Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Dall’avvento alla parusia

 

Calvinismo

 

 

 

 

La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:
■ Aspetti introduttivi
■ Gesù di Nazaret
■ Gli Evangeli
■ Dall’ascensione alla fine dei tempi
■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ISRAELE, ELETTO MA PERDUTO

 

 di Nicola Martella

 

 

1.  ISRAELE, IL POPOLO ELETTO: «Tutti quelli che il Padre mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori» (Gv 6,37).

     Questo verso viene spesso tolto dal suo contesto storico, letterario e culturale, per strumentalizzarlo in senso ideologico nella filosofia dogmatica della doppia elezione o predestinazione.

     Gesù disse tali parole ai Giudei, che erano il popolo eletto, il popolo del patto! Israele è un «popolo che gli appartiene» (Dt 4,20; 26,18), il «popolo suo» (1 Sm 12,22; Es 3,7.10 mio), «il suo tesoro particolare fra tutti i popoli» (Dt 7,6), il «mio popolo, il mio eletto, il popolo che mi sono formato» (Is 43,20s) e così via. Infatti, in ogni modo, agli Israeliti «appartengono l’adozione e la gloria e i patti e la legislazione e il culto e le promesse» (Rm 9,4).

     Tuttavia, il Logos (il Figlio di Dio prima della sua incarnazione) era venuto in «casa sua» (Israele, il popolo eletto), ma «i suoi» non l’avevano ricevuto come Messia (Gv 1,11). Si può appartenere al popolo eletto, ma essere perduti! Infatti, Gesù disse ai Giudei: «Se non credete che sono io [l’Unto], morirete nei vostri peccati» (Gv 8,24).

     Con l’avvento di Gesù, il giudaismo si divise in varie categorie:

     ■ I membri del popolo eletto, ma empi lontano da Dio. Per il NT essi sono perduti.

     ■ I membri del popolo eletto, che non riconoscevano Gesù come Messia. Per il NT essi sono perduti. Questo è il giudaismo storico.

     ■ I membri del popolo eletto, che riconoscevano Gesù come Messia. Per il NT essi sono salvati. Questo è chiamato «l’Israele di Dio» (Gal 6,16).

 

 

2.  RISPOSTE A OBIEZIONI

Mario Della Botte: Gli eletti a salvezza non possono essere perduti. «Ma noi dobbiamo sempre ringraziare Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio fin dal principio vi ha eletti a salvezza mediante la santificazione nello Spirito e la fede nella verità» (2 Ts 2,13). […] Dio non ci chiede se vogliamo essere salvati o meno! Egli ci salva punto e basta. Egli è sovrano, egli fa quello che vuole, quello che a Lui più piace senza repliche da parte di nessuna creatura. {30-08-2014}

 

Nicola Martella: Qui il tema non è quello generico dell’elezione di Dio, ma che il proposito benefico di Dio verso un eletto d’eccellenza, Israele quale popolo del patto, ancora attualmente non è andato a buon fine nel suo complesso, mancando in molti Israeliti la fede in Gesù quale Messia, che porta alla salvezza. Ciò mostra che l’elezione è il benefico proposito e piano di Dio; se può essere rifiutato (molti Israeliti lo hanno fatto), non è per nulla irresistibile, necessitando dell’assenso della persona eletta, per andare a buon fine. Limitiamoci, quindi, solo a questo caso e non ad altri. Altrimenti cadremo nella solita indebita versettologia dogmatica.

     Al margine faccio notare che in 2 Tessalonicesi 2,13 non si tratta del verbo eklégomai «eleggere», ma di hairéomai «prendere, persuadere, portare via, vincere, convincere, preferire, scegliere»; Fil 1,22 «quel che io debba preferire»; Eb 11,25 Mosè scelse o preferì d’essere maltrattato col popolo di Dio. Quindi, non si può calcare troppo su tale espressione «vi ha eletti a salvezza», poiché si può benissimo tradurre letteralmente «Dio vi ha convinti [o presi] a salvezza per mezzo della santificazione di spirito e fede di verità». I Tessalonicesi erano stati persuasi da Dio a salvezza. Inoltre, i Tessalonicesi era Gentili e non Ebrei.

