Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.

 

Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.

 

Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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BIGIOTTERIA E OGGETTISTICA CRISTIANA

 

 a cura di Nicola Martella

 

L’oggettistica cristiana ha un vasto spettro: bigiotteria (collane, bracciali, portachiavi, ecc.), capi d’abbigliamento (magliette, borse, ecc.), adesivi (p.es. il «pesce»), segnalibri, arte (quadri, soprammobili, ecc.), materiale d’ufficio e da scrivere (blocchi da lettere, penne, ecc.), simbologia religiosa (croci, pesci, colombe). Ciò che distingue l’oggettistica comune e quella cristiana sono i motivi biblici o religiosi di quest’ultima.

     Questo tema di discussione è nato dall’approfondimento di un’asserzione di quello, che allora era un collaboratore del sito. Argentino Quintavalle, prendendo posizione a favore della legittimità di scrivere e vendere libri, concludeva esprimendo qualche interrogativo verso l’oggettistica cristiana: «Certo, non è tutto oro quello che luccica. Senza giudicare mi pongo alcune domande. C’è un commercio evangelico? Oltre ai libri, oggi si vende un po’ di tutto: magliette, distintivi, matite, giochi, orologi, ecc. ecc. Qualcosa sta sfuggendo di mano? Lascio ad altri le risposte». [► I costi dell’opera di Dio]

     Prima di mettere in rete questo tema di discussione, ho mandato la seguente e-mail ad alcuni addetti ai lavori, chiedendo d'intervenire, per così orientare in modo positivo la discussione: «Caro ***, una lettrice del sito ha reagito ad alcuni aspetti di un contributo di un collaboratore. Ne ho fatto un tema a sé: "Bigiotteria e oggettistica cristiana". Lo trovi sul sito, ma per motivi di opportunità ora è riservato solo a pochi (a quanti riceveranno il link). Fra alcuni giorni sarà poi accessibile a tutti. Prima però volevo darti l’opportunità di visionarlo ed eventualmente di esprimere il tuo punto di vista di insider, visto che viene chiamata in causa una parte importante di ciò che le librerie cristiane hanno nei loro cataloghi e offrono in vendita al pubblico. Quanto dirai sarà certamente importante a chiarire questo tema. Fino a che punto devono arrivare gli evangelici con la bigiotteria e oggettistica cristiana? Perché è importante questo settore? Eccetera. Puoi coinvolgere anche altri tuoi colleghi nella discussione».

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Irene Bitassi

2. Demo - Martella

3. Andrea Bader

4. Marco Demo

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Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Irene Bitassi} ▲

 

Non ho mai trovato problemi con la vendita di libri evangelici e non entro in polemica (per altro già conclusa) su questo aspetto. Mi volevo solo soffermare su quello che il fratello Argentino Quintavalle dice a proposito degli oggetti vari in vendita.

     Personalmente, non riesco a capire più di tanto il senso di appiccicare un adesivo a forma di pesce sulla macchina. Magari è una forma di testimonianza, ma non so quanto sia comprensibile per i non credenti e quanto non finisca per essere auto-referenziale. E mi sembra che si rischi di trasformarlo in un logo. Allora perché non mettere la croce allo specchietto come i cattolici?

     Per quanto riguarda invece gli oggetti con sopra un versetto biblico, penso che possano avere una loro utilità. Infatti, mi è capitato di aver bisogno di accompagnare il dono di un Evangelo a non credenti con un oggettino (segnalibro, palloncino, ecc.) che fosse utile e avesse un versetto particolarmente significativo rispetto all’occasione in cui è stato regalato. Quando non ho trovato l’oggetto già fatto con il versetto «a tema», l’ho dovuto creare io, inventandomi grafica e spendendo in copisteria ben più di quello che avrei speso se lo stesso fosse uscito dalla produzione di serie. In questo senso, secondo me, questi oggetti servono.

     Non so quale sia l’utilità, invece, di metterli in casa. Ma, tutto sommato, se una sorella si sente molto colpita da un versetto e vuole mettere un soprammobile con quel versetto a vista, perché no? Non fa male a nessuno, purché non ci sia l’ipocrisia di credersi più pii di chi non ama spolverare soprammobili. Qui, però, si entra nella coscienza di ciascuno e quindi solo Dio ha voce in merito.

     Per quanto riguarda la «posizione» di chi questi oggetti li vende, mi sento di poter dire che ciò che è utile all’evangelizzazione ha pieno diritto di stare in un catalogo evangelico.

     Veramente sarei anche curiosa di sapere se questo è un mezzo delle case editrici evangeliche per riuscire a vendere l’essenziale (Bibbie ed Evangeli) a prezzi inferiori. Infatti, ho notato che sugli stessi cataloghi dove si vendevano oggetti, le Bibbie e gli Evangeli nella versione economica costavano veramente poco.

