Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

Per il discernimento biblico

Prima pagina

Contattaci

Domande frequenti

Novità

Arte sana

Bibbia ed ermeneutica

Culture e ideologie

Confessioni cristiane

Dottrine

Religioni

Scienza e fede

Teologia pratica

▼ Vai a fine pagina

 

Uniti nella verità

 

Cultura e fede

Vai ai contributi sul tema

Norme di fair-play

 

 

Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.

 

Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.

 

Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Serviti della e-mail sottostante!

E-mail

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SANTA IGNORANZA: UNICA PATRONA ECUMENICA?

 

 a cura di Nicola Martella

 

1. Santa Ignoranza

     Finalmente è stato trovato un punto comune in tutte le denominazioni: la «santa Ignoranza», protettrice dei «santi asinelli», una categoria che si trova in ogni compagine religiosa del cristianesimo. Sono in molti a esserle devota.

     Le caratteristiche di tale devozione sono le seguenti: pigrizia intellettuale, che fa rimanere spiritualmente infantili a vita; mancanza di studio biblico personale, che fa cadere nella superficialità spirituale e morale; vivere in settimana specialmente solo di ciò, che è stato predicato domenica; approssimazione scritturale, che fa dire cose non verificate con la Bibbia; atteggiamento anti-bereano, che sciattamente fa «bere» ogni cosa, senza andarla a verificare nella Scrittura; spiritualizzazione indebita, accompagnata da falso sillogismo; versettologia indebita, che fa creare strane credenze soggettive, condendo tutto con allegorie e metafore; mancanza di convinzioni teologiche di base, ma cammino ondivago, che fa seguire oggi questa corrente, domani quella; e così via.

     Tutto ciò fa sì che la schiera dei «santi asinelli», gli speciali devoti a «santa Ignoranza», è molto nutrita in tutte le denominazioni e compagini religiose. È facile averla come patrona, visto che è una devozione, che non costa nulla.

     Come si noterà nella discussione, «santa Ignoranza» ha seguaci, oltre che fra i pigri mentali, specialmente fra gli spiritualisti, fra i sostenitori della cosiddetta «dottrina dell’esperienza» e fra i faziosi, che spesso sono seguaci di santoni e abboccano alle loro «nuove» rivelazioni, spesso di contenuto esoterico cristianizzato.

 

2. Santa Polemica

     In genere, coloro che sono devoti a «santa Ignoranza», spesso praticano anche un altro tipi di devozione: quella a «santa Polemica»! Essi cercano con tutte le loro forze di trascinarti in tale loro «culto» privilegiato. Prima parlano di «amore», che va oltre i confini dell’erudizione umana. Poi affermano che rimanere «poveri nello spirito» sia bello, poiché così si rimane i prediletti di Gesù! Quindi, cercano di convincerti che la Bibbia incoraggi la «santa ignoranza», in cui cullarsi, succhiando ancora il biberon spirituale. Infine, anche se gli mostri scritturalmente che si dovrebbe diventare adulti quanto a conoscenza, ti rinfacciano una presunta «cieca superbia di uomo erudito» e spruzzano tutto il loro veleno su di te, non di rado anche minacciandoti di questo o di quel giudizio divino! Parlo di casi ben concreti, ma evito di fare nomi per buona creanza.

 

3. Aspetti conclusivi

     Anche nella tua comunità o fra le tue conoscenze ci sono credenti, che curano il campicello della «santa ignoranza»? Che esperienze hai al riguardo? Nella tua assemblea che cosa fate per vaccinare i credenti affetti dal virus della «beata ignoranza»?

     Qui di seguito discutiamo gli articoli «Santa ignoranza» ed «Evviva la “santa ignoranza”?».

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Vincenzo Ragusa

2. Maurizio Marino

3. Leonardo Bernardi

4. Maria Gioconda

5. Pietro Calenzo

6. Leonardo Bernardi

7. Fabrizio Martin

8. Ivaldo Indomiti

9. Davide Forte

10. Rita Fabi

11. Roberta Sbodio

12. Maurizio Ruffino

13. Edoardo Piacentini

14. D. Nancy Festa

15. Guerino De Masi

16. Autori vari

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Vincenzo Ragusa}

 

Contributo: Si vede che la tua cultura non si abbassa a considerare che Dio scelse gli ignoranti per svergognare i savi e gli intendenti. O sì santa ignoranza. Le chiavi del Regno dei cieli furono lasciate a un ignorante. Santa ignoranza. Perché Dio agì così? {11-11-2012}

 

Nicola Martella: Si vede, da come rispondi, che non ti sei neppure degnato di leggere l’articolo «Santa ignoranza», ma hai «sparato» a zero solo leggendo il titolo, quindi anche senza neppure accendere le sinapsi. È difficile ragionare con chi mostra così di avere «l’encefalogramma piatto»; si vede che basta essere «ispirato» dal proprio «padre Pio» W.M. Branham, per rispondere. Chi risponde prima di ascoltare (qui leggere) tutto, come lo definisce la Scrittura? «Chi risponde prima d’aver ascoltato, mostra la sua follia, e rimane confuso» (Pr 18,13).

    L’apostolo Pietro disse: «Aggiungete… alla virtù la conoscenza» (2 Pt 1,3). Quindi, Pietro tanto ignorante non restò, per essere uno degli insegnanti della chiesa. Agli esoteristi cristianizzati basta cercare, in genere, la risposta negli scritti di Branham. Peccato che non hai citato nulla su questo tema.

 

Vincenzo Ragusa: Eppure, un grande teologo moabita di nome Balaam, fu proprio corretto da un asino. Percepì il filosofo Balaam le parole dell’asino? Assolutamente no, anzi diede dei calci all’asino. La sua cultura di falso profeta e mercenario non gli permise di capire che non era linguaggio d’asino, ma Dio che cercava di correggerlo. {11-11-2012}

 

Nicola Martella: Balaam non era né teologo, né moabita, ma era un mago (Nu 24,1) di Pethor presso l’Eufrate. «...salariarono a tuo danno Balaam, figliuolo di Beor, da Pethor in Mesopotamia, per maledirti» (Dt 23,5). Dio gli impedì di farlo. Inoltre, l’episodio di Balaam con l’asino in questo tema non c’entra nulla.

