Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Manuale Teologico dell’AT

 

Carismaticismo

 

 

 

 

Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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L’EREDITÀ DELLA RIFORMA

TRADITA DALLA DERIVA CARISMATICISTA

 

 di Roberto Castagnoli - Nicola Martella

 

1. Le tesi {Roberto Castagnoli}

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

Il lettore prende qui posizione riguardo all’articolo «Pentecostali nella versione 1.0, 2.0, 3.0 e oltre? Affinità e distinzioni fra pentecostali e carismaticisti». Il seguente contributo avrebbe potuto trovare posto all’interno del tema di discussione «Pentecostali nella versione 1.0, 2.0, 3.0 e oltre? Parliamone, ma a causa della sua specificità, della sua lunghezza, della trattazione di aspetti specifici e di un'adeguata risposta, abbiamo preferito metterlo extra.

 

 

1. Le tesi {Roberto Castagnoli}

 

Entriamo in tema

     Avendo letto le riflessioni che avete pubblicato sul «carismaticismo», v’invio questa nota di riflessione su questo argomento. Chi scrive proviene da una chiesa pentecostale prima «chiesa apostolica in Italia» poi «chiesa apostolica italiana», ovvero pentecostale, ma che ha rinunciato al «fondamentalismo». Oggi mi sento più vicino alle chiese della Riforma nel modo di pensare e di leggere la Bibbia, preferendo il «metodo storico-critico» di lettura pur rimanendo convinto, che l’esperienza del battesimo nello Spirito Santo, così come è vissuta nelle chiese pentecostali classiche, appartenga all’esperienza cristiana, come s’evince dalla lettura del Nuovo Testamento e da esperienza personale. Le mie sono semplici riflessioni d’un pentecostale, che si basano sopratutto sull’esperienza; conoscendo personalmente dei gruppi carismatici, non sono d'accordo che sia tutto da buttare, ma che convivano aspetti positivi con molte derive pericolose, che vanno da pratiche sciamaniche (intendo l’idea di liberare luoghi e città da poteri occulti, ecc.) a credenze quali i peccati generazionali, ecc. Le cose positive sono un culto meno formale, la profezia ad personam può essere positiva; ma queste pratiche devono essere fatte con molto discernimento. Nello stesso tempo, devo far notare che esiste un forte «fondamentalismo» anche in chiese evangelicali, le quali interpretano quasi tutta la Bibbia in «modo letterale», in modo particolare in riferimento all’antico patto; quale sia il suo rapporto corretto storico-teologico rispetto al nuovo, non è mai stato chiarito dal cristianesimo. Ed è fonte di molti problemi, perché si va da un simbolismo al racconto storico-epico e mitico a un’interpretazione fondamentalista, che traslittera con troppa facilità e senza nessuna coerenza dettami che sono legati alla storia e come tali vanno collocati.

 

L’eredità della Riforma e i movimenti di santificazione

     La formula che abbiamo ereditato dalla riforma che sintetizza la sua eredità si condensa nei principi noti come «sola fede, sola grazia, sola Scrittura».

     Già dalle polemiche di Paolo nei confronti delle tendenze giudaico-cristiane e del pericolo d’una deriva giudaico-legalista ci fa prendere atto che egli insiste sul concetto che la grazia esclude per sua natura le opere, altrimenti cesserebbe d’esserlo. Dopo la Riforma, l’anabattismo e poi i movimenti pietistici riportano subito in primo piano l’antica questione. Il punto saliente fu individuare immediatamente l’oggetto del contendere, ovvero in sintesi Romani 7. Per i riformatori, il vecchio uomo, in conformità con quanto afferma Paolo, convive con l’uomo nuovo (due leggi contrapposte che convivono). Per l’anabattismo e i pietisti la nuova nascita è il superamento di questa condizione, che ci presenta Romani 7, un superamento illusorio, come anche la Parola e l’esperienza ci attestano (se diciamo d’essere senza peccato inganniamo noi stessi). A tal proposito si racconta la storia d’un neofita che, dopo due o tre settimane dal battesimo, ebbe a confessare: «Sapete fratelli, forse il mio vecchio uomo sapeva nuotare!».