     Certamente tutti noi siamo calati nella realtà della logica di mercato, che regola buona parte dei nostri rapporti sociali, e quindi, anche quando si tratta di fede, il passo falso è sempre dietro l’angolo. Sorvegliare per evitare le esagerazioni non può fare male, purché con buon senso, sapendo che il giudizio spetta solo a Dio e si può sbagliare in buona fede.

 

 

2. {Demo - Martella} 

 

     ■ Prima risposta di Marco Demo: «Caro Nicola, ti ringrazio per avermi invitato alla conversazione relativa all’oggettistica cristiana. Purtroppo, si tratta di un argomento di cui viene spesso fatto abuso e onestamente non lo considero argomento di dibattito, soprattutto a fronte di problemi molto maggiori che come credenti dovremmo affrontare (vedi ad esempio le questioni etiche sull’eutanasia, le coppie di fatto, l’omosessualità, ma anche questioni più quotidiane tipo la sofferenza, i problemi, la disoccupazione, ecc.). Insomma, io per esperienza tengo a rifiutare qualsiasi polemica che non porta da nessuna parte». {La Casa della Bibbia, Torino}

     ■ Prima risposta di Nicola Martella: «Caro Marco, grazie del tuo contributo, anche se non contiene una presa di posizione chiara e netta. Quanto a ciò che è un “argomento di dibattito”, dipende dai punti di vista; per chi sente il problema (qui una lettrice), lo è. La questione è pure se ti lasceresti coinvolgere nei temi “maggiori” da te elencati; alcuni di essi sono stati affrontati, ma un tuo contributo non c’è. Poi non si tratta di far “polemica”, ma di contribuire al dialogo e alla maturazione comune. Leggendo il NT, si evince che gli interlocutori degli apostoli chiedevano loro che cosa pensare su svariati temi (p.es. osservare giorni, mangiare o meno solo cose ritualmente pure, che pensare della carne proveniente da animali sacrificati nei templi, come bisognerebbe vestirsi e addobbarsi, ecc.); essi non snobbarono tali temi, indicando semplicemente verso quelli maggiori, ma li affrontarono.

     Inoltre mi sembra strano che altri parlino di un problema che coinvolge direttamente le librerie e i rivenditori di “oggettistica cristiana”, ti venga offerta da insider la possibilità di spiegare il punto di vista del rivenditore (che presumo si sia posto il problema) e che tu snobbi la questione. Non credo che sia saggio lasciar discutere il problema solo a coloro che eleveranno una voce critica sulla questione».

     ■ Seconda risposta di Marco Demo: Caro Nicola, comprendo bene quello che tu dici e in parte ti do ragione. In effetti, avendo poco tempo, non ho voluto più di tanto prendermi del tempo e probabilmente non mi lascerei neanche coinvolgere nei temi maggiori.

     Tuttavia, per me che opero in un ambito quasi esclusivamente di credenti, e che sento ripetere spesso gli stessi concetti, ritengo più importante dedicarmi ad altro che a discutere di questioni che francamente considero ampiamente marginali. Nel leggere il tono d’alcune affermazioni, non posso dire d’essere invogliato e preferisco tenermene fuori. Nelle questione specifica, dal mio punto di vista, chi ha dei dubbi ha la possibilità di contattare direttamente i diretti interessati per chiedere delucidazioni ed esprimere le proprie perplessità.

     ■ Seconda risposta di Nicola Martella: «Caro Marco, sapendo che chi ha delle perplessità riguardo a questo tema, difficilmente si rivolgerà direttamente agli esercenti di "oggettistica cristiana", sarebbe stata un’occasione propizia per spiegare il proprio pensiero a un vasto pubblico. Peccato per aver fatto sfumare un’occasione così importante. L’alternativa al dialogo (anche quando si dissente su qualcosa) è l’isolamento. Tenersi fuori è una ritirata e una sconfitta. Quando chi — per il mestiere che fa — dovrebbe assecondare gusti e interessi del pubblico, considera delle questioni "ampiamente marginali", potrebbe mostrare così una mancanza di sensibilità proprio verso quel pubblico che si vuole raggiungere con la letteratura e altri prodotti adeguati alle loro richieste e necessità. Un’utile strategia di marketing parte sempre dall’analisi degli interessi dei destinatari riguardo ai prodotti da mettere sul mercato. È fatale non farlo e trascurare ciò che interessa al cliente».

 

 

3. {Andrea Bader} 

 

Caro Nicola, grazie per averci interpellati. [...] Sicuramente esiste un commercio evangelico, come potremmo chiamare diversamente la vendita di prodotti quale Bibbie, libri e oggetti di testimonianza quando si danno in cambio dei soldi?

     Il commercio in generale è alla base di tutta la società umana e non viene condannato nella Parola di Dio.

