Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Dopo una introduzione alle problematiche della teologia dell’AT, segue il dizionario teologico dell’AT.

   Ecco le parti principali dell’introduzione alla teologia dell’AT:
■ Il compito e l’oggetto della Teologia dell’AT
■ Le posizioni teologiche più ricorrenti
■ I patti e gli altri approcci
■ Contro l’appiattimento storico e teologico dell’AT.

 

Al dizionario teologico dell’AT sono acclusi un registro delle voci e un registro ragionato delle stesse detto «percorsi teologici».

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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SEMPLICITÀ DI FEDE E MANCANZA DI CONOSCENZA?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Nell’articolo di riferimento abbiamo visto come si possa confondere la «semplicità di fede» con una mancanza di conoscenza. Abbiamo anche osservato come l’opposizione a una filosofia teologica di stampo critico faccia credere che ogni tipo di studio, anche della Bibbia, sia una perdita di tempo; ciò diventa anche la serra per una devozione contemplativa di tipo mistico e per un approccio soggettivo, spiritualista e spesso arbitrario alla Scrittura. Qui allora la fanno da maestri falsi surrogati come la indebita versettologia, la lettura ideologica della Scrittura, il falso sillogismo, le proiezioni interpretative (eisegesi), spiritualizzazioni arbitrarie mediante interpretazioni soggettive basate sull’allegoria, il simbolismo, la tipologia, la numerologia e cose simili.

     Come si vede, il contrario del criticismo alla Bibbia non è una contemplativa devozione mistica, ma uno studio esegetico della Scrittura, che sia mosso dal timor di Dio, da un rapporto personale verso il Signore, dal rispetto per Dio e la sua Parola, dalla passione per quest’ultima e dalla responsabilità di tagliare rettamente la Parola della verità (2 Tm 2,15), ossia di interpretare correttamente ogni testo nel suo proprio contesto.

     Si tengano presenti anche i seguenti stimoli.

     ■ La legge non ammette ignoranza; né quella degli uomini, né tanto meno quella di Dio (peccato per errore Lv 4,2.13.22.27; 5,15; per ignoranza Lv 5,18; At 3,17).

     ■ L’ignoranza non è una scusante per gli errori. «Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza» (Os 4,6).

     ■ L’ignoranza non protegge dalle legittime critiche. «Voi errate, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio» (Mt 22,29).

     ■ L’ignoranza non mette al riparo dalle sanzioni. Chi aggiunge o toglie dalla Parola di Dio (Dt 4,2; 12,32; Dt 30,5s; Ap 22,18s), disonora il Signore e s’attira il suo disprezzo (cfr. 2 Sm 12,9s; Is 30,12ss).

     ■ L’ignoranza non protegge dal danno (cfr. Dt 31,17.21; 1 Tm 6,10).

     ■ La «santa ignoranza» non protegge dalle conseguenze! (Lv 5,4 senza badarvi, alla leggera; Gr 6,14s; 8,11ss).

 

Tutto ciò mostra la necessità di uno studio biblico e di studiosi, che sappiano analizzare e insegnare gli insegnamenti della sacra Scrittura. Nell’antico patto si andava dai sacerdoti e dai giudici (Dt 17,8-12; Mal 2,7); poi, successivamente, si consultavano anche i sapienti (Pr 11,14; 12,15; 20,18; 22,17; 24,6) e i proclamatori della Parola (1 Sm 9,9; 1 Re 22,7; 2 Re 3,11; Ez 14,7-11 avvertimento). Nel nuovo patto Dio ha dato insegnanti per studiare e insegnare gli oracoli di Dio, presenti nella sacra Scrittura (1 Cor 12,28s; Ef 4,11); essi sono da distinguere dai falsi dottori (1 Tm 1,6s; 2 Tm 4,3; 2 Pt 2,1).

     Nei primi due contributi riporto i casi esemplari di tale atteggiamento, in cui si confonde la «semplicità di fede» con una mancanza di conoscenza.

 

 

I contributi sul tema

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Antonietta Pesce

2. Matteo Cavallaro

3. Luca Sini

4. Salvatore Paone

5. Assunta Chioccola

6. Fortuna Fico

7. Matteo Cavallaro

8. Nicola Carlisi

9.Edoardo Piacentini

10. Pietro Calenzo

11.

