1. ENTRIAMO IN TEMA
(Nicola Martella): In Torino è venerato un singolare «lenzuolo funebre», su cui
è raffigurata l’immagine misteriosa d’un uomo. Esso viene chiamato «sacra
Sindone». Il termine «sindone» proviene dal greco sindōn e significa
appunto lenzuolo funebre, in cui veniva avvolto un cadavere prima della
tumulazione.
Ultimamente se ne è occupata di ciò la rivista «factum»;
essa è edita dalla casa editrice Schwengeler (Berneck, CH) in lingua tedesca. In
passato, tale casa editrice tentò l’avventura italiana con la DLC, ma presto
abbandonò il campo. L’altra sua creatura è «ethos». Sono senz’altro importanti
riviste nel panorama cristiano di lingua tedesca. Nel numero 3/2010 di «factum»
(21 aprile 2010) è apparso nella rubrica «Scienza/fede» un articolo dal titolo
«Non mediante mano umana».
Sebbene l’articolo non sia accessibile online, ne viene presentato l’inizio
soltanto che, tradotto, recita
così: «Il lenzuolo funebre di
Torino mostra il cadavere d’un uomo crocifisso. L’origine dell’immagine
documenta forse il momento della resurrezione?
Dietro a un vetro a prova di proiettile, nella cappella reale del Duomo di
Torino è conservato un pannilino prezioso, che è mostrato al pubblico in media
solo ogni 30 anni. Questo anno, il proprietario, il Vaticano, fa una eccezione.
Il tessuto si trova in una speciale vetrina high-tech con clima artificiale
d’argon e doppio sistema d’allarme. Ci furono ripetutamente attacchi incendiari
contro la tela, dei quali cadde quasi vittima, cosicché le enormi misure di
sicurezza non sembrano esagerate. Gli esperti temono inoltre che l’immagine
sulla tela potrebbe sbiadire lentamente per l’ossidazione e infine potrebbe
scomparire completamente. Così si vuole conservare il più possibile l’attuale
stato del tessuto con le ultime tecnologie.
Il motivo del suo apprezzamento estremamente elevato è stato il fatto che fu
considerato, fin dall’inizio, il vero lenzuolo funebre di Gesù, anche se i
critici lo mettono sempre in dubbio. La copiosità di nuovi dati scientifici
parlano sempre più a favore della sua autenticità. L’unico test, che sembrava
finora di dimostrare il contrario, fu la prova mediante il radio-carbonio nel
1988 con il metodo del C14. In una conferenza stampa a Londra, il risultato del
test fu annunciato con evidente orgoglio, ossia che la tela di lino proverrebbe
dal periodo che va dal 1260 al 1390. Tuttavia, ben presto, questo risultato fu
seriamente contestato e fu confutato nel 2005 dal prof. Ray Rogers, chimico
leader del centro di ricerca nucleare americano di Los Alamos. Tuttavia, questo
non è arrivato all’attenzione pubblica. Il chiarimento di questi errori
d’identificazione portarono alla luce ulteriori particolari, che hanno
confermato ulteriormente la sua autenticità, ed esso fu datato a un’età di circa
2000 anni fa.
Si legga l’articolo completo in factum 3 / 2010». Fine
della citazione.
Non conosco il
resto dell’articolo. Meraviglia però che una rivista scientifica come «factum»
si schieri, fin dall’inizio, per una tale ipotesi, sminuendo in modo partitico i
fatti contrari. Questo modo di fare non è tipico di chi vuole analizzare
scientificamente e teologicamente i fatti e rappresentarli in modo neutrale.
L’articolo ha indotto Alexander Seibel a scrivere una lettera al direttore, che
proponiamo qui di seguito.
2. OSSERVAZIONI E OBIEZIONI
(Alexander Seibel): Devo confessare che l’articolo sul lenzuolo funebre di
Torino mi ha lasciato alquanto frustrato, per usare un eufemismo.
Ciò che ieri era difeso come genuino da entusiasti cattolici e veneratori di
Maria, ossia come una vera e propria reliquia cattolica, è arrivato ora anche da
noi in campo evangelicale come il lenzuolo funebre, che sarebbe sedicentemente
dimostrato di appartenere a Gesù Cristo.
Eppure il reperto della Bibbia contraddice, in realtà, un tale lenzuolo funebre.
Perché? Matteo, Marco e Luca concordano sul fatto che Giuseppe di Arimatea
acquistò una tela di lino (in greco
sindōn), avvolse Gesù in essa e lo mise in una tomba nuova, che fu chiusa
con una pietra. [N.d.R.: Sindōn significa in greco tessuto di lino
finissimo, tela finissima, tela, mussolina, panno, drappo sottile, lenzuolo,
vela.]
Nell’Evangelo di Giovanni leggiamo ulteriori dettagli. Lì si afferma che
Giuseppe e Nicodemo avvolsero Gesù in pannilini (othónia, plurale).
Othónion è un termine maggiormente esplicativo per la tela di lino (sindōn),
menzionata dai Sinottici. [N.d.R.:
Othónion significa in greco pezza, pannilino, fascia, tessuto, panno di
lino, vela.] Per il plurale si veda anche Luca 24,12.
Che ci fossero pannilini diversi, può essere visto anche dal racconto di
Giovanni sulla risurrezione. Lì viene menzionato che tali bendaggi o pannilini
(plurale) si trovassero in un certo punto nel sepolcro vuoto, mentre il panno
per la testa (sudario), ossia quello che fu legato attorno al capo di Gesù,
stava in un altro luogo (Gv 20,6-7). In conclusione, un tale lenzuolo funebre,
che fosse stato posto su Gesù in tutta la sua lunghezza, non esisteva affatto.
