Qui di
seguito discutiamo l’articolo «Libertà
religiosa e pluralismo dell’informazione». Le reazioni a
questo scritto sono variegate. Il tutto ruota intorno al fatto se i
cristiani biblici possano anche avere una coscienza civile in uno
Stato democratico e chiedere che ciò, che la Costituzione
proclama in tema di diritti civili e religiosi, venga anche attuato
nella pratica senza discriminazioni. Dal tempo del fascismo in
poi, quando il cattolicesimo romano fu dichiarato religione di Stato e
tutti gli altri culti furono relegati allo stato di «culti ammessi»,
l’evangelismo italiano non si è ancora scrollato di dosso una certa
sindrome di «resto fedele durante la gran tribolazione» (tanto più
che esso crede in genere che sarà il residuo d’Israele a passare per
tale «giorno del Signore»!). Come vedremo, reclamare diritti
costituzionali è per alcuni già un
sintomo inquietante di compromesso col «mondo», di ecumenismo, di
sincretismo o di apostasia; oppure paventano che si possa diventare come
la chiesa romana.
Essi non pensano lontanamente che vedere realizzati i propri diritti
civili e religiosi, significa una grande chance per le chiese
locali e per la testimonianza, senza subire discriminazioni e angherie
burocratiche. Eppure magari le stesse persone fanno vertenze
sindacali, quando sono scavalcati i propri diritti sul posto di
lavoro; oppure fanno esposti alle competenti autorità, quando
altri, perché raccomandati, vengono preferiti a loro, che hanno il
punteggio migliore. La lista potrebbe continuare.
Ci chiediamo se gli apostoli abbiano mai fatto uso dei loro
diritti civili, per preservare la loro incolumità e a causa
dell’opera del Signore.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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I contributi sul tema ▲ (I
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1. {Rita
Fabi}
▲
■
Contributo: Sinceramente, dopo aver letto tutto, io non
riesco a dichiararmi d’accordo, affatto, a una marcia per il
riconoscimento della libertà religiosa, che secondo me, può essere la
via di apertura all’ecumenismo, e del
sincretismo religioso. Noi cristiani non siamo chiamati da Dio per
vedere riconoscere i nostri diritti, ma per incalzare le persone
al ravvedimento, e neanche ci viene detto che avremo pace in questo
mondo, ma che anzi saremo perseguitati per il fine del nostro evangelo.
So che finché siamo nel mondo, dobbiamo riconoscere le autorità e
le loro leggi, ma non per questo penso che avere riconosciuti i
diritti religiosi, ci possa esimere dal promulgare la verità di Dio;
anzi, in un certo qual modo, penso che se la via fosse più facile, ci si
potrebbe adagiare a un cristianesimo di comodo che, andando di
pari passo con lo stato di diritto, ne abbracci anche le cosiddette
regole mondane, come è stato per la chiesa cattolica.
Quest’ultima, infatti, ha sempre proclamato la libertà religiosa dei
cittadini, ma solo per portare avanti se stessa e il proprio potere.
Secondo me, il vero cristiano è conscio di dovere vivere nella
tribolazione, specialmente nei tempi finali, per cui sa bene che non
ci sarà vera libertà religiosa, se non per coloro, che saranno
asserviti al potere mondano «Ma essi lo hanno vinto per mezzo del
sangue dell’Agnello, e con la parola della loro testimonianza; e non
hanno amato la loro vita, anzi l’hanno esposta alla morte».(Apocalisse
12,11). {18-07-2012}
▬ Risposta
(Nicola Martella): Sebbene io non sia fatto per marce, passeggiate e
manifestazioni pubbliche di massa, tuttavia devo affermare che, per amor
di verità, la testimonianza cristiana e la richiesta del riconoscimento
dei diritti civili, garantiti dalla Costituzione, non sono in
antitesi. Neppure vedersi garantiti i diritti civili, deve portare
inesorabilmente a perdere lo zelo, ma è il contrario per i
discepoli fedeli. Vedersi riconosciuti i diritti nella pratica,
che la Costituzione già sancisce — potersi radunare senza timori, poter
avere permessi per evangelizzare senza ogni volta dover sottostare al
capriccio dei funzionari, poter dichiarare pubblicamente le proprie
convinzioni senza temere il peggio o essere perseguitati — è una cosa
positiva.
Paolo, il grande predicatore delle genti,
non rinunciò ai suoi diritti, quando la sua vita era in pericolo e,
anzi, si aspettò delle pubbliche scuse (At 16,37ss; At 22,25ss),
e quando, come cittadino romano, si appellò al tribunale di
Cesare, pur di sfuggire alle mani dei Giudei, che si erano accordati per
fargli la pelle (At 25,11s.21; 26,32; 28,19).
