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Dall’avvento alla parusia

 

Pentecostalismo

 

 

 

 

La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:
■ Aspetti introduttivi
■ Gesù di Nazaret
■ Gli Evangeli
■ Dall’ascensione alla fine dei tempi
■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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A PENTECOSTE LO SPIRITO DISCESE

SOLO SUI DODICI APOSTOLI

 

 di Nicola Martella

 

L’espressione «battesimo nello (o dello) Spirito», che è un termine tecnico nella dottrina pentecostal-carismatica, non ricorre mai nel NT, neppure in 1 Corinzi 12,13 nel testo greco, che recita letteralmente così: «Infatti, noi tutti siamo stati immersi mediante un unico Spirito dentro un unico corpo, e Giudei e Greci, e schiavi e liberi; e tutti siamo stati abbeverati di un unico Spirito».

     Nel NT l’espressione verbale «immergere nello Spirito» si trova in appena pochi versi ed è riferita unicamente all’esperienza, che solo i dodici apostoli di Gesù Cristo vissero a Pentecoste.

     Questo può sembrare sorprendente, ma un’analisi attenta dei testi biblici mostrerà che le cose stanno veramente così. Chiaramente bisognerà avere la pazienza di seguire l’intero ragionamento e di arrivare fino alla fine dell’articolo. Probabilmente alcuni non saranno d’accordo, tuttavia questo è quanto mi ha convinto un’analisi attenta del testo biblico, che ho sondato con onestà e dirittura di cuore. Chi ne ha altrettante, faccia lo stesso cammino e mostri le sue capacità esegetiche e le sue fondate conclusioni.

 

 

1.  GLI ANTECEDENTI

 

1.1.  NEGLI EVANGELI: Nei Sinottici (Mt-Lc) Giovanni Battista parlò del futuro Messia, prima di incontrarlo. Nell’Evangelo di Matteo, Giovanni Battista, per evidenziare il suo limite, contrappose l’espressione «io vi immergo in acqua» con «egli vi immergerà nello Spirito Santo e nel fuoco» (Mt 3,11); ciò conteneva una minaccia di giudizio mediante il fuoco (vv. 10.12) specialmente per Farisei e Sadducei, che egli chiamò «razza di vipere» e a cui annunciò «l’ira a venire» (v. 7). Perciò, tale evento messianico non era una buona notizia per loro e ricalcava minacciosamente quanto già annunciato da Isaia (1,25.31) e da Malachia (3,2s).

     Marco (1,7s) fu qui più scarno e si limitò alle differenza fra Giovanni e il Messia. Luca (3,16s) ricalcò Matteo, ma estese le parole a tutti i Giudei (v. 16), ossia al popolo (v. 18), non menzionando Farisei e Sadducei.

     Giovanni, come al solito, non ricalcò i Sinottici, ma evidenziò altri aspetti. Egli riportò la testimonianza del Battista, dopo il battesimo di Gesù in acqua: «E io non lo conoscevo; ma Colui che mi ha mandato a immergere in acqua, mi ha detto: “Colui sul quale vedrai lo Spirito scendere e fermarsi, è quello che immerge nello Spirito Santo”» (Gv 1,33).

     Come si vede, tali espressioni negli Evangeli si riferiscono tutte alla stessa circostanza. Fu Giovanni Battista a parlarne in termini veterotestamentari. Si noti che in essi Gesù non usò mai tale espressione.

     Tutto ciò dovrebbe spingere a maggiore cautela coloro, che usano proprio tali versi per avvalorare una presunta «seconda esperienza» nella chiesa, attingendo da tali brano il sedicente «battesimo nello Spirito», locuzione che non ricorre così e che non intendeva ciò, che oggi in ambienti pentecostal-carismatici si intende. Giovanni Battista intendeva un'opera escatologica di purificazione d'Israele da parte del Messia all'inizio del suo regno terreno, in conformità con le predizioni profetiche (Is 1,25.31; Ger 9,7; Ez 22,18-22; Mal 3,2s). Gesù stesso parlò di una separazione fra pecore e capri all'inizio del suo regno (Mt 25,32s). Si veda in merito anche l'interpellanza ufficiale del Battista dal carcere a Gesù: «Sei tu colui, che ha da venire, o ne aspetteremo noi un altro?» (Mt 11,3).

