamo a capo di tutto il fatto che «il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e allegrezza nello Spirito Santo» (Rm 14,17), e ciò vale anche per il «giorno» (v. 5).

 

Personalmente non credo che all’interno del nuovo patto sia stato ingiunto un giorno da osservare e che la «legge di Cristo» (1 Cor 9,21; Gal 6,2; o dello Spirito, Rm 8,2) lo preveda; neppure il Concilio di Gerusalemme ha contemplato una tale evenienza e obbedienza. Personalmente, basandomi su Romani 14, essendo tra quelli che stimano «tutti i giorni uguali» (v. 5), non ho problemi che gli uni (avventisti, giudei cristiani) osservino come «giorno» lo šabbāt o sabato, e che gli altri osservino la domenica o un altro giorno. Altra cosa è affermare che il NT comandi un giorno da osservare! Infatti, una tale evenienza non può essere tratta da brani descrittivi, ma dev’essere comandata con una chiara ingiunzione nelle parti ingiuntive del NT, ad esempio come segue: «Ricordatevi del giorno del riposo (sabato, domenica, altro) per santificarlo»; oppure, ricalcando 1 Cor 14,34: «Come si fa in tutte le chiese dei santi, osservate il sabato (o la domenica o altro), perché non è permesso di fare altrimenti, come dice anche la legge».

     Il luogo ideale, in cui ribadire ciò sarebbe stato proprio il l Concilio interecclesiale di Gerusalemme, in cui fu affrontata la questione dell’ubbidienza alla legge mosaica (di cui il Decalogo ne è la base) da parte dei cristiani Gentili (At 15). In tale clima rovente, i dignitari della chiesa avrebbero potuto fare un’eccezione per il Decalogo, ma non la fecero. Nella lettera che essi scrissero, cominciarono con le seguenti parole: «È parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi altro peso all’infuori di queste cose, che sono necessarie» (v. 28). Lì sarebbe stato il luogo ideale per elencare i «Dieci Comandamenti» o almeno di mettere il seguente riferimento: «Oltre al Decalogo, vi ingiungiamo che…». O almeno avrebbero potuto mettere al primo posto lo šabbāt e poi le altre cose (v. 29; 21,25). Ma non si legge nulla del genere. [► Il Decalogo]

     Inoltre per rigore di logica, se un giorno fosse stato chiaramente comandato nel nuovo patto e ai cristiani gentili, Paolo sarebbe stato in grave contraddizione logica e teologica nello scrivere ai cristiani giudei e gentili di Roma: «L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente» (Rm 14,5). Dove c’è un chiaro comandamento nel nuovo patto, non si può scrivere «sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente» né si può lasciare al singolo se avere o meno riguardo di qualcosa (v. 6; giorno, legge alimentare). Nel caso di una incontrovertibile ingiunzione, bisogna ubbidirla e non si può parlare di giudicare o disprezzare il proprio fratello, che non fa come noi ci aspettiamo (v. 10). Infatti l’ubbidienza al chiaro comandamento mostra chi è ortodosso o meno; dove però qualcosa è lasciata alla coscienza del singolo e viene raccomandato di non scandalizzare il fratello imponendogli la nostra convinzione o essendogli motivo di caduta rispetto alla sua convinzione (vv. 12s), significa che non vi è una chiara ingiunzione e che anzi vi è libertà in tale cosa. Il «privilegio» (v. 16) e la «convinzione» (v. 22) dell’uno non sono sentiti come tale dall’altro (v. 23). Si ragiona così solo laddove non c’è un chiaro comandamento riguardo a giorno da osservare e cibi da mangiare, cosicché ognuno può fare secondo la propria sensibilità religiosa, la propria convinzione culturale e la propria coscienza. Laddove c’è una chiara ingiunzione, non si ragiona così, ma rispetto a un comandamento gli uni vengono dichiarati ubbidienti (giusti) e gli altri disubbidienti (trasgressori).

     La «legge di Cristo», base del nuovo patto, permette quindi ai cristiani giudei di vivere la loro cultura religiosa e ai cristiani gentili di non vivere secondo tale tradizione. Come abbiamo visto, il problema di comunione nasce quando questi due «contenitori» vengono a rapportarsi insieme; allora può nascere il sospetto (e il disprezzo) da parte dei giudei cristiani che i cristiani gentili siano contaminati, perché non osservano il giorno e mangiano di tutto; dall’altra parte, i cristiani gentili possono considerare i cristiani giudei come dei «fissati» e comportarsi con superbia verso chi è «debole nella fede» (Rm 14,1s) e tali «debolezze dei deboli» (Rm 15,1).

     Di là dal fatto che ciascuno possa essere «pienamente convinto nella propria mente» se osservare o meno un giorno particolare (v. 5) o se mangia tutto o meno, bisogna tener presente che, comunque l’altro agisca in tali cose, egli «lo fa per il Signore» (v. 6) e non spetta a noi prescrivergli diversamente o farlo cadere in fallo rispetto alla sua convinzione (vv. 13s.23), magari ponendogli un trabocchetto (vv. 20s).

