Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Cristianesimo giudaico

 

 

 

 

Il sabato, l’anno sabbatico e il giubileo.

 

Ecco le parti principali:
■ Il patto, l’etica e il pensiero sabbatico
■ Il sabato nell’Antico Testamento, nel giudaismo, nel Nuovo Testamento e relative questioni odierne
■ L’estensione del sabato: l’anno sabbatico e lo jôbel nella Torà e nella storia
■ L’ideale e le funzioni teologiche risultanti
■ Excursus: Storia del giubileo cattolico
■ Le feste principali in Israele.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INTERROGATIVI SUL CRISTIANESIMO GIUDAICO

Dialogo senza Carmine Picciotto (ps.)

 

di Nicola Martella

 

 

1.  ENTRIAMO IN TEMA: Nel novembre del 2007 mi venne sotto gli occhi un articolo, in cui si parlava di Carmine Picciotto (ps.; in seguito solo con nome e cognome) quale «rabbino pastore» (06-11-2007; Icn [link non più attivo], era comparso anche sul sito di Edipi); in esso Luca Rajna intervistava tale credente. Leggendolo, mi erano sorti subito sentimenti ambivalenti, e ciò per diversi motivi. Quanto scritto qui di seguito era sorto in massima parte alla fine del 2007, dopo la lettura di tale articolo. Prima di pubblicarlo, inviai lo scritto all’intervistato perché aggiungesse le sue valutazioni, ma queste ultime non arrivarono mai, forse per paura di esporsi. In seguito, lo conobbi a un convegno su Israele, in cui eravamo ambedue relatori. Alle seguenti riflessioni, sorte allora e in cui pensavo a voce alta, aggiunsi poi alcune riflessioni più recenti.

     ■ A ragion di logica o si è è rabbino o pastore, non ambedue — sebbene quest’ultimo termine nel NT non sia mai un titolo, ma una delle funzioni ministeriali del conduttore, appunto quella pastorale. ● Avendo conosciuto personalmente Carmine, mi era allora sembrato che non se ne facesse molto dei titoli; non vorrei che fossero stati altri a spingerlo in tale ruolo (vedi sotto).

     ■ Avevo avuto dapprima timore che si trattasse di un giudeo-cristianesimo militante (o sionismo cristianizzato) che, sotto un manto cristiano, intende riformare l’intera chiesa, giudaizzandola. ● Parlando con lui, quella volta, mi era sembrato una persona mite e pacata e senza intenti ideologici e militanti.

     ■ Avevo avuto timore che venisse presentata la solita tesi ideologica: voi Gentili non potete assolutamente capire il NT, perché vi mancano le radici giudaiche e senza di esse non potete accedere al «sottotesto» ebraico e, quindi, al vero significato. ● Sebbene egli si fosse cimentato in un’avventurosa interpretazione di Mt 6,22s (vedi sotto) e avesse citato in seguito la discutibile e tendenziosa traduzione di David Stern, mi era sembrato sincero nella comunione con i cristiani gentili.

     ■ Avevo avuto timore anche che un sedicente «orgoglio giudaico», di nuova scoperta, si imponesse come modello d’esportazione e che i cristiani considerassero il «rabbino» come esegeta incontrovertibile del testo del NT e il Talmud come chiave ermeneutica privilegiata per capire il NT. ● Sebbene certe tesi come quella giudaicamente viziata sull’«occhio sano» (inteso da lui come «puro», quindi generoso; Mt 6,22s; Lc 11,34) mi avevano fatto temere il peggio, Carmine non mi aveva dato l’impressione di voler prendere un ruolo del genere.

     ■ Avevo avuto timore che si sviluppasse una nuova casta di Nicolaiti e Baalamiti (i termini gr. nikolaos ed ebr. ba`al`am significano «vincitori [o dominatori] di popolo»), di cui l’Apocalisse ci parla come una piaga per le chiese, designando così particolari «unti» (apostoli, profeti, maestri), che spadroneggiavano nelle comunità con le loro dottrine giudaizzanti, gnostiche ed esoteriche. Se si leggono le epistole pastorali (ma anche 1-2 Cor), ci si accorgerà che molte eresie penetravano nelle chiese proprio mediante cristiani giudei o giudaizzanti. ● Carmine Picciotto mi è sembrato, però, un uomo mite che voleva vivere la sua devozione pacificamente senza mire egemoniche.

