Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Dall’avvento alla parusia

 

Cristianesimo giudaico

 

 

 

 

La prima parte del «Panorama del NT» porta il titolo «Dall’avvento alla parusia», ossia dalla prima alla seconda venuta del Signor Gesù. Questo titolo evidenzia la tensione in cui erano posti i cristiani del primo secolo (e noi oggi). Essi guardavano indietro all’incarnazione, ai patimenti e alla risurrezione di Gesù quale Messia (primo avvento) e guardavano parimenti avanti alla manifestazione del Signore, del suo regno e della sua salvezza. Il termine «avvento» mette quindi in evidenza l’abbassamento del Messia , mentre «parusia» (gr. parousía «venuta, arrivo») evidenzia la manifestazione gloriosa del Signore alla fine dei tempi. Questo è altresì l’uso che si fa di questi due termini nella teologia.

   Ecco le sezioni dell'opera:
■ Aspetti introduttivi
■ Gesù di Nazaret
■ Gli Evangeli
■ Dall’ascensione alla fine dei tempi
■ Aspetti conclusivi

 

► Vedi al riguardo la Recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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CESURA DAL GIUDAISMO MARCATO

DAL GENITIVO «DEI GIUDEI»

 

 di Nicola Martella

 

Nicola, ti sottopongo una questione, sulla quale stavo riflettendo. Studiando il vangelo di Giovanni, mi sono accorto che ricorrono espressioni del tipo «la pasqua dei Giudei» (2,13; 11,55) e «una festa dei Giudei» (5,1). Mi stavo chiedendo come mai questo accento sui «Giudei». L’intento dell’evangelista appare quasi polemico, come a voler sottolineare che i Giudei (intesi come abitanti della Giudea), pur rispettando le feste comandate dalla legge, non riconoscevano Gesù, la luce che era venuta ad abitare tra di loro (proprio in casa sua!), mentre altrove, ad esempio in Galilea, diversi credevano in Gesù!? Se non c’è un intento polemico, perché sottolineare che tale feste erano «dei Giudei»? Tu cosa ne pensi? {Omar Stroppiana; 13-03-2012}

     Dopo la mia proposta di aprire un tema sull’argomento, il mio interlocutore ha continuato a chiedere: Resta inteso che la mia è una domanda, non una affermazione, ovvero io al momento non ho una convinzione precisa in merito, ma sto cercando di capire. Mi chiedo perché non la Pasqua e basta? La Pasqua era per tutti, compresi Galilei, ecc., eppure l’accento viene messo sui Giudei. Mi chiedo perché. Grazie mille.

 

 

1.  LE QUESTIONI DI BASE: Nel suo Evangelo Giovanni presentò un’accesa polemica teologica fra Gesù e i Giudei. Essa fu già adombrata nel Prologo: «È venuto in casa sua, e i suoi non l’hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato l’autorità di diventare figli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome; i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio» (Gv 1,11ss). Qui fu posto proprio un manifesto programmatico contro la logica della religione legata alla razza (giudaismo) e a favore dell’appartenenza a Dio mediante la nascita dall’Alto. Il punto di rottura fu il rifiuto dei Giudei di riconoscere in Gesù il loro Messia promesso; proprio i membri del popolo eletto (!) sono così perduti nei loro peccati (Gv 8,24.28). Tutto ciò fece sì che ci fosse una lacerazione fra la cultura giudaica (religione rituale e dei precetti religiosi) e la fede in Gesù Messia. Negli Evangeli fu evidenziato che il tempio (Mt 24,2), i riti (Mc 7,2ss), le osservanze religiose (Mt 23,13.23.29), i ministeri teocratici, i precetti della tradizione e le convenzioni culturali (Mt 15,3-6; Mc 7,8s) divennero i «vecchi otri», che non potevano contenere il «vino nuovo» (Mt 9,16s), il messaggio «rivoluzionario» di Cristo (cfr. anche Paolo ai Galati e ai Colossesi; l’epistola agli Ebrei).

     Se, fino all’avvento di Gesù Messia, i fronti religiosi e culturali erano fra Israele (popolo del patto) e il paganesimo (il resto del mondo; cfr. At 10,17; 11,2s; Gal 2,15), con l’istituzione del nuovo patto, i fronti divennero tre (di per sé c’erano già prima poiché, sebbene le promesse valevano a tutto il popolo del patto, le benedizioni valevano nella pratica solo per il «residuo» fedele), o almeno divennero più evidenti: l’Israele storico (formalmente destinatario delle promesse, il «mondo» e l’Assemblea messianica (o suo «corpo»).