     Paolo si comportò per diversamente verso coloro che non solo avevano convinzioni particolari riguardo al «giorno» e alla legge mosaica, ma ne facevano una militanza e una ragione d’essere; a dargli tale base di ortodossia fu proprio il Concilio interecclesiale di Gerusalemme, che contrastò con veemenza le richieste dei giudaizzanti verso i cristiani gentili (At 15,1.5.24). Al riguardo Paolo ammonì severamente i Galati, i Filippesi e i Colossesi e si scagliò con vigore e violenza contro i giudaizzanti e le loro richieste. Una di tale richieste era appunto che i cristiani gentili osservassero il calendario liturgico giudaico, cosa che Paolo chiamò «deboli elementi»; gli stoicheia erano considerati gli «elementi dominanti» dell’esistenza e del mondo (Col 2,8.10 «elementi [dominanti] del mondo»), ad esempio gli astri, le leggi, le tradizioni e i costumi. Egli li degradò a «deboli e poveri», quando affermò con costernazione e delusione: «…come mai vi rivolgete di nuovo ai deboli e poveri elementi, ai quali volete di bel nuovo ricominciare a servire? Voi osservate giorni e mesi e stagioni e anni. Io temo, quanto a voi, d’essermi invano affaticato per voi» (Gal 4,9ss). Essendo morti con Cristo a tali «elementi [dominanti] del mondo» (Col 2,20), i cristiani possono sottrarsi ai precetti religiosi degli uomini (vv. 21ss); perciò Paolo poté raccomandare a chi è stato immerso nella morte e nella risurrezione di Cristo (vv. 12s), quanto segue: «Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, o a noviluni o a sabati, che sono l’ombra di cose che dovevano avvenire; ma il corpo è di Cristo» (vv. 16s).

     Perciò una cosa era il rispetto dei cristiani gentili verso i cristiani giudei (Rm 14), a cui non è stata richiesta l’ubbidienza della legge mosaica o del Decalogo (Costituzione della teocrazia d’Israele e legge di base; At 15; 21,25); altra cosa è la coercizione religiosa e la sudditanza psicologica verso i tentativi di giudaizzazione da parte di chicchessia e dell’assoggettamento sotto precetti religiosi non comandati da Dio ai cristiani gentili.

     Paolo e gli altri apostoli non ingiunsero la legge mosaica né il Decalogo. Essi trassero dall’AT insegnamenti e principi morali (Rm 15,4); si noti però che una cosa è l’ingiunzione di una legge (una norma vale quanto l’altra; l’infrazione porta all’esecuzione della pena all’interno di un sistema teocratico, dove la legge religiosa è altresì la legge di Stato); altra cosa sono i principi morali desunti dall’AT (qui vale solo ciò che è in accordo con le direttive della «legge di Cristo» [Mt 5ss] e con i suoi insegnamenti — su cui si basano le esortazioni e le ammonizioni del nuovo patto. È interessante notare che in tutti i punti che la «nuova costituzione» recepì della «vecchia costituzione», non è contemplata una chiara e incontrovertibile ingiunzione riguardo a un giorno da osservare all’interno dei brani ingiuntivi o dottrinali!

     Vorrei applicare tanto il principio di Paolo «pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo a tutti… mi faccio ogni cosa a tutti» (1 Cor 9,19.22), ma esso era finalizzato solo all’evangelizzazione e al guadagnare delle anime a Cristo (vv. 19-23). Non si può certo dire questo degli Avventisti («Il Signore conosce quelli che sono suoi»; 2 Tm 2,19). Paolo in Rm 14 non ha affrontato il caso in cui i cristiani gentili osservassero il «giorno» (il calendario liturgico giudaico). Come abbiamo visto, dove parlò del «giorno» con i cristiani gentili, lo fece con rimprovero e ammonizione verso di loro (Gal) o mettendoli in guardia (Col).

     Che dire però se gli Avventisti, pur essendo cristiani gentili, vogliono osservare il «giorno»? Lo facciano; non spetta a me giudicarli, sebbene io sia tra coloro per i quali «tutti i giorni sono uguali». Che dire, quando alcuni Avventisti fanno del «giorno» un cavallo di battaglia e una discriminante per l’ortodossia? Non avranno le mie simpatie, anzi disapproverò una tale ideologia. Se ho rispetto per i fratelli avventisti moderati, che vivono la loro devozione sabbatica, verso gli avventisti militanti per ideologia non posso che avere lo stesso fermo atteggiamento di Paolo verso i «falsi fratelli, introdottisi di soppiatto, i quali s’erano insinuati fra noi per spiare la libertà che abbiamo in Cristo Gesù, col fine di ridurci in servitù. Alle imposizioni di costoro noi non cedemmo neppure per un momento, affinché la verità dell’Evangelo rimanesse ferma tra voi» (Gal 2,4s).

 

     ■ Nicola Martella, Šabbât (Punto°A°Croce, Roma 1999). Vedi qui particolarmente: «Il sabato nel Nuovo Testamento», pp. 36-45; «Questioni intorno al sabato ebraico», pp. 46-50; «La questione della legge», pp. 51-56; «La questione della domenica», pp. 57-60.

     ■ Nicola Martella (a cura di), Escatologia fra legittimità e abuso. Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007). Vedi qui particolarmente: «Dall’Illuminismo alla “gran delusione”», pp. 90-100; «Dall’avventismo al geovismo», pp. 108-113.

     ■ Nicola Martella, Esegesi delle origini, Le Origini 2 (Punto°A°Croce, Roma 2006). Vedi qui particolarmente: «Il settimo giorno e la conclusione [Gn] 2,1-4a», pp. 94-105.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Sabato_Decalogo_avvent_UnV.htm

08-07-08; Aggiornamento: 02-07-2010

 

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