     Ebbene quest’illusorio superamento della condizione di Romani 7 è fonte di nevrosi per i credenti e per le chiese e alimenta derive «legalistiche», che altro non sono, in accordo con quanto scrive Subilia, una variante della via romana delle opere! La sola grazia non è più intesa come principio assoluto, ma condizionato all’etica praticata dal gruppo.

 

L’eredità della Riforma tradita dalla deriva pentecostale carismatica?

     Il 1906 è da quasi tutti riconosciuto come inizio del movimento che va sotto il nome di «pentecostalismo», anche se nella storia della chiesa abbiamo avuto molti precursori dello Spirito, da Montano (2° secolo d.C.) a Gioacchino da Fiore (12°-13° secolo), che affermò che si era entrati nell’«era dello Spirito», ai Gianseniti, ai Quaqueri, ecc. Essi credevano che si era aperta o meglio riscoperta l’era dello Spirito. Sicuramente mancante, in qualche modo, riguardo alla Riforma, sebbene non vada necessariamente a urtare contro il principio della sola fede e della sola Scrittura, ma ne è la sua naturale complementarietà, anzi conferma la stessa («quando sarà venuto lui, il Consolatore»). Qualcuno dirà che era già venuto per la chiesa a Pentecoste; di questo ce ne potremmo occupare in sede più opportuna, quello che interessa è come si pone l’esperienza della Pentecoste in relazione alla Scrittura?

     Sola Scrittura? Se siamo fedeli al principio, andiamo a rileggerci i fatti della Pentecoste, descritti dal medico Luca negli Atti degli Apostoli! Come tutti sappiamo, l’evidenza più tangibile e udibile era la Parola; essi parlavano delle cose grandi di Dio. Quest’era ed è una profonda esperienza, che si manifesta con una lingua o con lingue nuove, con un nuovo parlare. Luca, raccontando l’accaduto, ci dice che Pietro comincio a «parlare» e fa subito riferimento a vari passaggi della Parola veterotestamentaria, citando specialmente il profeta Gioele e dando una chiave di lettura nuova alla luce dei fatti accaduti e allo stesso tempo spiegandoli! Quindi abbiamo lo Spirito che rimanda alla Parola. «Ora in quei giorni io manderò il mio Spirito…»; è la Parola che spiega i fatti e rimanda all’esperienza della Pentecoste! La Parola e lo Spirito interagiscono. La Parola ci attesta che Pietro era pieno di Spirito Santo; sembra suggerire che più d’una predica fosse quasi un parlare profetico. Un paio di capitoli dopo, davanti al Sinedrio, Pietro insieme con Giovanni cita a memoria altri versi della Parola, la quale attesta che gli uditori, videro che erano illetterati, cioè non sapevano né leggere ne scrivere; era difficile per loro in queste condizione dar sfoggio a conoscenze bibliche al pari dei rabbini. Probabilmente qui Luca scrive e riporta l’interpretazione che la Chiesa primitiva o lo stesso Luca dava della Pentecoste; aveva riflettuto sulle letture veterotestamentarie sia per la Pentecoste che per la resurrezione, eccetera. Quindi la Pentecoste rimanda alla Scrittura. Allora si può domandare: È l’esperienza che conferma la Scrittura o la Scrittura conferma l’esperienza? Direi che è la Scrittura in quanto essa viene prima.

     Il pentecostalismo è stato fedele a questo principio ribadito con forza dalla Riforma? Direi di sì con alcune limitazioni: questo movimento ha amore per la Parola, anzi un grande amore. Le limitazioni sono purtroppo quelle di leggere la medesima non in modo sistematico, accogliendo la Parola come storia della salvezza, ma soggettivizzandola in modo eccessivo e rifiutando ogni metodo di lettura che non sia quello letterale. Eppure Luca ci dice che s’era informato con cura, aveva fatto ricerche, aveva indagato, aveva sentito testimoni, aveva insomma usato metodi che oggi diciamo d’indagine scientifica. Quindi non s’accetta il metodo storico-critico, niente esegesi ed ermeneutica, anzi avversione verso la cultura considerata sapienza mondana, dalla quale tenersi alla larga.

