Rispondo alle
questioni sollevate da Francesco Manzo a mano a mano così da facilitare la
lettura e la comprensione.
■ Francesco: Credo che dovresti rivedere le tue idee. Dio non cambia mai
i suoi modi di fare e l’unico mezzo con cui Egli parla al suo popolo sin dal
tempo di Mosè è solo e sempre così sarà per mezzo dei profeti. Bisogna solo
avere occhi per vederli e orecchi per ascoltarli. {09-11-2007}
■ Nicola:
Grazie, Francesco, per avermi scritto. Potresti
motivare meglio le tue convinzioni alla luce delle Scritture del NT? Se vuoi
fanne un contributo, usando però un tono rispettoso. Lo leggerò volentieri. […] |
■ Francesco: Comincio con lo scusarmi se il mio modi di scrivere sembra
irrispettoso, ma credo che sia dovuto allo zelo, sentimento che ogni vero
ministro o servo deve possedere. Infatti Elia a motivo del suo zelo e gelosia
per l’Eterno uccise, anzi sgozzò 850 falsi profeti.
■ Nicola: Va bene. Mi permetto di far presente che è cambiato patto e
testamento, quindi non abbiamo più bisogno di sgozzare gli altri per zelo e
gelosia per il Signore. Permettimi un piccolo excursus di carattere
generale, quindi valido per ognuno di noi. Paolo parlava dei suoi connazionali
come di coloro che «hanno zelo per le cose di Dio, ma
zelo senza conoscenza» (Rm
10,2); anche a tanti cristiani d’oggi può succedere la stessa cosa. Agli
ateniesi disse che essi erano «quasi troppo religiosi» (At 17,22), ma la
stragrande maggioranza di loro rifiutarono l’Evangelo (vv. 32ss). Ed egli parlò
anche di coloro che si mostravano zelanti, ma solo per perseguire altri scopi,
ossia primeggiare sugli altri cristiani per mire personali (Gal 4,17s). Il «nostro
grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù… ha dato se stesso per noi al fine di
riscattarci da ogni iniquità e di purificarsi un
popolo suo proprio, zelante nelle opere
buone» (Tt 2,13s).
Nel nuovo patto dobbiamo combattere sul piano dialettico: «Vi son
molti ribelli, cianciatori e seduttori di menti, specialmente fra quelli della
circoncisione, ai quali bisogna turare la
bocca» (Tt 1,10; cfr. Rm 3,19). Per il resto dobbiamo mostrare il
frutto dello Spirito (Gal 5) e fare il bene. Pietro scrisse ai giudeo-cristiani:
«Diletti, io v’esorto come stranieri e pellegrini ad astenervi dalle carnali
concupiscenze, che guerreggiano contro l’anima, 12avendo una
buona condotta fra i Gentili;
affinché laddove sparlano di voi come di malfattori, essi, per le vostre
buone opere che avranno osservate,
glorifichino Dio nel giorno che Egli li visiterà… 15Questa è la
volontà di Dio: che, facendo il bene,
turiate la bocca alla ignoranza degli uomini stolti» (1 Pt 2,15; cfr.
Mt 5,16). |
■
Francesco: A me non piace discutere e/o ragionare la Parola di Dio; il
Signore ci diede la sua Parola affinché noi facessimo d’essa la nostra guida, e
non che noi divenissimo la guida della stessa. Molto spesso ci convinciamo che i
nostri pensieri o le nostre scoperte siamo coincidenti con quelli di Dio; ed è
così che vengono fuori strane teorie, che mischiate alle Scritture generano
false dottrine. Dio parlò per mezzo del profeta Isaia e disse: «Poiché i miei
pensieri non sono i vostri
pensieri né le vostre vie sono le
mie vie». Nel Nuovo Testamento anche un altro
profeta
scrisse una simile cosa: «Sapendo prima questo: che nessuna profezia
della Scrittura [VT e NT] è soggetta a particolare interpretazione» (2
Pietro 1,20). Credo sia
opportuno per tutti noi far quadrare i nostri discorsi, teologici, basandoci
sull’intera Parola, la quale come ben dici è una spada, ragion per cui bisogna
adoperarla nella maniera più seria e corretta possibile. Non volendomi
dilungare, dirò quanto richiestomi.