 

1.2.  NEGLI ATTI: L’unico luogo, dove Gesù usò l’espressione «immergere nello Spirito», è nel libro degli Atti; e fu appena prima dell’ascensione e in vista della Pentecoste, parlando solo ai suoi apostoli (At 1,2): «E trovandosi con loro, ordinò loro di non dipartirsi da Gerusalemme, ma di aspettarvi il compimento della promessa del Padre, “la quale [egli disse] avete udita da me. Infatti, quanto a Giovanni egli vi immerse mediante acqua, ma voi sarete immersi nello Spirito Santo fra non molti giorni”» (vv. 4s; si notino i pronomi esclusivi). Quando lo Spirito Santo sarebbe venuto sugli apostoli, ciò avrebbe comunicato loro la potenza necessaria per essere testimoni del Messia dappertutto (v. 8). Tale speciale investitura per i suoi apostoli era una specie di caparra specifica d'autorità per loro, che anticipava la sua azione escatologica, prima della quale essi dovevano portare l'Evangelo del regno in tutto il mondo e iniziare altri a farlo.

 

 

2.  PENTECOSTE E I DODICI: Se si analizza bene il testo biblico, la promessa di Gesù si realizzò a Pentecoste solo per i dodici apostoli del Signore, per gli undici, che lui elesse in vita, e per Mattia, che egli fece eleggere con la sorte al posto del decaduto Giuda Iscariota.

 

2.1.  LE DIVERSE SCENE: In Atti 1-2 abbiamo almeno quattro scene differenti.

     ■ Nella prima scena (At 1,1-11) c'erano solo gli undici apostoli del Signore (v. 2), che ricevettero da Lui la promessa del rivestimento di potenza, appena prima dell'ascensione di Gesù. Con loro non c'era nessun altro, se non questi «uomini galilei» (v. 11).

    ■  Nella seconda scena (At 1,12ss) gli apostoli tornarono a Gerusalemme dal monte chiamato dell’Uliveto (v. 12) e salirono nella sala di sopra (v. 13 elenco degli undici apostoli), dove abitualmente avevano comunione di «preghiera con le donne, e con Maria, madre di Gesù, e coi fratelli di lui».

     ■ La terza scena (At 1,12-26) avvenne in un momento indistinto («in quei giorni», v. 15) dei dieci giorni che separavano l'ascensione di Gesù da Pentecoste. Fu indetta un'assemblea speciale e solenne (c'erano circa 120 credenti maschi, vv. 15s), in cui bisognava eseguire un atto ufficiale della neonata chiesa: l'elezione del dodicesimo apostolo, prima della loro investitura speciale mediante lo Spirito Santo. Il Signore guidò la sorte, facendo associare Mattia agli altri undici specifici «apostoli del Signore» (v. 26).

     Faccio notare che per tale atto ufficiale erano ammessi solo uomini. Ciò si evince da una traduzione letterale, che recita così: «E in questi giorni, Pietro, alzatosi in mezzo ai fratelli (e c'era adunato una massa di circa centoventi persone [lett. nomi]), disse: "Uomini, fratelli,..."» (vv. 15s). Essi erano, quindi, un gruppo di delegati («nome» sta anche per autorità; cfr. Ef 1,21), che si radunava sotto la supervisione degli apostoli. L'espressione «uomini, fratelli» (v. 16), ricorre anche in Atti 2,29 (cfr. 2,14 uomini giudei; v. 22 uomini israeliti; 3,12).

     ■ La quarta scena (At 2,1ss) avvenne il giorno della Pentecoste, Qui si realizzò quanto il Signore promise nella prima scena ai soli apostoli. Luca dapprima evidenziò che «Mattia… fu associato agli undici apostoli» (At 1,26); poi, sebbene, gli eventi non avvennero lo stesso giorno, aggiunse subito: «E come il giorno della Pentecoste fu giunto, tutti erano insieme nel medesimo luogo» (2,1); tale «tutti» si riferiva all’elenco degli apostoli di At 1,13 e al nuovo nominato, Mattia (v. 26). Qui non erano «tutti quelli, che credevano» a essere insieme (così At 2,44), ma solo gli apostoli per una specie di riunione di consiglio. Che gli apostoli fossero tutti nel medesimo luogo insieme, non era scontato, visto che dovevano procurarsi quotidianamente il cibo, lavorando (cfr. già Gv 21,3; cfr. anche 20,24); ciò fu possibile pure perché Pentecoste era una delle feste comandate ai Giudei, in cui era proibito lavorare.