     Questi in breve, i limiti del rapporto con la Scrittura che molte volte si ritiene di conoscere e d’interpretare in modo giusto, appoggiandosi all’esperienza della Pentecoste («egli vi guiderà in tutta la verità»). Nell’episodio di Filippo con l’eunuco è evidente che Filippo fosse guidato dallo Spirito Santo. Eppure è detto. «Intendi quello che leggi? E come posso se nessuno me lo spiega?». Capire e spiegare sono facoltà intellettive che presumono anche studio, impegno, ricerca! Quindi l’azione dello Spirito Santo interagisce e usa mezzi e limitazioni che la condizione umana c’impone.

     Detto questo, vediamo che i tre principi della Riforma non sono più assoluti, in qualche modo! Ma la deriva avviene e si realizza con il più recente movimento carismatico. Attenzione pentecostalismo e movimento carismatico non sono la stessa cosa. Potremmo semplificare le cose, dicendo che per i carismatici in primo piano non ci sono il battesimo dello Spirito e i carismi o doni dello Spirito, come è per i pentecostali, ma un forte misticismo estatico che si manifesta con cadute o riposo nello Spirito. Qui il soggetto può essere in spirito in altro luogo o prevalentemente avere visioni profetiche, forti sensazioni di realtà spirituali, come vedere demoni, che disturbano la quasi totalità dei non credenti e anche dei credenti, influenzandoli in modo negativo e vivendo così una vera guerra spirituale, fatta di vittorie e sconfitte e, a seconda del risultato delle medesime, si vive stati o periodi d’euforia, di certezze e anche di spinte profetiche (vedi casi noti come Benny Hinn); qui tali cose vengono poi smentite dai fatti e da modelli di vita poco evangelici. Inoltre tali persone vanno soggetti a periodi di depressione, alternati a stati euforici, risate convulse e tante altre stranezze, che non sto qui a citare e che non ritengo utile commentare ulteriormente, lasciando il passo caso mai agli esperti di psicologia e antropologia.

     Quello che più fa preoccupare è ché l’esperienza mistica o spirituale, come si voglia chiamarla, tende a sostituire il posto dato dalla Riforma al principio della «sola Scrittura», sostituendola di fatto con il «Rhema» o «rivelazione personale», che si ottiene in questo rapporto non più mediato dalla Parola, ma reso diretto e possibile nel mondo dello Spirito! Nella Parola si cerca, caso mai, conferme alla propria esperienza; in ogni caso si ha l’impressione e sufficienti motivi per credere che sia tale «Rhema» ad avere valore per il soggetto e, allo stesso tempo, è la risorsa a cui alimenta la propria fede e il proprio credo.

     Tendendo a dare priorità al «Rhema», senza un’adeguata ricerca e confronto con la rivelazione scritta, essa sostituisce la Parola scritta ed è preferita a quest’ultima; ne è prova il fatto che i carismatici cattolici non hanno abbandonato il culto mariano alla regina del cielo (Iside, madre di Dio, com’era chiamata molto tempo prima di Maria), eppure tutto questo viene tollerato pur in evidente contrasto con i dettami biblici! E questo viene tranquillamente accettato dai carismatici diciamo pentecostali.

     Possiamo chiedere allora: C’è ancora fedeltà alla eredità della Riforma? (sola fede, sola Scrittura). Oppure siamo alla deriva rispetto a tali principi? {15 agosto 2009; 5 gennaio 2010}

 

 

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

Entriamo in tema

     Prendo atto che si tratta di «semplici riflessioni d’un pentecostale», convinto dell’esperienza del cosiddetto «battesimo nello Spirito Santo». L’autore distingue fra pentecostali classici e carismaticisti. Egli vede nel «fondamentalismo» e nel suo letteralismo un pericolo; purtroppo non ha spiegato che cosa intenda per «fondamentalismo». Per letteralismo intende che si interpreta «quasi tutta la Bibbia in “modo letterale”» e si applica con disinvoltura cose dell’antico patto alla gente del nuovo patto.