■ Nicola: Discutere e ragionare sulla Parola è necessario,
poiché non tutti hanno la stessa conoscenza e la stessa maturità. L’autore
dell’epistola agli Ebrei rimproverava i suoi connazionali come segue: «Mentre
per ragione di tempo dovreste essere
maestri, avete di nuovo bisogno che vi s’insegnino i
primi elementi degli oracoli di
Dio; e siete giunti a tale che avete
bisogno di latte e non di cibo sodo» (Eb 5,12). Quanti bambini nella
fede ci sono tra i cristiani (cfr. vv. 13s), che si limitano a giocare solo con
le loro esperienze soggettive!
Sul resto non posso che concordare: molti cristiani partono non da una corretta
esegesi della Parola, ma da una «sovrastruttura dogmatica» con cui pretendono
d’interpretare la stessa Scrittura! [►
L’interpretazione biblica; ►
Sovrastrutture dottrinali e teologia riformata]
Un ultimo appunto a 2 Pt 1,20. In tutto il NT mai Pietro fu
chiamato «profeta», ma sempre «apostolo» (Gal 2,8; 1 Pt 1,1; 2 Pt 1,1). Quindi
se vuoi dare ragione a quanto hai appena affermato, attieniti alla stretta
testimonianza della Scrittura, senza aggiungere e senza togliere, ma tagliando
(ossia spiegando) «rettamente la parola della verità» (2 Tm 2,15). Inoltre il
tuo inciso nel verso citato («VT e NT») è semplicemente sbagliato;
infatti se tu osservi il contesto, prenderai atto che Pietro intendeva le
Scritture ebraiche, le uniche allora esistenti: «parola profetica» (v. 19)
corrisponde a «profezia della Scrittura» (v. 20) e a «profezia» (v. 21); nota
che Pietro non voleva basarsi su una «teologia dell’esperienza» (v. 18), ma
sulla parola dei profeti dell’AT (vv. 19ss). Inoltre l’espressione «profezia
della Scrittura» in At 1,16 intende l’AT. |
■
Francesco: Lo scrittore dell’Epistola agli Ebrei scrisse: «Gesù Cristo
è lo stesso ieri, oggi e in eterno»
(Ebrei 13,8). Se Dio mutasse uno solo
dei suoi comandamenti, Egli non sarebbe più giusto, immutabile, infallibile;
bensì sarebbe volubile come
noi esseri umani. In Luca 1,37 è scritto: poiché nessuna parola di Dio rimarrà
inefficace. Dio ha stabilito sin dal tempo di Mosè che avrebbe parlato agli
uomini per mezzo d’altri uomini UNTI,
affinché si conoscesse la volontà di Dio e si potesse mettere in atto. Questa
modalità non è affatto cambiata nel Nuovo Testamento, ne tanto meno si è
conclusa con Giovanni Battista. Innanzi tutto se Giovanni Battista fosse stato
l’ultimo profeta in assoluto, ciò denigrerebbe Gesù Cristo, il quale oltre a
Salvatore, Figlio di Dio, Emanuele, Guaritore ecc..., è stato un
profeta, poiché non solo
poteva leggere nel cuore e rivelare i peccati della gente, ma ha predetto la
fine del mondo, l’avvento dell’anticristo, la sua morte e la sua risurrezione.
■ Nicola: Se si chiedesse a un esegeta del NT greco, direbbe che
Ebrei 13,8 correttamente dovrebbe recitare: «Gesù è lo stesso
Cristo ieri, oggi, e in eterno». E questo è logico per diversi motivi.
L’autore parlò di «ieri», ossia del loro vicino passato, come di un dato storico
acquisito; non parlò quindi di un’eternità passata. Gesù esistette come uomo e
personaggio storico tangibile in questo mondo solo dall’incarnazione in poi (Mt
1,20), quando la madre gli pose il nome «Gesù» (Lc 1,31); Egli iniziò il suo
ministero di Messia solo dal battesimo in poi, ossia con l’investitura divina
(Mt 3,17; cfr. Mt 17,5); si noti pure la formula d’adozione tipica dell’AT
riguardo agli unti della casa di Davide (Sal 2,7; At 13,33; cfr. 2 Sm 7; Sal
89). E ciò fu confermato da Dio mediante la risurrezione, stabilendolo così «e
Signore e Cristo» (At 2,36), ossia Messia-Re. Prima dell’incarnazione
(Gv 1,14) il Logos (rivelatore) era presso Dio ed era Dio (Gv 1,1s). Perciò Gesù
può essere «lo stesso Cristo» solo dopo essere divenuto carne (Gv 1,14),
ossia dopo che Colui che era «in forma di Dio… annichilì se stesso, prendendo
forma di servo e divenendo simile agli uomini» (Fil 2,6ss).
