1. ISRAELE, IL POPOLO ELETTO: «Tutti quelli che il Padre
mi dà verranno a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori» (Gv
6,37).
Questo verso viene spesso tolto dal suo contesto storico, letterario e
culturale, per strumentalizzarlo in senso ideologico nella filosofia dogmatica
della doppia elezione o predestinazione.
Gesù disse tali parole ai Giudei, che erano il popolo eletto, il popolo del
patto! Israele è un «popolo che
gli appartiene» (Dt 4,20; 26,18), il «popolo suo» (1 Sm 12,22; Es
3,7.10 mio), «il suo tesoro particolare fra tutti i popoli»
(Dt 7,6), il «mio popolo, il mio eletto, il popolo che mi sono
formato» (Is 43,20s) e così via. Infatti, in
ogni modo, agli Israeliti «appartengono l’adozione e la gloria
e i patti e la legislazione e il culto e le promesse» (Rm 9,4).
Tuttavia, il Logos (il Figlio di Dio prima della sua incarnazione) era venuto in
«casa sua» (Israele, il popolo eletto), ma «i suoi» non l’avevano ricevuto come
Messia (Gv 1,11). Si può appartenere al popolo eletto, ma essere perduti!
Infatti, Gesù disse ai Giudei: «Se non credete che sono io
[l’Unto], morirete nei vostri peccati» (Gv 8,24).
Con l’avvento di Gesù, il giudaismo si divise in varie categorie:
■ I membri del popolo eletto, ma empi lontano da Dio. Per il NT essi sono
perduti.
■ I membri del popolo eletto, che non riconoscevano
Gesù come Messia. Per il NT essi sono perduti. Questo è il giudaismo storico.
■ I membri del popolo eletto, che riconoscevano
Gesù come Messia. Per il NT essi sono salvati. Questo è chiamato «l’Israele di
Dio» (Gal 6,16).
2. RISPOSTE A OBIEZIONI
■
Mario Della Botte: Gli eletti a salvezza non possono essere
perduti. «Ma noi dobbiamo sempre ringraziare Dio per voi, fratelli amati dal
Signore, perché Dio fin dal principio vi ha eletti a salvezza mediante la
santificazione nello Spirito e la fede nella verità» (2 Ts 2,13). […] Dio
non ci chiede se vogliamo essere salvati o meno! Egli ci salva punto e basta.
Egli è sovrano, egli fa quello che vuole, quello che a Lui più piace senza
repliche da parte di nessuna creatura. {30-08-2014}
▬
Nicola Martella:
Qui il tema non è quello generico dell’elezione di Dio, ma che il
proposito benefico di Dio verso un eletto d’eccellenza, Israele quale popolo
del patto, ancora attualmente non è andato a buon fine nel suo complesso,
mancando in molti Israeliti la fede in Gesù quale Messia, che porta alla
salvezza. Ciò mostra che l’elezione è il benefico proposito e piano di Dio; se
può essere rifiutato (molti Israeliti lo hanno fatto), non è per nulla
irresistibile, necessitando dell’assenso della persona eletta, per andare a
buon fine. Limitiamoci, quindi, solo a questo caso e non ad altri. Altrimenti
cadremo nella solita indebita versettologia dogmatica.
Al margine faccio notare che in 2 Tessalonicesi 2,13 non si tratta del
verbo eklégomai «eleggere», ma di hairéomai
«prendere, persuadere, portare via, vincere, convincere, preferire, scegliere»;
Fil 1,22 «quel che io debba preferire»; Eb 11,25 Mosè scelse o preferì d’essere
maltrattato col popolo di Dio. Quindi, non si può calcare troppo su tale
espressione «vi ha eletti a salvezza», poiché si può benissimo tradurre
letteralmente «Dio vi ha convinti [o presi] a salvezza per
mezzo della santificazione di spirito e fede di verità». I Tessalonicesi
erano stati persuasi da Dio a salvezza. Inoltre, i Tessalonicesi era Gentili e
non Ebrei.