     Posso concordare con lui sull’uso spregiudicato che in certi ambienti entusiastici si fa della Bibbia, saccheggiandola per i propri usi ideologici per mezzo della versettologia indebita, l’uso di spiritualizzazioni arbitrarie e di allegorizzazioni di brani storici.

     Che l’alternativa sia il «metodo storico critico», ho i miei seri dubbi, e parlo come chi lo conosce e ha insegnato per più di due decenni teologia dell’AT. I fautori del «metodo storico critico», con le sue bizzarre e contraddittorie teorie, partono da un forte dubbio programmatico rispetto ai testi biblici e in genere non credono neppure che essi siano «Parola di Dio», né tanto meno inerrante. Così è singolare trovare chi da pentecostale creda all’esperienza del cosiddetto «battesimo di Spirito» (per altro locuzione che non ricorre mai in greco nel NT) e segua il «metodo storico-critico», che praticamente fa a pezzi il NT. Per l’approfondimento rimando alla seguente letteratura, da me scritta:

     ■ Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002): «Le posizioni teologiche più ricorrenti», pp. 21-30; «Criticismo storico», pp. 127-130; «Sistemi teologici», pp. 332ss.

     ■ Nicola Martella, «La Bibbia fra criticismo e modernismo», Radici 5-6 (Punto°A°Croce, Roma 1995), pp. 187-195.

     ■ Nicola Martella, Temi delle origini, Le Origini 1 (Punto°A°Croce, Roma 2006): «L’interpretazione della Genesi», pp. 25-48; «Genesi 1-2 e la critica biblica», pp. 54-65; «Orientamento e osservazioni a Genesi 2,4b-3,24», pp. 197-204; «Il rapporto fra Genesi 1 e Genesi 2», pp. 212-224; cfr. anche «La Genesi e l’antico Medio Oriente», pp. 169-180.

 

Non è qui il luogo per approfondire tali questioni, ma faccio presente che esiste anche il «metodo storico-grammaticale» (storico-biblico o storico-esegetico) che è rispettoso dei sacri Testi, è basato sull’esegesi contestuale e crede nell’inerranza della bibbia nei suoi testi originali. Per l’approfondimento rimando alla seguente letteratura, da me scritta:

     ■ Nicola Martella, Manuale Teologico dell’Antico Testamento (Punto°A°Croce, Roma 2002): «I patti e gli altri approcci», pp. 31-53; «Ermeneutica», p. 155; «Teologia biblica e dogmatica: confronti», pp. 352s; «Teologia biblica», pp. 353s.

 

La deriva giudaico-legalista e quella mistico-entusiastica

     Passiamo alla parte che più ci interessa. Il mio interlocutore parla di «deriva pentecostale carismatica» e si chiede se il risveglio pentecostale nella fattispecie del neopentecostalismo sia un tradimento dei principi della Riforma (a cui manca «solo Cristo» e magari «soli Deo gloria» nella sequenza). È una domanda serie, tanto più che arriva da un pentecostale «illuminato».

     Egli paragona l’attuale deriva carismaticista e la deriva giudaico-legalista al tempo degli apostoli. Faccio notare che a Corinto tale componente giudaico-legalista fu introdotta dai «sommi apostoli» giudaici, unendola a forti elementi gnostici e sincretistici «biblicizzati» (cfr. 2 Cor 11). Anche oggigiorno si stanno saldando insieme movimenti carismaticisti con elementi tipici della devozione giudaica, portati avanti in nome dell’amicizia con Israele. Assistiamo che situazioni tipiche di Corinto stiano ritornando e sono veicolate da «contaminazioni» reciproche fra giudaismo e carismaticismo (cfr. la danza carismaticista con elementi giudaici; l’uso di segni e costumi giudaici nella devozione carismaticista).