     Probabilmente Vincenzo Ragusa è appassionato dell’indovino Balaam, proprio perché egli stesso ne segue uno, oramai defunto: W.M. Branham. Questi affermò che Cristo sarebbe tornato ai suoi giorni, per instaurare il suo regno politico, e che egli stesso era l’Elia, che ne doveva preparare la via. Cristo non tornò e Branham morì, decenni fa, dimostrando d’essere un falso profeta e anche un maldestro indovino. Balaam e Branham due indovini, che furono accomunati da uno stesso risultato: fallirono!

 

 

2. {Maurizio Marino}

 

Contributo: Caro Nicola, il tema è molto interessante. So quanto per te sia importante la conoscenza biblica e tu sai quanto per me sia altrettanto importante. Quindi, lungi da me dall’approvare chi si vanta di «santa ignoranza».

     D’altro conto, riflettevo anche sulla responsabilità di quelli che il Signore ha chiamato e fornito per «il perfezionamento dei santi... fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo, affinché non siamo più come bambini...» (Ef 4,11-14).

     Quante volte si segue l’esempio di Paolo in 1 Corinzi 2,4-5? Anzi spesso, specie su temi abbastanza «complicati», sembra che ci si trovi di fronte più a filosofi che a predicatori! E il risultato è che i credenti arrivano a pensare che quella determinata dottrina non sia per le loro possibilità. E rimangono ignoranti.

     Anche Pietro nella sua seconda epistola afferma che ci sono «cose difficili a capirsi» e invita i credenti a stare in guardia, per non cadere preda dell’errore. E questo vale sia per chi impara e sia per chi insegna la Parola di Dio. {11-11-2012}

 

Nicola Martella: Tieni presente quanto segue:

     ■ In 1 Corinzi 2,4ss Paolo usando le locuzioni «discorsi persuasivi di sapienza umana», «sapienza degli uomini» e «sapienza di questo secolo» intendeva prendere le distanze specialmente dalla retorica dei «super apostoli» giudaici di stampo esoterico, che avevano preso il potere nella chiesa di Corinto e avevano incantato i credenti con la loro ideologia spiritualista (carismaticista).

     Paolo non rinunciò alla sapienza, tuttavia essa non era profana, ma scritturale, e la espose fra i «maturi» nella fede (v. 6); ed essa riguardava nella «sapienza di Dio misteriosa e nascosta» nei secoli (v. 7), ossia quella che concerneva il «mistero di Cristo» e il «mistero dei Gentili» associati in unità ai cristiani giudei. Tali «cose di Dio» «a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito» (vv. 10s). Poiché, quindi, «conosciamo le cose, che ci sono state donate da Dio... noi ne parliamo non con parole insegnate dalla sapienza umana, ma insegnate dallo Spirito, adattando parole spirituali a cose spirituali» (vv. 12s). A tali realtà, avendo esse un carattere «spirituale», non può accedere «l’uomo psichico», poiché «le cose dello Spirito di Dio... gli sono pazzia» (v. 14). La soluzione è avere al riguardo la «mente di Cristo» (v. 16).

     Quindi, Paolo non intendeva sminuire la sapienza, ma voleva mostrare la natura pneumatica di quella biblica. Egli non pretendeva neppure che tutti capissero ogni aspetto della dottrina, poiché ci sono cose, che solo i «maturi» possono comprendere.

 

     ■ Quindi, le funzioni ministeriali, di cui Paolo parlò in Efesini 4,10ss, servivano appunto ad alzare il livello nella vita di fede, di conoscenza e di maturità. Al riguardo non c’è più un alibi per la «beata ignoranza».

 

     ■ Pietro stesso non insegnò ad accontentarsi del proprio livello di conoscenza, ma ingiunse ad aggiungere «alla virtù la conoscenza» (2 Pt 1,3). Anche in seguito raccomandò ai credenti giudaici: «Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza, che gli è stata data... voi crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo» (2 Pt 3,15.18). Ciò vale sia per i credenti in genere sia per i conduttori e predicatori.

 

     ■ Il problema principale è che i cosiddetti «predicatori» nella chiese sono spesso «improvvisatori», che non si preparano adeguatamente sui temi, di cui intendono parlare. Perciò, fanno macedonie di versetti tolti dal contesto, li raccordano con spiritualizzazioni arbitrarie, allegorie soggettive e «belle parole». Alcuni, poi, condiscono tutto ciò con qualche parolone o qualche termine ebraico o greco, di cui magari non hanno neppure studiato lo spettro semantico e il vero significato. Tuttavia, pensano di aver dato alla chiesa un insegnamento «biblico» (con una o più «b»).

     Nella mia esperienza c’è questo dato di fatto: chi si è ben preparato mediante uno studio continuo e un’esegesi contestuale, aderente il più possibile al testo originale (si può fare anche con diverse traduzioni, se non si sanno le lingue originali), approfondendo i termini chiave di un brano e rispecchiando il pensiero dell’autore biblico, allora può spiegare tutto ciò ai suoi pari, ma anche con «parole povere» a coloro, che necessitano ancora di latte. Sono la mancanza di preparazione adeguata e l’improvvisazione spiritualeggiante a creare una maggiore barriera alla comprensione scritturale, poiché è difficile comunicare agli altri ciò, che non si è capito veramente in modo personale. In tali casi ogni testo biblico diventa soltanto un pretesto per le proprie convinzioni dottrinali. Quando alcuni mancano di veri contenuti esegetici, allora sì che devono usare la sapienza e la retorica del mondo!

 

 

3. {Leonardo Bernardi}

 

Contributo: Credo che hai sentito dire questo: «Studiare la Bibbia spegne lo Spirito». {11-11-2012}

 

Nicola Martella: Tale slogan, che tu hai riportato di altri, può venire soltanto da coloro, che non conoscono la Bibbia veramente e che hanno spento la mente. Infatti, Gesù e gli apostoli insistono continuamente su ciò, che «sta scritto». Lo Spirito e la Parola (annunciata o letta) sono uniti in modo indissolubile (cfr. 2 Sm 23,2; At 4,31; 10,44; 1 Cor 2,4; 12,8; 2 Cor 4,13; Ef 1,13; 1 Ts 1,6). «La spada dello Spirito... è la Parola di Dio» (Ef 6,17). Per questo essa ha cambiato le persone, che l’hanno letta, senza la presenza di altre persone. Infatti, «la parola di Dio è vivente ed efficace, e più affilata di qualunque spada a due tagli, e penetra fino alla divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolle; e giudica i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).