■
Daniele Bocchetti: Riguardo a Giovanni 6,37, se tutto coloro,
che sono stati dati a Gesù dal Padre, si riferisce ai Giudei, come mai non tutti
i Giudei vennero a Gesù? Il verso chiaramente riferisce a un gruppo di persone
date dal Padre a Gesù, e questo stesso gruppo viene a Gesù (cioè crederà), e
non sembra furono i Giudei.
Si può essere eletto come popolo e non essere
eletto alla salvezza questo è vero, ma gli eletti alla salvezza saranno
dunque salvati. C’è una chiamata al servizio, che ovviamente non è
adempiuta, se non per fede.
Basta andare dopo di poco e il verso trova la sua conferma. «Nessuno può
venire a me, se non lo attira il Padre, che mi ha mandato; e io lo
risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,44) {01-09-2014}
▬
Nicola Martella:
Quando Gesù parlava, durante il suo ministero terreno, aveva un uditorio
strettamente giudaico, tranne poche eccezioni, quando si recò
«all’estero» (Samaria, Tiro, Decapoli). Infatti, Egli stesso affermò alla
Cananea: «Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa
d’Israele» (Mt 15,24). E quando mandò i dodici apostoli, Gesù diede loro
queste istruzioni: «Non andate fra i Gentili, e non entrate
in alcuna città dei Samaritani, ma andate piuttosto alle pecore perdute della
casa d’Israele» (Mt 10,5s).
Quindi i chiamati e gli eletti sono, a quel tempo,
tutti Giudei, che erano posti dinanzi alla scelta se accettare che
Gesù era il Messia o meno. I Giudei credevano di avere le carte in regola quali
«figli d’Abramo» (Gv 8,39s); Gesù disse loro invece che, se non credevano
che Egli era il Messia promesso, erano perduti nei loro peccati (Gv
8,24).
■
Samuele Maodda: Secondo ciò, che ho compreso del popolo d’Israele c’è
un residuo eletto
(a salvezza). E non tutto Israele è Israele. L’Israele eletto (a salvezza) è
composto da tutti coloro, che sono figli della promessa, aventi la fede di
Abramo. La fede stessa è dono di Dio, dato anche al fine di fare le
opere, che il Padre ha preparato precedentemente.
▬
Nicola Martella: Riguardo a Israele si cercano vie di comodo,
per portare avanti la propria tesi. Si dimentica però quanto segue: erano i
Gentili a essere «senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele ed
estranei ai patti della promessa, non avendo speranza, ed essendo senza Dio nel
mondo» (Ef 2,12),
non i Giudei da cui viene la salvezza (Gv 4,22). Pietro si rivolse agli
Israeliti, chiamandoli così: «Voi siete i figli dei profeti e del patto,
che Dio fece coi vostri padri» (At 3,25). Essere «figli del patto» intendeva
«membri del patto», che qualificava gli Israeliti come popolo eletto,
l’unico popolo della terra a potersi fregiare come tale.
Abbiamo visto sopra, che tutto Israele è il popolo, che Dio si è eletto, e la
sua personale proprietà. Ora, se c’è un «residuo eletto» (Rm 11,17), ciò
mostra che l’elezione non è irresistibile e non implica di per sé la salvezza
degli eletti; la maggior parte degli Israeliti, pur appartenendo al popolo
eletto, ha rifiutato la salvezza in Cristo. Che fede salvifica stessa sia
dono di Dio, è tutto da dimostrare con brani chiari e incontrovertibili, che non
esistono. La grazia (Ef 2,8; 3,7; cfr. 4,7) e la giustizia (Rm 5,17) sono doni
di Dio, non la fede (= fiducia) con cui si riceve la salvezza.
■
Daniele Bocchetti: Sono d’accordo riguardo al ruolo d’Israele
nel ministero di Gesù, ma credo che stiamo andando fuori tema. Il titolo del tuo
scritto è «Israele, eletto ma perduto», e chiaramente ti riferisci all’elezione
d’Israele
come nazione, che senza fede in Gesù Cristo è persa. Io sono d’accordo, ma il
verso che tu usi non fa riferimento a un elezione nazionale, piuttosto si
riferisce a un gruppo di persone date dal Padre a Gesù, e questo stesso
numerò andrà a Gesù. Non c’è menzione di un rifiuto o di un popolo
(Israele) dato dal Padre a Gesù di credere in Lui.
