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ROMANI 9 E DOPPIA PREDESTINAZIONE

 

 di Gaetano Nunnari - Nicola Martella

 

1. Le tesi {Gaetano Nunnari}

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

Il lettore prende qui posizione riguardo all’articolo «Romani 9,14-24 nel suo contesto». Il seguente contributo avrebbe potuto trovare posto all’interno del tema di discussione «Romani 9,14-24? Parliamone», ma a causa della sua lunghezza, della sua problematicità e della risposta, abbiamo preferito metterlo extra.

 

 

1. Le tesi {Gaetano Nunnari}

 

La questione della doppia predestinazione in Romani 9, non si può trattare tenendo in considerazione solo i versi di Gv 3,16 e 1 Tm 2,4.

     Siccome citando altri versi sarei additato come «ideologo» e «versettologista», mi si consenta per par condicio di citare almeno i seguenti, dove spero, per onestà intellettuale, si riconosca la riprovazione verso i non credenti: «L’adoreranno tutti gli abitanti della terra i cui nomi non sono scritti fin dalla creazione del mondo nel libro della vita dell’Agnello che è stato immolato» (Apocalisse 13,8).

     «Gli abitanti della terra, i cui nomi non sono stati scritti nel libro della vita fin dalla creazione del mondo, si meraviglieranno vedendo la bestia perché era, e non è, e verrà di nuovo» (Apocalisse 17,8).

     Non si può attribuire al capitolo 9 di Romani solo un significato per l’elezione d’Israele nazione poiché, questa lettera tratta ambedue gli aspetti: Israele e i singoli individui.

     Per non fraintendere il pensiero di Paolo, bisogna tenere conto della parte finale del cap. 8 che introduce la predestinazione: «Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono stati chiamati secondo il suo disegno. Perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli; e quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati» (Rm 8,28-30). Certamente Israele nazione era e sarà il popolo eletto da Dio (tra i sostenitori della doppia predestinazione ci sono anche i premillenaristi!).

     Vediamo che al verso 17 del capitolo 9, Dio dice che avrebbe indurito il cuore del Faraone. È vero che faraone avrebbe potuto cambiare idea, è vero che è responsabile davanti a Dio per ciò che fece, infatti Dio lo ha lasciato al proprio destino, e lui seguì volontariamente il desiderio del suo cuore malvagio. Paolo continua al verso 18 ponendo l’accento che Dio fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole. Si tenga conto che s’era finito di parlare proprio d’un singolo individuo! Seguono le domande retoriche, a cui ogni essere umano non è in grado di rispondere! Infatti, la doppia predestinazione è un insegnamento che va accettato. Il mistero non si risolve. Tale mistero risiede in Dio!

     La dottrina della doppia predestinazione crea problemi quando ci si pone a ragionarla dal punto di vista umano. Mentre se fosse considerata dal punto di vista di Dio, le cose suonerebbero in altro modo.

     L’uomo dice: «Dio è ingiusto, perché fa parzialità». Dio dice: «Ogni uomo merita la morte eterna, questa è giustizia, ma per amore, alcuni saranno salvati». Dio è sia amore che giustizia perfetta.

     Detto ciò bisogna anche prendere atto del fatto che la Scrittura rivela progressivamente certe verità. Come per la trinità, scopriamo solo nel Nuovo Testamento tale verità (sempre più rivelata), così è la stessa cosa per la doppia predestinazione (vedi Ap 13,8 e 17,8).

     Il verso 24 poi, fuga ogni dubbio che Paolo si stesse riferendo anche ai singoli individui.

     Per quanto riguarda l’accento posto da Nicola sulla parola «proponimento» io non vedo come possa contrastare con la doppia predestinazione. Proponimento significa progetto, proposito preso fra sé e sé, intenzione.

     Dio ha scelto alcuni giudei e alcuni pagani per la salvezza. Ripeto: per la mente umana ciò non è comprensibile, ma è l’evidente realtà.