 

Daniele Bocchetti: Riguardo a Giovanni 6,37, se tutto coloro, che sono stati dati a Gesù dal Padre, si riferisce ai Giudei, come mai non tutti i Giudei vennero a Gesù? Il verso chiaramente riferisce a un gruppo di persone date dal Padre a Gesù, e questo stesso gruppo viene a Gesù (cioè crederà), e non sembra furono i Giudei.

     Si può essere eletto come popolo e non essere eletto alla salvezza questo è vero, ma gli eletti alla salvezza saranno dunque salvati. C’è una chiamata al servizio, che ovviamente non è adempiuta, se non per fede.

     Basta andare dopo di poco e il verso trova la sua conferma. «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre, che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,44) {01-09-2014}

 

Nicola Martella: Quando Gesù parlava, durante il suo ministero terreno, aveva un uditorio strettamente giudaico, tranne poche eccezioni, quando si recò «all’estero» (Samaria, Tiro, Decapoli). Infatti, Egli stesso affermò alla Cananea: «Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele» (Mt 15,24). E quando mandò i dodici apostoli, Gesù diede loro queste istruzioni: «Non andate fra i Gentili, e non entrate in alcuna città dei Samaritani, ma andate piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele» (Mt 10,5s).

     Quindi i chiamati e gli eletti sono, a quel tempo, tutti Giudei, che erano posti dinanzi alla scelta se accettare che Gesù era il Messia o meno. I Giudei credevano di avere le carte in regola quali «figli d’Abramo» (Gv 8,39s); Gesù disse loro invece che, se non credevano che Egli era il Messia promesso, erano perduti nei loro peccati (Gv 8,24).

 

Samuele Maodda: Secondo ciò, che ho compreso del popolo d’Israele c’è un residuo eletto (a salvezza). E non tutto Israele è Israele. L’Israele eletto (a salvezza) è composto da tutti coloro, che sono figli della promessa, aventi la fede di Abramo. La fede stessa è dono di Dio, dato anche al fine di fare le opere, che il Padre ha preparato precedentemente.

 

Nicola Martella: Riguardo a Israele si cercano vie di comodo, per portare avanti la propria tesi. Si dimentica però quanto segue: erano i Gentili a essere «senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele ed estranei ai patti della promessa, non avendo speranza, ed essendo senza Dio nel mondo» (Ef 2,12), non i Giudei da cui viene la salvezza (Gv 4,22). Pietro si rivolse agli Israeliti, chiamandoli così: «Voi siete i figli dei profeti e del patto, che Dio fece coi vostri padri» (At 3,25). Essere «figli del patto» intendeva «membri del patto», che qualificava gli Israeliti come popolo eletto, l’unico popolo della terra a potersi fregiare come tale.

Abbiamo visto sopra, che tutto Israele è il popolo, che Dio si è eletto, e la sua personale proprietà. Ora, se c’è un «residuo eletto» (Rm 11,17), ciò mostra che l’elezione non è irresistibile e non implica di per sé la salvezza degli eletti; la maggior parte degli Israeliti, pur appartenendo al popolo eletto, ha rifiutato la salvezza in Cristo. Che fede salvifica stessa sia dono di Dio, è tutto da dimostrare con brani chiari e incontrovertibili, che non esistono. La grazia (Ef 2,8; 3,7; cfr. 4,7) e la giustizia (Rm 5,17) sono doni di Dio, non la fede (= fiducia) con cui si riceve la salvezza.

 

Daniele Bocchetti: Sono d’accordo riguardo al ruolo d’Israele nel ministero di Gesù, ma credo che stiamo andando fuori tema. Il titolo del tuo scritto è «Israele, eletto ma perduto», e chiaramente ti riferisci all’elezione d’Israele come nazione, che senza fede in Gesù Cristo è persa. Io sono d’accordo, ma il verso che tu usi non fa riferimento a un elezione nazionale, piuttosto si riferisce a un gruppo di persone date dal Padre a Gesù, e questo stesso numerò andrà a Gesù. Non c’è menzione di un rifiuto o di un popolo (Israele) dato dal Padre a Gesù di credere in Lui.

