Clicca sul lemma desiderato per raggiungere il punto sottostante
Il dialogo fra
cattolici ed evangelici è una cosa difficile, ma indispensabile. Finché si
dialoga insieme c’è speranza. Bisogna mettersi comunque prima d’accordo quali
siano le basi della fede cristiana, per non rischiare di parlare fra sordi. Con
Fiorina Pistone, una cattolica illuminata, ho dialogato a lungo, coinvolgendo
anche altri cattolici ed ex-cattolici. In questo confronto attuale vengono
toccati temi come i seguenti: l’ecumenismo, dogma di Maria corredentrice, la
riformabilità della chiesa cattolica romana, la messa in latino, la riforma e il
risveglio, movimenti cattolici dissidenti come le «Chiese di base» e «Noi siamo
chiesa», la devozione popolare, padre Pio, il cattolicesimo quale chiesa
mariana, l’idolatria, la lingua da usare nei culti, le radici della fede
biblica, e così via.
Il motto alla base del dialogo dev’essere questo: Le radici della fede, per
essere bibliche, debbono essere riposte in «solo
Cristo» sulla base della «sola Scrittura», per ottenere la salvezza per «sola
grazia» mediante la «sola fede». {Nicola Martella} |
1. Le tesi
{Fiorina Pistone}
▲
Caro Nicola, ho
notato più d’una volta che tu sei critico verso l’ecumenismo della Chiesa
Cattolica, perché ritieni che questa Chiesa miri a conseguire l’egemonia su
tutti i Cristiani del mondo. Non mi sento di discutere su questo punto, però io
posso ripeterti quanto ho sentito dire pochi anni fa da una persona che aveva un
ruolo ufficiale nel dialogo tra le Chiese cristiane: questa persona disse che
erano stati i Luterani a impedire, con il loro parere contrario, che la Chiesa
Cattolica proclamasse il dogma di Maria corredentrice. Io sono contenta
che il dogma non sia stato proclamato, anche se mi è capitato ancora
recentemente d’osservare che un nostro teologo, abbastanza in vista, continua ad
attribuire a Maria questo titolo.
I motivi della mia soddisfazione? A parte i motivi teologici su cui non mi sento
di discutere, la non proclamazione del dogma favorisce il dialogo tra le Chiese
cristiane; poi la dottrina della Chiesa Cattolica è già piuttosto vasta e io
vedo che molti Cattolici fanno confusione. Insomma, io penso che il dialogo
tra le Chiese Cristiane sia comunque proficuo.
Ti faccio però una domanda: quando due Cristiani come noi due, appartenenti a
denominazioni diverse ma senza deleghe d’alcun tipo, dialogano tra di loro senza
mai arrivare a una conclusione che comporti il trasferimento dell’uno nella
Chiesa dell’altro, tu credi che questo possa essere ugualmente giovevole,
nel senso che ciascuno può avere una possibilità d’approfondire la propria fede?
Io penso di sì.
Qualche mese fa ti ho trovato molto duro nei confronti d’un vecchio prete cieco
e malato, di cui Raffaele Minimi t’aveva detto che diceva ogni giorno la
messa in latino
per te. Da allora non ho più il coraggio di dirti che prego per te, anche se non
prego in latino: ma anche se pregassi in latino, Dio capisce anche questa
lingua. Suppongo che quel prete, che è stato anche definito «perseguitato»,
abbia scelto di proposito di continuare a dire messa in latino anche dopo la
riforma, anche se molti preti, ormai troppo anziani per imparare a celebrare in
italiano, hanno avuto la dispensa per continuare a farlo in latino. Ora,
comunque, non potrebbe più fare diversamente: come potrebbe farlo se è vecchio,
cieco e malato? Stai bene… {01-08-2008}
2. Osservazioni e obiezioni
{Nicola Martella}
▲
Cara Fiorina, ho
ricevuto un tuo testo dal titolo «Approfondire la fede nel dialogo». Dialogare è
sempre positivo ma, per non fraintendersi e parlarsi fra sordi, prima bisogna
approfondire che cosa sia la fede e quali siano le sue basi legittime per coloro
che si professano cristiani, ossia seguaci di Cristo.
