Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Uniti nella verità

 

Calvinismo

 

 

 

 

Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.
  Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.
 
Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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GRAZIA DI DIO E RISPOSTA DELL’UOMO

 

Nicola Martella

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Un lettore mi ha scritto quanto segue. In questi ultimi mesi mi sono imbattuto nel calvinismo e nel pensiero riformato, avendo trovato qui a Napoli alcune persone, che sono in linea con questo pensiero. Parto dal presupposto che non trovo nella Scrittura una conferma al calvinismo. Ho molto apprezzato la tua sezione sul sito «Fede controcorrente», che tratta la dottrina della (doppia) predestinazione. Attualmente sto cercando di studiare due brani: Romani 8,28-30 ed Efesini 2,1-2. Nel primo brano non capisco esattamente cosa l’apostolo Paolo volesse intendere con «quelli che ha preconosciuti» (Rm 8,29), mentre nel secondo l’espressione «morti nelle vostre colpe e nei vostri peccati» (Ef 2,1). Per caso hai già qualche articolo che tratta questi due brani? La maggior parte dei commentari, che utilizzo, dà un’interpretazione calvinista e il mio greco koinè non mi aiuta tantissimo! Grazie in anticipo per il tuo prezioso aiuto. {Emiliano Gattulli; 01/02/2018}

 

Rispondendo a questo lettore, premetto quanto segue. Riguardo alla doppia predestinazione il calvinismo non ha fatto altro che cristianizzare il fatalismo della cultura islamica, a quel tempo dominante in occidente nella cultura umanistica. [► La predestinazione dell’individuo, figlia d’una cultura umanistica {Nicola Berretta}] Come tutte le cose cristianizzate, si ha un piccolo nocciolo di verità con un grande contorno ideologico e filosofico.

     Tali brani non presentano un problema, se si fa esegesi contestuale. Il problema è quando un approccio dogmatico usa tali brani, asservendoli a una ideologia religiosa e, analizzando tali brani con le lenti filosofiche, si traggono da essi il sangue dalle rape, ossia ciò che lì esplicitamente non c’è. In casi del genere la manovra ideologica è sempre la seguente: prima qualcuno proietta in tali brani la dottrina specifica (qui la doppia predestinazione), poi si cita chi asserisce ciò come autorità in un libro, un articolo o un commentario, si crea così un consenso in merito, da lì in poi si leggono tali brani sempre con tali lenti e si afferma che tale dottrina sia «biblica». Chi obietta qualcosa al riguardo viene visto in modo strano, se non addirittura si ipotizza che sia fuori dottrina, ossia fuori del consenso dell’ideologia di riferimento (qui la doppia predestinazione).

 

2.  REALTÀ E LIMITI DELL’ELEZIONE: In Romani 8,28ss Paolo voleva presentare una teologia positiva, ossia intendeva incoraggiare i rigenerati; non voleva innescare una disquisizione sulla presunta doppia predestinazione. I credenti non solo avevano problemi come noi oggi in occidente, ma erano perseguitati (Rm 8,35-39). Paolo intese incoraggiarli, mettendo l’enfasi sull’«amore di Cristo» (v. 35) e sull’«amore di Dio in Cristo» (v. 39), da cui nulla e nessuno poteva separare i rigenerati; perciò, scrisse loro che Dio ha per loro un progetto fin dalla fondazione del mondo e intende portarlo a termine! Dio è l’unico che può conoscere eventi e persone del futuro, quando essi ancora non esistono. Ora, la predestinazione è il progetto di Dio per i credenti, chiamati eletti. Qui non viene detto di più, tanto meno in senso negativo.

     L’elezione non è coincidente con la salvezza. L’Eterno parlò a Ciro, che fu chiamato «suo unto» (Is 45,1), al pari di Saul (1 Sm 12,3.5), di Davide (2 Sm 22,51; Sal 2,1; 18,50) e del Messia (At 4,26; Cristo = Unto). Non fu mai scritto che Ciro si fosse convertito al Dio vivente, per ottenere salvezza.

     Mosè fu chiamato «suo eletto» (Sal 106,23). Davide fu chiamato dall’Eterno «mio eletto» (Sal 89,3) al pari del Messia (Is 42,1) e di Israele (Is 43,20; 45,4). Saul fu chiamato «l’eletto dell’Eterno» (2 Sm 21,6), ma fu riprovato da Dio! (1 Sm 15,26; 16,1). Sebbene Israele sia il popolo eletto, non tutto è stato mai salvato, se non un residuo fedele (Is 10,22). Proprio gli Israeliti al tempo di Gesù non lo riconobbero come Messia né lo ricevettero come tale (Gv 1,11), ma a loro fu tolto il regno (Mt 21,43) e morirono nei loro peccati (Gv 8,24).

     Gesù aveva scelto i dodici apostoli personalmente (Lc 6,13 eklégomai «scegliere, eleggere»; Gv 15,16), eppure Giuda lo tradì e fu chiamato «figlio della perdizione» (Gv 17,12; cfr. 2 Ts 2,3 avversario) e «calunniatore» (Gv 6,70; gr. diábolos).

     Quindi, l’elezione da parte di Dio non protegge dalla perdizione, come mostrano Saul, Israele e Giuda. Proprio tali casi concreti mostrano che il proponimento di Dio, quale suo piano nella storia, la sua chiamata (elezione) e il suo progetto con un obiettivo (predestinazione) non sono irresistibili, non equivalgono di per sé alla salvezza, non si attuano senza un impegno all’ubbidienza e alla fedeltà del singolo (patto) né proteggono dal fallimento.