     Piuttosto nel contesto, come uno studioso come te può insegnarci, sembra che Gesù, esausto (non so se sia il giusto termine) del rifiuto e dell’incredulità dei Giudei, afferma che solo coloro, che il Padre gli ha dato (gli eletti), verranno a lui, e verranno effettivamente.

     Ora, con questo non intendo in nessun modo annullare la responsabilità dei Giudei e di coloro che non credono in Gesù come loro Salvatore e Signore. Il popolo ebreo era condannato, perche non credette in Gesù.

     È vero che in questo caso Gesù parlava prettamente a un uditorio giudaico, infatti Dio sceglie sia tra i Gentili che tra i Giudei. {01-09-2014}

 

Nicola Martella: Giovanni 6,37 viene proprio preso dai fautori della doppia predestinazione, per affermare la loro ideologia dogmatica. Il contesto parla di soli Giudei e tutti gli Evangeli sono un’apologia contro di loro. Del rifiuto d’Israele sono pieni gli Evangeli, ed esso culminò con tale presa di responsabilità: «E tutto il popolo rispose: “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli» (Mt 27,25). Fu ai Giudei soltanto che Gesù lanciò i suoi ultimatum: «Perciò vi ho detto che morirete nei vostri peccati; perché se non credete che io sono [= il Messia], morirete nei vostri peccati» (Gv 8,24; cfr. 13,19; cfr. invece 11,27). «Perciò io vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a una gente che ne faccia i frutti» (Mt 21,43). «Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli, che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta. Infatti vi dico che da ora in avanti non mi vedrete più, finché non direte: “Benedetto colui, che viene nel nome del Signore!”» (Mt 23,37ss). In questo contesto i Gentili non c’entrano nulla!

 

Daniele Bocchetti: Nicola, tu forse mi fraintendi. Io sono d’accordo con te su vari punti. Sì, Gesù porto il promesso regno al suo popolo (Israele), loro non credettero in Lui e il regno gli fu tolto; e infatti oggi il regno suo è nella chiesa, o come tu probabilmente credi è futuro, o entrambi, semplice differenza di opinione. Ma non è questo il punto ora.

     Il verso che tu hai usato, ha qualcosa a che fare con il rigetto del regno da parte d’Israele? A me non sembra. Il verso parla di «quelli che il Padre mi dà, verranno a me». Se parlava d’Israele sarebbe stato: «Quelli che il Padre mi ha dato, mi hanno rigettato»; non credi? Io credo che Gesù parla di singoli individui dati a Lui dal Padre, e costoro verranno a Lui! Coloro che non vengono, è perché non gli sono stati dati dal Padre.

     È chiaro che Gesù mostra che non sia uno sprovveduto, anzi, Lui è in controllo, anche quando il suo popolo non crede in Lui. {01-09-2014}

     Poi la distinzione dei «due evangeli», come ben sai, non la faccio io, ma ne sposo la differenziazione. Paolo predicò «il regno» non il «vangelo del Regno»; Paolo infatti predica «il vangelo della grazia» (Atti 20,24), quello affidato a noi pagani. Il «Vangelo del regno» è accompagnato da segni miracolosi, quella della grazia no; infatti, noi pagani non facciamo segni! {03-09-2014}

 

Nicola Martella: Ti faccio notare che in nessun verso nel NT si trovano insieme «regno» e «chiesa»; quindi, è un’asserzione errata che il regno di Dio sia nella chiesa, e solo in essa. Il regno di Dio va ben oltre la chiesa, essendo il dominio di Dio sul mondo, che si concretizzerà infine col regno messianico (Ap 20,4ss).