Certo
l’ecumenismo cattolico secondo le proprie regole (bastone e carota) puzza di
bruciato. Quelli che sono «in Cristo» sulla base della «sola Scrittura» e della
rigenerazione mediante lo Spirito Santo, sono già vicini gli uni agli altri,
senza artificiosi proclami e senza delibere di vertice. Le comunità del primo
secolo erano «chiese in casa», autonome e legate da vincoli di fede e di
comunione. Lo sviluppo del clero e dei patriarcati, che ha condotto poi
all’egemonia romana e alle grandi denominazioni, ha fatto della chiesa e delle
chiese delle organizzazioni piramidali e gerarchiche. La riforma delle
chiese e il risveglio della fede, per essere genuini e durevoli, non
passano per accordi di vertice, ma con un ritorno alle basi bibliche della fede
del nuovo patto.
Purtroppo la
chiesa cattolica romana non è riformabile, come gli stessi suoi
rappresentanti asseriscono, poiché un ritorno alle soli basi bibliche
significherebbe parimenti la fine della chiesa clericale, gerarchica, papista,
teocratica (vaticano), lobbistica (politica, banche, proprietà) e
sacramentalista. C’erano segnali di speranza nelle cosiddette «Chiese di base»
e in movimenti di rinnovamento come «Noi siamo chiesa»; ma con l’apertura a
lesbiche e gay e ad altre situazioni di peccato senza il «vai e non peccare
più» (anzi c’è stata una «normalizzazione» mediante le pseudo-unioni
ritualizzate di coppie omosessuali), hanno di fatto ucciso la riforma e il
rinnovamento e messo fuori uso le basi bibliche. Da movimenti di rinnovamento
biblico sono diventati movimenti umanistici cristianizzati con una tendenza
crescente verso la confusione teologica e morale. La devozione popolare,
che attinge a varie fonti pagane di rivelazione e di devozione, propugna e
pratica ciò che solo dopo anni e decenni diventa dogma della chiesa romana,
sotto spinte lobbistiche o per amore di guadagno (cfr. San Giovanni Rotondo e
padre Pio). Così è stato per i dogmi mariani, così è e così sarà per quello di
Maria corredentrice. Certamente sono contento che tale dogma non sia
stato ancora espresso dai vertici vaticani, ma è solo una questione di tempo,
come per le altre cose. Da una chiesa cristiana, il cattolicesimo è diventato
oramai una chiesa mariana; la giovane galilea, semplice e senza pretese, è stata
fatta oramai diventare pari a Iside, a Magna Mater o Cibele e a Diana o Minerva
insieme. Inoltre i «padre Pio» di turno e la devozione popolare intorno a loro
mettono all’ombra la cristologia (si vedano i manifesti funerei degli ultimi
anni).
Quanto al
dialogo, di cui parli, esso è sempre
importante, se si hanno chiare le basi su cui basarlo (per me la sacra Scrittura
e solo quella). Paolo scriveva positivamente a Timoteo: «Fin da fanciullo hai
avuto conoscenza degli Scritti sacri, i quali possono renderti saggio a salute
mediante la fede che è in Cristo Gesù» (2 Tm 3,15). Ieri un prete mi ha
mandato una e-mail in cui incoraggia i suoi contatti alla lettura della Bibbia
(cosa positiva), perché «essa contiene la Parola di Dio»! (questo è tipico del
liberalismo teologico mutuato dai teologi liberali cattolici e protestanti). Gli
scrittori della Bibbia stessa affermano invece che essa è tutta verità! (Sal
119,160; 2 Tm 3,16; cfr. Gv 16,13).
Tu parli di «trasferimento dell’uno nella
Chiesa dell’altro»; quanto mai ho chiesto a qualcuno una cosa del
genere e quanto meno a te? Caso mai chiederò a te e ad altri un «trasferimento
pieno nella fede biblica», senza filtri e mediazioni dogmatiche! Approfondire la
propria fede nel dialogo, è positivo, se torniamo ai fondamenti della
fede, altrimenti parleremo fra sordi.
