Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Manuale Teologico dell’AT

 

Calvinismo

 

 

 

 

Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ROMANI 9,14-24 NEL SUO CONTESTO

 

 di Nicola Martella

 

1. Domande scottanti

2. Entriamo in tema

3. L’aspetto positivo dell’elezione

4. Il problema dell’elezione

5. Aspetti conclusivi

 

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1.  DOMANDE SCOTTANTI: Mi arrivano spesso lettere che chiedono spiegazioni sulla «(doppia) predestinazione» e su Rm 9. Eccone una delle ultime: «Vorrei sapere come lei interpreta il capitolo 9 di Romani. Recentemente io ed un mio fratello calvinista ne abbiamo discusso e, anche se non mi piace per nulla, mi sembra che la sua interpretazione predestinazionista sia corretta, anche se non mi convince che Dio faccia delle persone per la perdizione» {Marco Solaris; 18-01-2008}.

     Gli risposi quanto segue. È da mesi che ho scritto l’articolo «Romani 9,14-24 nel suo contesto», ma non l’ho ancora messo in rete per diversi motivi... Poi, ogni volta bisogna prepararsi a veementi reazioni da parte di calvinisti militanti… Conosco le interpretazioni calviniste dei Rm 9, ma non mi convincono. Se l’elezione e la predestinazione fossero irresistibili, proprio il «popolo del patto» e «popolo eletto» in questo capitolo ci fanno una brutta figura e smentiscono tale ideologia; di fatto Dio avrebbe fallito.

     Poi gli feci riferimento a vari articoli su calvinismo, elezione, predestinazione e doppia predestinazione già presenti sul sito. [p.es. Elezione; Predestinazione; Predestinazione doppia] Infine gli feci la seguente raccomandazione: Guardati dalle ideologie. Quelle religiose sono più perniciose, poiché strumentalizzano la Bibbia. Esse semplificano cose che sono molto più complesse e che in parte sono avvolte dal mistero divino.

     Il lettore mi rispose come segue, ponendo questioni specifiche. «Le osservazioni che hai fatto nel sito sono molto interessanti, e anche convincenti. Quello che onestamente mi turba spiritualmente sono ancora questi versi che seguono. Ti garantisco che non sono affatto calvinista, e non credo nelle ideologie, ma cerco anche io nel mio piccolo di fare esegesi delle Scritture, il mio problema è che qui le Scritture mi dicono proprio ciò che non mi piacerebbe sentire, mi spiego? Vorrei trovare una interpretazione logica e coerente di Rm 9,16-18, che non sia quella calvinista, ma onestamente non ci riesco.

     Se il vangelo è offerto a tutti e chi vuole credere viene salvato, costui lo fa solo perché Dio lo muove in tal senso, come pure muove a indurimento altri. Questo mi dà un’idea molto negativa di Dio, come il dio capriccioso del corano, però se diciamo che salvarsi o dannarsi non dipende solo da Dio, ma che dipende dalla nostra libera scelta di correre verso Dio e volere la salvezza, diciamo l’esatto opposto del v. 16!

     Inoltre c’è Rm 9,19s. Ho letto nel tuo sito che fai l’esempio di Dio che rimprovera Caino di non peccare e lo invita all’ubbidienza come prova del libero arbitrio. Ebbene qui Paolo sembra che risponda proprio a questo tipo d’obiezione: Anche se Dio rimprovera tutte le persone d’essere peccatori ed è Lui a decidere a chi accordare fede o incredulità, non sta a noi giudicarlo.

     Studiando il brano mi sono reso conto che leggendo il capitolo 9 di Romani dando per scontata la scelta sovrana di Dio, il brano diventa chiarissimo; e se si cercano di dare altre interpretazioni, s’arriva a dovere parlare continuamente d’un tema diverso senza connessioni logiche». {Marco Solaris; 18-01-2008}.

 

 

2.  ENTRIAMO IN TEMA: I versi di Romani 9,14-24 vengono continuamente tolti dal loro contesto naturale e posti su un piano filosofico-dogmatico, per attestare la «doppia predestinazione», ossia a salvezza e a perdizione. Ci preme quindi di verificare se le cose stanno proprio così.