 

 

2.  IL VALORE TEOLOGICO DI TALE GENITIVO: Si noti come negli Evangeli il genitivo «dei Giudei» da criterio di onore rispetto a Gesù quale Messia divenne un criterio di cesura.

     ■ Criterio di onore: All’inizio e alla fine dell’Evangelo di Matteo ci sono due domande. I magi d’Oriente chiesero:«Dov’è il re dei Giudei, che è nato?» (Mt 2,2). Il procuratore Pilato interrogò Gesù, dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?» (Mt 27,11). Luca parlò in modo neutrale della mediazione degli anziani dei Giudei nei confronti del centurione (7,3). ● Anche in Giovanni Pilato fece la stessa domanda a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?» (18,33);.

 

     ■ Criterio di cesura: Nell’Evangelo di Matteo Gesù fu schernito dai soldati (Mt 27,29). Il motivo della condanna fu scritto sulla croce: «Questo è Gesù, il re dei Giudei» (v. 37). ● In Marco a ciò si aggiungeva la domanda rivolta da Pilato ai Giudei: «Volete che io vi liberi il re dei Giudei?» (Mc 15,2; v. 12 «che voi chiamate…»). Essi risposero negativamente, accollandosi la responsabilità. Luca aggiunse l’ingiuria dei soldati sotto la croce: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso!» (Lc 23,36ss). Giovanni parlava a chi era avulso dal giudaismo e dai suoi rituali e dalle sue convenzioni, rimarcando così la distanza dalla fede in Gesù Messia. Egli parlò, perciò, dei seguenti elementi: «la purificazione dei Giudei» (Gv 2,6); «la Pasqua dei Giudei» (v. 13; 11,55); i «capi dei Giudei» (3,1); «una festa dei Giudei» (5,1); «la Pasqua, la festa dei Giudei» (6,4; 19,42 «Preparazione dei Giudei»); «la festa dei Giudei, detta delle Capanne» (7,2); la «paura verso i Giudei» (= Giudei religiosi o capi), che impediva alla gente di esprimere apertamente le proprie opinioni su Gesù (v. 13; 9,22); ricorre anche l’espressione «per timore dei Giudei» 19,38; 20,19); «le guardie dei Giudei» (= dei capi giudaici; 18,12); Gesù parlò del fatto di essere «dato nelle mani dei Giudei» (v. 33; erano intesi specialmente i capi giudaici); Pilato chiese ai Giudei: «Volete che io vi liberi il re dei Giudei?» (v. 39; la risposta fu negativa); i soldati schernirono Gesù: «Salve, re dei Giudei!» (19,3); «V’era scritto: Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» (v. 19; cfr. v. 21 non «Il re dei Giudei», ma «Io sono il re dei Giudei»). ● Tale distinzione esiste anche nel libro degli Atti, dove diventa sempre più marcata.

 

 

3.  APPROFONDIMENTI: VECCHIE FESTE E NUOVI SIGNIFICATI: Perciò, specialmente nell’Evangelo di Giovanni, che è teologico, i fronti sono netti: ci sono i seguaci di Gesù Messia, da una parte, e, dall’altra, i Giudei nel loro complesso (specialmente i capi religiosi e politici), proprio coloro che l’hanno rifiutato come Messia, che lo hanno contrastato e che lo hanno portato al supplizio. Per questo motivo, anche ogni singola festa solenne dei Giudei, che dovevano prefigurare il mistero e ministero del Messia, diventò così solo «una festa dei Giudei» (Gv 5,1). Dinanzi alla nuova Pasqua del Messia, quella del vecchio patto diventò solo «la Pasqua dei Giudei» (Gv 2,13; 11,55).

     Gesù mise l’enfasi su «questa Pasqua con voi» (Lc 22,15), su «questo calice» quale «nuovo patto nel mio sangue» (Lc 22,20; 1 Cor 11,25). E comandò un nuovo ordinamento pasquale: «Fate questo in memoria di me» (Lc 22,19). In tutto ciò c’era un’evidente polemica velata verso il memoriale giudaico. Il memoriale messianico della Pasqua rappresentava la continuità con la Pasqua ebraica e, allo stesso tempo, la discontinuità, ossia il punto di rottura. Ciò che restava era, oltre alla ricorrenza annuale (era la Pasqua!), al pane azzimo e al vino, il significato: alla rammemorazione dell’uscita dall’Egitto si sostituiva l’evento cristologico; all’agnello, il cui sangue protesse allora dall’angelo distruttore, si sostituì una volta per sempre il sangue di Cristo, che protegge i credenti dal giusto giudizio; alla prontezza per il viaggio verso la terra promessa si sostituì l’attesa del Messia-Re, che inaugurerà il suo regno politico in terra.