 

Leonardo Bernardi: Non ho mai pensato di condividere una asserzione come quella, che ho citato; anzi il pensare in tutt’altra maniera, molto simile a te, mi ha portato molto spesso in rotta di collisione con certe chiese. {11-11-2012}

 

Nicola Martella: Chiaramente non mi riferivo a te, ma a chi sostiene cose del genere!

 

Davide Rossetti: Forse è per questo che fino a un centinaio di anni fa leggere la Bibbia era considerata eresia? {11-11-2012}

 

Nicola Martella: La lettura personale della Bibbia è stata proibita ancora fino a pochi decenni or sono. Quando i chierici fanno ciò, temono di perdere la propria autorità sulla massa e le proprie sicurezze, date loro dalla tradizione, che sorregge il loro potere religioso.

 

Leonardo Bernardi: Davide Rossetti, non parlo di cose di centinaia di anni fa, ma di rimproveri che ho preso da pastori di chiese evangeliche qualche anno fa. Sono stato rimproverato perché ho spiegato che, in base a quello che vedevo nella Bibbia, quello che mi veniva detto era sbagliato. Non c’é nulla di nuovo sotto il cielo {12-11-2012}

 

 

4. {Maria Gioconda}

 

La fede viene dal meditare le Scritture. Ancor prima d’insegnare, bisogna studiare la Parola stessa, per non insegnare in modo sbagliato. Ben venga la fede, ma la cultura è un’altra cosa. Ne ho sentite e lette di sciocchezze, che non vengono dalle Scritture (e non parlo solo di grammatica). L’altro giorno leggevo che «Gesù è stato messo a morte per le sue bestemmie e per mano sua»; non sapevo se ridere, ma poi mi è venuto da piangere per una tale affermazione. Se quel tipo avesse solo letto bene le Scritture, avrebbe capito che Gesù non ha mai bestemmiato e non si è mai suicidato; o forse avrebbe spiegato tutto in senso giusto. Gli scribi credevano che Egli bestemmiasse, ma Gesù diceva la verità. Ho riportato questo evento, solo per fare un esempio. Molte polemiche, infatti, ci sono proprio per mancanza di conoscenza. Anche Dio si lamenta: «Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza». Perciò studiamo tutti di più (e io per prima). {20-03-2014}

 

 

5. {Pietro Calenzo}

 

Contributo: Il Signore ama la gente semplice, non in modo particolare i credenti non edotti o che ignorano talune discipline dello scibile, anche perché Dio non fa preferenza alla qualità delle persone. È anche vero che Paolo afferma che tra i credenti di quel tempo non vi erano molti acculturati, ma tale situazione era autentica o similare per tutti i popoli del primo secolo. In riferimento al popolo di Dio, non bisogna confondere la semplicità con l’ignoranza delle discipline secolari. Un fratello, che conosca il greco o l’ebraico, ad esempio, è senza dubbio avvantaggiato in una più retta comprensione della Parola di Dio.

     Se andiamo a scrutare gli scrittori del Nuovo Testamento, Luca era medico, Marco era «l’interprete di Pietro», Paolo era molto colto, Matteo era un funzionario dello Stato, Giovanni conosceva il greco. Certo, i fratelli che non conoscono molto delle altre discipline, non devono essere svantaggiati, ma è anche vero che chi sa annunciare la Parola di Dio, è bene che sappia didatticamente essere incisivo e chiaro nella sua esposizione. Scritturalmente, ciò è possibile anche per i fratelli non acculturati, ma nel campo dell’insegnamento o della confutazione dei falsi apostoli o dei falsi credenti, senza dubbio la conoscenza di alcune materie linguistiche, storiche, di conoscenza di religioni o di culti extra-biblici, può essere in molteplici casi una chiara situazione positiva, per servire ancor meglio il Signore. È basilare che ogni figlio di Dio, abbia come fondamento la sapienza che viene dall’alto, ma che sempre deve essere coltivata e ampliata secondo il cuore di Dio. {20-03-2014}

 

Nicola Martella: Concordando con la maggior parte delle cose, faccio notare che Paolo non parlò di «molti acculturati», ma di «molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili» (1 Cor 1,16), il che è una cosa differente.

     Anche che «tale situazione era autentica o similare per tutti i popoli del primo secolo», è solo parzialmente vera, poiché gli Ebrei, avendo per priorità la passione per le Scritture, imparavano a leggere, per poter essere un membro della sinagoga, che indirizzasse alla comunità delle esortazioni. Al singolo Ebreo era comandato di scriversi delle parole di Dio in casa, per leggerle, ricordarsene e insegnarle ai figli (Dt 11,18ss). Ad esempio, era scontato che all’ospite ebraico della sinagoga si desse la parola, perché leggesse e commentasse la porzione di lettura, che capitava quel giorno. Ciò accadde a Gesù, che seppe ben leggere e interpretare: «…alzatosi per leggere, gli fu dato il libro del profeta Isaia; e aperto il libro trovò quel passo dov’era scritto… Ed egli prese a dir loro…» (Lc 4,16-21). Similmente accadde anche a Paolo e ai suoi compagni, che si recarono nella sinagoga di Antiochia di Pisidia: «E dopo la lettura della legge e dei profeti, i capi della sinagoga mandarono a dir loro: “Fratelli, se avete qualche parola di esortazione da rivolgere al popolo, ditela”. Allora Paolo, alzatosi, e fatto cenno con la mano, disse…» (At 13,13-16). Si veda anche il prossimo contributo.

 

 

6. {Leonardo Bernardi}

 

Caro Nicola, ancora una volta ti devi misurare con l’apologia dell’ignoranza sostenuta da alcuni movimenti di tipo carismatico, che in realtà cercano di coprire la loro pigrizia nel meditare la Parola di Dio (cosa insegnata dalla Bibbia), con la pretesa dell’assistenza dello Spirito Santo, scambiando appunto l’assistenza e la guida per possesso. In virtù di questa posizione riescono a sostenere le cose più strampalate, compreso l’affermazione con sicumera di storie, che sarebbero raccontate dalla Scrittura, o dottrine che sono loro opinioni, ma spacciate per insegnamenti scritturali.