L’immagine di Dio
proposta da Francesco è quella della dogmatica ma non quella della storia
biblica. Ecco alcuni esempi. Dio aveva comandato che in Israele ereditassero
solo i maschi, ma quando nel caso concreto tutti i maschi di una famiglia erano
morti, Dio mutò la legge, permettendo anche alle donne in tale
circostanza di ereditare i beni di famiglia (Nu 27,1-11; 36,2). Nell’antico
patto c’era il dovere morale che, se moriva un uomo senza prole, il proprio
parente più stretto esercitasse il suo obbligo morale di sposare la vedova per
procreare
al defunto una discendenza (Dt 25,5ss). Tale costume si chiamava «matrimonio
leviratico» (cfr. il libro di Rut). Esso esisteva ancora al tempo di Gesù
(Mt 22,25ss). Nel nuovo patto non c’è traccia di questo obbligo morale né i
cristiani lo praticano. Si pensi anche al costume di dare la propria serva
personale come concubina al marito in caso di sterilità (cfr. Agar Gn
16,1s; Bilha Gn 30,3; Zilpa Gn 30,9). Nell’antico patto chi non osservava il
sabato, veniva messo a morte (Es 31,14s; 35,2). Nel nuovo patto è
scritto: «L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni
uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente» (Rm 14,5). E
la lista potrebbe continuare ed essere lunga. Per l’approfondimento rimando in
Šabbât,
agli articoli «La questione della legge», pp. 51-56; «La questione della
domenica», pp. 57-69. Quando
diciamo che Dio sia immutabile, dobbiamo stabilire che cosa significa.
Quando si cita: «Io, l’Eterno, non muto» (Mal 3,6), bisogna continuare a
leggere: «E perciò voi, o figli di Giacobbe, non siete consumati»; e
bisogna leggere anche il contesto, che mostra il quadro amorale dei Giudei del
tempo. Quindi l’affermazione di Dio indica che egli non viene meno al giuramento
fatto ad Abramo relativamente al fatto che la sua progenie non verrà mai
distrutta (Gn 22,16s; 2 Re 8,19; Is 43,1ss; Eb 6,13s). Quindi Dio non ritira le
sue promesse. Anche in Gcm 1,17 l’autore dopo aver ricordato che «ogni
donazione buona e ogni dono perfetto vengono dall’alto, dal
Padre degli astri luminosi», aggiunge che presso di Lui «non c’è
variazione né ombra prodotta da rivolgimento». È chiaro che l’ultima parte
si riferisce alla prima: ossia Dio non è volubile e non ritira le sue promesse.
L’autore dell’epistola agli Ebrei applica il termine «immutabilità» al consiglio
di Dio relativo alla promessa, che egli confermò con un giuramento (Eb 6,16s);
perciò egli concluse che poiché al riguardo «è impossibile che Dio abbia
mentito, troviamo una potente consolazione» (v. 18). Vediamo però
tante volte, in cui Dio ha ritirato il giudizio annunziato, ossia quando
c’è stato un ravvedimento all’ultima curva o l’intercessione di qualcuno.