Piuttosto nel contesto, come uno studioso come te può insegnarci, sembra che
Gesù, esausto (non so se sia il giusto termine) del rifiuto e dell’incredulità
dei Giudei, afferma che solo coloro, che il Padre gli ha dato (gli
eletti), verranno a lui, e verranno effettivamente.
Ora, con questo non intendo in nessun modo annullare la responsabilità dei
Giudei e di coloro che non credono in Gesù come loro Salvatore e Signore. Il
popolo ebreo era condannato, perche non credette in Gesù.
È vero che in questo caso Gesù parlava prettamente a un uditorio giudaico,
infatti Dio sceglie sia tra i Gentili che tra i Giudei. {01-09-2014}
▬
Nicola Martella:
Giovanni 6,37 viene proprio preso dai fautori della doppia
predestinazione, per affermare la loro ideologia dogmatica. Il contesto
parla di soli Giudei e tutti gli Evangeli sono un’apologia contro di
loro. Del rifiuto d’Israele sono pieni gli Evangeli, ed esso culminò con tale
presa di responsabilità: «E tutto il popolo
rispose: “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli”»
(Mt 27,25). Fu ai Giudei soltanto che Gesù lanciò i suoi ultimatum: «Perciò
vi ho detto che morirete nei vostri peccati; perché se non credete che io sono
[= il Messia], morirete nei vostri peccati»
(Gv 8,24; cfr. 13,19; cfr. invece 11,27). «Perciò io vi dico che il
regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a una gente che ne faccia i
frutti» (Mt 21,43). «Gerusalemme, Gerusalemme,
che uccidi i profeti e lapidi quelli, che ti sono mandati, quante volte ho
voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto
le ali; e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per esservi
lasciata deserta. Infatti vi dico che da ora in avanti non mi vedrete più,
finché non direte: “Benedetto colui, che viene nel nome del Signore!”»
(Mt 23,37ss). In questo contesto i Gentili non c’entrano nulla!
■
Daniele Bocchetti: Nicola, tu forse mi fraintendi. Io sono d’accordo
con te su vari punti. Sì, Gesù porto il promesso regno al suo popolo
(Israele), loro non credettero in Lui e il regno gli fu tolto; e infatti oggi il
regno suo è nella chiesa, o come tu probabilmente credi è futuro, o
entrambi, semplice differenza di opinione. Ma non è questo il punto ora.
Il verso che tu hai usato, ha qualcosa a che fare con il rigetto del regno da
parte d’Israele? A me non sembra. Il verso parla di «quelli che il Padre mi
dà, verranno a me». Se parlava d’Israele sarebbe stato: «Quelli che il Padre
mi ha dato, mi hanno rigettato»; non credi? Io credo che Gesù parla di
singoli individui dati a Lui dal Padre, e costoro verranno a Lui! Coloro che non
vengono, è perché non gli sono stati dati dal Padre.
È chiaro che Gesù mostra che non sia uno
sprovveduto, anzi, Lui è in controllo, anche quando il suo popolo non crede
in Lui. {01-09-2014}
Poi la distinzione dei «due evangeli», come ben sai, non la faccio io, ma
ne sposo la differenziazione. Paolo predicò «il regno» non il «vangelo del
Regno»; Paolo infatti predica «il vangelo della grazia» (Atti 20,24), quello
affidato a noi pagani. Il «Vangelo del regno» è accompagnato da segni
miracolosi, quella della grazia no; infatti, noi pagani non facciamo segni!
{03-09-2014}
▬
Nicola Martella: Ti faccio notare che in
nessun verso nel NT si trovano insieme «regno» e «chiesa»; quindi,
è un’asserzione errata che il regno di Dio sia nella chiesa, e solo in essa. Il
regno di Dio va ben oltre la chiesa, essendo il dominio di Dio sul
mondo, che si concretizzerà infine col regno messianico (Ap 20,4ss).
Esiste un solo Evangelo, non due. Tali differenze sono oziose. Esiste
un solo regno, quello di Dio; predicare il regno e l’Evangelo del regno sono
la medesima cosa.