     Ribadiamo che Dio nella sua sovranità ha tutto il diritto di scegliere chi vuole, di innalzare o abbassare, creare o distruggere. Ha quindi anche la libertà e il diritto di salvare o perdere. Alla domanda se Dio abbia fatto così nella storia, stanno in evidente contrasto versi come Gv 3,16 e 1 Tm 2,4, brani in cui non si parla di elezione o predestinazione e che non si possono restringere arbitrariamente solo agli eletti.

     Notiamo che su questo tema si attivano continuamente le malsane scorciatoie dogmatiche della «doppia predestinazione» (Dio ha [pre]destinato gli uni a salvezza e gli altri a perdizione) e dell’universalismo (Dio alla fine salverà tutti). Per evitare tali scorciatoie dogmatiche e razionalistiche, bisogna lavorare esegeticamente! Allora si scoprirà che esiste una «verità multipolare»: da una parte, c’è il diritto di Dio (libertà, sovranità) e, dall’altra, c’è la sua volontà di salvare tutti gli uomini, avendo riconciliato con sé in Cristo ogni cosa (2 Cor 5,19). Fare qui una scelta discriminante per la tesi o l’antitesi oppure creare un’artificiosa sintesi porta a risultati ideologici «affascinanti» o a dogmi facili e «coerenti», ma significa anche non cogliere l’intera realtà della questione, che si può comprendere solo in modo multipolare; ciò significa altresì la superbia di non lasciare «l’ultimo mistero» in Dio e l’ultima parola a Lui. [ Multipolarità; ► Multipolarità in elezione e predestinazione]

 

 

3.  L’ASPETTO POSITIVO DELL’ELEZIONE: Si cita volentieri Rm 9,14-24, riportando la risposta di Paolo, ma si dimentica la domanda; e altresì, decontestualizzando il tutto, si pongono questi versi su un piano universale, dimenticando la contingenza storica specifica. La domanda che bruciava nel cuore dei credenti romani, in gran parte giudei (Rm 16), era perché proprio il popolo eletto (Israele), detentore di adozione, patti, promesse, culto legittimo e quant’altro (Rm 9,1-5), avesse così miseramente fallito riguardo a Gesù, sebbene come Messia fosse provenuto «secondo la carne» proprio da loro (v. 5).

     La risposta di Paolo fu storica e teologica. Per capirla bisogna comprendere che i Giudei credevano di essere a posto (salvati) già per il fatto di essere il popolo eletto (cfr. Gv 8,33ss). Egli ribadì subito che non era la «parola di Dio» (= le promesse divine) a essere deficitaria! Ma sebbene Israele sia il popolo eletto (l’elezione è semplicemente il piano di Dio nella storia!), «non tutti i discendenti da Israele sono Israele» (Rm 9,6), ossia l’appartenenza razziale al popolo eletto da sola non basta, se non ci si decide a entrare nel patto di Dio. Non basta neppure essere etnicamente figli d’Abramo (v. 7). Paolo, per far capire questa verità storica e teologica, distinse nettamente fra una nascita naturale e una spirituale: «Non i figli della carne sono figli di Dio: ma i figli della promessa sono considerati come discendenza» (v. 8). Poi mostrò nel caso di Isacco e di Giacobbe ed Esaù questo principio della razza (figli della carne) e della grazia (figli della promessa; vv. 9-13). Usando l’esempio storico di Giacobbe e di Esaù, Paolo evidenziò che doveva rimanere «fermo il proponimento dell’elezione di Dio, che dipende non dalle opere ma dalla volontà di colui che chiama» (v. 11); è interessante notare che il piano storico di Dio venga descritto come «proponimento dell’elezione di Dio».

     Si noti che fin qui tutto giocava a favore d’Israele (vv. 12s). Si noti pure che Paolo, illustrando la scelta storica di Dio riguardo a chi doveva essere il detentore delle sue promesse, non pose la questione della salvezza, ma solo quella della differenza fra «razza» (carne) e «promessa»; è chiaro che anche i «figli della carne» potevano essere salvati, se entravano nel patto, le cui promesse erano state affidate ai «figli della promessa».