 

Sulla questione del giudaismo, del sionismo cristiano o cristianizzato, del giudeo-cristianesimo, eccetera io e altri ci siamo confrontati a sufficienza sul sito «Fede controcorrente», dibattendo molti dei punti sopra esposti e altri ancora. [► Giudaismo]

     D’altra parte, però, ero interessato a sapere come un cristiano riscoprisse le sue radici ebraiche. Per me, che ho insegnato per almeno due decenni AT e che ho sempre difeso una lettura giudaica di diverse epistole del NT (p.es. 1-2 Pt, Gcm, Gd), non poteva che essere interessante verificare il «sestante» teologico del cosiddetto neo-rabbino cristiano.

 

 

2.  ALLA SCOPERTA DELLE PROPRIE RADICI GIUDAICHE: Venni a sapere che gli antenati di Carmine Picciotto furono battezzati con la forza dall’Inquisizione romana. Durante la seconda guerra mondiale, sebbene sua nonna avesse cresciuto i suoi figli nella chiesa romana, ciò non impedì che gran parte della sua famiglia venisse sterminata.

     Dapprima si convertì sua madre alla verità evangelica. Suo padre, nell’intento di contrastare la scelta della moglie, esaminò accuratamente le Scritture e, alla fine, credé anche lui. Ciò significò per Carmine, allora decenne, un repentino cambio di educazione familiare. A 18 anni si convertì anche lui e a 24 partì con la nave missionaria Doulos di O.M., cosa che gli diede l’occasione di predicare per anni l’Evangelo in Africa, Asia e Medio Oriente.

     Poi si pose in lui impellente la questione di ristabilire l’ebraicità nella sua famiglia. L’Ufficio Rabbinico, a cui si rivolse, lo considerò come una specie di figlio perduto e ritrovato da accogliere e istruire; egli si guardò, però, dal dire loro di essere un cristiano. Quel periodo di studio contribuì al fatto che tutto quello, che già sapeva su Gesù (= ebr. Ješûa`), gli apparisse molto più chiaro e concreto.

     In questo ritorno alla sua identità ebraica Carmine fu sostenuto da sua moglie Miriam, e anche i suoi genitori erano fieri della sua scelta. Ebbe una calorosa accoglienza nelle sinagoghe e mantenne buoni rapporti col giudaismo storico.

     Con alcuni ebrei aveva potuto condividere il fatto che Gesù è il Messia; e nel 2007 egli e altri dodici giudei cristiani si radunavano come comunità giudeo-cristiana.

 

 

3.  ALCUNI INTERROGATIVI E QUESTIONI: Su questi punti, che segnalo, avrei voluto fin d’allora che si iniziasse una discussione proficua. Lo scopo era di evitare confusioni terminologiche. Come detto, però, Carmine Picciotto preferì semplicemente evitare ogni confronto in tutti questi anni.

 

     ■ Ebrei messianici?: Si sta accreditando la dizione «ebrei messianici». Essa è chiaramente impropria, poiché il messianismo è vivo anche nel giudaismo storico, e ci sono gruppi con forte connotazione escatologica, che si definirebbero «ebrei messianici». Io uso la seguente terminologia: giudeo-cristianesimo o cristianesimo giudaico (ebraico); cristiani ebrei (giudei, giudaici) o ebrei (giudei) cristiani; comunità (chiesa locale, assemblea) giudeo-cristiana. L’altra parte della medaglia è la seguente: cristianesimo gentile (o delle nazioni); cristiani gentili (o delle nazioni) o gentili cristiani; comunità (chiesa locale, assemblea) cristiana gentile (dei gentili o delle nazioni).

