L’oggettistica cristiana ha un vasto spettro: bigiotteria (collane,
bracciali, portachiavi, ecc.), capi d’abbigliamento (magliette, borse,
ecc.), adesivi (p.es. il «pesce»), segnalibri, arte (quadri,
soprammobili, ecc.), materiale d’ufficio e da scrivere (blocchi da
lettere, penne, ecc.), simbologia religiosa (croci, pesci, colombe). Ciò
che distingue l’oggettistica comune e quella cristiana sono i motivi
biblici o religiosi di quest’ultima.
Questo tema di discussione è nato dall’approfondimento di un’asserzione
di quello, che allora era un collaboratore del sito. Argentino
Quintavalle, prendendo posizione a favore della legittimità di scrivere
e vendere libri, concludeva esprimendo qualche interrogativo verso
l’oggettistica cristiana: «Certo, non è tutto oro quello che luccica.
Senza giudicare mi pongo alcune domande. C’è un commercio evangelico?
Oltre ai libri, oggi si vende un po’ di tutto: magliette, distintivi,
matite, giochi, orologi, ecc. ecc. Qualcosa sta sfuggendo di mano?
Lascio ad altri le risposte». [►
I costi dell’opera di Dio]
Prima di mettere in rete questo tema di discussione, ho mandato la
seguente e-mail ad alcuni addetti ai lavori, chiedendo d'intervenire,
per così orientare in modo positivo la discussione:
«Caro ***, una lettrice del sito ha reagito ad alcuni aspetti di un
contributo di un collaboratore. Ne ho fatto un tema a sé: "Bigiotteria e
oggettistica cristiana". Lo trovi sul sito, ma per motivi di opportunità
ora è riservato solo a pochi (a quanti riceveranno il link). Fra alcuni
giorni sarà poi accessibile a tutti. Prima però volevo darti
l’opportunità di visionarlo ed eventualmente di esprimere il tuo punto
di vista di insider, visto che viene chiamata in causa una parte
importante di ciò che le librerie cristiane hanno nei loro cataloghi e
offrono in vendita al pubblico. Quanto dirai sarà certamente importante
a chiarire questo tema. Fino a che punto devono arrivare gli evangelici
con la bigiotteria e oggettistica cristiana? Perché è importante questo
settore? Eccetera. Puoi coinvolgere anche altri tuoi colleghi nella
discussione».
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster
(E-mail)
Attenzione! Non si accettano contributi anonimi o con nickname, ma solo
quelli firmati con nome e cognome! In casi particolari e delicati il
gestore del sito può dare uno pseudonimo, se richiesto.
I contributi sul tema▲ (I
contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori. I
contributi attivi hanno uno
sfondo bianco)
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1.
{Irene Bitassi} ▲
Non ho mai trovato problemi con la vendita di libri evangelici e non entro in
polemica (per altro già conclusa) su questo aspetto. Mi volevo solo soffermare
su quello che il fratello Argentino Quintavalle dice a proposito degli oggetti
vari in vendita. Personalmente, non riesco a capire più di tanto il
senso di appiccicare un adesivo a forma di pesce
sulla macchina. Magari è una forma di testimonianza, ma non so quanto sia
comprensibile per i non credenti e quanto non finisca per essere
auto-referenziale. E mi sembra che si rischi di trasformarlo in un logo. Allora
perché non mettere la croce allo specchietto come i cattolici? Per quanto riguarda invece gli oggetti con sopra un
versetto biblico, penso che possano avere una loro utilità. Infatti, mi è
capitato di aver bisogno di accompagnare il dono di un Evangelo a non credenti
con un oggettino (segnalibro, palloncino, ecc.) che fosse utile e avesse un
versetto particolarmente significativo rispetto all’occasione in cui è stato
regalato. Quando non ho trovato l’oggetto già fatto con il versetto «a tema»,
l’ho dovuto creare io, inventandomi grafica e spendendo in copisteria ben più di
quello che avrei speso se lo stesso fosse uscito dalla produzione di serie. In
questo senso, secondo me, questi oggetti servono. Non so quale sia l’utilità, invece, di metterli in
casa. Ma, tutto sommato, se una sorella si sente molto colpita da un versetto e
vuole mettere un soprammobile
con quel versetto a vista, perché no? Non fa male a nessuno, purché non ci sia
l’ipocrisia di credersi più pii di chi non ama spolverare soprammobili. Qui,
però, si entra nella coscienza di ciascuno e quindi solo Dio ha voce in merito. Per quanto riguarda la «posizione» di chi questi
oggetti li vende, mi sento di poter dire che ciò che è utile
all’evangelizzazione ha pieno diritto di stare in un catalogo evangelico. Veramente sarei anche curiosa di sapere se questo è un
mezzo delle case editrici evangeliche per riuscire a vendere l’essenziale
(Bibbie ed Evangeli) a prezzi inferiori. Infatti, ho notato che sugli stessi
cataloghi dove si vendevano oggetti, le Bibbie e gli Evangeli nella versione
economica costavano veramente poco. Certamente tutti noi siamo calati nella realtà della
logica di mercato, che regola buona parte dei nostri rapporti sociali, e
quindi, anche quando si tratta di fede, il passo falso è sempre dietro l’angolo.
