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DA EVANGELICALE A PROTESTANTE

 

 di Nicola Martella

 

Ho ricevuto da Markottero, pseudonimo di Marco Soranno, l’invito a visitare il suo blog (esso è ormai vuoto, poi continuò a scrivere qui, ma presto abbandonò anche questo), cosa che ho fatto (03-11-2007). Ci sono ancora pochi messaggi, ma qui pone le sue «scelte strategiche». Alcune cose sono condivisibili, altre meno. Ecco qui di seguito alcune cose che mi hanno colpito e su cui prendo posizione.

 

     ■ Protestante: perché?: Qui l’autore spiega il termine «protestante» e la Riforma del 16° secolo. È vero che i Riformatori «mossi dallo Spirito Santo riscoprirono verità teologiche e riformarono la chiesa cristiana, intrisa di compromessi e lontana dal modello della Bibbia». È vero però anche che la Riforma rimase nei pannolini della scolastica e del romanesimo, una cosa a metà. Lutero, Calvino, Zwingli e altri, sebbene mossi dallo Spirito Santo, non erano certo un modello di «pari consentimento». A ciò si aggiunga che varie scoperte bibliche sebbene dapprima asserite, poi furono ritirate o vanificate per motivi politici (si veda p.es. l’affermazione di Lutero del battesimo del credente, poi tollerò il pedobattesimo; si veda l’affermazione del sacerdozio di tutti i credenti, poi si tollerò una specie di clericalismo). Poi gli obiettivi raggiunti furono codificati, dopo lunghe e a volte furenti trattative, in una «ortodossia» che viene difesa a tutt’oggi come paradigma di verità biblica e come chiave ermeneutica della Bibbia. La chiesa riformata ha bisogno di riforma continua e la livella deve rimanere la Bibbia e non «l’ortodossia» protestante del 16° secolo. A ciò si aggiunga che se i Riformatori tornassero in questo mondo, rimarrebbero scandalizzati dei loro pronipoti e ricomincerebbero un’altra Riforma.

     Infine, sarà il toccasana chiamarsi «protestante»? Non ho nulla contro il protestantesimo di per sé. (Ammetto che in genere ho un’allergia endemica contro tutti gli «ismi» ideologici che usano «l’ortodossia dogmatica» codificata per dichiarare «eretici» gli altri che vogliono essere parimenti fedeli alle sacre Scritture; tali pregiudizi mi sono arrivati ultimamente purtroppo proprio dal campo riformato.) Ne riconosco i meriti storici. Constato però che i pronipoti non sempre rispecchiano i principi spirituali e morali che hanno ispirato i Riformatori. Anzi si sono trasformati in custodi museali di memorie storiche, senza lo spirito riformatore e senza una santità morale per continuare una vera riforma senza i paraocchi di presunta «ortodossia».

     Marco stesso vuol essere «una voce tra le tante del popolo protestante italiano» e ammette di essere «controcorrente su certe questioni».

 

     ■ Il fallimento del mondo evangelicale?: Premetto che non simpatizzo molto col termine «evangelicale», mi basta «evangelico». Senza alcun passaggio esplicativo, Marco parla di essere stato «“evangelicale” ossia “fondamentalista” nelle cose religiose». Poi spiega che il protestantesimo gli era «troppo aperto» (ossia liberale), ma da «evangelicale» la sua lettura della Bibbia «soffocava la carità», a causa di una presunta «sterile atemporalità» dei valori della Bibbia.

     Poi descrive gli «evangelicali» (che termine!), criticando il loro perfezionismo ecclesiologico, la loro «visione pessimistica del mondo» e la frequente carenza di «carità e apertura verso il prossimo», «che vive nella debolezza, nella diversità, emarginato in nome della religione».

     Già queste approssimazioni generiche che fanno di tutta l’erba un fascio, dovrebbero far riflettere. Poi ritiene che il biblicismo, ossia l’attaccamento alla Bibbia quale «Parola di Dio» in toto, proprio «ignorando la componente umana di quest’ultima», sia paragonabile al «vitello d’oro», quindi a un idolo. E ciò avrebbe «conseguenze disastrose», ossia la talebanizzazione del cristianesimo! Mi sembra un azzardo teologico incredibile! Pur non volendo trascurare gli aspetti umani, storici, linguistici e culturali, ricordo che al tempo del «vitello d’oro» i problemi erano ben altri: l’infedeltà al Signore e la durezza del cuore umano! Talché fu scritto per la seconda generazione (la prima perì nel deserto per la propria infedeltà al patto!): «Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando, e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandamenti dell’Eterno, Dio vostro, che io vi prescrivo» (Dt 4,2; 12,32; cfr. Pr 30,6).

     Oggigiorno si assiste proprio nel protestantesimo (ma non solo) la tendenza a considerare la Bibbia specialmente per gli «aspetti umani». È interessante notare che coloro che lo fanno (dicendo: questo era per quei tempi!), poi cercano di accreditare un liberalismo teologico e morale. Quindi, se da una parte, «chi si proclama paladino dell’ortodossia biblica» condanna all’infame emarginazione «divorziati, omosessuali, emarginati, [che] sono considerati candidati per un inferno di fuoco che impallidisce rispetto all’inferno che è questa vita» — altri per le ragioni opposte (liberalismo teologico e morale) dicono a chi vive nel peccato (secondo la Bibbia) che tutto va bene, poiché Dio è amore e l’importante è amarsi!

