Ho ricevuto da
Markottero, pseudonimo di Marco Soranno, l’invito a visitare il suo
blog (esso è ormai vuoto, poi
continuò a scrivere
qui, ma presto abbandonò anche questo), cosa che ho fatto (03-11-2007). Ci
sono ancora pochi messaggi, ma qui pone le sue «scelte strategiche». Alcune cose
sono condivisibili, altre meno. Ecco qui di seguito alcune cose che mi hanno
colpito e su cui prendo posizione.
■ Protestante: perché?: Qui l’autore spiega il termine «protestante» e la
Riforma del 16° secolo. È vero che i Riformatori «mossi dallo Spirito Santo
riscoprirono verità teologiche e riformarono la chiesa cristiana, intrisa di
compromessi e lontana dal modello della Bibbia». È vero però anche che la
Riforma rimase nei pannolini della scolastica e del romanesimo, una cosa a metà.
Lutero, Calvino, Zwingli e altri, sebbene mossi dallo Spirito Santo, non erano
certo un modello di «pari consentimento». A ciò si aggiunga che varie scoperte
bibliche sebbene dapprima asserite, poi furono ritirate o vanificate per motivi
politici (si veda p.es. l’affermazione di Lutero del battesimo del credente, poi
tollerò il pedobattesimo; si veda l’affermazione del sacerdozio di tutti i
credenti, poi si tollerò una specie di clericalismo). Poi gli obiettivi
raggiunti furono codificati, dopo lunghe e a volte furenti trattative, in una
«ortodossia» che viene difesa a tutt’oggi come paradigma di verità biblica e
come chiave ermeneutica della Bibbia. La chiesa riformata ha bisogno di riforma
continua e la livella deve rimanere la Bibbia e non «l’ortodossia» protestante
del 16° secolo. A ciò si aggiunga che se i Riformatori tornassero in questo
mondo, rimarrebbero scandalizzati dei loro pronipoti e ricomincerebbero un’altra
Riforma.
Infine, sarà il toccasana chiamarsi «protestante»? Non ho nulla contro il
protestantesimo di per sé. (Ammetto che in genere ho un’allergia endemica contro
tutti gli «ismi» ideologici che usano «l’ortodossia dogmatica» codificata per
dichiarare «eretici» gli altri che vogliono essere parimenti fedeli alle sacre
Scritture; tali pregiudizi mi sono arrivati ultimamente purtroppo proprio dal
campo riformato.) Ne riconosco i meriti storici. Constato però che i pronipoti
non sempre rispecchiano i principi spirituali e morali che hanno ispirato i
Riformatori. Anzi si sono trasformati in custodi museali di memorie storiche,
senza lo spirito riformatore e senza una santità morale per continuare una vera
riforma senza i paraocchi di presunta «ortodossia».
Marco stesso vuol essere «una voce tra le tante del popolo protestante italiano»
e ammette di essere «controcorrente su certe questioni».
■ Il fallimento del mondo evangelicale?: Premetto che non simpatizzo
molto col termine «evangelicale», mi basta «evangelico». Senza alcun passaggio
esplicativo, Marco parla di essere stato «“evangelicale” ossia “fondamentalista”
nelle cose religiose». Poi spiega che il protestantesimo gli era «troppo aperto»
(ossia liberale), ma da «evangelicale» la sua lettura della Bibbia «soffocava la
carità», a causa di una presunta «sterile atemporalità» dei valori della Bibbia.
Poi descrive gli «evangelicali» (che termine!), criticando il loro perfezionismo
ecclesiologico, la loro «visione pessimistica del mondo» e la frequente carenza
di «carità e apertura verso il prossimo», «che vive nella debolezza, nella
diversità, emarginato in nome della religione».
Già queste approssimazioni generiche che fanno di tutta l’erba un fascio,
dovrebbero far riflettere. Poi ritiene che il biblicismo, ossia l’attaccamento
alla Bibbia quale «Parola di Dio» in toto, proprio «ignorando la
componente umana di quest’ultima», sia paragonabile al «vitello d’oro», quindi a
un idolo. E ciò avrebbe «conseguenze disastrose», ossia la talebanizzazione del
cristianesimo! Mi sembra un azzardo teologico incredibile! Pur non volendo
trascurare gli aspetti umani, storici, linguistici e culturali, ricordo che al
tempo del «vitello d’oro» i problemi erano ben altri: l’infedeltà al Signore e
la durezza del cuore umano! Talché fu scritto per la seconda generazione (la
prima perì nel deserto per la propria infedeltà al patto!): «Non aggiungerete
nulla a ciò che io vi comando, e non ne toglierete nulla; ma osserverete i
comandamenti dell’Eterno, Dio vostro, che io vi prescrivo» (Dt 4,2; 12,32;
cfr. Pr 30,6).
Oggigiorno si assiste proprio nel protestantesimo (ma non solo) la tendenza a
considerare la Bibbia specialmente per gli «aspetti umani». È interessante
notare che coloro che lo fanno (dicendo: questo era per quei tempi!), poi
cercano di accreditare un liberalismo teologico e morale. Quindi, se da una
parte, «chi si proclama paladino dell’ortodossia biblica» condanna all’infame
emarginazione «divorziati, omosessuali, emarginati, [che] sono considerati
candidati per un inferno di fuoco che impallidisce rispetto all’inferno che è
questa vita» — altri per le ragioni opposte (liberalismo teologico e morale)
dicono a chi vive nel peccato (secondo la Bibbia) che tutto va bene, poiché Dio
è amore e l’importante è amarsi!