 

     ■ Rabbino?: Carmine Picciotto, essendosi diplomato in una Yeshivah (scuola di studi talmudici), potrebbe portare il titolo di «rabbino» all’interno del giudaismo. Alcuni hanno l’imbarazzo se chiamarlo rabbino, pastore, anziano o altro. Egli non ci tiene molto ai titoli e afferma che lo si può chiamare come meglio si crede. C’è da credergli. Il problema è che spesso, come mostra l’esperienza, sono altri a spingerti in modo crescente in un certo ruolo; altri lo fanno per accreditare se stessi. L’uso crea una convenzione e poi non ci si pensa più. Così, in rete, facendo riferimento a Carmine Picciotto, ci si abituò a parlare e a scrivere di lui come «rabbino messianico» o del «rav Carmine Picciotto».

     Suggerisco che si usi il termine «conduttore», che anche la legge riconosce a chi guida una chiesa. Oltre a ciò, c’è un motivo scritturale e dottrinale. In Matteo 23,8 Gesù raccomandò ai suoi discepoli e futuri apostoli letteralmente quanto segue: «Ma voi non vi fate chiamare “Rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli». Il termine ebraico rabbì significa letteralmente «mio grande» (rab «grande, capo di») e sta per «mio signore» (cfr. monsignore). È, quindi, giusto chiamarsi o chiamare qualcuno «rabbino», visto che Gesù lo aveva espressamente proibito ai suoi discepoli? Come si vede, è una questione di coerenza biblica. Ed è giusto intervenire prima che questo titolo diventi convenzione e altri se ne fregino, a ragione o a torto, fra le chiese. Nel giudeo-cristianesimo c’è molta gente confusa e che sta creando confusione, la quale si fregia del titolo di «rabbino». [► Benedizione dell’anno in pericolo?]

 

     ■ Il rabbinato?: L’intervistatore chiese a Carmine Picciotto: «Dove eserciti il rabbinato?»; intendeva il «ministero o l’ufficio di rabbino». Egli usava nell’articolo di riferimento i termini «rabbino» e «rabbinato» in modo già quasi scontato. Come detto, spesso sono gli altri a pressarti in un certo ruolo, che poi diventa scontato; poi, l’eventuale narcisismo potrebbe fare il resto. Meglio attenersi a ciò che è scritto e non andare oltre a ciò (no Rabbì Mt 23,8; non oltre 1 Cor 4,6; modello delle sane parole1 Tm 6,3ss; 2 Tm 1,13).

 

     ■ Terminologie giudaiche?: Nell’articolo traspare il modo giudaico di scrivere «Dio», ossia «D-o», ad esempio: «lodare D-o», «popolo di D-o», «gloria a D-o». Già in epoca babilonese (dal 606 a.C. in poi) i Giudei cominciarono a leggere il tetragramma JHWH (Jahwè) come Adonaj «Signore», sia nel timore di pronunciare il nome di Dio invano, sia per evitare che Jahwè diventasse uno degli dèi adorati dai pagani. La Settanta tradusse il tetragramma JHWH con Kyrios «Signore», il NT usò solo quest’ultimo termine. I Masoreti, vocalizzando il testo consonantico dell’AT (7°-10° secolo d.C.), misero sotto al tetragramma le vocali di Adonaj, per ricordarne la lettura in tal senso. In seguito, anche per Adonaj cominciò lo stesso meccanismo: per evitare che lo si pronunciasse invano, lo lessero Haššem «il Nome», ed evitarono di scrivere per esteso i nomi divini (Adonaj, Elohim, ecc.) e li indicarono solo con la prima e l’ultima lettera con trattino in mezzo. A tale uso si associarono col tempo anche le dizioni nelle altre lingue, e in italiano si scrisse ad esempio «D-o».

     È giusto perpetuare questo costume giudaico nella chiesa? A monte c’era sia il timore di pronunciare in modo inconsulto un qualsiasi nome della Deità, sia un atteggiamento superstizioso, molto diffuso fra i Giudei. Nell’AT fu comandato di giurare solo nel nome di Jahwè (Dt 6,13; 10,20; Gs 9,19). Nel NT furono usati i nomi di Dio senza un tale artificio giudaico. Perché dovrebbero assumerlo i cristiani odierni? Perché diffondere questo uso giudaico fra i cristiani? Perché rischiare di creare un’abitudine, che poi viene recepita come una convenzione più spirituale e rispettosa di Dio, mentre diventa invece una forma di tabù mentale e di superstizione religiosa? Ho letto in siti di cristiani gentili l’assunzione di tale uso e anche qualcuno mi ha già scritto seguendo tale moda giudaizzante.