     Si noti pure che, mentre in At 1,14 al «tutti costoro», riferito agli apostoli (v. 13), furono associati le donne (tra cui Maria) e i fratelli carnali di Gesù, e in atti 1,15ss si parla di circa 120 credenti maschi, in Atti 2,1ss non si parla d’altre persone, e ciò vale per l’intero capitolo, in cui si parla solo di Pietro e degli altri undici apostoli (At 2,14). Era, quindi, un incontro particolare, come Gesù aveva comandato loro. Gesù per quaranta giorni diede «comandamenti agli apostoli, che aveva scelto» (At 1,2), «ordinò loro di non dipartirsi da Gerusalemme» (v. 4), promise loro che «voi sarete immersi nello Spirito Santo» (v. 5) e che «voi riceverete potenza, quando lo Spirito Santo verrà su voi» (v. 8). Ciò escludeva tutti gli altri credenti.

 

2.2.  ANALISI DI ATTI 2: Oltre a quanto già detto, si osservino i seguenti aspetti.

     ■ I fatti: Atti 2,1 recita letteralmente: «E nell’adempiersi il giorno del cinquantesimo, erano tutti dappresso [homou] l’uno con l’altro [epì tò autó]».Tutti chi? Le persone appena menzionate nel verso precedente: gli undici apostoli e Mattia, che era stato associato a loro (At 1,26). Tale verso intendeva esprimere l'unita tra i Dodici, compreso il neo-eletto Mattia. Qui l’autore, dopo aver menzionato che essi «erano tutti dappresso» (ossia presenti contemporaneamente nel medesimo luogo), riferito ai soli apostoli per le ragioni appena esposte, parlò di «ciascuno di loro» quanto alle «lingue come di fuoco» (v. 3) e al fatto che essi «tutti furono ripieni dello Spirito Santo» (v. 4). In tale modo, Luca voleva evidenziare la legittimazione di tutti e dodici gli apostoli del Signore, nessuno escluso, compreso Mattia, il neo-eletto. Non si parlò di altri credenti insieme a loro.

     Furono gli apostoli soltanto a «parlare in altre lingue» e furono solo loro, che ciascuno dei Giudei indigeni o della diaspora «udiva parlare nel suo proprio linguaggio» (v. 6), ossia quello del luogo di provenienza (v. 8). Si noti, poi, che «Pietro, alzatosi in piedi con gli undici, alzò la voce e parlò loro in questa maniera» (v. 14); nessun altro credente fu menzionato con loro, ma solo due gruppi: gli apostoli e i Giudei non-convertiti. Perché quel giorno si convertissero 3.000 Giudei d’ogni nazione menzionata (vv. 9-11), era necessario che il messaggio di Pietro arrivasse fino a loro. Per questo è scritto che Pietro si alzò in piedi «insieme con gli undici», poiché essi tradussero a mano a mano il discorso di Pietro nelle lingue di provenienza dei Giudei della diaspora. Questo dato di fatto è sorprendete solo per chi non è informato sulle modalità di comunicazione in tempi, in cui non c'erano amplificatori  altoparlanti.

     Bisogna far notare, in ogni modo, quanto segue. Luca scrisse di tali «circa tremila anime»: «Ed erano perseveranti nell’attendere all’insegnamento degli apostoli, nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere» (At 2,41s). Perché ciò si realizzasse, moltissimi di tali Ebrei della diaspora dovevano risiedere abbastanza stabilmente a Gerusalemme. Infatti, lì c’erano vari raggruppamenti di Ebrei, secondo criteri sociali e linguistici, che si radunavano in proprie sinagoghe. Luca menzionò quelli «della sinagoga detta dei Liberti, e dei Cirenei, e degli Alessandrini, e di quelli di Cilicia e d’Asia» (At 6,9). Ciò significa che il numero di persone, che non capivano per nulla l'ebraico (o l'aramaico) o solo in modo approssimativo e a cui gli undici apostoli dovevano tradurre il discorso di Pietro, era relativamente contenuto; ciò facilitava il compito degli apostoli, visto che in genere i gruppi etnici e linguistici differenti sono già di per sé compatti fra loro, specialmente quando si muovono in un ambiente diverso dal loro abituale.