Premesso che
sia giusto che «l’incontro con Dio non comincia con una drastica imposizione di
cambiamento», l’accoglienza e la longanimità sono importanti, se si ha chiaro in
mente quale sia la volontà di Dio; tanto è vero che Gesù disse all’adultera
presa in flagrante: «Neppure io ti condanno; va’ e non peccar più» (Gv
8,11).
Quanto allo «psicoterapeuta Rogers» e alla sua «accettazione positiva
incondizionata», se si tratta di
Carl R. Rogers,
allora bisogna stare attenti perché proprio lui, se non sbaglio, attingeva al
sincretismo e all’esoterismo, i suoi libri compaiono spesso tra quelli della
«spiritualità esoterica» ed è molto rinomato nelle stesse opere esoteriche a
causa dell’antropocentrismo umanista! I frutti dei cristiani che hanno attinto
al «fuoco estraneo» dell’antropocentrismo umanista, si vedono nella loro vita
mediante un liberalismo morale.
Ecco alcune altre mie osservazioni. Essere «evangelicale» ed essere
«fondamentalista» non deve coincidere né sono sinonimi. Poi aver riconosciuto un
errore è una cosa, pretendere d’averne la medicina è un’altra. Un mio motto che
ho ripetuto spesso ai miei studenti alla scuola biblica è il seguente: «Il
contrario d’un errore, non è per forza la verità, ma può essere un errore di
segno contrario». E anche: «Chi teme di cadere da una parte del cavallo, guardi
di non cadere dall’altra». Marco sta proprio in questo pericolo, ossia sta nel
punto critico in cui un tipo di ideologia religiosa si ribalti, per
contrappasso, nel suo contrario.
Detto questo, faccio osservare che non si può scegliere «amore» senza «verità»,
e viceversa. Amore senza verità rende Dio uno «zio buono» o Babbo Natale. La
verità senza amore lo rende un poliziotto o un giudice implacabile. Lo stesso
dicasi della giustizia e della misericordia. Quando si separano tali concetti
bipolari o uno viene innalzato a discapito dell’altro, si ha una falsa immagine
di Dio, una falsa dottrina di Dio, una falsa dottrina dell’uomo, quindi una
falsa morale. Di tutto ciò si diventa responsabili. [Cfr. al riguardo in Nicola
Martella,
Entrare nella breccia
(Punto°A°Croce, Roma 1996), gli articoli: «Antropologia», pp. 95-102; «Chi è
Dio», pp.103-111.] Che dire dell’amore e della misericordia verso separati,
divorziati, omosessuali, omicidi, ladri, eccetera? Come ricordato, Gesù direbbe:
«Neppure io ti condanno; va’ e non peccar più!» (Gv 8,11). Che dire della
verità e della giustizia innalzati a paradigma devozionale da usare contro i
deboli? Gesù direbbe ai farisei vecchi e nuovi: «Ora andate e imparate che
cosa significhi: “Voglio misericordia, e non sacrificio”. Infatti io non son
venuto a chiamar dei giusti, ma dei peccatori» (Mt 9,13). L’apostolo
Giovanni ben sintetizza questi due aspetti in questo verso: «Da questo sono
manifesti i figli di Dio e i figli del diavolo: chiunque non opera la
giustizia non è da Dio; e così pure
chi non ama il suo fratello» (1
Gv 3,10).
Marco, pur ammettendo che «gli evangelicali crescono», ritiene che «non durerà a
lungo… e molta gente s’allontanerà». Non so chi siano per lui gli
«evangelicali», tra cui ha dimorato; vedo che il comportamento delle chiese
verso Piergiorgio Welby ha contribuito nella questione («Sono grato alla Chiesa
Valdese e Metodista e alle Chiese Battiste per aver mostrato sostegno e simpatia
cristiana alla nostra famiglia. viceversa ho tristemente constatato che molti
evangelicali si sono trincerati su posizioni identiche alla chiesa di Roma
riguardo la vicenda di mio cugino»). Capisco le vicende personali, con cui posso
solo simpatizzare, ma fare previsioni o predizioni su ciò che sarà del mondo
evangelicale a breve o media scadenza, è azzardato e chi lo fa, può risultare
smentito dalla realtà come un «falso profeta»; e ciò anche perché finora a
vendere i propri locali di culto (anche a mussulmani!) ci pensano i protestanti
in Mitteleuropa!
È vero che «Cristo ha liberato i prigionieri (Isaia 42,7) con la sua morte e
risurrezione, non ha certo stabilite carceri dorate nella sua chiesa». Questa
constatazione è condivisibile, è però solo la metà della verità. L’altra metà
della medaglia è questa: «Chi commette il peccato è dal diavolo, perché il
diavolo pecca dal principio» (1 Gv 3,8); Giovanni parla spesso del
dimorare nel peccato quale segno del non conoscere Dio. «Si ritragga
dall’iniquità chiunque nomina il nome del Signore» (2 Tm 2,19). Qui non c’è
liberalismo o fondamentalismo che tenga.
Marco Soranno ha frequentato intanto
vari altri gruppi di diverso genere nel variegato spettro evangelico e
protestante, abbandonandoli dopo un certo periodo. |
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Evangelicale_protestante_EnB.htm
03-11-2007; Aggiornamento:
02-07-2010
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