Quanto al
pregare per me all’interno di culti
che considero idolatrici, non ne ho proprio bisogno, credimi.
Dio non è obbligato ad accettare e ad ascoltare chi
pratica una devozione che Egli dichiara abominevole, ossia quella degli idoli.
Altrimenti, come disse Salomone, rischiamo di «offrire il sacrificio degli
stolti, i quali non sanno neppure che fanno male» (Ec 5,1). «Il
sacrificio degli empi è in abominio all’Eterno, ma la preghiera degli uomini
retti gli è gradita» (Pr 15,8; 21,27; cfr. Os 13,2 idoli secondo la loro
immaginazione). Probabilmente non sarai d’accordo su ciò, ma non posso agire
contro la mia coscienza, che si basa sullo studio della sacra Scrittura per
quello che è. Abbiamo discusso altrove sul fatto che la Bibbia non distingue
fra adorazione e venerazione, termine inesistente nella sacra Scrittura. Il
culto che offriamo a Dio dev’essere gradito a Lui e dev’essere fatto
con riverenza e timore di Dio (Eb 12,28). La messa cattolico-romana è per me un
miscuglio fra cristianesimo e paganesimo (sacramentum
era il termine latino per il greco mysterium,
tipico delle «religioni dei misteri», in cui si praticavano riti simili con
presunta transustanziazione del corpo d’un bimbo impastato e cotto nella
carne del dio di riferimento). Quindi non ho bisogno che alcuno preghi per me
(per di più in latino) all’interno d’una tale liturgia.
Quanto alla
lingua da usare, gli apostoli parlavano tutti in ebraico / aramaico ma,
per rendere comprensibile il messaggio dell’Evangelo, scrissero il NT nella
lingua allora prevalente, il greco, sebbene la loro lingua fosse ancora viva.
Ora, usare per i vivi una lingua morta, è fare del culto cristiano un «mistero»
incomprensibile, che da un potere al clero (presunto ermeneuta consacrato del
mistero) e che non edifica chi ascolta. Le riunioni delle comunità del primo
secolo erano partecipate in tutte le loro espressioni perlopiù spontanee (non
esisteva un prete né una messa né una liturgia) e le riunioni servivano all’edificazione
di tutti verso tutti (1 Cor 14,26; Ef
5,18ss; Col 3,16). A Pentecoste gli apostoli s’espressero nelle lingue che i
Giudei, venuti a Gerusalemme, parlavano nelle loro rispettive terre d’origine
(At 2,7-11). L’ingiunzione di Paolo è che chi nel culto parlava in altra lingua
rispetto a quella corrente, perché forestiero o per altri motivi, doveva essere
tradotto punto per punto, oppure doveva tacersi: «Se
c’è chi parla in altra lingua, siano due o tre al più, a farlo; e l’un dopo
l’altro; e uno interpreti; e se non v’è chi interpreti, si tacciano nella chiesa
e parlino a se stessi e a Dio» (1 Cor 14,27s). Si fa sempre bene a ubbidire
alla Parola di Dio anziché agli uomini.
Spero che ci siamo chiariti
e capiti. T’auguro di mettere profonde radici in «solo Cristo» mediante
la «sola Scrittura» e d’ottenere la salvezza per «sola grazia» mediante la «sola
fede». Ti saluto quindi in Cristo Gesù...
Una nota al margine: Quanto a Raffaele Minimi
rimando all'articolo «Raffaele
Minimi: l'uomo dai mille volti?».
Il riferimento al prete cieco si trova qui: «Cattolicesimo
o sacra Scrittura?».
Raffaele Minimi dava alito d'intendere che tale prete fosse lui stesso; lui però
non è vecchio, né un prete ed è oltretutto sposato. Egli ama assumere vari volti
e personalità, quindi non mi meraviglierebbe se assumesse anche quello del
«vecchio prete cieco, solo, povero, malato e perseguitato».
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Den/A1-Basi_dialogo_cat-evang_MT_AT.htm
09-08-2008; Aggiornamento:
02-07-2010
|