Come cristiani biblici non vogliamo
diritti speciali né privilegi, ma soltanto quelli
riconosciuti dalla Costituzione per tutti i cittadini italiani e
per tutte le chiese e organizzazioni religiose.
2.
{Edoardo Piacentini}
▲ La
marcia
per il riconoscimento della libertà religiosa deve avere, secondo il mio
parere, lo scopo di denunciare al mondo intero la mancanza in
Italia di una
legge quadro sulla libertà religiosa, legge che ogni paese
democratico ha; a ciò si aggiunga di far comprendere agli
italiani tutti, compreso le istituzioni e i partiti politici, che c’è
una norma della Costituzione
della Repubblica Italiana del 1948, che ancora non è stata attuata,
in spregio ai principi fondamentali e ai valori stabiliti dai Padri
Costituenti. Mi riferisco all’articolo 8, che sancisce che tutte
le confessioni religiose sono egualmente libere «dinanzi alla legge» e
che a quelle diverse dalla cattolica viene riconosciuto lo stesso regime
di rapporti con lo Stato, per tutelare le loro specifiche esigenze,
mediante accodi (le cd. «intese»). Ebbene, la legge a cui fa riferimento
l’art. 8 comma 1 della Costituzione non è stata ancora promulgata,
tant’è che risulta ancora in vigore la normativa del periodo fascista
sui «culti ammessi»: la legge n. 1159 del 24 Giugno 1929 e il relativo
regolamento di attuazione approvato con R.D. n. 289 del 28 Febbraio
1930, cui la Corte Costituzionale, con qualche sentenza, ha apportato
solo taluni aggiustamenti.
È inutile dire che è vergognoso, come è vergognoso e scandaloso che lo
Stato Italiano abbia stipulato le intese con la Tavola Valdese,
l’Unione delle Chiese cristiane avventiste del settimo giorno, le
Assemblee di Dio in Italia, l’Unione delle Comunità ebraiche italiane,
l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia e la Chiesa evangelica
luterana in Italia, considerato che le stesse sono leggi speciali in
deroga a una legge generale sulla libertà religiosa, che in Italia
non esiste, a meno che non si consideri tale legge generale la
famigerata normativa dei culti ammessi, che è una legge razziale
fascista, emanata dal governo Mussolini molti anni prima, che
venisse promulgata la Costituzione del 1948, riferita esclusivamente
alle confessioni di minoranza, che portò una serie di gravi restrizioni
alla libertà dei culti e diede avvio a un periodo di sempre crescente
ostilità verso le minoranze religiose. In molte città, soprattutto nel
nord Italia, le amministrazioni comunali, riferendosi a queste norme
tuttora vigenti in Italia, escogitano
penosi espedienti per impedire la libera associazione per preghiera
o attività comunitarie degli immigrati e finanche degli italiani non
cattolici.
È vero, come, dice la sorella Rita Fabi, che la Bibbia insegna che non
avremo pace in questo mondo, ma che anzi saremo perseguitati a causa
dell’Evangelo, ma ciò non toglie che, vivendo in un paese democratico,
i credenti possano liberamente manifestare, per vedere riconosciuti i
loro diritti inalienabili; e credo che sia un dovere farlo, non
solo per noi evangelici, ma per chiunque professi un credo religioso
diverso dalla «religione di Stato». Sarà, poi, la nostra
predicazione e il nostro esempio a convincere i cuori, che
siamo nella Verità. Ora, però, uno Stato, che si definisce democratico —
che ha combattuto una guerra civile, per vedere affermate delle libertà,
negate per oltre vent’anni dall’odiosa dittatura fascista, e per molti
secoli da quell’ancora più odiosa del Vaticano — ha diritto di avere una
legge, che conceda a tutti i cittadini la libertà di professare il
proprio credo
religioso, senza discriminazione alcuna. Dio ci benedica. {18-07-2012}
3. {Rita
Fabi}
▲
■
Contributo: Sicuramente posso capire questo tuo proposito,
caro Nicola, però a tal senso mi vengono in mente le lettere alle
sette chiese e mi viene da riflettere che le uniche due chiese, su
cui Gesù non aveva da ridire, fossero proprio le due chiese che
avevano avuto, l’una più tribolazioni, e l’altra all’apparenza
meno forza, come la chiesa di Smirne e quella di Filadelfia. È
proprio nella persecuzione e nella mancanza di forza che l’uomo si
rivolge maggiormente a Dio, a Lui si affida completamente, e trova in
Lui il proprio sostegno. Sarà un caso che le uniche due chiese approvate
siano queste? {18-07-2012}
▬ Risposta
(Nicola Martella): Quando parliamo di un tema, ci sono argomenti
scritturali diretti e quelli derivati. Io ho indicato quelli confacenti
al tema, ossia nel caso in cui l’apostolo
Paolo
ha fatto uso dei diritti, che la legge romana gli garantiva. Tu porti
degli argomenti secondari, basati sul silenzio, usando testi che non
affrontano la questione dei diritti civili. Affidarsi al Signore e
trovare in Lui il proprio sostegno, non sta in contraddizione con
l’usare i propri diritti, garantiti dalla legge. Gesù non subì passivamente d’essere maltrattato, ma
chiese al soldato: «Se ho parlato male,
dimostra il male che ho detto; ma se ho parlato bene, perché mi
percuoti?» (Gv 18,22).