 

L’eredità della Riforma e i movimenti di santificazione

     La questione intorno a Romani 7 è presentata in modo un po’ riduttivo. Il Pietismo poneva la questione che la devozione non fosse solo un’adesione mentale (come in tanti protestanti liberali, per i quali l’etica era distante dalla dottrina), ma fosse una cosa seria che doveva trovare riscontro nella santificazione. È vero che alcuni hanno interpretato Romani 7 come la realtà prima della conversione, sbagliano a mio avviso (tale interpretazione c’era anche tra i seguaci della Riforma!), ma bisogna stare attenti a non rappresentare l’anabattismo, il pietismo e altri movimenti simili come una caricatura; essi hanno, per certi aspetti, salvato il cristianesimo da pericolose involuzioni. Inoltre il pietismo fa parte delle chiese della Riforma. Confrontare i movimenti di santificazione al Romanesimo, è singolare e deleterio, visto che i primi predicano la salvezza per grazia mediante la sola fede in Cristo, mentre il secondo predica la salvezza per opere. I movimenti di santificazione affermano che non basta un’adesione mentale, ma una rigenerazione, e dove questa accade, produce immancabilmente una vita trasformata mediante il processo di santificazione. Che ci siano state delle esagerazioni dottrinali in alcuni, non può indurre a dire cose poco vere e a rappresentare tale movimento come una macchietta. Le chiese anabattiste, il movimento pietista e le chiese del Risveglio hanno prodotto missione, diaconia, opere sociali e quant’altro in tutto il mondo.

 

L’eredità della Riforma e la deriva mistico-entusiastica

     Riguardo a Montano e a Gioacchino da Fiore rimando in Nicola Martella (a cura di), Escatologia fra legittimità e abuso, Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), ai seguenti articoli: «L’escatologia gnostica» (Montano e altri), pp. 42ss; «Nel Medioevo», pp. 54-66 (Gioacchino da Fiore).[1] Per la nascita e gli sviluppi del pentecostalismo nelle sue diverse «ondate» rimando a Nicola Martella, Carismosofia (Punto°A°Croce, Roma 1995), specialmente agli articoli: «L’influenza di Agnes Sanford», pp. 9-17; «Le “tre ondate” dello spirito», pp. 18-30.

     Non tutto ciò, che esprime il mio interlocutore in sintesi, è chiaro per chi legge; ho cercato di interpretare il suo stile frammentario, rendendolo letterario. Tralascio gli aspetti legati alla glossolalia, avendone scritto altrove; tralascio pure i singolari aspetti legati a un’interpretazione storico-critica, avendo trattato ciò sopra. In ogni modo, è interessante la disamina sul rapporto fra Spirito Santo e Scrittura. Giustamente si afferma che lo Spirito che rimanda alla Parola scritta, cha a sua volta spiega i fatti accaduti; essi interagiscono. Nel rapporto fra Scrittura ed esperienza egli rileva che dev’essere la Parola di Dio a confermare l’esperienza, e non viceversa.

     Alla domanda se il pentecostalismo sia stato fedele al principio della «sola Scrittura», ribadito dalla Riforma, si risponde di sì, ma con riserva. Egli mette il dito sul soggettivismo interpretativo. L’enfasi che egli mette su una «lettura letterale» è viziata dal criticismo storico. Egli è probabilmente all’oscuro che esiste il metodo storico-biblico che fa una «lettura letteraria» della Bibbia, ossia secondo i generi letterari effettivamente presenti nel testo; fra coloro che rifiutano il criticismo storico, ci sono grandi esegeti che applicano con rigore i principi dell’ermeneutica, pur avendo un profondo rispetto nel testo biblico e credendo nella sua inerranza. Come recita un motto a me caro, per caratterizzare le analisi di parte: «Chi ha un martello in mano, vede tutto come chiodi». Giustamente la guida dallo Spirito Santo non toglie che bisogna studiare i testi biblici e praticare un’esegesi contestuale rigorosa, rispettando lo sviluppo della rivelazione e il passaggio dal vecchio al nuovo patto.