     Questa differenza fra «razza» (popolo del patto) e «figli della promessa» («resto fedele») fu ripresa da Paolo (ma anche da Gesù, Gv 8) per i rapporti esistenti all’interno d’Israele, tutto in conformità a ciò che avevano detto già anticamente i profeti (vedi sotto).

     Si noti ora che i versi sopra citati si inseriscono proprio in tale contesto positivo per Israele (= Giacobbe) a discapito di Esaù; togliendo dal contesto tali versetti, si fa un’ingiustizia storica e teologica. Se noi fossimo Israeliti, non reputeremmo che Dio abbia fatto delle ingiustizie, scegliendo noi ed esercitando nei nostri riguardi misericordia e compassione (vv. 14s) ed evidenzieremmo subito con Paolo che la misericordia di Dio è insindacabile (v. 16). Poi Paolo portò il caso storico del tempo dell’esodo, quando Dio indurì il cuore del Faraone (v. 17; Es 4,21; 7,3; 9,12; 10,20.27; 11,10; 14,4.8.17), che per altro lo aveva indurito anche di suo verso di Dio (Es 7,13.22; 8,19; 9,35). Si noti come secoli dopo sacerdoti e indovini dei Filistei abbiano usato solo l’aspetto antropologico della questione (ciò che fece il Faraone) per esortare sul daffare (1 Sm 6,6); si noti che anche qui la questione aveva un carattere storico e non soteriologico: Dio usava i fatti storici contingenti per palesare al mondo la sua potenza e il suo «nome» (= persona, autorità). Paolo concluse con il diritto divino a esercitare misericordia e indurimento secondo il suo arbitrio (v. 18). Ricordiamo ancora che fin qui tutto aveva un carattere positivo per Israele. Inoltre le argomentazioni erano di carattere storico, non soteriologico.

 

 

4.  IL PROBLEMA DELL’ELEZIONE

 

4.1.  UN PRINCIPIO ANALOGO NEL NUOVO PATTO: Gli interlocutori di Paolo gli fecero notare che, stando così le cose (volontà divina insindacabile), non si capiva perché Dio si lagnasse ancora o rimproverasse ancora (v. 19). Paolo non diede una risposta logica a tali obiezioni retoriche, ma evidenziò il diritto di Dio come quello del vasaio verso l’argilla, ossia di fare vasi per un uso nobile e per un uso ignobile (vv. 20s). Così applicò lo stesso principio applicato sopra a Giacobbe e a Esaù ai credenti della chiesa. Si noti che Paolo lasciò tutto in un mistero, che risiede in Dio, e non rispose in modo esauriente e razionale a tutte le questioni, ma presentò nuovamente il diritto di Dio di agire come vuole verso i «vasi d’ira preparati per la perdizione» e i «vasi di misericordia che aveva già innanzi preparati per la gloria» (vv. 22s). E poi concluse, come già detto, applicando il principio positivo — usato precedentemente per l’Israele storico — ai credenti della chiesa (Giudei e Gentili), affermando che Dio ha anche chiamato tali «vasi di misericordia» (v. 24).

     Paolo ritornò alla questione del fallimento storico d’Israele riguardo a Gesù quale Messia. Egli mostrò che Dio aveva parlato già in Osea della futura accettazione del popolo ripudiato (si tratta qui d’Israele!), per fare dei ritornati dei «figli del Dio vivente» (Rm 9,25s; Os 1,10; 2,23). Tornando però alla differenza fra massa e «resto fedele», evidenziò con Isaia che alla fine dei tempi il «rimanente solo sarà salvato» (Rm 9,27s; Is 10,22s). Per spiegare ciò, riportò un’altra parola d’Isaia pronunciata durante il pesante assedio assiro contro Gerusalemme (Rm 9,29; Is 1,9).

 

4.2.  LA RESPONSABILITÀ UMANA: Infine Paolo affrontò la questione «perché i Gentili sì e Israele no». Qui mostrò praticamente l’altra parte della medaglia, l’altro polo della questione. Se la scelta storica insindacabile di Dio era tutta a favore d’Israele, essendo il suo piano storico-salvifico e le sue promesse incentrate sulla linea Abramo - Isacco - Giacobbe - Israele (vv. 4ss), sul piano pratico non possono essere sorvolate o taciute le responsabilità storiche e teologiche degli Israeliti (cfr. Gv 1,11). Questo è l’altro «polo della questione». Per capire la verità, essendo correttamente accessibile a noi solo in modo multipolare, dobbiamo tener presenti tutti e due gli aspetti della questione.