Quindi, se sei in grado, trova argomenti diretti e confacenti al
tema riguardo all’uso o rinuncia dei propri diritti civili. Ti faccio un
esempio a te vicino come insegnante. Se nella graduatoria
dell’insegnamento ti spettano dei diritti per legge, ma qualcuno ti
scavalca per raccomandazione o per altro, ritieni che sia incompatibile
con la fede in Cristo reclamare dal provveditorato il ristabilimento dei
diritti, che ti spettano?
Ecco un altro esempio reale, proveniente dalla vita di chiesa.
Come chiesa locale facciamo una domanda per occupazione di suolo
pubblico ai fini di un’evangelizzazione. La risposta non arriva.
Andiamo a sollecitare, ma la domanda è sparita. Ne facciamo un’altra, e
la risposta non arriva. Riandiamo a sollecitare, ma il comune dice che è
la polizia municipale, che blocca tutto ancora; quest’ultima dice che è
l’assessorato. Segue uno snervante ping-pong. Infine, tira e spingi, la
domanda viene approvata… ma con una sorpresa: ci viene impedito l’uso di
un megafono o altoparlante. Praticamente è impossibile evangelizzare.
L’assessorato e la polizia si palleggiano le responsabilità e adducono
motivi di quiete pubblica. Eppure, poi, viene regolarmente il tempo
delle processioni cattoliche con megafoni e microfoni, con fuochi
d’artificio per le strade e quant’altro fino a notte fonda. Non è
un’ingiustizia, visto che la legge riconosce gli stessi diritti civili e
religiosi, almeno nella Costituzione?
La lista di tali cose potrebbe continuare...
▬ Replica (Rita Fabi):
Grazie, Nicola, di avermi fatto questi esempi, e certamente da un punto
di vista del genere, pretendere una parità di considerazione, è più che
legittimo; e comprendo che sia importante ottenere la possibilità di
evangelizzare alla luce del sole, con tutti i mezzi disponibili, senza
vedersi respingere le varie possibilità in base a leggi, che non hanno
una visione corretta dei diritti delle minoranze religiose. Resto
comunque dell’avviso che nei casi, in cui la politica entra nella vita
cristiana, si debba sempre avere un corretto discernimento; infatti, su
questi discorsi ho visto che molto spesso si va più verso un ecumenismo
religioso, al fine di ottenere i riconoscimenti cercati, che verso un
proprio cammino paritario ma separato. Però, sono concorde che, visto
che la Costituzione riconosce tali diritti, si debba cercare di
ottenerne l’applicazione. {19-07-2012}
▬
Osservazioni
(Edoardo Piacentini): Invece è proprio il contrario; se in Italia manca
una legge quadro sulla libertà religiosa, ciò accade perché, pur
affermando di essere uno stato laico, in realtà la
religione di Stato impedisce di fatto, attraverso i suoi
rappresentanti al Parlamento, che venga emanata una normativa, che
riconosca l’uguaglianza
dinanzi alla legge a tutte le confessioni religiose, diverse dalla
religione cattolica, così come previsto dall’articolo 8 primo comma
della Costituzione della Repubblica Italiana. Non vedo, pertanto, in che
modo si possa favorire
l’ecumenismo, se la minoranza evangelica protesta e manifesta per
ottenere una legge sulla libertà religiosa, che il cattolicesimo
assolutamente non desidera che sia emanata in Italia. {19-07-2012}
4.
{Fortuna Fico}
▲
Lo trovo giusto, anch’io voglio avere quei
diritti, che mi spettano per legge, senza per questo cadere in una
etichettatura da «organizzazione religiosa», ma solamente godere di
quella tranquillità di poter esprimere liberamente la mia fede,
in un locale, per strada, e ovunque ne abbia la possibilità di farlo!