 

Conclusione: La doppia predestinazione non è in ogni caso meno spiegabile del perché Dio permetta tante cose che a noi sfuggono. Ad esempio, perché ci sarà l’inferno per i reprobi invece d’un annientamento? Non sarebbe stato meno crudele?

     Dobbiamo semplicemente prenderne atto e accettare tale realtà che la Scrittura ci trasmette. Tutto ciò è un mistero che risiede in Dio, e noi non possiamo capirlo con il nostro raziocinio.

     Ci sono inoltre alcuni fatti chiari da considerare. Il nostro Dio è Onnisciente, e nulla gli è nascosto, lui conosce tutto, così come la fine sin dal principio.

     Il nostro Dio non è un dio capriccioso, ma un Dio d’amore che ha dato suo figlio Gesù per la giustificazione d’ogni «credente in lui».

     La doppia predestinazione, invece di creare in noi tutto questo subbuglio, dovrebbe al contrario rassicurarci, per il fatto che Dio ci ha scelto fin dal principio, e sarà lui a preservarci.

     E soprattutto si evangelizzerebbe senza troppi sentimentalismi, e più biblicamente, dove troppe volte i semi caduti sulla roccia, sono scambiati con quelli caduti sulla buona terra!

     Dio ama tutti i peccatori? Dov’è scritto? {27-01-2008}

 

 

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

1.  Premesse: Sento sempre un certo fastidio, quando su temi così delicati si tolgono versi dal loro contesto e si mettono nei «cassetti» di una sovrastruttura dogmatica preconfezionata. Invece di occuparsi del merito (qui Rm 9), trattato dall’autore specifico (qui Paolo) nel contesto particolare (qui Rm 9-11) e con lo stile specifico (qui trattazione teologica), si va a scomodare un altro autore (Giovanni), da cui si traggono versi particolari, un altro libro (Apocalisse) e un altro genere (apocalittico). Sinceramente mi viene di chiudere subito la lettura e di spostare il contributo nel cestino. E dire che da Gaetano Nunnari avevo ricevuto già un contributo, ma l’avevo rimandato indietro scrivendogli quanto segue: «Avevo cominciato a elaborare il tuo contributo. Poi mi sono fermato. Ti avevo detto che avrei pubblicato solo un tuo contributo che rispondesse al merito di Rm 9 nel suo contesto (ossia Rm 9-11). Sei caduto nuovamente nel vizio della versettologia e metti nuovamente in gioco versi, a cui ho dato già una risposta (p.es. Gv 6). […] Di nuovo parti dalla sovrastruttura iper-calvinista e metti versi che ti aggradano, tolti dal loro contesto, nei cassetti di tale ideologia. Così non si ragiona. Dovrei nuovamente smontare pezzo per pezzo ogni tua affermazione riconducendola al suo contesto naturale. Ma così facciamo "l’arte dei pazzi", rivangando sempre le stesse cose, come se non le avessi dette e già affrontate. Poi il tuo scritto è pieno di falsi sillogismi (p.es. non c’è alcuna differenza fra "chiunque crede" e "ogni credente", ma tu ci cavi sangue dalle rape!). Perciò il tuo contributo non è adatto per questo tema di discussione e non può essere pubblicato».

    Leggendo il suo attuale contributo e anche quelli degli altri, mi è venuto il sospetto che non sempre abbiano chiaro in mente la a differenza fra «predestinazione» e «doppia predestinazione» e usano questi due concetti in modo interscambiabile fra di loro. Per togliere ogni dubbio, affermo che io credo nella «predestinazione», ossia che Dio abbia un piano per la mia vita e sono felice che Dio mi abbia rivolto una santa chiamata mediante l'annuncio dell'Evangelo [► Elezione]; ritengo però che la cosiddetta «doppia predestinazione» (Dio avrebbe destinato a priori chi sarà salvato o perduto) sia una conclusione basata sul falso sillogismo.