     Essendo l’autore pentecostale (sebbene attinga ai criteri interpretativi del criticismo storico), ci tiene a precisare che bisogna distinguere fra pentecostalismo e carismaticismo. Non affronta la questione che quest’ultimo è storicamente un efflusso e uno sviluppo del primo, ma v pragmaticamente alla situazione attuale. Egli presenta la seguente distinzione:

     ■ Pentecostalismo: In primo piano stanno il battesimo dello Spirito e i carismi.

     ■ Carismaticismo: In primo piano sta un forte misticismo estatico con varie manifestazioni paranormali (cadute, bilocazione, visioni profetiche, visione di demoni, guerra spirituale, euforia, risate convulse).

 

Egli mette giustamente l’enfasi sulla discrepanza fra tali manifestazioni mistiche e l’etica quotidiana e sul fatto che stati di euforia entusiastica si alternano a periodi di grande prostrazione e depressione. In tale semplificazione manca però di dire che anche per i carismaticisti stanno in primo piano il battesimo dello Spirito, la glossolalia e gli altri carismi, e che anzi ciò è l’anello di congiunzione, che lega gli uni agli altri, e i «geni» dottrinali e devozionali, che i genitori pentecostali hanno trasmesso ai figli neopentecostali.

     L’autore passa poi a disquisire sul rapporto fra «sola Scrittura» e «Rhema», concetto introdotto da Kenneth Hagin.[2] Giustamente afferma che i carismaticisti hanno sostituito la «sola Scrittura» con tali rivelazioni personali e, quindi, con la presunzione di poter vedere e parlare con Dio (Cristo, ecc.) in modo diretto e personale. La Bibbia serve qui solo come pezza d’appoggio per difendere la «biblicità» delle proprie esperienze. In effetti, però, tali carismaticisti vivono di tali rivelazioni trascendentali o paranormali. Si veda un approfondimento di tali fenomeni nel mio libro «Carismosofia»: «Estasi, visioni e falsa profezia», pp. 147-153; «Facoltà extrasensoriali», pp. 154-162; «Spiritualismo esoterico e spiritismo», pp. 176-181.

     L’autore mette l’enfasi sul fatto che gli stessi fenomeni avvengano nel carismaticismo cattolico, dove convivono la mariolatria, l’idolatria e altre dottrine palesemente in contrasto con la sana dottrina. Aggiungo che i carismaticisti protestanti hanno riunioni e riti comuni con i primi, con imposizione comune di mani, senza porsi molti problemi dottrinali. La «teologia dell’esperienza» è il collante di tutti i tipi di carismaticismo e il lievito dell’ecumenismo e del sincretismo.

     Le domande conclusive riguardo all’adesione coerente ai principi della Riforma, sono importanti. Faccio comunque presente che, intanto, la Riforma protestante è stata messa in ombra in molti ambienti carismaticisti dalla «riforma neoapostolica» di Peter Wagner. [► Corrado Salmé e la riforma strutturale delle chiese; ► La «riforma strutturale» di Corrado Salmé]

 

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[1]. Meraviglia che Volto Di Gennaro — nel suo libro «Breve storia del Cristianesimo» (Hilkia Inc.), pp. 26s — definisca Montano «un grande personaggio con un grande messaggio», «una delle figure più ricche di fede e di spiritualità», «carismatico quindi un risvegliato», uno che «reagì al formalismo contro lo gnosticismo». Faccio notare che Montano, ex sacerdote di Cibele, era un esponente dello gnosticismo! Era inoltre un falso profeta, visto che il suo annuncio incombente dell’avvento del Messia non si realizzò. Per i dettagli rimando alla letteratura sopra menzionata. Nonostante ciò Volto Di Gennaro ne tesse le lodi, e altri loda pubblicamente quest’ultimo (ADI; CLC). 

[2]. Per l’analisi delle esperienza da morente di Kenneth Hagin rimandiamo a Nicola Martella, «Visioni dell’aldilà», Escatologia fra legittimità e abuso, Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), pp. 313-328. [► Kenneth Hagin e la «confessione positiva»; ► Kenneth Hagin e confessione positiva? Parliamone]

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Riforma-tradita_deriva-carismat_MT_AT.htm

06-01-2010; Aggiornamento: 18-01-2010

 

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