     Vorrei in questa occasione dare un piccolo contributo, non tanto dottrinale, ma storico. Occorre finirla di affermare che gli apostoli, Pietro compreso, fossero degli analfabeti, facendo riferimento magari al termine greco agrámmatos [= illetterato, cfr. At 4,13, N.d.R.]. Per Paolo il problema non si pone; ma anche gli altri apostoli erano pur sempre ebrei, e come tali non erano assolutamente analfabeti, quanto meno sapevano leggere, in un mondo dove il saper leggere era limitato a un 10% al massimo e nella classe media, e dove lo scrivere era appannaggio di non oltre il 3%. In questo mondo però gli ebrei fanno eccezione.

     La popolazione dell’impero romano ai tempi di Gesù era intorno ai 200.000.000, in cui gli ebrei erano il 10%, ossia circa 2.000.000, ovviamente compreso la diaspora. Bart D. Hermann, docente di critica testuale alla Università del North Carolina, contesta l’autenticità della maggior parte dei libri del NT, basandosi sul preteso analfabetismo degli apostoli. Per sostenere la sua tesi si basa su studi dei professori William Harris, storico della Columbia University, e Caterin Herzer. Entrambi questi studiosi d’indubbio valore fanno però un errore di fondo, equiparando gli ebrei al resto dell’ambiente dell’impero romano. In quest’ultimo stranamente gli ebrei, come già avevano fatto Giuseppe in Egitto e altri, occupavano gran parte dei posti della pubblica amministrazione, della finanza e del commercio, proprio perché in «terra dei ciechi» erano un poco più veggenti degli altri. Infatti, ogni ebreo, per avere il proprio bar mitzwa, ossia il riconoscimento della propria «personalità giuridica» di ebreo, ossia per essere considerato un membro del popolo, doveva almeno dimostrare di saper leggere la Tanakh [= le sacre Scritture ebraiche, N.d.R].

     La pubblicazione di una recente accurata ricerca sull’alfabetizzazione del popolo ebraico, effettuata su dati obiettivi, come l’esame degli ostraca [= frammenti di ceramica usati come schede elettorali, N.d.R.] riferiti alla vita quotidiana, condotta dalla ricercatrice Maristella Botticini, dell’Università Bocconi, in collaborazione con Zvi Eckestein dell’università di Tel Avv, hanno accertato che l’istruzione universale è stata sempre l’essenza dell’ebraismo. E come poteva essere diversamente se il primo dovere dell’ebreo era quello di conoscere la Torà? I risultati di tale ricerca, che sovvertono totalmente le conclusioni degli studiosi americani basate su deduzione e su non esami obiettivi su oggetti dell’epoca, sono pubblicati in Italia dall’Università Bocconi nel 2012. È vero che si riferiscono a un periodo dal 70 al 1492, ma è impensabile che di punto in bianco un popolo cambi le sue abitudini e da analfabeta diventi alfabetizzato. Tanto più che la Bibbia stessa parla di ebrei immessi nel potere, per la loro preparazione, e che da sempre primo dovere di ogni ebreo era imparare la Torà.

     Purtroppo Bart D. Hermann è un tipico caso di «pentecostale», che naufraga sul mancato riscontro del letteralismo scritturale, e, soprattutto un tipico esempio della ricerca americana, sempre sovvenzionata o indirizzata a un business, che deve produrre necessariamente risultati nuovi e sconvolgenti.

     Credo che sia opportuno accettare che, certamente Pietro non era un letterato, tanto che doveva servirsi di un redattore per i suoi scritti, ma come gli altri apostoli era un ebreo e molto meno ignorante di quanto lo si vuol dare, tenuto specialmente conto del livello di alfabetizzazione dell’epoca nell’impero romano. {20-03-2014}

 

 

7. {Fabrizio Martin}

 

Contributi: 1. C’è un episodio negli Atti degli Apostoli, al cap. 8, dove si narra di un eunuco che non capiva il senso di un passo del profeta Isaia. Al funzionario della regina di Etiopia, Candace, accorre in aiuto il diacono Filippo, pronto a spiegare all’ignorante eunuco il senso della Scrittura. I maestri sono indispensabili, restare nell’ignoranza è causa di errori; inoltre evitare di approfondire le Sacre Scritture, è una colpa a cui dovremmo rendere conto a Dio.

     Il quesito che pongo è questo: Quali maestri scegliere? Nel campo degli studiosi ci sono tante scuole di pensiero, la Bibbia viene interpretata in tanti modi, quale scegliere? Perché ci sono diversi approcci alla Scrittura? Qual è quello più indicato? Come muoversi nel districato mondo dell’esegesi? Perché cattolici e protestanti si dividono, se le Scritture sono le stesse per entrambi? {20-03-2014}

     2. Ma Abramo rispose: «Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro». Abramo disse queste parole al ricco epulone, il quale cercava di mediare per i propri fratelli al fine di convertirli. Con la lettura e lo studio delle Sacre Scritture noi abbiamo tutto ciò, che ci serve per il nostro cammino. Ripeto con Girolamo che l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo; è dovere del cristiano conoscere la Bibbia, e studiarla per quanto possibile. {20-03-2014}

 

Nicola Martella: Faccio notare che Filippo non era un «diacono», termine che non ricorre in Atti 6, ma un collaboratore degli apostoli e futuri anziani della chiesa di Gerusalemme.

     Inoltre, tale eunuco era un Giudeo; egli come gli altri Ebrei si recava almeno una volta nella vita a Gerusalemme, dove comprò anche una copia del libro del profeta Isaia e forse anche altri sacri scritti. Per essere funzionario della regina di Etiopia, non era ignorante nel senso di analfabeta, tanto più che stava leggendo, ma aveva difficoltà di comprensione. Egli aveva un problema nell’interpretare correttamente un brano così difficile (Is 53).

 

Sebbene le domande di Fabrizio Martin siano qui fuori tema, capendo la sua particolare situazione di cattolico risvegliato in cerca della verità biblica, le rispondo lo stesso, facendogli presente quanto segue.