12. Autori vari

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

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1. {Antonietta Pesce}

 

Nota redazionale: Quanto segue è la reazione all'articolo «Si sacrifica il sangue e si crede in esso?». In esso analizzavo una frase di qualcuno, in cui affermava che Dio chiederebbe di credere al sangue, che suo Figlio ha sacrificato. In esso mostravo che non è il sangue, che Cristo ha sacrificato, né la Scrittura ci chiede mai di credere nel sangue, ma sempre in Dio e nel suo Figlio.

 

Contributo: Carissimo Nicola, con tutto rispetto per la tua cultura, ma io i tuoi scritti non li capisco, forse sono un po’ ignorantella, ma grazie a Dio che ha rivelato la sua Parola agli umili di cuore e non ai cosidetti sapienti. Niente in contrario, è il mio modo di vedere le cose. {26-06-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Antonietta Pesce, devi leggere l’intero articolo sul sito. Diversi altri, che mi hanno scritto, lo hanno trovato biblico e di loro edificazione.

     La Parola ci esorta ad aggiungere alla fede la conoscenza e di crescere nella conoscenza del Signore. L’ignoranza riguardo alle cose del Signore fa rimanere dei «bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore» (Ef 4,14). Non è certo questo, che vogliamo, vero?

 

 

2. {Matteo Cavallaro}

 

Nota redazionale: Si tratta della reazione allo stesso argomento del punto precedente.

 

Contributo: Shalom. Cristo è morto sulla croce, e ha versato il suo sangue, per riscattare ogni uomo dalla morte. Con il suo sangue, Cristo, ha pagato per noi. Non c’è niente da studiare, l’unica cosa da fare, è credere in Lui, e accettare che Lui sia il nostro Salvatore e Signore. Tutto il resto sono solo chiacchiere. Tutto passa, tutto è vanità, solo Dio resta, solo Dio basta. Dove abita lo Spirito Santo, regna la gioia e la pace. Shalom. {26-06-2012}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Matteo Cavallaro, se tutto il resto è solo chiacchiere, perché le fai? Ti conveniva ignorare semplicemente la nota, invece di fare come la volpe che, non arrivando all’uva, affermò che non le piaceva. Non devi metterci per forza al corrente della tua dotta insipienza, che nulla ha da studiare.

     Questi articoli sono fatti per gente pensante, che li legge e si confronta nel merito. Chi ha l’encefalogramma piatto [► Come ottenere l’elettroencefalogramma (spirituale) piatto], si accontenta di mettere e di leggere in Internet soltanto immagini suggestive, frasi a effetto, spesso di discutibile contenuto, e liste di versetti, spesso tolti fuori contesto. Spero che vorrai essere fra la gente pensante e matura, poiché è di questi, che il Signore ha bisogno; chi è bambino e, come tale, necessita di latte, non è andato di là dai «primi elementi degli oracoli di Dio», «non ha esperienza della parola di giustizia» e difficilmente potrà portare avanti ragionamenti sensati, poiché non ha le «le facoltà esercitate a discernere il bene e il male» (Eb 5,12s).

 

Replica (Matteo Cavallaro): Shalom, Nicola, non intendo «dotta insipienza», ma qualunque sia il significato, non aggiunge o toglie niente a ciò, che ho. Riguardo al far parte di gente pensante e matura, come dici tu, preferisco essere come un bimbo in braccio a sua madre. Vedi, Nicola, quando si è nelle braccia di Dio Padre, si ha come maestro lo Spirito Santo, e tutto diventa vanità. La sapienza, la scienza, il discernimento nell’agire sono doni di Dio Padre, per poter camminare secondo la sua volontà; ma ciò che è fondamentale, è amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente, e con tutte le proprie forze. Shalom. {27-06-2012}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Matteo Cavallaro, tu vuoi essere un bimbo, quindi uno che non porta responsabilità; ciò è una bella comodità, mentre dovresti essere una persona biblicamente matura. La Parola ci esorta così: «Fratelli, non siate bambini quanto al ragionare; siate pur bambini quanto a malizia, ma quanto al ragionare, siate uomini compiuti» (1 Cor 14,20).