Gli apostoli non smisero di predicare il regno di Dio
(At 20,25; 28,31), come Gesù aveva ordinato agli apostoli di predicare
l’Evangelo del regno (Mt 9,35), e cioè a tutte le genti (Mt 24,14). Filippo
portò ai Samaritani «il lieto messaggio del regno di Dio e il nome di Gesù
Cristo» (At 8,12); e fece pure prodigi tra coloro, che non erano Giudei.
Vedo, poi, che l’ideologia dogmatica porti a distorcere del tutto i fatti in
Giovanni 6. Quando Gesù parlò, c’erano soltanto Giudei. È proprio una fissa che
Dio abbia rigettato tutto
il suo popolo! Se esiste un «residuo eletto» d’Israele (Rm 11,5), chiamato anche
«Israele di Dio» (Gal 6,16), significa che Dio non ha rigettato l’intero
suo popolo, essendo che «i doni e la vocazione di Dio sono senza
pentimento» (Rm 11,29). Alla domanda: «Dio ha
forse ripudiato il suo popolo?», Paolo rispose: «No di certo! Perché
anche io sono israelita… c’è un residuo secondo l’elezione della grazia»
(Rm 11,1s.5). Poiché tutto è il popolo è eletto, alcuni Israeliti sono stati
divelti, come rami d’un ulivo, a motivo della loro disubbidienza e
responsabilità di non aver creduto in Gesù, accettandolo come Messia (vv. 20.23)
In ogni modo, è avvenuto un «indurimento parziale» (v. 25; v. 8 gli altri). A
Pentecoste c’erano 3.000 battezzati e tutti erano Giudei (At 2,41). Poi,
il solo «numero degli uomini salì a circa cinquemila» (At 4,4). Gli
anziani della chiesa di Gerusalemme fecero presente a Paolo la situazione
locale: «Fratello, tu vedi quante migliaia di Giudei ci sono, che hanno
creduto» (At 21,20).
In Giovanni 6
c’erano solo Giudei, appartenenti al popolo eletto; migliaia e migliaia di
questi ultimi furono attirati dal Padre a Gesù (Gv 6,37.44),
per accettarlo come il Messia promesso. Ciò mostra che l’elezione, quale
proposito benevolo di Dio e suo insindacabile piano di grazia, nell’attuazione
non funziona senza la responsabilità umana. Quindi, non esiste una grazia
irresistibile. Essendo l’intero popolo eletto, il Padre poté attirare a Gesù
tutti coloro, che si fecero attirare, ossia esclusi i disubbidienti o increduli
(Rm 3,3; 11,20.23).
■
Daniele Bocchetti
Scriviamo molto, ma giriamo intorno a versi molto espliciti. Ho già chiesto
prima: Chi è il popolo, che il Padre ha dato e che va a Gesù senza essere
rigettato? Cosa possiamo dire di Giovanni 6,44? {01-09-2014}
▬
Nicola Martella: Ho già risposto sopra, ma
mostro ora lo stretto contesto. In Giovanni 6 Gesù parlò soltanto
a Giudei; non c’erano altri. Gesù rese chiaro a tali Giudei che molti di
loro lo seguivano non perché, vedendo i miracoli, credessero che Egli
fosse il Messia, ma perché si erano riempiti la pancia; e li invitò a fare
sul serio con Lui, essendo Colui, sul quale «Dio ha apposto il proprio
suggello» (Gv 6,26s). Tutti ciò che segue, riguarda la
messianicità di Gesù (vv. 28-35). La questione verteva intorno al fatto
che tali Giudei avevano visto le opere messianiche, ma non credevano che
Lui fosse il Messia (v. 36). Tutto il resto verte proprio sul legame fra Gesù
quale Messia e suo Padre, quindi sul fatto che Egli era il Messia promesso
(vv. 37ss). Il Figlio aveva ricevuto dal Padre l’autorità di salvare e
risuscitare quei Giudei, che avrebbero creduto in Lui come Messia (v. 40). I
Giudei, invece, non volevano credere in Lui come venuto dal cielo, ma come il
figlio di Giuseppe (vv. 41s). Gesù rese a tali Giudei che non bastava
appartenere al popolo d’Israele, ma che dovessero andare a Gesù quale Messia,
per avere la vita eterna (vv. 43-47). Egli si presentò loro come il pane
vivente, ma i Giudei non vollero credergli (vv. 48-59). Il discorso di
Gesù parve duro anche a molti dei suoi discepoli, che si dissociarono da Lui (v.