     ■ Nell’interpretare la Bibbia, è meglio non scegliere alcuna scuola di pensiero (alcune sono nate da filosofi cristianizzati!), ma di usare semplicemente il metodo letterario: ▪ 1. Spiegare il testo nel suo contesto; ▪ 2. La Bibbia s’interpreta con la Bibbia; ▪ 3. La rivelazione è progressiva (antico e nuovo patto); ▪ 4. I brani evidenti devono essere usati per interpretare quelli più oscuri, non viceversa.

     ■ I diversi approcci alla Scrittura dipendono dalle filosofie umane, dalle idee religiose e dalle concezioni dogmatiche, con cui la gente pretende d’interpretare la Scrittura. Tali filtri impediscono di comprendere la Bibbia per quello che è, poiché le mettono le briglie.

     ■ Chi si appressa alla sacra Scrittura, deve essere disposto a farsi cambiare da essa, invece di pretendere di cambiarla, proiettandoci dentro le proprie convinzioni.

     ■ Chi aggiunge dottrine a quelle esplicitamente dichiarate nella Bibbia, chiaramente non troverà il consenso di coloro, che vogliono attenersi strettamente a ciò, che «sta scritto» e che la chiesa del primo secolo credeva e praticava. Si vedano alcune dottrine, che separano: la mariologia e mariolatria, il polisantismo, l’idolatria cristianizzata, la gerarchia religiosa, il clericalismo, il sacramentalismo, la salvezza per opere, e così via.

 

 

8. {Ivaldo Indomiti}

 

Ho letto le tue considerazioni, Nicola. Devo dire che l’accostamento alla Scrittura è certamente come iniziare a scavare in una cava a cielo aperto, per poi proseguire e scavare addentro la Scrittura con la guida dello Spirito Santo, e scovare gemme preziose nelle profondità (miniera). Ci sono fratelli, che si sono accontentati di ciò, che la cava ha loro offerto; altri, come a scuola, hanno proseguito nello studio andando all’interno della miniera (la Parola di Dio). Penso ci siano fratelli, ai quali è chiesto di dare il 30%, ad altri il 60% e ad altri il 100%; ciò dipende da fattori caratteriali, fattori locali e altre cose limitanti. L’importante è che ognuno non trovi in ogni posizione culturale biblica un aspetto prioritario per annichilire il suo interlocutore, qualunque cosa dica a prescindere. Grazie delle riflessioni, Nicola. {20-03-2014}

 

 

9. {Davide Forte}

 

Contributo: Martella Nicola, benché i riferimenti erano mirati a me, non ti rispondo come avrei fatto prima che mi convertissi al Vangelo. A Bari si dice: «Lascia cucinare il polipo nell’acqua sua». EVVIVA LA SANTA IGNORANZA, E ABBASSO I SANTI DOTTI.

     «Certo, io sono più ignorante di ogni altro, e non ho l’intelligenza di un uomo» (Proverbi 30,2). Se Agur ti avesse conosciuto, avrebbe scritto: «e non ho l’intelligenza di Nicola».

     Nicola, cerco di confondere il tuo risentimento nei miei confronti, per quello che ti ho scritto, con un commento burlesco, e smettila di farmi discorsi denigranti affibbiandoli a me, perché, non sempre mi puoi trovare umoristicamente allegro. «Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge» (Romani 13,8). Pace, fratello Nicola. {20-03-2014}

 

Nicola Martella: Ti faccio presente che non ho risentimento nei tuoi confronti, né ci tengo a fare presunti discorsi denigranti. Ho semplicemente risposto alle tue affermazioni, scritte da te oltre più fuori tema in un altro contesto; poi, hai messo tutto in burla.

     Detto questo, ti faccio presente che non esiste un «Agur», ma solo un Salomone, autore dei Proverbi. Nella Settanta Proverbi 30,1 recita così: «Temi queste mie parole, o figlio, e ricevendole cambia senno: queste cose dice l’uomo ai credenti in Dio e desisto» (Τοὺς ἐμοὺς λόγους, υἱέ, φοβήθητι καὶ δεξάμενος αὐτοὺς μετανόει: τάδε λέγει ὁ ἀνὴρ τοῖς πιστεύουσιν θεῷ, καὶ παύομαι). E similmente doveva recitare il testo ebraico al tempo, in cui la Settanta fu redatta (3° sec. a.C.).

     Quindi, lo stesso Salomone, che qui, dinanzi alla sapienza di Dio si umilia, fu quello che poi ebbe in dono da Lui la «sapienza di Dio» (1 Re 3,28). Infatti, l’inizio della sapienza è il timor dell’Eterno (Pr 9,10a). Salomone non si cullò in una «santa ignoranza», ma si umiliò dinanzi alla sapienza di Dio, per ottenerla. Così consigliò pure di acquistare la verità, senza venderla, di acquisire sapienza, istruzione e intelligenza (Pr 23,23).

     Quindi, il libro dei Proverbi non conosce una «santa ignoranza», ma mostra che «conoscere il Santo è il discernimento» (Pr 9,10b). Inoltre, nel libro, che chiamiamo Ecclesiaste, Salomone è un grande ricercatore della verità e della conoscenza. La sua sapienza, ricevuta da Dio, era così vasta, che vennero da lontano ad ascoltarlo e a metterlo alla prova. Quindi, niente alibi.

 

 

10. {Rita Fabi}

 

Direi che ormai di sante cose carnali ve ne sono tante: abbiamo la «santa risata» e ora anche la «santa ignoranza». Eppure, tu hai scritto bene qua: «Come ci ammaestra Giacomo, la scelta è altresì fra due sapienze differenti: fra una che è “terrestre, psichica, demoniaca” (lett. Gcm 3,15) e un’altra, che “è da Alto” (= da Dio) e che è “prima è pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia” (v. 17). Il problema non è, quindi, la sapienza, ma il tipo di sapienza e la fonte, da cui essa è attinta. È fuori dubbio che dobbiamo acquisire sapienza, quella fondata sul timore di Dio e sulla conoscenza biblica (Pr 1,7; 9,10). “Sì, a costo di quanto possiedi, acquista sapienza, acquista discernimento” (Pr 4,5ss), più delle ricchezze (Pr 16,16). “Acquista verità e non la vendere, acquista sapienza, disciplina e discernimento” (Pr 23,23)» (fonte).

