Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

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Tutto ciò che serve per istruire il neofita nella sana dottrina e in una sana morale cristiana, per così orientarsi nell'insegnamento biblico di base, nella devozione e nel discernimento spirituale riguardo alle questioni che attengono alla fede biblica e al saggio comportamento nel mondo. È «vademecum» per chiunque voglia trasmettere la fede biblica.

   Ecco le singole parti principali:
01. La via che porta a Dio;
02. Le basi della fede
03. La Sacra Scrittura
04. Dio
05. Creazione e caduta dell’uomo
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07. Lo Spirito Santo
08. La salvezza dell’uomo
09. Il cammino di fede
10. La chiesa biblica
11. Ordinamenti e radunamenti
12. L’opera della chiesa
13. Il diavolo
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GLOSSOLALIA E PADRI DELLA CHIESA

 

 di Antonio Capasso - Nicola Martella

 

1. Le tesi {Antonio Capasso}

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

Antonio Capasso prende qui posizione riguardo al confronto avuto con altri due lettori: «Confronto fra pentecostali, ex e non 1». In esso Gianni Siena faceva riferimento ai cosiddetti «padri della chiesa» (teologi dei primi secoli) riguardo alla glossolalia e affermava: «Nella metà del secondo secolo, Ireneo di Lione osservava che molti fratelli possedevano doni profetici e di lingue. Farrar riferisce che, durante le persecuzioni, i cristiani condotti al supplizio “parlavano in lingue”».

     Gli chiesi: «A scanso di equivoci, dove stanno le fonti di prima mano di Ireneo di Lione? E tale Farrar chi è? Dove dice che cosa e dove stanno le fonti originarie, in cui si afferma ciò? Sul fondamento sabbioso del sentito dire non si può costruire un discorso probatorio». Egli mi mandò in risposta un articolo di Carmine Lamanna. Esso però, più che dare risposte, presentava diversi problemi di metodologia e di argomentazione. Tra altre cose facevo presente che Carmine Lamanna non forniva chiare fonti probatorie né i precisi riferimenti bibliografici. Egli portava mozziconi di frasi, attribuite ad antichi scrittori, e facendo ciò metteva stranamente un certo «Dean Farras» (in realtà Frederic William Farrar, 1831-1903, detto Dean Farrar) dopo Tertulliano (160–220 circa; seguace poi dell’eterodosso Montano) e Ireneo (130-202) e prima di Crisostomo (344 o 454-407), per poi fare un grande salto ad autori del 19° secolo! Rimando al su citato confronto per i dettagli.

     Si vede che Antonio Capasso ha sentito un certo obbligo morale di venire in soccorso agli altri e di rimediare in parte alla questione, fornendomi due fonti, a parer suo, probatorie.

 

 

1. Le tesi {Antonio Capasso}

 

Caro fratello, pace.  Per quanto riguarda le cose dette da Ireneo, cito testualmente da «S. Ireneo da Lione - Contro le eresie» volume secondo. (A cura di P. Vittorino Dellagiacoma, Cantagalli – Siena, pag.166): «L’uomo perfetto è composizione e unione dell’anima che riceve lo Spirito del Padre ed è unita alla carne: questa è la creatura a immagine di Dio. Per questo l’Apostolo dice: “Parliamo di sapienza tra i perfetti” (1 Cor 2,6) chiamando perfetti quelli che hanno ricevuto lo Spirito di Dio e in qualunque lingua s’esprimano mediante lo Spirito di Dio, come egli faceva.

     Anche noi abbiamo udito molti fratelli nella chiesa avere il carisma profetico e mediante lo Spirito parlavano in tutte le lingue e rivelavano le cose nascoste agli uomini ed esponevano i misteri di Dio».

     Credo che il contesto, in cui Ireneo dica queste cose, sia chiaro, le fonti te le ho date.