     Come si fa ad avere «come maestro lo Spirito Santo», se si è ignoranti riguardo alla Parola di Dio? Lo Spirito ci guida in tutta la verità (Gv 16,13) mediante ciò, che «sta scritto»; per questo è lo «Spirito della verità» (Gv 14,17; 15,26), che avrebbe ricordato agli apostoli ciò, che Gesù aveva detto (Gv 16,13; 1 Gv 5,6). Per questo si tratta della «parola della verità» (Ef 1,13), che ci permette di distinguere lo «spirito dell'errore» (1 Gv 4,6). La «santificazione nello Spirito e la fede nella verità» vanno insieme nel realizzare il proposito di Dio della salvezza (2 Ts 2,13). Se lo Spirito di Dio è il tuo maestro, allora perché sei e vuoi rimanere bambino?

     A ciò si aggiunge che, se non sei disposto a confrontarti su temi biblici, per acquisire maturità e sapienza nel confronto sulla Parola, che cosa ci stai a fare in Internet? A occupare inutilmente il tempo di coloro, che si stanno prodigando per spiegare la Parola di Dio nella sua analisi contestuale? A impedire che altri approfondiscano temi biblici? Non ha dato lo Spirito di Dio i suoi doni variegati, così come gli è piaciuto? Dovrei disattendere al suo mandato di insegnante e apologeta, per accontentare i capricci di chi vuole rimanere un infante?

     Forse è meglio che torni al tuo «biberon mistico», così bevendo latte, almeno sarai occupato e non occuperai il tempo altrui; sperando che intanto diventerai maturo di senno, come la sacra Scrittura c’ingiunge.

 

 

3. {Luca Sini}

 

Mi chiedo come mai Dio ha fatto lo sforzo d’ispirare centinaia di pagine della Sacra Scrittura, se poi non c’è bisogno affatto di comprenderle, ma ne bastano 2 o 3.

     Mi chiedo come mai Paolo scriveva lettere su lettere, se poi bisognava solo scrivere: «il Signore salva».

     Credo che ormai molti vogliono dirigere un assemblea senza faticare nello studio e quando si trovano confrontati da chi conosce le Scritture, per paura di perdere credibilità e l’affidamento del pulpito, inventano dottrine di «santa ignoranza» o di «semplicità del Vangelo».

     È un problema purtroppo molto comune. {29-06-2012}

 

 

4. {Salvatore Paone}

 

Ogni credente è chiamato a conoscere la volontà di Dio nella propria vita. Dio ci ha fatto un dono meraviglioso, la sua Parola, con la quale ogni «nato di nuovo» se ne nutre come un cibo per l’anima.

     Le verità non sono nascoste, ma Dio ce le ha rivelate attraverso fratelli, che hanno in qualche modo la specificità di poter interpretare la Parola di Dio in un modo eloquente e, soprattutto, in modo esegetico.

     Personalmente preferisco sempre conoscere i misteri di Dio e tutte le risposte ad alcune domande, che ancora oggi rimangono dei misteri.

     Mi piace anche quei fratelli che nella semplicità sanno dare una parola d’incoraggiamento e senza fare quei sermoni lunghi che, uscendo dalla sala di culto, uno si è dimenticato tutto.

     Ci vuole sia l’insegnamento specifico esegetico e anche dei messaggi semplici, che spesso rincuorano cuori afflitti e delusi. {29-06-2012}

 

 

5. {Assunta Chioccola}

 

Contributo: Non è un caso, che Gesù abbia scelto di parlare ai suoi discepoli con semplicità, attingendo ai fatti di vita. Egli raccontava storie, quelle che noi chiamiamo oggi parabole, e i Vangeli sono pieni di parole, che si lasciano stampare nei cuori! {29-06-2012}

 

Osservazioni (Luca Sini): In realtà le parabole avevano il più delle volte il senso opposto: non far capire agli altri l’insegnamento. {29-06-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): È vero che Gesù parlava in modo semplice e usava molte illustrazioni, ma non era banale e i suoi insegnamenti erano profondi. Le parabole erano «storie in codice»: solo chi aveva la «chiave d’accesso» (solo i seguaci di Gesù ce l’avevano), riusciva a comprenderle (diciamo, in massima parte); per gli altri erano belle storie da ascoltare, ma di cui non intendevano il senso profondo del regno di Dio.

     Gesù veniva chiamato dai suoi discepoli «insegnante, maestro». Egli veniva rispettato anche dai suoi avversari, poiché parlava con autorità, ossia con quell’autorità, che attingeva dalle Scritture e che faceva continuamente dire: «Sta scritto».