     Alle tue parole mi viene da aggiungere una cosa, che ha scritto Spurgeon in un suo sermone, che sto traducendo. Egli si stava rivolgendo alle persone, che fino a quel momento erano state solo un gruppo eterogeneo, che andava alle sue prediche ogni tanto, ma che da quel giorno sarebbero stati presi in consegna da lui come loro pastore. «Una volta eravate un gruppo eterogeneo assemblato per ascoltarmi, ma ora noi siamo uniti insieme da legami di amore, e tramite l’associazione abbiamo imparato ad amarci e rispettarci l’un l’altro, siete divenuti il gregge del mio pascolo, membri delle mie pecore, e ora ho il privilegio di assumere la posizione del pastore in questo luogo, oltre che nella cappella dove lavoro la sera. Penso, quindi, che colpirà il giudizio di ogni persona, dato che sia la congregazione che l’ufficio sono ormai cambiati, che l’insegnamento stesso debba subire una differenza. È stata mia abitudine di rivolgermi a voi attraverso delle semplici verità del Vangelo; molto raramente, in questo luogo, ho tentato d’immergervi nelle cose profonde di Dio. Un testo, che ho pensato adatto per la mia comunità, la sera, non avrebbe dovuto costituire oggetto di discussione in questo luogo la mattina. Ci sono molte dottrine alte e misteriose, da cui spesso ho preso l’occasione per movimentare un discorso in casa mia, ma che non mi sono mai preso permesso d’introdurre qui, in quanto eravate una comunità di persone casualmente riunite insieme per ascoltare la Parola. Ma ora, dal momento, che le circostanze sono cambiate, anche l’insegnamento verrà cambiato. Io non sarò ora semplice, non mi limiterò alla dottrina della fede, o all’insegnamento del battesimo del credente, io non resterò sulla superficie delle questioni, ma mi avventurerò, come Dio mi guiderà, per entrare in quelle cose, che sono alla base della religione, che teniamo così cara».

     Una persona che si pone nella condizione di nutrire gli altri solo a latte, risponderà a Dio dell’ignoranza in cui lascia le proprie pecore. «Il corallo e il cristallo non meritano neppure di essere nominati; il valore della sapienza val più delle perle» (Giobbe 28,18). {20-03-2014}

 

 

11. {Roberta Sbodio}

 

Contributo: Posso essere provocatoria? Ma questi argomenti non rischiano di annoiare le persone a morte? La gente ha problemi immensi, famiglie distrutte... e penso che interessi a pochi che tipo di carattere usiamo, quanto l’efficacia del messaggio che diamo. Comunque userei il maiuscolo per tutti gli aggettivi su Dio. {21-03-2014}

 

Rita Fabi: Posso essere provocatoria anche io, cara Roberta, forse a Qualcuno interessa molto come predichiamo; e forse l’unico errore di Nicola è quello di voler cercare di dare le perle ai porci... Anche nelle prove più grosse l’unico desiderio del cristiano deve essere quello di conoscere sempre di più del suo Dio. Se non esiste questa sete, che nell’amore si prova e che non può essere mai colmata, allora o non vi è vero amore, oppure la salvezza, di cui si crede di essere stati fatti oggetto, è solo una mera illusione. Io come Davide chiederò sempre a Dio questo: «Insegnami giusto discernimento e conoscenza, perché credo nei tuoi comandamenti» (Salmo 119,66). {21-03-2014}

 

Roberta Sbodio: Ciao, Rita, sì però conoscere per esperienza va oltre la grammatica. Potrei rinunciare anche a quella, se servisse a qualcosa. Quello che volevo dire, è che mi pare che spesso negli ambienti, perdiamo tempo a parlare di cose che servono a poco e intanto là fuori la gente resta perduta, perché i nostri argomenti sono spesso così noiosi che ci addormentiamo anche noi. {21-03-2014}

 

Rita Fabi: Cara Roberta, se qualcuno ti annoia, non sei obbligata a sentirlo, e poi se tu senti più pressante il desiderio di predicare per le strade, vai e fallo; a ognuno di noi Dio mette nel cuore un compito da portare avanti. «Ed egli stesso ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti e altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero e per l’edificazione del corpo di Cristo, finché giungiamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio a un uomo maturo, alla misura della statura della pienezza di Cristo affinché non siamo più bambini sballottati e trasportati da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per la loro astuzia, mediante gli inganni dell’errore, ma dicendo la verità con amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo» (Efesini 4,11-15). {21-03-2014}

 

Nicola Martella: Roberta Sbodio, qui il tema non è più la grammatica, ma la difesa inopportuna da parte di alcuni della cosiddetta «santa ignoranza», secondo cui «ignorante è bello», «chi è ignorante piace a Dio» e cose del genere.

     Quindi, avendo tu sbagliato tema, leggi l’intero confronto («Evviva la «santa ignoranza»?») e rispondi nel merito. Secondo te, il Signore vuole che rimaniamo bambini quanto al senno (biblicamente ignoranti) o che nella conoscenza arriviamo a maturità? {21-03-2014}

 

Roberta Sbodio: Ciao, Nicola, scusa vittima dei social network, ho superficialmente visto i post. Ignorante non è bello. Ci è stato dato un cervello e penso dobbiamo usarlo al meglio; la conoscenza libera. Intellettualismo inscatola forse quanto l’ignoranza, preda della mente da una parte, dall’altra preda delle sensazioni. Il bello è che la verità tocca il cuore, trasforma la mente; e così l’equilibrio è perfetto, penso, no? Dio non sbaglia mai. {21-03-2014}

 

Nicola Martella: Così va meglio. Ora sei in tema. Gli estremisti (cervellotici, ignoranti) sono sempre un male per la verità. L’accertamento della verità biblica mediante l’esegesi contestuale è salutare. La verità rende liberi: parola di Gesù!