     Esiste un solo Evangelo, non due. Tali differenze sono oziose. Esiste un solo regno, quello di Dio; predicare il regno e l’Evangelo del regno sono la medesima cosa. Gli apostoli non smisero di predicare il regno di Dio (At 20,25; 28,31), come Gesù aveva ordinato agli apostoli di predicare l’Evangelo del regno (Mt 9,35), e cioè a tutte le genti (Mt 24,14). Filippo portò ai Samaritani «il lieto messaggio del regno di Dio e il nome di Gesù Cristo» (At 8,12); e fece pure prodigi tra coloro, che non erano Giudei.

     Vedo, poi, che l’ideologia dogmatica porti a distorcere del tutto i fatti in Giovanni 6. Quando Gesù parlò, c’erano soltanto Giudei. È proprio una fissa che Dio abbia rigettato tutto il suo popolo! Se esiste un «residuo eletto» d’Israele (Rm 11,5), chiamato anche «Israele di Dio» (Gal 6,16), significa che Dio non ha rigettato l’intero suo popolo, essendo che «i doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento» (Rm 11,29). Alla domanda: «Dio ha forse ripudiato il suo popolo?», Paolo rispose: «No di certo! Perché anche io sono israelitac’è un residuo secondo l’elezione della grazia» (Rm 11,1s.5). Poiché tutto è il popolo è eletto, alcuni Israeliti sono stati divelti, come rami d’un ulivo, a motivo della loro disubbidienza e responsabilità di non aver creduto in Gesù, accettandolo come Messia (vv. 20.23) In ogni modo, è avvenuto un «indurimento parziale» (v. 25; v. 8 gli altri). A Pentecoste c’erano 3.000 battezzati e tutti erano Giudei (At 2,41). Poi, il solo «numero degli uomini salì a circa cinquemila» (At 4,4). Gli anziani della chiesa di Gerusalemme fecero presente a Paolo la situazione locale: «Fratello, tu vedi quante migliaia di Giudei ci sono, che hanno creduto» (At 21,20).

     In Giovanni 6 c’erano solo Giudei, appartenenti al popolo eletto; migliaia e migliaia di questi ultimi furono attirati dal Padre a Gesù (Gv 6,37.44), per accettarlo come il Messia promesso. Ciò mostra che l’elezione, quale proposito benevolo di Dio e suo insindacabile piano di grazia, nell’attuazione non funziona senza la responsabilità umana. Quindi, non esiste una grazia irresistibile. Essendo l’intero popolo eletto, il Padre poté attirare a Gesù tutti coloro, che si fecero attirare, ossia esclusi i disubbidienti o increduli (Rm 3,3; 11,20.23).

 

Daniele Bocchetti Scriviamo molto, ma giriamo intorno a versi molto espliciti. Ho già chiesto prima: Chi è il popolo, che il Padre ha dato e che va a Gesù senza essere rigettato? Cosa possiamo dire di Giovanni 6,44? {01-09-2014}

 

Nicola Martella: Ho già risposto sopra, ma mostro ora lo stretto contesto. In Giovanni 6 Gesù parlò soltanto a Giudei; non c’erano altri. Gesù rese chiaro a tali Giudei che molti di loro lo seguivano non perché, vedendo i miracoli, credessero che Egli fosse il Messia, ma perché si erano riempiti la pancia; e li invitò a fare sul serio con Lui, essendo Colui, sul quale «Dio ha apposto il proprio suggello» (Gv 6,26s). Tutti ciò che segue, riguarda la messianicità di Gesù (vv. 28-35). La questione verteva intorno al fatto che tali Giudei avevano visto le opere messianiche, ma non credevano che Lui fosse il Messia (v. 36). Tutto il resto verte proprio sul legame fra Gesù quale Messia e suo Padre, quindi sul fatto che Egli era il Messia promesso (vv. 37ss). Il Figlio aveva ricevuto dal Padre l’autorità di salvare e risuscitare quei Giudei, che avrebbero creduto in Lui come Messia (v. 40). I Giudei, invece, non volevano credere in Lui come venuto dal cielo, ma come il figlio di Giuseppe (vv. 41s). Gesù rese a tali Giudei che non bastava appartenere al popolo d’Israele, ma che dovessero andare a Gesù quale Messia, per avere la vita eterna (vv. 43-47). Egli si presentò loro come il pane vivente, ma i Giudei non vollero credergli (vv. 48-59). Il discorso di Gesù parve duro anche a molti dei suoi discepoli, che si dissociarono da Lui (v. 60).