     Il problema nasce quando uno vorrebbe vendere, ciò che si può ottenere soltanto da Dio stesso: il perdono dei peccati (l’indulgenze), la salvezza in generale e tutto ciò che ne è collegato (messe per i defunti,ecc.).

     Per quanto riguarda gli oggetti possiamo dire che c’è chi è stato portato al Signore tramite un adesivo. D’altronde chi non vuole acquistare una maglietta cristiana, non è costretto a farlo.

     In sintesi: è molto più facile applicare un «pesce» adesivo sulla macchina, che guidare «cristianamente». Allora dovremmo rinunciare agli adesivi? O piuttosto imparare a disciplinare il nostro modo di guidare? {CLC, Catania}

 

 

4. {Marco Demo} 

 

Quando parliamo di commercio cristiano, secondo me, c’è molta confusione.

     Un’obiezione che ci viene fatta come addetti ai lavori è che ciò che è di Dio dovrebbe essere gratis. Già qui ci sarebbe da rivedere quest’affermazione perché anche la nostra giustificazione, quella dalle opere morte e dal peccato, non è gratis ma un caro prezzo è stato pagato, anche se non ci è stato addebitato. Questa mentalità è tipico frutto dell’aver reso la conversione una mera «preghierina» anziché un cambiamento progressivo della vita (non a caso diciamo «conversione»). Ma leggendo l’Antico Testamento è interessante notare che coloro che prestavano servizio nel tabernacolo e nel tempio non lo facevano «per la gloria» ma vivevano del loro servizio. Anche l’apostolo Paolo scriveva nelle sue lettere che coloro che lavoravano per l’Evangelo avevano diritto di vivere per l’Evangelo, anche se lui in prima persona aveva scelto di auto-sostenersi. (N.d.R.: Ciò riguardava il suo rapporto particolare e delicato con i Corinzi, mentre traeva il suo sostegno da altre chiese per servire loro; 2 Cor 11,7s).

     Le case editrici, come anche le librerie, le missioni, le chiese, affrontano spese per svolgere il loro servizio che sono indispensabili per l’attività. Nessuno di coloro che lavorano in quest’ambito vuole guadagnare o arricchirsi (altrimenti farebbero altro, lo garantisco), ma tutti hanno come obiettivo finale l’edificazione del corpo di Cristo e la diffusione della Parola di Dio e dell’Evangelo. Proprio perché lavoriamo per Dio dobbiamo farlo nelle condizioni migliori possibili (senza però sprecare) offrendo prodotti e servizi di buona qualità, proprio come farebbe un’azienda secolare. Inoltre, c’è la questione della sottomissione alle autorità nel senso che dobbiamo adempiere a tutti i doveri che il nostro paese ci chiede.

     L’Italia è un paese abbastanza ricco ma purtroppo c’è una mentalità assistenzialista, particolarmente nell’ambito evangelico, che è cresciuta nel corso degli ultimi 100 anni, con la venuta di centinaia di missioni e missionari che hanno investito tempo e denaro per l’evangelizzazione. Viaggiando nelle chiese, molto spesso vediamo materiale scadente che viene prodotto e distribuito perché «tanto è per l’evangelizzazione» o «tanto è da regalare». Tuttavia, quando poi si guarda alla vita privata dei singoli credenti, si notano appartamenti ben arredati, vestiti eleganti, apparecchiature elettroniche e ogni sorta di comfort. Ci sono persone che ci telefonano richiedendo materiale gratuito da distribuire asserendo che si tratta di una chiesa di membri «poveri». Peccato che queste chiamate ci arrivino da cellulari di cui nessuno si priva. Insomma c’è una cultura di avarizia verso ciò che riguarda la cose del Signore mentre non c’è per le cose personali. Un Italiano può permettersi anche di comprare una Bibbia e spendere 20, 30 o 40 euro. Tra l’altro acquistando materiale di questo tipo si sostengono opere cristiane e servitori a tempo pieno.

     Infine, e questo secondo me è il cuore della questione, io non trovo nulla di male nell’avere un adesivo, una collanina, una penna con un simbolo cristiano. Il problema del loro costo è che avendo una tiratura bassa il prezzo sale.

     Certamente, ma questo vale per ogni altro aspetto del nostra vita, occorre coerenza nell’esibirli (io ad esempio ho deciso di non mettere il pesciolino adesivo sulla mia macchina, perché non mi sento un cittadino perfettamente ligio sotto questo punto di vista), ma in sé e per sé non c’è nulla di sbagliato nel produrre, diffondere e utilizzare materiale di questo tipo. E allora ben vengano magliette, collanine, cappellini, distintivi, giochi e orologi, purché tutto si faccia con sobrietà e soprattutto alla gloria di Dio. {Ass. La Casa della Bibbia, Torino}

 

 

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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/T1-Oggettistica_cristiana_UnV.htm

16-03-2007; Aggiornamento: 30-06-2010

 

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