     Premesso che sia giusto che «l’incontro con Dio non comincia con una drastica imposizione di cambiamento», l’accoglienza e la longanimità sono importanti, se si ha chiaro in mente quale sia la volontà di Dio; tanto è vero che Gesù disse all’adultera presa in flagrante: «Neppure io ti condanno; va’ e non peccar più» (Gv 8,11).

     Quanto allo «psicoterapeuta Rogers» e alla sua «accettazione positiva incondizionata», se si tratta di Carl R. Rogers, allora bisogna stare attenti perché proprio lui, se non sbaglio, attingeva al sincretismo e all’esoterismo, i suoi libri compaiono spesso tra quelli della «spiritualità esoterica» ed è molto rinomato nelle stesse opere esoteriche a causa dell’antropocentrismo umanista! I frutti dei cristiani che hanno attinto al «fuoco estraneo» dell’antropocentrismo umanista, si vedono nella loro vita mediante un liberalismo morale.

     Ecco alcune altre mie osservazioni. Essere «evangelicale» ed essere «fondamentalista» non deve coincidere né sono sinonimi. Poi aver riconosciuto un errore è una cosa, pretendere d’averne la medicina è un’altra. Un mio motto che ho ripetuto spesso ai miei studenti alla scuola biblica è il seguente: «Il contrario d’un errore, non è per forza la verità, ma può essere un errore di segno contrario». E anche: «Chi teme di cadere da una parte del cavallo, guardi di non cadere dall’altra». Marco sta proprio in questo pericolo, ossia sta nel punto critico in cui un tipo di ideologia religiosa si ribalti, per contrappasso, nel suo contrario.

     Detto questo, faccio osservare che non si può scegliere «amore» senza «verità», e viceversa. Amore senza verità rende Dio uno «zio buono» o Babbo Natale. La verità senza amore lo rende un poliziotto o un giudice implacabile. Lo stesso dicasi della giustizia e della misericordia. Quando si separano tali concetti bipolari o uno viene innalzato a discapito dell’altro, si ha una falsa immagine di Dio, una falsa dottrina di Dio, una falsa dottrina dell’uomo, quindi una falsa morale. Di tutto ciò si diventa responsabili. [Cfr. al riguardo in Nicola Martella, Entrare nella breccia (Punto°A°Croce, Roma 1996), gli articoli: «Antropologia», pp. 95-102; «Chi è Dio», pp.103-111.] Che dire dell’amore e della misericordia verso separati, divorziati, omosessuali, omicidi, ladri, eccetera? Come ricordato, Gesù direbbe: «Neppure io ti condanno; va’ e non peccar più!» (Gv 8,11). Che dire della verità e della giustizia innalzati a paradigma devozionale da usare contro i deboli? Gesù direbbe ai farisei vecchi e nuovi: «Ora andate e imparate che cosa significhi: “Voglio misericordia, e non sacrificio”. Infatti io non son venuto a chiamar dei giusti, ma dei peccatori» (Mt 9,13). L’apostolo Giovanni ben sintetizza questi due aspetti in questo verso: «Da questo sono manifesti i figli di Dio e i figli del diavolo: chiunque non opera la giustizia non è da Dio; e così pure chi non ama il suo fratello» (1 Gv 3,10).

     Marco, pur ammettendo che «gli evangelicali crescono», ritiene che «non durerà a lungo… e molta gente s’allontanerà». Non so chi siano per lui gli «evangelicali», tra cui ha dimorato; vedo che il comportamento delle chiese verso Piergiorgio Welby ha contribuito nella questione («Sono grato alla Chiesa Valdese e Metodista e alle Chiese Battiste per aver mostrato sostegno e simpatia cristiana alla nostra famiglia. viceversa ho tristemente constatato che molti evangelicali si sono trincerati su posizioni identiche alla chiesa di Roma riguardo la vicenda di mio cugino»). Capisco le vicende personali, con cui posso solo simpatizzare, ma fare previsioni o predizioni su ciò che sarà del mondo evangelicale a breve o media scadenza, è azzardato e chi lo fa, può risultare smentito dalla realtà come un «falso profeta»; e ciò anche perché finora a vendere i propri locali di culto (anche a mussulmani!) ci pensano i protestanti in Mitteleuropa!

     È vero che «Cristo ha liberato i prigionieri (Isaia 42,7) con la sua morte e risurrezione, non ha certo stabilite carceri dorate nella sua chiesa». Questa constatazione è condivisibile, è però solo la metà della verità. L’altra metà della medaglia è questa: «Chi commette il peccato è dal diavolo, perché il diavolo pecca dal principio» (1 Gv 3,8); Giovanni parla spesso del dimorare nel peccato quale segno del non conoscere Dio. «Si ritragga dall’iniquità chiunque nomina il nome del Signore» (2 Tm 2,19). Qui non c’è liberalismo o fondamentalismo che tenga.

 

Marco Soranno ha frequentato intanto vari altri gruppi di diverso genere nel variegato spettro evangelico e protestante, abbandonandoli dopo un certo periodo.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Evangelicale_protestante_EnB.htm

03-11-2007; Aggiornamento: 02-07-2010

 

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