 

2.  Osservazioni e obiezioni: Nel nuovo contributo Gaetano ha solo aggiustato un po’ il tiro. Come recita il proverbio: «Il lupo perde il pelo ma non il vizio». Poi invece di ragionare in modo esegetico, partendo dalle questioni presentate all’inizio di Rm 9 (gli Israeliti hanno fallito sebbene siano il popolo eletto!), egli cerca di organizzare il capitolo intorno a questa tesi aprioristica, secondo cui «la doppia predestinazione è un insegnamento che va accettato». Poi menziona che è un «mistero»: ma se è tale, dico io, non si può sapere; e allora perché tanta sicurezza nel chiamarlo un «insegnamento [biblico] che va accettato»? Qui non c’è coerenza. Inoltre un esegeta segue il ragionamento dell’autore, un ideologo smonta tutto e lo rimonta a proprio piacere e fa dei dettagli la cosa principale (l’ideologo inghiotte il cammello e cola il moscerino).

     Poi Gaetano lascia nuovamente Rm 9 e il suo contesto (oltre alla domanda di base: perché Israele ha fallito pur essendo il popolo eletto?) e si mette a parlare di «doppia predestinazione». Egli afferma: «La dottrina della doppia predestinazione crea problemi quando ci si pone a ragionarla dal punto di vista umano». No, pone problemi dal punto di vista di una esegesi rigorosa! Una tale dottrina vive solo di apriorismi dogmatici e falsi sillogismi! Io, che credo nella predestinazione divina (il piano divino per la mia vita), non ho trovato nell’analisi esegetica del testo biblico nulla di rilevante che mi faccia aderire a una fantomatica dottrina della «doppia predestinazione».

     Inoltre nessuna cosa può essere «considerata dal punto di vista di Dio», se Egli non l’ha rivelata in modo chiaro e incontrovertibile. Solo agli ideologici che si muovono all’interno di un sistema preconfezionato, fatto a loro immagine e somiglianza, tutto è «chiaro» riguardo alla loro ideologia dogmatica (poi essi stessi rinfacciano il medesimo procedimento ad esempio ai seguaci della Torre di Guardia!). Allora si attribuisce a Dio ciò che si vuole, accollandosi una grave responsabilità, ad esempio: «Ogni uomo merita la morte eterna, questa è giustizia, ma per amore, alcuni saranno salvati». Gaetano Nunnari dovrebbe mostrarmi il chiaro brano della Scrittura dove Dio avrebbe mai detto tutto ciò. Questo modo di ragionare mostra le sue contraddizioni: se Dio l’ha detto, non è più un «mistero»; se è un «mistero», allora Dio non l’ha chiaramente detto.

     È sorprendete che per la progressione della rivelazione si scomodi Ap 13,8; 17,8 a favore della doppia predestinazione; ma qui non viene trattato l’argomento (come in Rm 9), vengono solo fatte delle dichiarazioni all’interno di un libro di apocalittica, un genere particolare che volentieri si ricollega agli inizi e alla fine e usa un linguaggio simbolico e misterioso.

     Rm 9,24 parlerebbe di individui? È la logica individualistica degli Occidentali a far parlare così. Non si parla di «io - tu», ma di «noi, ossia Giudei, Gentili» come massa di persone. I versi dopo parlano di «mio popolo» e di «figli» (vv. 25s), poi di «numero… come la rena» e di «rimanente» (v. 27), quindi di «seme» (o discendenza; v. 29). Anche nelle conclusioni si parla di «Gentili» (non eletti dalla prospettiva dell’antico patto) e d’Israele (il popolo eletto), parlando d’esso come una realtà globale (vv. 31ss «cercava», «non ha conseguito») fatta di una molteplicità d’individui (aspetto globale; «hanno urtato»), la cui eccezione riguarda solo «chi crede in lui» (v. 33), ossia chi fa parte del «resto». Come si vede, è sorprendete che da un capitolo, che tratta il perché del destino del popolo eletto, si passi a snaturarlo ideologicamente in un testo addomesticato alle tesi della «doppia predestinazione»!