Sorvegliare per evitare le esagerazioni non può fare male, purché con buon
senso, sapendo che il giudizio spetta solo a Dio e si può sbagliare in buona
fede.
2.
{Demo -
Martella} ▲
■ Prima risposta di
Marco Demo:
«Caro Nicola, ti ringrazio per avermi invitato alla conversazione
relativa all’oggettistica cristiana. Purtroppo, si tratta di un
argomento di cui viene spesso fatto abuso e onestamente non lo considero
argomento di dibattito, soprattutto a fronte di problemi molto maggiori
che come credenti dovremmo affrontare (vedi ad esempio le questioni
etiche sull’eutanasia, le coppie di fatto, l’omosessualità, ma anche
questioni più quotidiane tipo la sofferenza, i problemi, la
disoccupazione, ecc.). Insomma, io per esperienza tengo a rifiutare
qualsiasi polemica che non porta da nessuna parte». {La Casa della
Bibbia, Torino}
■ Prima risposta di Nicola Martella: «Caro Marco, grazie del tuo
contributo, anche se non contiene una presa di posizione chiara e netta.
Quanto a ciò che è un “argomento di dibattito”, dipende dai punti di
vista; per chi sente il problema (qui una lettrice), lo è. La questione
è pure se ti lasceresti coinvolgere nei temi “maggiori” da te elencati;
alcuni di essi sono stati affrontati, ma un tuo contributo non c’è. Poi
non si tratta di far “polemica”, ma di contribuire al dialogo e alla
maturazione comune. Leggendo il NT, si evince che gli interlocutori
degli apostoli chiedevano loro che cosa pensare su svariati temi (p.es.
osservare giorni, mangiare o meno solo cose ritualmente pure, che
pensare della carne proveniente da animali sacrificati nei templi, come
bisognerebbe vestirsi e addobbarsi, ecc.); essi non snobbarono tali
temi, indicando semplicemente verso quelli maggiori, ma li affrontarono.
Inoltre mi sembra strano che altri parlino di un problema che coinvolge
direttamente le librerie e i rivenditori di “oggettistica cristiana”, ti
venga offerta da
insider la possibilità di spiegare il punto di vista del
rivenditore (che presumo si sia posto il problema) e che tu snobbi la
questione. Non credo che sia saggio lasciar discutere il problema solo a
coloro che eleveranno una voce critica sulla questione». ■ Seconda risposta di Marco Demo: Caro Nicola,
comprendo bene quello che tu dici e in parte ti do ragione. In effetti, avendo
poco tempo, non ho voluto più di tanto prendermi del tempo e probabilmente non
mi lascerei neanche coinvolgere nei temi maggiori. Tuttavia, per me che opero in un ambito quasi
esclusivamente di credenti, e che sento ripetere spesso gli stessi concetti,
ritengo più importante dedicarmi ad altro che a discutere di questioni che
francamente considero ampiamente marginali. Nel leggere il tono d’alcune
affermazioni, non posso dire d’essere invogliato e preferisco tenermene fuori.
Nelle questione specifica, dal mio punto di vista, chi ha dei dubbi ha la
possibilità di contattare direttamente i diretti interessati per chiedere
delucidazioni ed esprimere le proprie perplessità. ■ Seconda risposta di Nicola Martella: «Caro
Marco, sapendo che chi ha delle perplessità riguardo a questo tema,
difficilmente si rivolgerà direttamente agli esercenti di "oggettistica
cristiana", sarebbe stata un’occasione propizia per spiegare il proprio pensiero
a un vasto pubblico. Peccato per aver fatto sfumare un’occasione così
importante. L’alternativa al dialogo (anche quando si dissente su qualcosa) è
l’isolamento. Tenersi fuori è una ritirata e una sconfitta. Quando chi — per il
mestiere che fa — dovrebbe assecondare gusti e interessi del pubblico, considera
delle questioni "ampiamente marginali", potrebbe mostrare così una mancanza di
sensibilità proprio verso quel pubblico che si vuole raggiungere con la
letteratura e altri prodotti adeguati alle loro richieste e necessità. Un’utile
strategia di marketing parte sempre dall’analisi degli interessi dei destinatari
riguardo ai prodotti da mettere sul mercato. È fatale non farlo e trascurare ciò
che interessa al cliente».
3.
{Andrea Bader} ▲
Caro Nicola, grazie per averci interpellati. [...] Sicuramente esiste un
commercio evangelico, come potremmo chiamare diversamente la vendita di
prodotti quale Bibbie, libri e oggetti di testimonianza quando si danno
in cambio dei soldi?
Il commercio in generale è alla base di tutta la società umana e non
viene condannato nella Parola di Dio.