 

 

4.  DIFFICOLTÀ PROGRAMMATE

     ■ Ministero di restaurazione?: L’intervistatore aveva chiesto: «Hai incontrato delle difficoltà nel tuo ministero di restaurazione?». Se non si puntualizza bene di che cosa si tratta, si creeranno inquietudini e sospetti. Infatti, se si vuole restaurare qualcosa, bisogna dichiarare l’oggetto e il fine. Quindi, se per «ministero di restaurazione» s’intende la possibilità che i cristiani d’origine ebraica possano vivere la propria giudaicità all’interno del cristianesimo, è un obiettivo accettabile. Se invece si intende restaurare l’intera chiesa (ritenuta ormai decadente e finita, come altri giudaizzanti e sionisti cristianizzati scrivono da tempo) in senso di un giudeo-cristianesimo, ritenuto quello autentico, originale e unico possibile, allora le resistenze e le contrapposizioni sono programmate. Al riguardo la chiarezza è d’obbligo, per non essere confusi con un «cristianesimo sionista» (o farisaico), che ha come mira proprio tale seconda evenienza. Il rischio di essere messi nella stessa pentola, è reale.

     Negli ultimi tempi sono molto allergico alla parola «restaurazione», poiché leggo di vari tentativi di restaurare il cristianesimo nei modi più vari (misticismo, sacramentalismo, talmudismo cristianizzato, sabatismo, liberalismo morale sulla base dell’«amore [di Dio]», ecc.) e anche in quelli bizzarri (p.es. restaurare la chiesa con la danza; spiritualismo ufologico). L’unica potenza di Dio per restaurare la chiesa è l’Evangelo, nudo e crudo, ossia la «parola della croce» (Rm 1,16; 1 Cor 1,18; 2 Tm 1,8); tutte le altre proposte sono «gioghi» (At 15,10; cfr. vv. 1.5) spacciati per ideologie salvifiche (Gal 5,1) o «catene» presentate come liberazione (2 Pt 2,18s).

 

     ■ Teologia della sostituzione: Lo stesso Carmine Picciotto parlava del fatto che, all’inizio dei suoi studi talmudici, il rabbinato lo accolse come un figlio perduto e ritrovato; chiaramente aveva taciuto sulla sua reale identità cristiana, perché ciò avvenisse. Al contrario, fu visto con sospetto proprio dal pastore della comunità, che frequentava, non per ultimo a causa della cosiddetta «teologia della sostituzione», ossia Dio avrebbe sostituito definitivamente gli ebrei con i credenti delle chiese. Prima gli fu proibito di parlare con gli altri fratelli e poi di frequentare la comunità. Personalmente non accetto né sostengo una tale «teologia della sostituzione»: di là da ciò che Dio ha fatto in Cristo, unendo in un solo corpo «l’Israele di Dio» (Gal 6,16; i Giudei cristiani) e i Gentili (i cristiani delle nazioni; 1 Cor 12,13; Ef 3,6) — resta un piano futuro di Dio col suo popolo storico, quando molti Giudei riconosceranno che Gesù di Nazaret è proprio il loro Messia (Ap 1,7; Zc 12,10). Ciò mostra comunque come, se non vengono spiegati bene i propri argomenti, il conflitto è assicurato. ● Qualcuno, anch’egli vicino al giudeo-cristianesimo, mi aveva fatto notare che il fatto di non aver detto ai Giudei storici (insegnanti, rabbini, ecc.) di essere un cristiano convinto, al momento dell’entrata nella sinagoga e nella scuola rabbinica, sarebbe stato in futuro un boomerang, che avrebbe colpito lo stesso Carmine Picciotto. Certo, a quel tempo, questo lo poteva sapere solo il Signore. Tuttavia, le sue vicende personali successive hanno mostrato che le cose andarono proprio così.