     Ti cito anche Giustino Martire: «Se vuoi una prova che lo Spirito di Dio, una volta col tuo popolo, vi ha lasciato ed è venuto a noi, vieni nella nostra comunità e là lo vedrai scacciare i demoni, guarire i malati, parlare in altre lingue e profezie…» (Dialogo con Trifone - LXXX11, sta in Ante-Nicen Fathers, Ed. Robert e Donaldson, Vol 1, pag. 240). {24 settembre 2009}

 

 

2. Osservazioni e obiezioni {Nicola Martella}

 

1. Ireneo (130-202) parlò della esperienza sua e di altri con lui e non di una condizione generalizzata nelle chiese in tutto l’impero o il mondo. L’espressione «in qualunque lingua s’esprimano» non chiarisce bene che cosa intendesse: 1) I pneumatici proclamavano ovunque si trovassero nella loro propria lingua col fine di profetare; 2) I pneumatici proclamavano, ovunque si trovassero, nella lingua locale alfine di trasmettere l’Evangelo.

     Ireneo sembra fare una commistione fra profetare, parlare in tutte le lingue e rivelare cose nascoste, contrariamente a 1 Corinzi 14; ciò sarebbe proprio da dilettante. In effetti non intendeva un parlare mistico, come oggi si presenta la glossolalia, ma un parlare intellegibile come a Pentecoste: essi parlando nelle lingue necessarie al luogo e alle persone presenti, profetavano (= proclamavano in modo ispirato), rivelando così i «misteri di Dio» (= l’Evangelo), che agli uomini erano nascosti. Che non parlasse della glossolalia come oggi intesa, è evidente, poiché estranei o non credenti avrebbero detto in tal caso che tali credenti erano pazzi (1 Cor 14,23). Si trattata invece della profezia (= proclamazione ispirata) nella lingua dello straniero che stava dinanzi, come anche Paolo affermò: «Ma se tutti profetizzano, ed entra qualche non credente o qualche estraneo, egli è convinto da tutti, è da tutti giudicato, l’intimo del suo cuore viene messo a nudo; e così, gettandosi giù con la faccia a terra, adorerà Dio, proclamando che Dio è veramente fra voi» (vv. 24s). L’esempio maestro è il parlare degli apostoli in modo intellegibile a Pentecoste per convincere i Giudei della diaspora e di Gerusalemme nella loro propria lingua.

     Si noti inoltre che Ireneo e quanti con lui, oltre a non generalizzare le cose, non avevano tale facoltà personalmente.

     Inoltre essi parlavano di un’esperienza fatta in un indistinto passato. Ciò si accordava anche con le previsioni di Paolo: «Quanto alle lingue, esse cesseranno di per sé» (1 Cor 13,8), ossia un poco alla volta. Considerando che Ireneo era vissuto nel secondo secolo ed era quindi abbastanza vicino al tempo degli apostoli, quanto da lui detto si accordava col tempo oramai passato, descritto dall’autore dell’epistola agli Ebrei: «La quale [salvezza], dopo essere stata prima annunziata dal Signore, ci è stata confermata da quelli che l’avevano udita, mentre Dio stesso aggiungeva la sua testimonianza alla loro, con dei segni e dei prodigi, con opere potenti svariate, e con doni dello Spirito Santo distribuiti secondo la sua volontà» (Eb 2,3; linguaggio al passato). Ireneo fu discepolo di Policarpo, che a sua volta fu diretto discepolo dell’apostolo Giovanni (quest’ultimo visse quasi fino alla fine del 1° secolo).

 

2. Quanto alla citazione del filosofo palestinese Giustino Martire o di Nablus (100-162/168), faccio notare che egli si esprimeva all’interno di un’apologetica che aveva come interlocutore un ebreo fittizio di nome Trifone. Egli assommò qui varie attività sovrannaturali per fare colpo sui suoi lettori. Difficilmente una persona fittizia avrebbe potuto visitare la sua comunità. In ogni modo, egli affermava: «…e là lo vedrai [lo Spirito di Dio!] parlare in altre lingue e profezie». Come si vede, era lo Spirito Santo che parlava. Inoltre la locuzione «in altre lingue e profezie» è un’unità e si può intendere come sopra profetare (= proclamare in modo ispirato) usando altre lingue, ossia come a Pentecoste.