L’espressione «l’Eterno si pentì del male che aveva detto di fare»
intendeva che a Dio dispiacque di aver annunziato un certo giudizio (Es 32,14
[vv. 1ss intercessione]; 2 Sm 24,16 [v. 17 pentimento di Davide]; Gr 26,19
intercessione; Am 7,3.6 intercessione; Gna 3,10 pentimento). Giona fu indignato
con Dio riguardo ai Niniviti (Gna 4,1ss). Dio ha
mutato il patto da quello vecchio a quello nuovo (cfr. Gr 31,31ss), mettendo
in quest’ultimo fuori uso il primo e la sua legge in tutti i suoi aspetti
legislativi (Rm 4,14; 8,1ss; 1 Cor 9,20s; Gal 3,10; 5,18; Eb 8,13); infatti la
chiesa non è una teocrazia (Stato con una legge religiosa). Quindi il suo
consiglio divino e il suo piano nella storia contengono diverse tappe, di cui
ognuna presenta aspetti sia continuità sia di discontinuità con lo status quo
precedente. Non solo
questo, ma Dio stesso è mutato. Se non comprendiamo questo, non
intenderemo mai il mutamento epocale che ha costituito l’incarnazione. Il Logos,
che era Dio presso Dio (Gv 1,1s), essendo stato fatto carne (v. 14), annichilì
se stesso e divenne uomo (Fil 2,6ss). Ora sebbene Dio lo abbia sovranamente
innalzato (vv. 9s), Gesù Cristo rimane per sempre uomo alfine di garantire la
salvezza ed essere mediatore per sempre: «Uno è infatti Dio, uno e mediatore
di Dio e degli uomini, l’uomo Cristo Gesù» (1 Tm 2,5). Non è un caso che
nella visione del futuro Giovanni vide Gesù come un agnello che era stato
scannato (Ap 5,6). A volte
confondiamo quello che Dio è veramente con l’immagine che ci siamo costruiti di
Lui. Pensiamo che un Dio infallibile non possa mutare nulla né mutare Egli
stesso, perché ciò lo renderebbe volubile. Questo non è però il Dio della
storia, ma il Dio della filosofia dogmatica! Per l’approfondimento si veda
l’articolo «Chi è Dio?» in
Entrare nella
breccia, pp. 103-111. Quanto a
Luca 1,37, il contesto intende che nessuna promessa di Dio (qui riguardo
all’anziana Elisabetta e alla giovane Maria) rimarrà inadempiuta; né di più né
di meno. Gesù stesso
ha affermato: «La legge e i profeti hanno durato fino a Giovanni; da
quel tempo è annunziata la buona novella del regno di Dio» (Lc 16,16). Io
credo a Lui. Giovanni fu l’ultimo profeta teocratico (Mt 11,14; cfr. Mal 4,5s) e
il primo predicatore dell’Evangelo (Mt 3,1s; Mc 1,4s.14s).
Gesù, sebbene fosse considerato dai suoi contemporanei un «profeta», non
era un semplice «profeta», ma era il Messia! Egli non ha mai definito
direttamente se stesso come un semplice «profeta». Non bisogna male interpretare
i proverbi popolari che Gesù usò (Mt 13,17; Gv 4,44), ciò che la gente pensava
di Lui (Mt 21,11; Gv 6,14) né alcuni suoi discepoli frustrati e delusi (Lc
24,19). In ogni modo, «profeta» significava «portavoce» di Dio. Già nella Torà
Jahwè distinse la posizione dei normali profeti da quella di Mosè (Nu
12,6ss; cfr. Es 33,11; Dt 34,10). Perciò Mosè stesso annunciò un «profeta» del
suo calibro per il futuro (Dt 18,15; At 3,22; 7,37). Per tale motivo, Gesù fu
paragonato a Mosè, iniziatore del patto e istitutore della religione (Eb 3,2), e
ne fu evidenziata la superiorità (Gv 1,17; 6,32; Eb 3,3-5). La lettera agli
Ebrei inizia mostrando novità e discontinuità: «Dio, dopo aver in molte volte
e in molte maniere parlato anticamente
ai padri per mezzo dei profeti,
2in questi ultimi giorni ha parlato a noi
mediante il suo Figlio» (Eb 1,1s).