 

     ■ Giudaicità nel NT: Qui Carmine Picciotto cercò di mostrare la piena integrazione di Gesù nel giudaismo del suo tempo. Poi affermò, come già altri, che vari brani non si potrebbero intendere senza il contesto giudaico e gli scritti talmudici, che gli Evangeli sarebbero stati scritti in origine in ebraico (quali sono prove documentarie odierne?), che certi brani intenderebbero altro alla luce del Talmud e degli scritti rabbinici, eccetera. Qui si ritorna ad esempio a Mt 6,22-23 e alla sedicente interpretazione giudaizzante nel senso di «occhio generoso» che dovrebbe dimostrare che gli Evangeli sarebbero stati scritti in ebraico e tradotti (male) in greco; darò una risposta in seguito a tale saccenteria, per ora si veda Lc 11,34 e il suo contesto, dove non compare alcun elemento economico. Inoltre le ho già approfonditamente discusse con altri. [Due tesi a confronto su Matteo 6,22-23 (1) | ► 2 | ► 3 | ► 4 | ► 5] Molte di queste cose mi lasciano perplesso, poiché danno l’impressione che la maggior parte dei cristiani non possano per nulla comprendere ciò che leggono e che ci sia bisogno di una nuova «casta» d’interpreti giudaici fra le chiese per capire veramente il NT. Ciò è già successo in Galazia, a Colosse e a Corinto, dove i superapostoli (2 Cor 11,5.13ss) imposero al Corinzi le loro dottrine giudeo-gnostiche, facendo molto danno col loro «evangelo diverso» (v. 4; cfr. Gal 1,6-9). Ho già espresso altrove le mie perplessità su alcuni punti di tali concezioni. Mi riprometto di dare nuovamente una risposta a tali argomenti in seguito.

 

 

5.  PROVE DI DIALOGO: Alle questioni specifiche, contenute nella seconda metà dell’articolo in questione, darò risposta in seguito. Qui ho cercato di porre alcune questioni fondamentali nell’intento di capire direttamente da Carmine Picciotto e di instaurare un dialogo sincero e corretto con lui. Come già detto, queste riflessioni erano state scritte da me nella prima stesura alla fine del 2007. Sebbene gli avessi mandato la prima versione di questo articolo, chiedendogli le sue impressioni, la sua replica non è mai arrivata. Durante l’incontro avuto con lui, sebbene abbiamo avuto una buona comunione, non aveva espresso l’intenzione di intervenire per iscritto. Anche nell’autunno del 2009 gli avevo scritto, mandandogli la domanda di una lettrice e ricordandogli questo confronto. Oramai, non aspettandomi che arrivasse più una sua replica, misi questo articolo in rete. Mi ero proposto di continuare magari sui dettagli. A questo punto, ognuno risponda alla propria coscienza e si prenda le sue responsabilità.

     Prego per lui affinché viva con gioia e mitezza la sua devozione, senza farsi affascinare da progetti ideologici e senza farsi stravolgere la mente da bizzarre interpretazioni, che sminuiscono il valore del NT greco (l’unico che abbiamo) e alimentano l’insorgere di una pericolosa «casta di specialisti» giudaizzanti; questi ultimi, invece di fare del bene all’Evangelo, si trasformano in «sommi apostoli» giudeo-gnostici (2 Cor 11,5.13ss; 12,11), quindi in Nicolaiti (Ap 2,6.15) e Baalamiti (Ap 2,14). Dio ci scampi da una tale casta!

 

Gesù, un Giudeo allineato o anticonformista? {Nicola Martella} (A)

 

I prossimi articoli, nati dall’analisi e dal confronto con tale intervista e scritti oramai da anni, verteranno sui seguenti temi:

► Occhio generoso o avaro?

► Sotto la legge o sotto la grazia?

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Giud-crist_interrog_Sh.htm

10/12/2007; Aggiornamento: 17/05/2018

 

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