 

3. Faccio inoltre notare quanto segue. Bisogna guardarsi dal proiettare la glossolalia odierna in tali brani, per trovarne conferma. Infatti tali brani dicono solo che qualcosa avveniva (parlavano in altre lingue, profetando), ma non in quale modo ciò avvenisse e chi fossero i destinatari concreti. Ireneo e Giustino parlarono delle loro esperienze, senza descrivere in modo concreto che cosa avvenisse veramente e senza affermare di possedere personalmente uno di tali carismi. Per questo tali brani non chiariscono sufficientemente la questione. L’abbinamento fra parlare in altre lingue, la profezia (= proclamazione ispirata) e la rivelazione dei misteri di Dio (= Cristo, l’Evangelo), fanno pensare a Pentecoste e a un parlare intellegibile nella lingua degli astanti, quindi a una situazione missionaria. Né Ireneo né Giustino parlarono di lingue estatiche. Invitare un Giudeo ostile al cristianesimo a sentire lingue estatiche, avrebbe solo aumentato la sua convinzione che i cristiani sono pazzi e avrebbe solo offerto il fianco ai suoi attacchi.

     Infine faccio notare che le fonti dei primi secoli dopo Cristo sul fenomeno della glossolalia, se ridotte a solo queste o a poche altre, sempre se esistessero e fossero attendibili, sarebbero statisticamente irrilevanti. Per poterle studiare e dire qualcosa di certo, ce ne vogliono molte di più (ed esse devono essere più precise e descrittive!) rispetto a poche citazioni generiche e facili a essere interpretate e strumentalizzate, in un modo o nell’altro.

 

4. Infine faccio notare che la glossolalia e altre esperienze estatiche erano praticate specialmente nei gruppi di frangia, che seguivano particolari maestri e rivelazioni speciali, specialmente Montano e i montanisti.

     A proposito di Tertulliano si scrive: «Verso il 207 fu attratto dal montanismo, un movimento fondato da Montano, in Frigia, come reazione a una certa tiepidezza della vita cristiana. Esso si richiamava ai carismi originari, soprattutto la profezia e la glossolalia, e si appellava all’azione dello Spirito Santo, chiamato di preferenza con il titolo di Paraclito. Tertulliano entrò così in rottura con la Chiesa ufficiale, che attaccò con veemenza, soprattutto negli ultimi anni, a proposito della disciplina penitenziale. […] Dopo il 220 non abbiamo più notizie su di lui» [Enrico Cattaneo, Carlo Dell’Osso, Giuseppe De Simone, Patres Ecclesiae. Una introduzione alla teologia dei padri della chiesa (Il Pozzo di Giacobbe)].

     Se Montano si richiamava ai carismi del tempo apostolico, ciò significa che essi non era più praticati ai suoi tempi o almeno non come allora. Inoltre, ciò che questi autori mancano di dire, è che Montano praticava una falsa profezia, poiché intendeva se stesso come il Paracleto, ossia come la manifestazione stessa dello Spirito Santo, oltre ad aver fatto predizioni che non si avverarono. In effetti egli mischiò lo gnosticismo pagano (era un ex sacerdote di Cibele) con il cristianesimo e l’ascetismo. Tertulliano, seguendone il rigorismo ascetico, divenne un suo seguace.

     Su Montano e montanisti si veda in Nicola Martella (a cura di), Escatologia fra legittimità e abuso. Escatologia 2 (Punto°A°Croce, Roma 2007), gli articoli: «Il millenarismo dottrinale», pp. 33-38; «L’escatologia gnostica», pp. 42ss (caratteristiche del montanismo). Per il contesto generale si vedano qui gli articoli riguardanti i primi secoli: «Escatologia e primo millennio», pp. 27-52.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Glossolalia_padri-chiesa_EdF.htm

28-09-2009; Aggiornamento: 15-10-2009

 

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