Ha Gesù
contraddetto se stesso affermando Giovanni come ultimo profeta (o Elia), pur
essendo egli stesso un «profeta»? Certo Gesù ha predetto la propria morte, la
propria risurrezione, i tempi della fine e altre cose, ma lo ha fatto in quanto
Messia e detentore dello Spirito Santo (Mt 3,16-4,1; Lc 4,14;10,21). |
■
Francesco: Io credo che una tale confusione nasca dal fatto che si sappia
poco che la parola profeta vuol dire chi proferisce o predicatore. Ora un
profeta del vecchio patto era tale perché proferiva le parole di Dio, e Pietro,
Paolo, chi erano? Non proferirono anch’essi le parole di Dio? «Le cose che vi
scrivo sono
comandamenti
del Signore» (1 Corinzi 14,37). Be dirai erano apostoli, certo. Ma
apostolo vuol dire inviato. Ed anche quelli del VT allora potremmo dire che
erano apostoli, poiché anch’essi erano inviati da Dio. Non si mossero mai da
soli: «La parola dell’Eterno fu rivolta a Giona, figliuolo d’Amittai, in
questi termini: “Lèvati, và a Ninive, la gran città, e predica contro di lei”»
(Giona 1,1,2). Come vedi non solo Giona fu un apostolo (inviato = «và a
Ninive»), ma era anche un predicatore (predica contro di lei), eppure tutti lo
conosciamo come il
profeta Giona. Dio è lo stesso, Alleluia!!!
■ Nicola: Se generalizziamo tutto o se confondiamo le categorie (qui
profeti e apostoli), non arriveremo mai alla verità. Sono due lingue diverse,
due patti differenti, eccetera. Mentre nessun profeta dell’AT fu chiamato
«apostolo» (p.es. «apostolo Giona»), nessuno dei dodici apostoli né Paolo furono
mai chiamati «profeti», ad esempio «profeta Giovanni». [►
Profeta con nome nel NT] I dodici apostoli erano persona particolari nella chiesa, essendo stati
designati da Cristo come suoi inviati e rappresentanti (At 1,2; 2,42
insegnamento degli apostoli; onore Ap 21,14); ad essi il Signore associò anche
Paolo (1 Cor 15,7ss). I Dodici in quanto apostoli erano certamente anche
profeti, poiché parlavano da parte di Dio, e sul loro insegnamento fu stabilità
la chiesa (Ef 2,20; At 2,42; 5,21). Ma mai nessuno di loro si definì «profeta» o
fu definito da altri come, ad esempio, «profeta Paolo». |
■
Francesco: Voglio aggiungere che in Atti 21,10 si trova questa citazione: «E,
restando noi lì molti giorni, un certo
profeta
di nome Agabo, scese dalla Giudea». Quindi anche nel NT v’erano profeti, ma
non fu solo lui, ve ne furono altri a cui Paolo scrisse: «Se uno si stima
essere profeta o
spirituale, riconosca che le cose che vi scrivo sono comandamenti del Signore»
(1 Corinzi 14,37).
Per cui
credo realmente che non solo nel VT e nel NT ma ancora oggi Dio manda i suoi
profeti, cioè coloro ai quali viene rivolta la Parola di Dio per ammaestrare la
greggia di Dio. Se ciò non fosse così allora significherebbe che Dio ha smesso
di parlare con gli uomini. Ma ciò è lungi dal
Piano di Dio. Egli pur di riconquistare gli uomini ha dato la sua vita. Amen!
{10-11-2007}
■ Nicola: Ho già affrontato altrove la questione particolare di Agabo.
[►
Agabo] Nota «un certo profeta». Quanto a 1 Cor 14,37 non bisogna
dimenticare il contesto e il fatto che due versi dopo affermò: «Fratelli,
bramate il profetare» (v. 39); e alcuni versi prima disse: «Tutti, uno ad
uno, potete profetare; affinché tutti imparino e tutti siano consolati». Se
nella chiesa locale tutti possono profetare (= parlare in modo ispirato
sulla base della Parola), allora non ci sono profeti speciali nel nuovo patto!
Dio parla
certamente oggigiorno agli uomini, ma mediante la sua Parola, sia quando la
leggiamo, sia quando viene insegnata per ammaestrare il gregge del Signore, sia
quando in gruppo viene usata per l’edificazione reciproca. «Attendi finché io
torni, alla lettura, all’esortazione, all’insegnamento» (1 Tm 4,13). «La
testimonianza di Gesù è lo spirito della profezia» (Ap 19,10): il cuore
della «profezia» (allora l’AT) è testimoniare di Gesù; dall’altro lato, quando
si testimonia di Gesù, si pratica «profezia», ossia si parla in modo ispirato da
parte di Dio mediante lo Spirito del Padre (Mt 10,18ss; Lc 12,11s). |
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Profeti_discontinuita_Sh.htm
12-11-2007; Aggiornamento: 02-07-2010
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