     Per tali motivi, Paolo, pur ricordando alcuni elementi della Pasqua ebraica, quali l’eliminazione del vecchio lievito e l’inizio di una nuova pasta, ci tenne a precisare: «Poiché anche la nostra Pasqua [= agnello pasquale], cioè Cristo, è stata immolata. Celebriamo dunque la festa...» (1 Cor 5,6ss). Tale festa era appunto l’annuale Pasqua cristocentrica.

     La polemica contro l’osservanza di particolari giorni giudaici e di altri elementi dei giudaismo) si trova specialmente nelle lettere ai Galati e ai Colossesi. Le feste, che furono espressamente cristianizzate nel NT, furono appunto specialmente la Pasqua (istituzione del nuovo memoriale pasquale) e secondariamente Pentecoste (festa della raccolta; Gesù comandò agli apostoli di aspettare a Gerusalemme, e lo Spirito Santo fu manifestato su di loro in quel giorno).

 

 

4.  PERCHÉ «DEI GIUDEI» SOLTANTO?: Alle questioni poste dal mio interlocutore, rispondo come segue. Il termine «giudeo» ha vari significati, ad esempio: ▪ 1. In origine, appartenente alla tribù di Giuda; ▪ 2. Dopo il ritorno dalla cattività, appartenenti alla provincia (persiana, greca, romana) della Giudea (il territorio dell’antico Israele o Efraim andò a popolazioni, che poi furono chiamate Samaritani); ▪ 3. Durante il periodo del regno asmoneo e poi di Erode, designava gli appartenenti del regno di Giuda; essi venivano distinti dagli Israeliti, che abitavano in altre parti della Palestina, ad esempio, in Galilea; ▪ 4. Nel mondo d’allora designava gli Israeliti in genere, qualunque fosse la loro tribù di appartenenza.

     Tra i «Giudei» residenti in Gerusalemme venivano distinti gli «ellenisti» (Giudei della diaspora) dagli «Ebrei» (Giudei della Palestina; At 6,1). Timoteo era «figlio di una donna giudea credente, ma di padre greco» (At 16,1; non era «ebrea» come scrive la NR). Aquila era un Giudeo, oriundo del Ponto (At 18,1); e Apollo era un Giudeo, oriundo d’Alessandria (v. 24; non erano «ebrei» come scrive la NR). In Efeso, Sceva era Giudeo e capo sacerdote (At 19,14; non «ebreo» come scrive la NR). Il popolo di Efeso riconobbe che un certo Alessandro era Giudeo (At 19,34; non «ebreo» come scrive la NR). Drusilla, moglie, del procuratore Felice, era giudea (At 24,24; non era «ebrea» come scrive la NR).

     Paolo, contrapponendosi ai falsi apostoli giudaici, che presero il potere nella chiesa di Corinto, disse: «Sono Ebrei? Lo sono anch’io. Sono Israeliti? Lo sono anch’io. Sono seme d’Abramo? Lo sono anch’io» (2 Cor 11,22). È evidente che «Ebrei», «Israeliti» e «seme d’Abramo» intendono qui la stessa cosa, evidenziando di non avere parti di sangue gentile. Questo è evidente ancor più qui: «Io, [sono] circonciso l’ottavo giorno, della razza d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo d’Ebrei; quanto alla legge, Fariseo» (Fil 3,5). Quindi il termine «Ebreo» poteva indicare l’appartenenza etnica, oppure la distinzione particolare dei Giudei ebraici (Gerusalemme e dintorni) da quelli greci (diaspora).

     Eppure, lo stesso Paolo, quando dovette specificare la sua provenienza, disse al tribuno: «Io sono un Giudeo, di Tarso» (nella Cilicia; At 21,39); similmente disse ai Giudei di Gerusalemme: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma allevato in questa città, ai piedi di Gamaliele…» (At 22,3). Questo spiega perché Paolo si definiva sia «Giudeo» che «Ebreo»: era nato a Tarso, ma era cresciuto in Gerusalemme. È possibile che il padre stesso fosse di Gerusalemme e che Paolo fosse nato a Tarso, a causa del mestiere del genitore, che aveva anche la cittadinanza romana, può darsi per servigi resi a Cesare (cfr. At 22,25-29).

     Quindi, una «festa (o la Pasqua) dei Giudei» era una «festa (o la Pasqua) del giudaismo», senza distinzioni. «Giudeo» era un termine sia religioso che culturale.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Giudei_cesura_Avv.htm

15-03-2012; Aggiornamento:

 

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