{20-07-2012}
5. {Luca
Matranga}
▲ Ho
letto l’articolo e devo dire che sono pienamente d’accordo con te. In
fondo non è vero che dovremmo pregare per avere la possibilità di
riunirci in tranquillità e pace. Poi la libertà religiosa non
deve essere un qualcosa, che ti viene concesso in un caso sì e in un
caso no; gli esempi, che porti nell’articolo, sono lampanti. Ho di
recente commentato un filmato, dove la pastora Roselen Boerner Faccio
diceva che è male, se i credenti non sono perseguitati; e ci sono
altre persone, che la pensano così, perché si dice che nella
persecuzione si diventa più «credenti». Questo magari è vero,
perché sovente la sofferenza fa stringere legami d’amore fraterno più
forti, ma chiedere la persecuzione per avere un migliore accordo, è come
invocare la
schiavitù per essere costretti a fare le cose; è essere un po’ come
gli
asini, che senza bastone non danno ascolto. Cerchiamo piuttosto di
capire
l’importanza della libertà di religione come una possibilità, che ci
viene data per lavorare per Dio in maniera più efficace e senza
impedimenti. {20-07-2012}
6.
{Nicola Martella}
▲ Da
nessuna parte nella Bibbia i credenti hanno invocato tribolazioni
e angherie come toccasana per esercitare ubbidienza, fedeltà e unità.
Questa è anche una malsana idea, poiché la «pressione» esterna può avere
imprevedibili effetti e portare alla disperazione (cfr. i tanti
salmi). I credenti fedeli sono tali in tutte le circostanze e non
invocano il peggio, perché si stia spiritualmente meglio. Le
condizioni esistenziali difficili vengono da sole e chi ha imparato a
essere contento nello stato, in cui si trova, in buona e cattiva sorte,
potrà servire Cristo sempre e comunque (Fil 4,11ss).
Perché non usare la libertà, che abbiamo per servire meglio il Signore?
Chi ha la garanzia di come reagirà, se messo sotto pressione?
I tempi difficili servono specialmente a una cosa: a separare il
grano dalla pula, i credenti rigenerati e fedeli dai credenti dalla
grazia a buon mercato; i primi sono sempre al servizio del Re, succeda
quel che succeda, i secondi cercano soltanto prosperità e potenza e in
tempi di grande pressione si dileguano come la rugiada al sole. «...il
tempo è vicino. Chi è ingiusto continui a praticare l’ingiustizia; chi è
impuro continui a essere impuro; e chi è giusto continui a praticare la
giustizia, e chi è santo si santifichi ancora» (Ap 22,10s).
Fintantoché abbiamo una Costituzione democratica, che ci
garantisce libertà e ci permette di reclamare i nostri diritti, usiamo
le possibilità e le occasioni. Molti cristiani biblici nel mondo, che
oggigiorno sono angariati e perseguitati, volentieri cambierebbero
il posto con noi; certamente non capiscono chi invoca quello, che essi
già hanno, nell’illusione che ciò produrrà un progresso spirituale. È
strana la logica di certi cristiani occidentali di formazione mistica o
massimalista! Certamente farebbe loro molto bene una
trasferta temporanea altrove nel mondo, come pure ai cristiani
all’acqua di rose e a quelli della grazia a poco prezzo e alla ricerca
di prosperità e potenza nel nome di Cristo!
7.
{Michele Attruia}
▲
■
Contributo: Anche quando il Signore permette che
passi attraverso altre prove, che non siano solo le restrizioni della
libertà di professare la propria fede, anche lì c’è formazione e
occasione di valutazione e crescita! {21-07-2012}
▬ Risposta
(Nicola Martella): Le avversità sono un banco di prova. Che Dio
usi le prove per formare, è vero. Tuttavia, come si sa, non tutti le
superano. E chi le supera, non sempre lo fa al meglio, rimanendo non di
rado con le ossa rotte. Altri ne escono come il metallo puro dal
crogiolo.
In ogni modo, è meglio servire Dio in
giustizia e pace, che pensare che le avversità possano essere la
medicina di tutti i mali. Paolo esortava che si pregasse per tutti gli
uomini e per le autorità, « affinché
possiamo condurreuna
vita tranquilla e quieta, in ogni devozione e dignità»
(1 Tm 2,1s).
8. {}
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9. {}
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10. {}
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11. {}
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12. {}
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► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/T1-Liberta_pluralismo_OiG.htm
19-07-2012; Aggiornamento: 21-07-2012 |