 

     ■ Excursus: La comunicazione di massa nell’antichità: La traduzione in seduta stante dinanzi a masse linguisticamente eterogenee non era inusuale a quel tempo. Si pensi ai comandi delle forze d’occupazione romana, che erano tradotti in seduta stante nelle varie lingue parlate in Giudea e paesi limitrofi. I soldati romani parlavano abitualmente latino e i loro comandanti parlavano tutt’al più greco. Si pensi a Pilato, procuratore romano, che parlava con Gesù (Mt 27,13) e ai Giudei (Mt 27,17-23), e alla condanna scritta sulla croce in tre lingue (Gv 19,20). Si pensi a Gesù che parlò a vari gruppi etnici, non solo ai vicini Samaritani (Gv 4,9.39s), che avevano una lingua simile, ma anche ai Greci (Gv 12,20ss), ai Romani (Mt 8,5ss centurione; Pilato) e ai Siro-fenici (Mc 7,26; v. 24 Tiro; v. 31 Sidone e Decapoli; Mt 4,24 Siria). È scritto: «E grandi folle lo seguirono dalla Galilea e dalla Decapoli e da Gerusalemme e dalla Giudea e da oltre il Giordano» (Mt 4,25). Poiché tra di loro c’erano quelli, che parlavano lingue differenti (p.es. greco nella Decapoli), ciò che diceva Gesù, doveva essere tradotto in seduta stante (Mt 5 «Sermone sul monte»; a ciò si deve il parlare in frasi brevi di Gesù in esso!).

     Per tale fenomeno ricorrente nell’antichità, si pensi al generale assiro Rabšake, che parlò da parte del suo re dinanzi ai dignitari giudaici e al popolo (Is 36,2ss); egli parlò evidentemente in aramaico, ma ci fu chi lo tradusse in seduta stante in ebraico. Ciò dava fastidio ai dignitari giudaici, i quali gli dissero: «Deh! parla ai tuoi servi in lingua aramaica, poiché noi la intendiamo; e non in lingua giudaica, cosicché il popolo che è sulle mura l’oda» (v. 11). Rabšake non sapeva l’ebraico, visto che parlava la lingua franca dell’intero regno assiro, l’aramaico, e visto che da soldato era intento a fare guerra a tutti i popoli, che non si sottomettevano al re d’Assiria.

     Si pensi anche al popolo ritornato dall’esilio, che parlava aramaico, mentre gli scritti sacri erano in ebraico. Perciò è scritto che i «Leviti spiegavano la legge al popolo, e il popolo stava in piedi al suo posto. Essi leggevano nel libro della legge di Dio distintamente; e ne davano il senso, per far capire al popolo quello, che s’andava leggendo» (Ne 8,7s).

     Nell'antichità, queste erano quindi le forme di comunicazione di massa. Esse erano così scontate che in genere le si premetteva, senza neppure menzionarle. Anche oggigiorno, ad esempio, all'ONU, nelle sedi dell'Unione Europea, del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio) e di altri organismi internazionali la traduzione simultanea è semplicemente scontata e non necessita ogni volta di essere ricordata.

 

 

3.  APPROFONDIMENTI

     ■ Un evento riservato: In fin dei conti, l’evento escatologico, che Giovanni Battista annunciò, ricalcando i profeti, non si realizzò per Israele nel suo complesso, ma avvenne come caparra solo per gli apostoli. Gli aspetti negativi riguardo al giudizio purificatorio per mano del Messia (Is 1; Mal 3) furono rimandati alla fine dei tempi, quando il Messia ritornerà glorioso. Di per sé Pentecoste servì per manifestare storicamente lo Spirito Santo come persona (e non solo più come teofania spirituale), a inaugurare il tempo della grazia, a potenziare i dodici apostoli, che avrebbero portato l’Evangelo in tutto il mondo, e a legittimarli come servi di Cristo e guide della chiesa. Né per i 3.000 convertiti a Pentecoste (At 2,41), né per quanti furono poi aggiunti alla chiesa (v. 47), né per le altre migliaia di Giudei, appartenenti alla chiesa di Gerusalemme e «tutti sono zelanti per la legge» (At 21,20), fu mai menzionata un’esperienza spirituale paragonabile a quella vissuta dai dodici apostoli a Pentecoste.