60).
Quindi, tutto il discorso era inter-giudaico
(Giudei cfr. vv. 4.41.52; (nostri) padri cfr. vv. 31.49.58). Ed è lì che bisogna
lasciare tutta la questione, se non si vuole fare ideologia religiosa o
filosofia dogmatica. Anche qui vediamo che l’elezione divina riguardo al suo
popolo non è irresistibile (alcuni credono in Gesù come Messia, altri no)
e non funziona senza una decisione e una responsabilità da parte dei membri del
popolo eletto.
■
Aldo Benincasa: Tu citi in maniera talmente impropria (e non è da te)
Romani 11,26 dimenticando la conditio sine qua non per la salvezza
d’Israele, l’entrata della totalità degli stranieri poi alla fine dei tempi
(durante il regno millenario!?) salverà quegli israeliti, ma quel «tutto» indica
anche coloro che crocifissero Cristo? O coloro, ai quali Cristo disse: «Voi non
siete mie pecore»? […] Quindi è chiara un’elezione etnica e una a
salvezza! Dimostrami il contrario! {03-09-2014}
▬
Nicola Martella: In Apocalisse 1,7
leggiamo: «Ecco, egli viene con le nuvole; ed ogni occhio lo vedrà, anche
quelli che lo hanno trafitto». Ciò adempie la predizione di Zaccaria
12,10: «E spanderò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo
spirito di grazia e di supplica; ed essi guarderanno a me, a colui che
essi hanno trafitto, e ne faranno
cordoglio come si fa cordoglio per un figlio unico, e lo piangeranno
amaramente come si piange amaramente un primogenito». Tali versi non
mostrano dei limiti, ma vale per tutta la casa di Davide e tutti gli abitanti di
Gerusalemme. Riguardo a Israele, specialmente durante il «giorno del Signore»,
non esiste un’elezione etnica e una a salvezza. Infatti, «i
doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento» (Rm 11,29); e alla
fine dei tempi «tutto Israele sarà salvato» (v. 26), senza
limitazioni.
Tutto ciò, che Dio fa, mira alla salvezza; ciò riguarda i singoli e l’intero
popolo d’Israele. Gesù fu così annunciato: «Tu gli porrai nome Gesù, perché è
lui che salverà il suo popolo dai loro
peccati» (Mt 1,21). Zaccaria benedisse «il Signore, il Dio
d’Israele, perché ha visitato e riscattato il suo popolo, e ci ha suscitato
un potente Salvatore nella casa di Davide suo servo» (Lc 1,68s). Egli
aggiunse che suo figlio Giovanni doveva, in relazione al Messia, «dare al suo
popolo conoscenza della salvezza mediante il perdono dei loro peccati» (Lc
1,77). I due discepoli sulla via di Emmaus speravano che fosse Gesù che avrebbe
riscattato Israele (Lc 24,21). Pietro rese chiaro ai Giudei che Dio «ha
innalzato [Gesù] con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare
ravvedimento a Israele, e perdono dei peccati» (At 5,31). Dio «ha
suscitato a Israele un Salvatore nella persona di Gesù» (At 13,23).
Mi fermo qui.
Gesù è soprattutto il Messia d’Israele, quindi il suo Salvatore; per
questo è venuto al mondo. Per Dio esiste una sola elezione, una sola
salvezza, un solo metodo (per grazia mediante la fede) e un solo Salvatore.
Ribadisco ancora una volta che, visto che non tutti i membri del popolo eletto
riconobbero Gesù come loro Messia, ciò mostra che l’elezione (il proponimento e
piano di grazia di Dio) non è irresistibile e, per andare a buon fine,
necessita della decisione e della responsabilità dei membri del popolo eletto.
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Israele_eletto_Avv.htm
25-03-2015;
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