Lo si avvolse in pannilini e intorno alla sua testa fu legato extra un
asciugatoio o sudario.
Tale raffigurazione, perciò, se mai si fosse prodotta, non sarebbe da trovare su
un lenzuolo funebre di quattro metri di lunghezza, ma su un asciugatoio
piuttosto piccolo, similmente come lo portava Lazzaro (Gv 11,44).
Ora, tale lenzuolo funebre di Torino è stato fatto diventare, intanto, una tale
icona che certamente ci si è preparati anche una risposta a questi dati biblici
che lo contraddicono. Inoltre, la superstizione si è mostrata da sempre come
molto resistente ai fatti.
Ora, però, l’idea, secondo che Dio avesse fissato la risurrezione, praticamente
in modo fotografico, su questo lenzuolo funebre, quasi come in un film, su un
sipario quasi letterale, solo di natura diversa, non ha sinceramente nulla a che
fare con Bibbia e la fede biblica.
Non è un caso che di Gesù non ci è stato tramandato nulla di visibile. Nessuno
sa oggi come appariva veramente. Ed ora, improvvisamente, questa faccia dovrebbe
rappresentare il Signore della gloria? Questa è una cosa veramente incredibile.
Basti pensare a 2 Corinzi 5,16: «Perciò, da ora in poi, noi non conosciamo
più alcuno secondo la carne; e se anche abbiamo conosciuto Cristo secondo la
carne, ora però non lo conosciamo più così».
Invece di andare dalla visione alla fede, sembra che ora, alla fine dei giorni,
in virtù del presente lenzuolo funebre, si vada proprio all’opposto, dalla fede
alla visione. Questo corrisponde, in effetti, allo spirito dei tempi, ma non al
reperto biblico.
Secondo l’opinione mia e di molti altri, anche se tale lenzuolo funebre dovesse
provenire dal tempo del Nuovo Testamento, si tratterebbe comunque di un falso.
Ora, però, soprattutto nella devozione cattolica, tali falsi e reliquie hanno
causato certi impulsi, purtroppo non per la fede, ma molto di più per
superstizione. Invece del Gesù della Parola, è stato presentato troppo spesso
solo un Gesù visibile e cose letteralmente tangibili. La chiesa di Roma è
conosciuta per aver fornito ogni sorta d’oggetti, provenienti sedicentemente dal
tempo di Gesù, da chiodi e sudari e fino a schegge della croce di Cristo, di cui
intanto ce sono in tale quantità, che si potrebbero ricostruire intere foreste
di croci.
Il cosiddetto «Velo della Veronica», per esempio, asciugatoio su cui si
sarebbe fissato, in modo miracoloso, il volto di Gesù, era una volta la reliquia
più preziosa e più venerata della cristianità (cfr.
Wikipedia). Il problema è che lì
è raffigurato un volto di Gesù completamente diverso dal lenzuolo funebre di
Torino.
Finora, ho molto apprezzato «factum» per i suoi preziosi contributi accademici e
scientifici sempre molto brillanti. Era spesso una miniera d’oro per gli
argomenti a favore di un geniale Creatore. Ora, però, si afferma che «il
lenzuolo funebre con l’immagine del Crocifisso rappresenta la “fusione del puro
Giudeo con l’impuro Gentile in quel nuovo popolo”, le cui membra si chiamano
secondo il Crocifisso: “cristiani”» (p. 15). Questa è effettivamente troppa come
allegorizzazione, per non dire altro.
Per ognuna di queste reliquie valga ciò, che ha detto un evoluzionista di primo
piano sulla «legge biogenetica»: «Bisogna solo dimenticarla».
3. ASPETTI CONCLUSIVI
(Nicola Martella): Se si analizzano i vari volti di Gesù, che la tradizione
vuole far coincidere col cosiddetto «Velo della Veronica», si osservano molte
differenze fisionomiche fra di loro e con la cosiddetta «sacra Sindone» di
Torino.
Si veda il «Volto Santo di Manoppello» (cfr.
Wikipedia) e lo si confronti con
l’immagine tramandata del Mandylion o «Immagine di Edessa» (l’originale si è
perso); si notino le sostanziali differenze fra di loro e con la cosiddetta
«sacra Sindone», sebbene si voglia identificare il Mandylion con quest’ultima
(cfr.
Wikipedia).
Per le altre
immagini collegate al cosiddetto «Velo della Veronica» rimandiamo a
Wikipedia.
Esisteva inoltre la «Sindone di Besançon»
(identificata da alcuni come il Mandylion), andata poi distrutta. Si veda
anche il «Sudario di Oviedo», il quale però non
rappresenta alcuna immagine, ma ha solo macchie di sangue. Esistono circa 50
copie della Sindone, che sono state eseguite da vari pittori in diverse epoche.
Facciamo notare il seguente confronto fra la cosiddetta «sacra Sindone» di
Torino e la «sindone di Akeldamà»: «Nel 1998, un gruppo di ricercatori
guidati da Shimon Gibson ritrovarono un sepolcro con diversi ossari; fu anche
ritrovato, caso eccezionale, un sudario in buone condizioni, poi datata alla
prima metà del I secolo. La cosiddetta sindone di Akeldamà, l’unica di
quell’epoca conservatasi, comprendeva un fazzoletto separato per la testa, cosa
che la differenzia dal presunto sudario coevo noto come sindone di Torino» (Wikipedia).
►
Il lenzuolo funebre di Torino o sacra Sindone? Parliamone {Nicola Martella} (T)
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Lenzuol_funebr-sindone_EdF.htm
21-05-2010; Aggiornamento: 01-06-2010 |