 

3.  MORTI SPIRITUALI CHIAMATI A RAVVEDIMENTO!: Quanto a Efesini 2,1ss qui fu descritta una categoria morale: «Voi eravate morti nelle vostre trasgressioni e nei vostri peccati» (v. 1). Non è una categoria assoluta nel senso che l’uomo sia del tutto incapace di percepire la rivelazione di Dio. Quando Dio parlò o si rivelò a dei pagani, essi compresero il messaggio di Dio. Così fu per Abimelek, che era un re filisteo, quindi idolatra (Gn 20,3ss). Balaam che era un mago e tale rimase (Nu 22,31-35; 23,5.16 «l’Eterno mise delle parole in bocca a Balaam»!; 31,16). Così fu per altri, ad esempio per l’idolatra Labano (cfr. Gn 31,24.29), per i magi o sapienti venuti dall’oriente (Mt 2,12; vv. 12.19.22 Giuseppe) e probabilmente con la moglie di Pilato (Mt 27,19). Dio non dovette prima «vivificarli», perché potessero capire; essi non divennero seguaci del Dio vivente, ma rimasero ciò che erano. L’uomo è creato a immagine di Dio; perciò, gli uomini sono in grado di capire, quando Dio parla loro direttamente.

     L’azione di Dio verso tali ribelli e figli d’ira è stata la «vivificazione» (Ef 2,1ss). Questa è l’azione di Dio, che è conseguente al ravvedimento e alla conversione. Ora, i calvinisti affermano che prima si viene rigenerati e poi si può credere, come se la fede fosse un dono di Dio. Tuttavia, questa visione dogmatica contrasta con le asserzioni dei testi nei loro contesti. Gesù non disse: «La fede, che Dio ti ha donato, ti ha salvato», ma affermò in modo ricorrente: «La tua fede ti ha salvato»! (sṓzō = salvare: Mt 9,22; Mc 10,52; Lc 7,50; 17,19; 18,42).

 

Grazia di Dio e risposta dell’uomo

 

4.  RISPOSTE ALL’ATTO DI GRAZIA: La grazia è l’atto di condono della pena, che un’istanza in autorità elargisce a chi è stato condannato a morte; per essere esecutivo, tale atto dev’essere accettato dal malvivente. La grazia è il dono di Dio (Rm 5,15.17), non la fede (= fiducia), che è la risposta del credente all’offerta di salvezza. Infatti, è scritto che la fede viene dal messaggio udito (Rm 10,17), ossia quale risposta all’Evangelo, chiamato «parola di Cristo». Di Abramo fu scritto che «dinanzi alla promessa di Dio, non vacillò per incredulità, ma fu fortificato per la sua fede, dando gloria a Dio [21] ed essendo pienamente convinto che ciò, che aveva promesso, Egli era anche potente da effettuarlo» (Rm 4,20s). Come si vede, la sua fede è la risposta di fiduciosa convinzione che Dio attuerà le sue promesse. Grazia e promesse sono dono di Dio, mentre la fede è la risposta dell’uomo, che si esprime nella piena convinzione dell’attendibilità (fedeltà e lealtà) di Dio.

     Quando gli apostoli predicavano l’Evangelo fra i Giudei e i Gentili, gli astanti rispondevano gli uni con la fede (= fiducia) e gli altri con l’incredulità (= sfiducia). Furono posti in contrasto coloro, che crederono (At 14,1 Giudei e Gentili; pisteúō), con i Giudei che non si fecero convincere (v. 2 apeithéō) e che quindi non ubbidirono alla chiamata di Dio (cfr. apeithéō in At 26,19; Rm 15,31 increduli di Giudea). Avere fede (= fiducia), farsi convincere o decidere di ubbidire sono risposte dell’uomo a un’offerta esterna; il contrario è l’incredulità, la disubbidienza e il rifiuto (Rm 10,21).

     L’incredulità (= mancanza di fiducia, disubbidienza) impedisce l’opera di Dio (cfr. Mt 13,58; Eb 3,18s; cfr. anche Rm 11,20.23). Essere credente e incredulo sono agli antipodi e ambedue sono la risposta dell’uomo alle parole di Dio o di Cristo (Eb 11,31 fede [pístis] di Raab vs. disubbidienti [apeithḗsantes]; Gv 20,27 Toma era eletto, ma incredulo!). La generazione che uscì dall’Egitto, sebbene fosse stata eletta da Dio, non poté entrare nella terra promessa a motivo dell’incredulità espressa nella loro disubbidienza (Eb 3,18s apeithéō = esercitare apistía). Senza la risposta di fede da parte dell’uomo, l’atto di grazia non arriva al suo obiettivo, essendo rifiutato. All’interno dello stesso popolo d’Israele, Gesù è diventato la pietra angolare per coloro, che credono in Lui, ma una pietra d’inciampo per gli increduli o disubbidienti, che così intoppano nella Parola (1 Pt 2,7s).

     Sebbene gli Israeliti fossero il popolo eletto, innestato su Abrahamo, rifiutando Cristo, furono paragonati a quei rami troncati per la loro incredulità; al contrario, i credenti delle nazioni sussistono per la loro fede in Gesù quale Messia (Rm 11,20). I Giudei, non perseverando più nella loro incredulità, potranno essere nuovamente innestati (v. 23). Come si vede, fede e incredulità sono le risposte dell’uomo all’Evangelo, che è l’offerta e l’atto di grazia di Dio.

 

Sovrastrutture dogmatiche e calvinismo {Nicola Martella} (D)

Sovrastrutture dottrinali e teologia riformata 1 {Nicola Martella} (T)

Sovrastrutture dottrinali e teologia riformata 2 {Nicola Martella} (T)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Grazia_rispo_UnV.htm

19/02/2018; Aggiornamento:

 

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