     Quindi, tutto il discorso era inter-giudaico (Giudei cfr. vv. 4.41.52; (nostri) padri cfr. vv. 31.49.58). Ed è lì che bisogna lasciare tutta la questione, se non si vuole fare ideologia religiosa o filosofia dogmatica. Anche qui vediamo che l’elezione divina riguardo al suo popolo non è irresistibile (alcuni credono in Gesù come Messia, altri no) e non funziona senza una decisione e una responsabilità da parte dei membri del popolo eletto.

 

Aldo Benincasa: Tu citi in maniera talmente impropria (e non è da te) Romani 11,26 dimenticando la conditio sine qua non per la salvezza d’Israele, l’entrata della totalità degli stranieri poi alla fine dei tempi (durante il regno millenario!?) salverà quegli israeliti, ma quel «tutto» indica anche coloro che crocifissero Cristo? O coloro, ai quali Cristo disse: «Voi non siete mie pecore»? […] Quindi è chiara un’elezione etnica e una a salvezza! Dimostrami il contrario! {03-09-2014}

 

Nicola Martella: In Apocalisse 1,7 leggiamo: «Ecco, egli viene con le nuvole; ed ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo hanno trafitto». Ciò adempie la predizione di Zaccaria 12,10: «E spanderò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo spirito di grazia e di supplica; ed essi guarderanno a me, a colui che essi hanno trafitto, e ne faranno cordoglio come si fa cordoglio per un figlio unico, e lo piangeranno amaramente come si piange amaramente un primogenito». Tali versi non mostrano dei limiti, ma vale per tutta la casa di Davide e tutti gli abitanti di Gerusalemme. Riguardo a Israele, specialmente durante il «giorno del Signore», non esiste un’elezione etnica e una a salvezza. Infatti, «i doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento» (Rm 11,29); e alla fine dei tempi «tutto Israele sarà salvato» (v. 26), senza limitazioni.

     Tutto ciò, che Dio fa, mira alla salvezza; ciò riguarda i singoli e l’intero popolo d’Israele. Gesù fu così annunciato: «Tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati» (Mt 1,21). Zaccaria benedisse «il Signore, il Dio d’Israele, perché ha visitato e riscattato il suo popolo, e ci ha suscitato un potente Salvatore nella casa di Davide suo servo» (Lc 1,68s). Egli aggiunse che suo figlio Giovanni doveva, in relazione al Messia, «dare al suo popolo conoscenza della salvezza mediante il perdono dei loro peccati» (Lc 1,77). I due discepoli sulla via di Emmaus speravano che fosse Gesù che avrebbe riscattato Israele (Lc 24,21). Pietro rese chiaro ai Giudei che Dio «ha innalzato [Gesù] con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele, e perdono dei peccati» (At 5,31). Dio «ha suscitato a Israele un Salvatore nella persona di Gesù» (At 13,23). Mi fermo qui.

     Gesù è soprattutto il Messia d’Israele, quindi il suo Salvatore; per questo è venuto al mondo. Per Dio esiste una sola elezione, una sola salvezza, un solo metodo (per grazia mediante la fede) e un solo Salvatore. Ribadisco ancora una volta che, visto che non tutti i membri del popolo eletto riconobbero Gesù come loro Messia, ciò mostra che l’elezione (il proponimento e piano di grazia di Dio) non è irresistibile e, per andare a buon fine, necessita della decisione e della responsabilità dei membri del popolo eletto.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Israele_eletto_Avv.htm

25-03-2015; Aggiornamento:

 

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