Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Manuale Teologico dell’AT

 

Cristianesimo giudaico

 

 

 

 

Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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GERUSALEMME E I CRISTIANI

 

 di Nicola Martella

 

Certamente ci sono nell’AT brani bellissimi su Sion e Gerusalemme, che vengono circondate poeticamente d’attenzione, nostalgia, lode e benedizione (cfr. Sal 48,2.11s; 74,2), specialmente quando sono poste in connessione positiva verso il Signore (cfr. Sal 14,7; 20,2; 50,2; 51,18; 53,6) o si riferiscono al tempio (cfr. Sal 76,2; 84,7; 132,13). Esistono però anche nell’AT brani in cui Gerusalemme è paragonata a Sodoma e Gomorra (Is 1,9s; 3,9; Gr 23,14; Ez 16,47ss.53-56), a un luogo di brutture e maledizione. Non fu un caso che Dio minacciò di non lasciare pietra sopra pietra, cosa che poi attuò, a causa dell’ostinazione del popolo.

     Nel NT troviamo ambedue gli aspetti, ma particolarmente quello negativo. Anche Gesù confrontò le città della Giudea al paese di Sodoma e ritenne la condizione di quest’ultima giuridicamente meno pesante (Mt 10,15; 11,23s). Dopo che i capi politici e religiosi avevano rifiutato Gesù come Messia, egli disse ai discepoli, turbandoli, che non sarebbe rimasta pietra sopra pietra del tempio (Mt 24,2) e di Gerusalemme: «…non lasceranno in te pietra sopra pietra, perché tu non hai conosciuto il tempo nel quale sei stata visitata» (Lc 19,44). Già nell’AT il tempio era stato reso pari a una «spelonca di ladroni» (Gr 7,10) e ciò lo era anche al tempo di Gesù (Mt 21,13), sebbene egli aveva cercato di purificarlo (v. 12).

     Dopo che i Giudei condannarono a morte Gesù, costringendo Pilato a eseguire la sentenza (Gv 19,12), dopo la sua risurrezione, dopo la sua ascensione al cielo e dopo Pentecoste, la voragine fra Gerusalemme e i seguaci di Gesù si accrebbe. Ciò avvenne già perché Gesù aveva predetto la prossima distruzione della città e aveva intimato ai discepoli di fuggire da essa e dalla Giudea (Mc 13,14), quando avrebbero veduto «l’abominazione della desolazione in luogo santo» (Mt 24,15; ciò avvenne per mano degli Zeloti che fecero del tempio la loro base militare contro i Romani, come afferma Giuseppe Flavio). A ciò si aggiunga che il giudaismo aveva sferrato proprio da Gerusalemme un’incredibile e feroce persecuzione contro i seguaci di Gesù, tant’è che tutti fuggirono da essa, tranne gli apostoli, e si dispersero in ogni dove (At 8,1; 11,19). Molti discepoli (p.es. Stefano; At 7,57s) e l’apostolo Giacomo stesso (At 12,1ss da Erode per fare piacere ai Giudei) furono messi a morte in Gerusalemme; Paolo e altri farisei come lui divennero dei veri e propri carnefici alle dipendenze del Sinedrio (At 9,1s; 22,4s; 26,9ss). In seguito Pietro stesso dovette defilarsi per un periodo (At 12,17). Alla fine non si sentì parlare più di alcuno apostolo in Gerusalemme, ma solo di anziani e di Giacomo, fratello di Gesù (At 21,18). Fu in Gerusalemme che lo stesso Paolo cadde nelle mani di Giudei inferociti (At 21,27).

     Tutto ciò fece sì che la relazione dei Giudei cristiani verso questa città mutò col tempo. I cristiani non guardarono più a Gerusalemme (che presto sarebbe stata comunque distrutta) come luogo di riferimento, ma alla «Gerusalemme celeste», la città che il Messia affermò che andava a preparare per i credenti (Gv 14,2). L’autore della lettera agli Ebrei, scrivendo ai suoi connazionali, disse: «Voi siete venuti al monte di Sion, e alla città del Dio vivente, che è la Gerusalemme celeste» (Eb 12,22); subito dopo parlò della «chiesa dei primogeniti che sono scritti nei cieli».