 

     ■ E i tremila?: Che cosa ricevettero a Pentecoste allora i Giudei, che si erano convertiti? Non un sedicente «battesimo nello Spirito Santo», ma solo il «dono dello Spirito Santo» nel momento della conversione, espressione che significa «lo Spirito Santo come dono» (altrove si parla similmente dello Spirito come caparra: 2 Cor 1,22; 2 Cor 5,5; come pegno: Ef 1,13s; come suggello: Ef 1,13; 4,30). A Pentecoste Pietro disse ai Giudei: «Ravvedetevi, e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, in vista della remissione dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo» (At 2,38); qui ricorre doreà e non chárisma e mostra che lo Spirito Santo stesso era tale dono divino, e non una presunta esperienza mistica. Si noti che Luca non menzionò per loro il suono del vento impetuoso, le lingue di fuoco né il parlare in altre lingue! Per i 3.000 si trattava di una «prima esperienza», quella del ravvedimento e della rigenerazione.

 

     ■ I Dodici e i Gentili: Quando Pietro fu chiamato a giustificarsi dinanzi alla chiesa di Gerusalemme per essere entrato nella casa di Gentili, egli narrò, tra altre cose: «E come avevo cominciato a parlare, lo Spirito Santo scese su loro, come era sceso su noi da principio. Mi ricordai allora della parola del Signore, che diceva: “Giovanni ha immerso mediante acqua, ma voi sarete immersi nello Spirito Santo”. Se dunque Dio ha dato a loro lo stesso dono, che ha dato anche a noi, che abbiamo creduto nel Signor Gesù Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?» (At 11,15ss). Si noti che Pietro riferendosi alla discesa dello Spirito, parlò di «loro» Gentili e di «noi»; qui si riferiva ai dodici apostoli, cosa che era conosciuta e chiara ai credenti di Gerusalemme; nessuno avrebbe ardito di paragonarsi a loro. Ciò fu ribadito anche dalla citazione della parola, che Gesù aveva rivolto proprio e solo ai suoi apostoli, appena prima dell’ascensione (At 1,2.5). Dopo, però, parlò subito di «dono» (doreà e non chárisma), per equiparare l’esperienza di tutti i cristiani giudei («noi»), dai 3.000 convertiti a Pentecoste (At 2,41) in poi, con quella dei gentili convertiti («loro», At 11,17); ciò convinse i cristiani giudei di Gerusalemme che un evento epocale fosse avvenuto: l'accettazione dei Gentili convertiti nella chiesa (v. 18). Si noti pure che per i 3.000 Giudei e per quelli a casa di Cornelio non ci fu una «seconda esperienza», ma solo la conversione e la rigenerazione!

     Quindi, gli eventi a casa di Cornelio erano simili (discesa dello Spirito), ma non uguali a quelli di Pentecoste (i dodici apostoli non ricevettero lo Spirito Santo come dono, poiché lo avevano già ricevuto; Gv 20,22; cfr. invece At 2,38). Per i Gentili a casa di Cornelio si trattò di una «prima esperienza» (conversione e rigenerazione), mentre solo gli apostoli a Pentecoste avevano fatto, per così dire, una vera «seconda esperienza», tanto per usare il linguaggio caro ai pentecostal-carismatici. Quindi, il fenomeno è simile, perché i dodici apostoli erano già credenti, mentre Cornelio e li altri, che si convertirono, non lo erano precedentemente. Inoltre, in Atti 10 mancano altri elementi caratteristici per Pentecoste, ad esempio: il vento impetuoso (At 2,2), le lingue come di fuoco (v. 3), l'uso pubblico di lingue reali nella città, che i Giudei della diaspora capivano (v. 6ss) e che permise loro di intendere l'Evangelo (vv. 14.37) e di accettarlo (v. 41; abbiamo parlato sopra del modo come avveniva la comunicazione di massa nell'antichità). In Atti 10,46 i Gentili convertiti magnificarono Dio, ma non comunicarono l'Evangelo in lingue estranee nella loro città.

 

 

4.  ASPETTI CONCLUSIVI: Abbiamo visto che lo Spirito Santo scese a Pentecoste solo sui dodici apostoli di Gesù, ma lo Spirito Santo fu elargito come dono a tutti i credenti, prima solo a quelli giudei, poi anche a quelli gentili (Ef 2,11-20). Distinguere questi due aspetti è importantissimo.

     Lo Spirito Santo è elargito come dono nel momento della conversione (aspetto umano) e della rigenerazione (aspetto divino; cfr. At 2,38; 10,45). Paolo scrisse a Timoteo: «Egli [Dio] ci ha salvati non per opere giuste, che noi avessimo fatte, ma secondo la sua misericordia, mediante il lavaggio della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo, che Egli ha copiosamente sparso su noi per mezzo di Gesù Cristo, nostro Salvatore, affinché, giustificati per la sua grazia, noi fossimo fatti eredi secondo la speranza della vita eterna» (Tt 3,5ss). È evidente che «il lavaggio della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo» sono lo stesso evento coincidente con lo spargimento dello Spirito sui credenti e con l’essere «giustificati per la sua grazia».