     E nonostante ciò si ha l’ardore di affermare che «per la mente umana ciò non è comprensibile, ma è l’evidente realtà»! «Evidente» è ciò che risulta da una rigorosa e onesta esegesi contestuale. Un falso sillogismo può essere «evidente» solo a chi fa ideologia dottrinale, ma rimane una falsa conclusione che parte da false premesse.

     Domande su «tante cose che a noi sfuggono» (p.es. l’inferno) non rendono meno accettabile o spiegabile la sedicente «doppia predestinazione» (rimane un falso sillogismo!). Infatti, ciò che è un «mistero» non rivelato, o non esiste o è appunto non rivelato. Se una rigorosa esegesi contestuale dimostrasse chiaramente l’esistenza della «doppia predestinazione», essa non sarebbe più un «mistero» su cui avere diverse opinioni. A differenza dell’Inferno, di cui la Scrittura parla in modo chiaro ed evidente, della sedicente «doppia predestinazione» non esiste nella Bibbia né la concettualità né una chiara evidenza esegetica. È quindi sbagliato affermare che «dobbiamo semplicemente prenderne atto e accettare tale realtà che la Scrittura ci trasmette». Così ragionano solo gli ideologi (si basano su un consenso dottrinale), non gli esegeti (si basano sulle chiare prove testuali e contestuali).

     Se «tutto ciò è un mistero che risiede in Dio, e noi non possiamo capirlo con il nostro raziocinio», allora non si può neppure dichiararlo né fissarlo in senso dogmatico, non essendo chiaro all’analisi esegetica contestuale. Allora rimane una semplice e discutibile opinione. Ciò che è chiaramente rivelato e si può appurare con una rigorosa esegesi contestuale, può essere capito e spiegato (p.es. l’incarnazione del Logos di Dio; Gv 1,1s.14).

     Appellarsi qui all’onnipotenza e all’onniscienza di Dio non risolve la questione. Ci vogliono prove esegetiche e non solo considerazioni derivate.

     Per essere rassicurato dalla Scrittura, mi basta già sapere che Dio mi ha «predestinato», ossia ha un piano per la mia vita ed è capace di preservarmi fino alla fine — senza dover creare da ciò un falso sillogismo, di cui si nutre la sedicente «doppia predestinazione». Inoltre non esiste nessuna differenza in Gv 3,16 fra «chiunque crede in lui» e «ogni credente in lui», si cui si gioca volentieri. Non credo che presentare Gv 3,16 a chi è perduto significa evangelizzare con «troppi sentimentalismi»; e non credo che gli iper-calvinisti abbiano il dono di preveggenza per distinguere chi ha un cuore di «roccia» o di «buona terra»; qui c’è un particolare e colpevole orgoglio di tanti «eletti» auto-nominati. Alcuni dei più grandi persecutori dei cristiani, sono diventati i loro sostenitori; Paolo da Tarso insegna.

 

3.  Conclusione: La trattazione di Gaetano su Rm 9 nel suo contesto è irrilevante e scadente, anzi inesistente.

     La frase interrogativa con cui chiude, non rende le cose migliori: «Dio ama tutti i peccatori? Dov’è scritto?». Faccio notare che in Rm 5,6-10 Paolo ribadì che Cristo è morto per gli empi (v. 6), i peccatori (v. 8) e i nemici (v. 10); e nello stesso capitolo parla del «mondo», in cui è entrato il peccato, è venuta la legge e poi la grazia (v. 12ss). Qui sarebbe stato il luogo giusto per parlare della sedicente «doppia predestinazione», ma Paolo non lo fece, ma parlò di «tutti gli uomini» sia riguardo alla condanna, sia riguardo all’accesso alla vita e alla giustificazione (v. 18ss).

     Anche l’apostolo Giovanni ebbe molte occasioni per parlare di una sedicente «doppia predestinazione», ad esempio in 1 Gv 2,1s, ma qui affermò che «Gesù Cristo, il giusto… è la propiziazione per i nostri peccati; e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo».

 

A proposito di elezione e predestinazione

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Rm9_2predestin_MeG.htm

29-01-2008; Aggiornamento: 31-01-2008

 

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