     Già dalla prigionia babilonese in poi, Gerusalemme non fu più l’unico luogo di preghiera e culto, essendo che la maggior parte del giudaismo viveva fuori della Palestina e si incontrava regolarmente nelle sinagoghe (cfr. At 13,14; 15,21; 18,4; 2 Cor 3,15). Ciò fu accentuato ancor più dalle chiese cristiane (erano perlopiù «chiese in casa»), le quali furono in pochi decenni a maggioranza gentile. I Gentili non avevano nulla che li legasse alla Gerusalemme giudaica, poiché guardavano alla «Gerusalemme celeste». Si realizzò quanto Gesù disse alla Samaritana, ossia che a breve non ci sarebbe più stato un luogo privilegiato per l’adorazione, ma che in ogni dove si sarebbe potuto adorare il padre in spirito e verità (Gv 4,23). A ciò si aggiunga che in conformità con la visione di Giovanni, essi aspettavano la «Nuova Gerusalemme» (Ap 3,12; 21,2).

     Per quello che in Gerusalemme avevano subito Gesù, gli apostoli e i credenti, essa venne a prendere sempre più una valutazione negativa. Essa fu paragonata a Sodoma e all’Egitto (Ap 11,8). La «madre» dei cristiani non fu ritenuta la Sion giudaica («Gerusalemme del tempo presente»; Gal 4,25), ma la Sion celeste («Gerusalemme di sopra»; v. 26). Gerusalemme, la patria giudaica, fu addirittura paragonata ad Agar, la schiava (v. 25), mentre la patria celeste fu paragonata a Sara, la libera (v. 26). A ciò si aggiunga che la schiava e suo figlio furono mandati via, per non fare ereditare quest’ultimo (v. 29), mentre la libera e suo figlio restarono e quest’ultimo divenne erede, rappresentando i «figli della promessa» (v. 28). Questi ultimi sono tutti i seguaci di Gesù Messia, sia Giudei sia Gentili. «Colui che era nato secondo la carne» (Ismaele; il giudaismo etnico) fu contrapposto al «nato secondo lo Spirito» (i seguaci di Gesù Messia), anche nel senso che il primo perseguitava il secondo (v. 29).

     In Apocalisse il Signore Gesù, scrivendo al conduttore della chiesa di Smirne, menzionò «le calunnie lanciate da quelli che dicono d’esser Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana» (Ap 2,9). Infatti, la gnosi giudaica era un sistema di pensiero esoterico applicato alla sacra Scrittura, come fece poi anche la cabala, l’alchimia e la numerologia mistico-esoterica. Una situazione simile fu denunciata dal Signore Gesù anche per la città di Filadelfia, per la quale parlò di «quelli della sinagoga di Satana, i quali dicono d’esser Giudei e non lo sono, ma mentiscono» (Ap 3,9).

     Come non ricordare le parole di Gesù rivolte a coloro che pensavano di essere nel giusto solo perché erano quanto alla razza «figli d’Abramo»? Dopo il loro rifiuto di riconoscerlo come Messia-Re e a causa delle loro intenzioni di ucciderlo (Gv 8,37.39s.59), Gesù disse loro: «Voi siete progenie del diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro» (v. 44).

     Come non ricordare le parole di Paolo, che scrisse ai Filippesi? «Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quei della mutilazione; poiché i veri circoncisi siamo noi, che offriamo il nostro culto per mezzo dello Spirito di Dio, che ci gloriamo in Cristo Gesù, e non ci confidiamo nella carne [= razza]» (Fil 3,2). Come non vedere qui il profondo disprezzo di Paolo per i fautori di una contro-missione giudaizzante?

     Quando il resto d’Israele si sarà convertito al Signore, accettando Gesù quale Messia-Re, solo allora sarà un residuo santo al Signore, che sarà affinato mediante la gran tribolazione e entrerà nel regno messianico.

     Solo allora il «monte della casa dell’Eterno» avrà un nuovo significato per Israele e i popoli, come è stato annunciato da Isaia e Michea (Is 2,2; 4,1). Per il tempo presente e fino ai tempi della fine, quando Israele riconoscerà Gesù quale Messia, la «santa città» (Ap 11,2), ossia Gerusalemme, resta la «gran città, che spiritualmente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il Signor loro è stato crocifisso» (v. 8).

     Fare i turisti in Israele (o in altri luoghi descritti nella Bibbia) non è biblicamente sbagliato. Andare o meno in quei luoghi non porta però alcun vantaggio, benessere o benedizione particolare per l’anima di chi ci va (rischieremmo di sacramentalizzare nuovamente quei luoghi! cfr. Gr 7,4.8). Certo si può avere lì comunione con i credenti locali e si può evangelizzare, ma in fondo lo si può fare anche dove ci si trova. Il rischio è di credere che il cristianesimo giudaico, lì vissuto, sia un cristianesimo migliore e, tornati, si può pensare che si abbia «l’obbligo morale» di introdurre tali contenuti nelle chiese locali. Il conflitto è programmato.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Gerusalemme_cristiani_MT_AT.htm

06-02-2007; Aggiornamento: 12-04-07

 

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