     Tutti i rigenerati hanno ricevuto il suggello dello Spirito Santo, quale caparra, in vista della redenzione finale (Ef 1,13; 4,30). E tale suggello non è la glossolalia o un altro carisma, visto che non tutti parlano in lingue o hanno i medesimi carismi (1 Cor 12,29s), ma è lo Spirito stesso. Tornando a 1 Corinzi 12,13, questo verso esprime la rigenerazione dei credenti, che sono immersi in Cristo mediante lo Spirito Santo, per diventare membri del «Corpo di Cristo». Il distintivo migliore di tale avvenuta immersione è il «frutto dello Spirito». Da lì in poi, è compito del credente rigenerato di vivere nella pienezza dello Spirito, ubbidendo a Dio, onorando Cristo nella propria vita, sottomettendosi alla Parola e praticando la comunione dei santi.

 

 

5 EXCURSUS: CHI C'ERA ALL'ASCENSIONE?: Coloro che non accettano che la promessa prima dell'ascensione valeva solo per gli apostoli del Signore, si basano su Luca 24, per affermare che lì ci fossero anche altri credenti. Sebbene da Marco 16,9-20 non bisogna trarre dottrine, mancando questo testo in alcuni dei più antichi manoscritti, pure è interessante leggere da questo testo il seguente dato storico. Infatti, tale nota finale di Marco 16 parla degli stessi episodi di Luca 24, sebbene ognuno lo faccia a modo suo e con uno scopo differente. [ La successione dei fatti in Luca 24]

 

     ■ 1. Dapprima i due discepoli riferirono della manifestazione ricevuta di Gesù (Mc 16,12s = Lc 24,13-35). «Poi, dopo questo, apparve in altra forma a due di loro, che stavano camminando, recandosi ai campi. [13] E quelli, andati, [lo] annunziarono agli altri; ma neppure a quelli credettero» (vv. 12s).

 

     ■ 2. Poi disgiunto da tale scena, seguì l’incontro del Signore con i soli undici apostoli (Mc 16,14ss = Lc 24,36-49). «In seguito, apparve agli stessi undici, mentre erano a tavola, e rimproverò la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che l’avevano veduto risuscitato» (v. 14).

 

     ■ 3. Infine, ci fu la scena finale, che si concluse con l’ascensione di Gesù, a cui assistettero solo gli undici discepoli (Mc 16,19 = Lc 24,50-53). Dapprima ci fu il grande mandato missionario (vv. 15s; cfr. Mt 28,18ss), poi seguì l’assunzione al cielo di Gesù (v. 19) e l'adempimento del mandato missionario (v. 20).

 

Come si vede, i due eventi (apparizione ai due discepoli e poi agli undici) non erano contigui, e nel secondo si parlò solo degli apostoli. Come già ricordato, essi erano gli «uomini galilei», a cui si rivolsero i due esseri celesti (At 1,11). Dopo l’aggiunta di Mattia al gruppo degli apostoli, furono solo loro a radunarsi in un consiglio apostolico, quando venne lo Spirito Santo su di loro e li abilità al ministero (At 1,26-2,1ss). Essi furono identificati chiaramente come «Galilei» (At 2,7) e di loro Luca parlò, affermando: «Ma Pietro, levatosi in piè con gli undici, alzò la voce e parlò…» (v. 14). Nello stesso capitolo egli ricordò pure «l’insegnamento degli apostoli» (2,42) e che «molti prodigi e segni erano fatti dagli apostoli» (v. 43).

 

Ecco i link per raggiungere i temi di discussione connessi a questo articolo:

     ■ 1. I fatti dalla risurrezione all'ascensione.

     ■ 2. I fatti dall'ascensione a Pentecoste.

     ■ 3. I fatti da Pentecoste in poi.

 

A Pentecoste, gli altri Ebrei come riconobbero i Galilei? {Nicola Martella} (A)

La successione dei fatti in Luca 24 {Nicola Martella} (A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Pentecost_Spirit_12_Avv.htm

20-08-2011; Aggiornamento: 19-09-2011

 

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