Il problema nasce quando uno vorrebbe vendere, ciò che si può ottenere
soltanto da Dio stesso: il perdono dei peccati (l’indulgenze), la
salvezza in generale e tutto ciò che ne è collegato (messe per i
defunti,ecc.).
Per quanto riguarda gli oggetti possiamo dire che c’è chi è stato
portato al Signore tramite un adesivo. D’altronde chi non vuole
acquistare una maglietta cristiana, non è costretto a farlo.
In sintesi: è molto più facile applicare un «pesce» adesivo sulla
macchina, che guidare «cristianamente». Allora dovremmo rinunciare agli
adesivi? O piuttosto imparare a disciplinare il nostro modo di guidare?
{CLC, Catania}
4.
{Marco Demo} ▲
Quando parliamo di commercio cristiano, secondo me, c’è molta confusione. Un’obiezione che ci viene fatta come addetti ai lavori
è che ciò che è di Dio dovrebbe essere gratis. Già qui ci sarebbe da rivedere
quest’affermazione perché anche la nostra giustificazione, quella dalle opere
morte e dal peccato, non è gratis ma un caro prezzo è stato pagato, anche se non
ci è stato addebitato. Questa mentalità è tipico frutto dell’aver reso la
conversione una mera «preghierina» anziché un cambiamento progressivo della vita
(non a caso diciamo «conversione»). Ma leggendo l’Antico Testamento è
interessante notare che coloro che prestavano servizio nel tabernacolo e nel
tempio non lo facevano «per la gloria» ma vivevano del loro servizio. Anche
l’apostolo Paolo scriveva nelle sue lettere che coloro che lavoravano per
l’Evangelo avevano diritto di vivere per l’Evangelo, anche se lui in prima
persona aveva scelto di auto-sostenersi. (N.d.R.: Ciò riguardava il suo rapporto
particolare e delicato con i Corinzi, mentre traeva il suo sostegno da altre
chiese per servire loro; 2 Cor 11,7s). Le case editrici, come anche le librerie, le missioni,
le chiese, affrontano spese per svolgere il loro servizio che sono
indispensabili per l’attività. Nessuno di coloro che lavorano in quest’ambito
vuole guadagnare o arricchirsi (altrimenti farebbero altro, lo garantisco), ma
tutti hanno come obiettivo finale l’edificazione del corpo di Cristo e la
diffusione della Parola di Dio e dell’Evangelo. Proprio perché lavoriamo per Dio
dobbiamo farlo nelle condizioni migliori possibili (senza però sprecare)
offrendo prodotti e servizi di buona qualità, proprio come farebbe un’azienda
secolare. Inoltre, c’è la questione della sottomissione alle autorità nel senso
che dobbiamo adempiere a tutti i doveri che il nostro paese ci chiede. L’Italia è un paese abbastanza ricco ma purtroppo c’è
una mentalità assistenzialista, particolarmente nell’ambito evangelico, che è
cresciuta nel corso degli ultimi 100 anni, con la venuta di centinaia di
missioni e missionari che hanno investito tempo e denaro per l’evangelizzazione.
Viaggiando nelle chiese, molto spesso vediamo materiale scadente che viene
prodotto e distribuito perché «tanto è per l’evangelizzazione» o «tanto è da
regalare». Tuttavia, quando poi si guarda alla vita privata dei singoli
credenti, si notano appartamenti ben arredati, vestiti eleganti, apparecchiature
elettroniche e ogni sorta di comfort. Ci sono persone che ci telefonano
richiedendo materiale gratuito da distribuire asserendo che si tratta di una
chiesa di membri «poveri». Peccato che queste chiamate ci arrivino da cellulari
di cui nessuno si priva. Insomma c’è una cultura di avarizia verso ciò che
riguarda la cose del Signore mentre non c’è per le cose personali. Un Italiano
può permettersi anche di comprare una Bibbia e spendere 20, 30 o 40 euro. Tra
l’altro acquistando materiale di questo tipo si sostengono opere cristiane e
servitori a tempo pieno. Infine, e questo secondo me è il cuore della questione,
io non trovo nulla di male nell’avere un adesivo, una collanina, una penna con
un simbolo cristiano. Il problema del loro costo è che avendo una tiratura bassa
il prezzo sale. Certamente, ma questo vale per ogni altro aspetto del
nostra vita, occorre coerenza nell’esibirli (io ad esempio ho deciso di non
mettere il pesciolino adesivo sulla mia macchina, perché non mi sento un
cittadino perfettamente ligio sotto questo punto di vista), ma in sé e per sé
non c’è nulla di sbagliato nel produrre, diffondere e utilizzare materiale di
questo tipo. E allora ben vengano magliette, collanine, cappellini, distintivi,
giochi e orologi, purché tutto si faccia con sobrietà e soprattutto alla gloria
di Dio. {Ass. La Casa della Bibbia, Torino}
5. {}
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9. {}
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10. {}
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11. {}
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12. {}
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/T1-Oggettistica_cristiana_UnV.htm
16-03-2007; Aggiornamento: 30-06-2010 |