     Perciò Paolo, parlando ora sul piano soteriologico della «giustizia che viene dalla fede», mostrò che i Gentili l’anno conseguita (pur non cercandola; Rm 9,30), mentre «Israele, che si protendeva verso una legge della giustizia, non ha conseguito la legge» (v. 31). La motivazione è data dal fatto che Israele non ha agito «per fede, ma per opere» (v. 32). Così gli Israeliti nel complesso, pur essendo il popolo eletto, pur avendo tutti i privilegi sopra elencati e pur procedendo il Messia-Re proprio da loro (v. 4s), avevano storicamente intoppato, rifiutando Gesù quale Cristo (v. 32s) e quindi la salvezza. Tutto il discorso venne poi portato avanti in Rm 10s. Si noti che Paolo continuò ribadendo che stava pregando Dio per la loro salvezza! (Rm 10,1). Evidenziò nuovamente il fatto che essi, ignorando la giustizia di Dio (quella mediante la fede) e sottraendosi a essa, avevano cercato di stabilire la loro propria giustizia (v. 3). Perciò, nella loro ignoranza (v. 2), non avevano compreso la cesura storica e salvifica: «Il termine della legge è Cristo, per essere giustizia a ognuno che crede» (v. 4). E così via.

 

 

5.  ASPETTI CONCLUSIVI: Per trarre, quindi, un bilancio di Rm 9, bisogna asserire la validità della «verità multipolare»: l’elezione insindacabile di Dio verso Israele non ha protetto gli Israeliti nel loro complesso dal fallire storicamente e teologicamente, allorquando hanno cercato di essere giustificati per le proprie opere giuste e hanno rifiutato Gesù quale Messia-Re e, perciò, la «giustizia di Dio» che si ha per grazia mediante la fede. L’elezione rappresenta il piano salvifico di Dio nella storia, ma non funziona automaticamente, se il singolo non lo accetta e non vi aderisce per fede, entrando personalmente nel nuovo patto.

     Facciamo quindi attenzione alle «affascinanti» ma malsane scorciatoie delle sovrastrutture dogmatiche! In tutti i patti di Dio l’elezione, la grazia e le promesse di Dio, da una parte, e l’entrata nel patto, l’accettazione e la responsabilità dell’uomo, dall’altra, non sono una contraddizione, ma l’ovvietà storica e teologica. Questa è la benefica e salutare teologia biblica dei patti di Dio, il vero impianto teologico che coniuga la storia reale con la teologia biblica. Chi la rifiuta, dovrà immancabilmente rifugiarsi in una delle tante filosofie dogmatiche, nate nella storia in contrapposizione ad altre, che tanto male hanno fatto alla teologia e alla fede.

 

Per l’approfondimento si vedano nel «Manuale Teologico dell’Antico Testamento» i seguenti articoli: «I patti e gli altri approcci», pp. 31-53 (un confronto fra la teologia dei patti, quella del patto unico e quella delle dispensazioni); «Sistemi teologici», pp. 332ss (sintesi parziale dell’articolo precedente); «Teologia del patto e l’AT», pp. 354ss (analisi della teologia del patto unico del calvinismo).

     Inoltre, per approfondire i diversi approcci alla sacra Scrittura, si vedano i seguenti articoli: «Teologia biblica e dogmatica: confronti», pp. 252s (i due approcci alla Scrittura a confronto); «Teologia biblica» (approccio esegetico), pp. 353s; «Teologia dogmatica», pp. 356s (approccio dottrinale).

     Infine, per un orientamento generale, consiglio pure la lettura dei seguenti articoli: «Ermeneutica», p. 155 (differenza fra esegesi ed eisegesi); «Versettologia», pp. 378s (come s’arriva a una «dottrina» mediate l’accumulo indifferenziato di versi).

 

Romani 9,14-24? Parliamone

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Romani9,14-24_AT.htm

24-01-2008; Aggiornamento: 25-01-2008

 

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