 

 

12. {Maurizio Ruffino}

 

Contributo: 1. Infatti, è scritto: «Perciò, carissimi, aspettando queste cose, fate in modo di essere trovati da lui immacolati e irreprensibili nella pace; 15 e considerate che la pazienza del nostro Signore è per la vostra salvezza, come anche il nostro caro fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; 16 e questo egli fa in tutte le sue lettere, in cui tratta di questi argomenti. In esse ci sono alcune cose difficili a capirsi, che gli uomini ignoranti e instabili travisano a loro perdizione come anche le altre Scritture. 17 Voi dunque, carissimi, sapendo già queste cose, state in guardia per non essere trascinati dall’errore degli scellerati e scadere così dalla vostra fermezza; 18 ma crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo» (2 Pt 3,14-18). Amen. {11-11-2012}

     2. Caro Nicola, tu scrivi di «santa ignoranza», e io non voglio difenderla, anche se la capisco e, in alcuni aspetti, mi ci ritrovo. Il fatto è che, io, per esempio, invece di accrescere le mie competenze bibliche, con il passare del tempo e l’impegno di studio in argomenti «laici», mi ritrovo a perderle ogni giorno di più. Fortunatamente penso di essere immune da quelli, che descrivi come culti privilegiati, ma capisco quei poveretti che, anche per mancanza di tempo, non riescono a trovare uno spazio di approfondimento personale sulla Parola di Dio e sugli stessi capisaldi della propria fede. La questione, che poni, quindi, più che un’accusa mi sembra un problema di non facile risoluzione e che necessiterebbe, proprio per ciò, approfondimenti e tentativi di risoluzione utili a tutti. {24-03-2014}

 

Nicola Martella: Caro Maurizio Ruffino, se hai letto l’articolo col confronto, da cui tutto è partito, ti renderai conto che qui non si tratta di coloro, che non hanno buoni maestri, per essere discepolati e ammaestrati (è un limite dei conduttori!) e per essere introdotti all’autonomia nello studio biblico personale (tutti possono accedervi, ognuno a modo suo). Quanto alla mancanza di tempo per lo studio biblico personale, ognuno ha il tempo, che si prende, per le cose che gli stanno a cuore (cfr. Mt 6,21; cfr. Sal 119,23s.47s). Qui abbiamo trattato una certa categoria di cristiani, che fanno l’apologia della «santa ignoranza», diffondendo il pensiero che rimanere biblicamente ignoranti non sia grave, ma anzi preferibile, avendo maggiori attenzioni da parte del Signore. L’alternativa a ciò è spesso la cosiddetta «filosofia dell’esperienza», che per gli uni sfocia nel misticismo e nella ricerca di nuove rivelazioni, per gli altri nell’umanesimo cristianizzato (psicologia cristianizzata, pensiero positivo, ecc.), e per altri ancora nell’evangelo sociale. Purtroppo, diversi difensori della «santa ignoranza» li trovi poi in Internet a fare da maestri, mischiando pere con mele, dopo aver capito fischi per fiaschi. Non di rado, poi, sono devoti anche alla «santa polemica», in cui trascinano gli altri. Infine, venerando pure la «santa ostinazione», gettano volentieri fango e calunnie sugli altri, pur di difendere ciò, che pretendono di sapere alla scuola della loro «santa ignoranza». Comprendi ora?

 

Maurizio Ruffino: Si, l’avevo capito, e hai ragione, ma ne capisco i meccanismi psicologici sottostanti, e vorrei che ci fosse un modo per prevenire tali eccessi della debolezza umana, che, purtroppo, non danneggiano solo se se stessi, ma anche i fratelli. {24-03-2014}

 

 

13. {Edoardo Piacentini}

 

Contributo: 1. Amen! Facciamo nostra l’esortazione dell’apostolo Pietro: «Voi dunque, carissimi, sapendo già queste cose, state in guardia per non essere trascinati dall’errore degli scellerati e scadere così dalla vostra fermezza; ma crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. A Lui sia la gloria, ora e in eterno. Amen» (2 Pietro 3,17-18). {11-11-2012}

     2. Sono d’accordo, le Scritture vanno studiate e meditate ogni giorno, sono il nutrimento spirituale del credente. Gesù lo disse chiaramente a Satana nel deserto: «Sta scritto: L’uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio» (Matteo 4,4). E l’AT continuamente ci esorta a leggere e meditare le Scritture, perché la Parola di Dio «è una lampada al mio piede e una luce sul mio sentiero» (Salmo 119,105). Ecco solo due brani, tra i tanti: «Questo libro della legge non si diparta mai dalla tua bocca, ma meditalo giorno e notte, cercando di agire secondo tutto ciò che vi è scritto, perché allora riuscirai nelle tue imprese, allora prospererai» (Giosuè 1,8); e ancora: «Beato l’uomo che non cammina nel consiglio degli empi, non si ferma nella via dei peccatori e non si siede in compagnia degli schernitori, ma il cui diletto è nella legge dell’Eterno, e sulla sua legge medita giorno e notte. Egli sarà come un albero piantato lungo i rivi d’acqua, che dà il suo frutto nella sua stagione e le cui foglie non appassiscono; e tutto quello che fa prospererà» (Salmo 1,1-3).

     Ora, Ma accanto alla «santa Ignoranza», di cui alcuni sono devoti, ci sono anche quelli che venerano la «santa Ostinazione» e giungono persino a torcere le Scritture, pur di dimostrare alcune loro convinzioni. […]

     La Bibbia va studiata del continuo, ma bisogna avere un giusto approccio, non da saccenti, che ritengono di non aver bisogno di alcuna rivelazione, pensando che possono comprendere tutta la verità biblica attraverso le proprie conoscenze scolastiche, ma da «poveri di spirito»; infatti, è a essi il Signore rivela le cose inerenti il regno dei cieli. Bisogna essere come l’apostolo Paolo che considerava tutti i privilegi, di cui godeva essendo ebreo e tutta la conoscenza della legge, che egli aveva acquisito alla scuola di Gamaliele, «essere una perdita di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù mio Signore, per il quale ho perso tutte queste cose e le ritengo come tanta spazzatura per guadagnare Cristo». {24-03-2014}

 

Nicola Martella: Edoardo Piacentini, il tuo contributo comincia molto bene. Poi, con la «Santa Ostinazione», hai scelto proprio un esempio, che divide, facendo l’apologia del carismaticismo. Avresti potuto scegliere un esempio più neutrale e non controverso, saresti stato apprezzato da tutti e avresti edificato. Perciò, per mantenere la validità del tuo contributo, ho tolto una piccola parte del contributo, perché decisamente fuori tema e perché avrebbe solo suscitato polemiche. Confido nella tua comprensione e maturità.

     Inoltre, ti faccio presente che Paolo mise tra la «sapienza della carne» ogni conoscenza, che non si genera da Cristo e non porta a Lui, quindi anche quella del giudaismo. Anche arrivò a contrapporre alla «legge del peccato e della morte» (= legge mosaica) la «legge di Cristo» o «legge dello Spirito della vita in Cristo». Questa è quella che vale ora, che «sta scritto», che porta a «guadagnare Cristo» e che bisogna accertare con l’esegesi contestuale. Qui non parliamo della conoscenza antecedente alla conversione, ma della «santa ignoranza», che alcuni credenti curano anche dopo la conversione. Non proponiamo neppure una mera conoscenza scolastica, ma il discernimento che proviene dalla sapienza di Dio mediante la conoscenza scritturale (cfr. 2 Tm 3,15; 2 Pt 1,5; 3,18).

 

 

14. {Donatella Nancy Festa}

 

Ho letto gli articoli e le risposte con calma, notando che qualche animo s’infervorava. Eppure, a leggere il primo articolo, ho pensato: «Oh, un argomento leggero... maiuscole, minuscole!». Leggendolo, non mi era passato per la testa, neppure per un attimo, che lo scopo degli articoli fosse quello di offendere quei fratelli che, nella loro vita, non hanno potuto approfondire gli studi. Mi pare evidente che si parla d’ignoranza delle Scritture (del resto, sappiamo che perfino lo zelo senza la conoscenza è un danno).

     Quanto al secondo articolo, il punto della questione è che nessuna chiesa dovrebbe incoraggiare la santa ignoranza: tutti i cristiani sono chiamati a progredire sempre più nella fede e nella conoscenza (anche quelli che, come me, si dimenticano sempre «le coordinate» dei versetti citati!). Riflettendo, vorrei veramente dare questo mio contributo: I tempi sono difficili, le eresie avanzano, l’opera dell’anticristo non mi sembra tanto ipotetica; conseguentemente, sarebbe bene che ognuno di noi si applicasse all’approfondita conoscenza delle Scritture. Conduciamoci, dunque, come figli di luce, esaminando cosa è gradito al Signore. (Ef. 5,9-10). Un saluto a tutti i fratelli e le sorelle! {25-03-2014}

 

 

15. {Guerino De Masi}

 

Ho letto tutto quanto con interesse. Mentre leggevo, mi tornava alla mente Luca, di cui stiamo settimanalmente discutendo tra di noi il venerdì sera. Luca 8,18 ci ha fatto riflettere: «Attenti dunque a come ascoltate; perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, anche quello che pensa di avere gli sarà tolto» Ci siamo convinti che la partenza per evitare «la santa ignoranza» sta nel sapere ascoltare e ascoltare la Parola di Dio. Accostando l’esortazione di Giacomo 1,23, è necessario mirarci frontalmente nella Parola e non tener lo specchio inclinato, da far riflettere gli altri! E per non uscire dal tema, mi pare che una grande responsabilità è sulle spalle di chi si auto investe di autorità, per insegnare, e non si attiene alla Scrittura «tagliando rettamente la Parola». 1 Corinzi 3,12 illustra tale modo di edificare. Magari vengono usate strutture artistiche di legno intarsiato, ma non hanno valore e non supereranno il giudizio divino. Purtroppo, la santa ignoranza non è solo tra coloro, che pretendono di avere «l’esperienza» a scapito dell’insegnamento della Scrittura, ma anche tra coloro che sfoggiano argomenti ed espressioni altisonanti di una cultura e sapienza, che non hanno. Qualcuno si spinge addirittura a scrivere libri. Avere una giusta misura di se stessi, dovrebbe essere caratteristica peculiare del cristiano. Purtroppo, non è sempre così. {06-04-2014}

 

 

16. {Autori vari}

 

Fortuna Fico: Eh sì, quanti credenti ci sono, che si compiacciono della propria ignoranza, sfoggiando i versi da te citati, e per di più ergendosi a giudici di coloro, che non si limitano a gustare la superficie della Parola, ma vogliono esplorarne il fondo, per scoprire le meraviglie, che la Parola può darci nell’approfondimento di essa! Quindi, per molti, dire credente significa dire ignorante! {12-11-2012}

 

Andrea Angeloni: Bisogna guardarsi dall’essere nell’ignoranza e a promuoverla come una virtù. Dio aborrisce l’ignoranza ma, al contrario, vuole che noi figli agiamo ricercando un cammino spirituale di crescita, possibile tramite la Parola e i suoi tanti insegnamenti. Senza lo studio non è possibile crescere. Senza investigare in profondità non sarà possibile avere tutte le armi affilate per combattere l’avversario. {20-03-2014}

 

Fortuna Fico: Oh, sì certo che ci sono. Alcuni, quando inizi a parlare di esegetica ed ermeneutica, si strappano le vesti, sfoderando il versetto: il Signore si rivela ai semplici. Come a dire che i credenti debbano essere tutti ignoranti, per piacere al Signore. Voglio davvero complimentarmi con te per questo articolo, hai centrato il problema e affrontato in modo perfetto, come sempre. Dio ti benedica. {24-03-2014}

 

Ester Colangelo: È un tasto dolente . {11-11-2012}

 

Matteo Armillotta: L’ignoranza non è mai santa {11-11-2012}

 

Antonio Selce: Caro Nicola, la tua risposta a Davide Forte è una «santa verità». {22-03-2014}

 

Giovanni Brandi: Un’analisi spietata, ma molto realistica, purtroppo... {24-03-2014}

 

Paolo Cardenia: Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza. {24-03-2014}

 

Gianni Siena: Non commento, esistono argomenti più «pregni» per la fede. {21-03-2014}

 

Nicola Martella: Gianni Siena, permettimi una battuta: se a ogni tema, che discutiamo, te ne esci con «esistono argomenti più “pregni” per la fede», fra poco dovremo chiederti la tua lista canonica con imprimatur. J

     Non resta che ricordarti un proverbio, menzionato da Gesù: «Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; abbiamo cantato dei lamenti e non avete pianto» (Mt 11,17).

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/T1-Sant_ignora_UnV.htm

23-03-2014; Aggiornamento: 06-04-2014

 

Bild-Pac ▲ Vai a inizio pagina ▲
Proprietà letteraria riservata
© Punto°A°Croce