     Oggigiorno il misticismo (con i suoi spiritualismi e «teologie dell’esperienza») e il massimalismo (con il suo legalismo e le sue speculazioni) hanno fatto annebbiare le menti dei cristiani, facendo cullare vari credenti rispettivamente o in una «santa ignoranza» infantile o in un consenso soporifero di sovrastrutture dottrinarie.

     Dio dovette addivenire alla seguente diagnosi: «Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza» (Osea 4,6). E Gesù dovette sentenziare sui «dotti ignoranti» del suo tempo: «Voi errate, perché non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio» (Matteo 22,29).

 

 

6. {Fortuna Fico}

 

Contributo: I doni, mi ripeto all’ennesima potenza, bisogna riconoscere i doni. È vero, il Signore si rivela agli umili e semplici di cuori, ma non penso che Egli abbia voluto dire di vivere nell’ignoranza o che si rivela solo agli «ignoranti». Se Egli ha dato alcuni come insegnanti e altri come dottori, ci sarà pure un motivo! E, allora, ci sia più rispetto per i fratelli, che hanno il dono di dottori e insegnanti, e riconosciamo in tutta umiltà, di essere bisognosi di essere guidati verso la «conoscenza» della Parola! {29-06-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Sono d’accordo. Comunque, «insegnanti» e «dottori della Parola» sono la stessa cosa.

     Poi, ci sono i «dottorini della leggina», che pur non sapendo tagliare rettamente la «Parola della verità», la fanno da maestri. Essi, con la loro «santa ignoranza», affliggono il prossimo e fanno soltanto perdere tempo a chi vuole confrontarsi seriamente sulle cose. Essi curano una piccola serra dei buoni sentimenti, si vantano della loro «fede infantile», semplice semplice, terra terra, che non si pone domande, non cerca risposte, pensa soltanto a sé e a sentirsi bene, e persegue magari solo slanci entusiastici e un sentimentalismo spiritualista.

     Pietro, Giovanni, Giuda, Giacomo e altri, a differenza di Paolo, provenivano dal ceto popolano, ma non erano ignoranti, né banali, né infantili nella fede, ma scrissero cose, che ancora oggi sono profonde e importanti per noi cristiani e che contengono risposte concrete a importanti domande di dottrina e di morale. Invece, credenti, che oggigiorno dovrebbero essere adulti nella fede, continuano a succhiare al «biberon spirituale» e propagano una «fede infantile» come modello spirituale e morale migliore. Santa ignoranza!

     Isaia affermava quanto segue da parte di Dio, con dolore e una venatura di santa collera, riguardo a un popolo ribelle: «Il mio popolo ha per oppressori dei fanciulli, e delle donne lo signoreggiano. O popolo mio, quelli che ti guidano ti sviano, e distruggono il sentiero, per cui devi passare!» (Is 3,12). Similmente oggigiorno le chiese sono spesso guidate da fanciulli spirituali, e le donne la fanno da «profeti»; non è un caso che c’è una deriva sentimentalista, mistica, romantica, esperienziale, sensazionalista, parestetica, ecc.

 

Replica (Fortuna Fico): Grazie, non lo sapevo! Pensavo agli insegnanti come ai maestri di scuola, e ai dottori come a dei ricercatori immersi nella lettura approfondita della Parola, traduttori ecc.! Grazie, fratello, come al solito sei sempre molto chiaro e disponibile! {29-06-2012}

 

 

7. {Matteo Cavallaro}

 

Contributo: Shalom. La conoscenza si ottiene con la sapienza, dono che viene da Dio. Si cerca, con lunghi studi, di dimostrare che Cristo sia realmente vissuto, attraverso le analisi di un lenzuolo o di un’altro indumento, per poter affermare che sia morto realmente. A che serve tutto questo, quando Cristo lo si può incontrare? Cristo è risorto, è vivente, oggi come allora. Lui è colui, che era, che è, e che viene; la sua parola risuona oggi: «Chi crede in me, e custodisce la mia parola, ha la vita eterna». Chi accetta Cristo, come suo Salvatore, e lo professa come suo Signore, diviene suo coerede, e quindi erede di Dio. Un credente in Cristo, non vive la propria fede, basandosi su studi o altro, in quanto ciò, che lo sostiene, è lo Spirito Santo, che è la caparra del cielo. Dove abita lo Spirito Santo, regna la gioia e la pace. Cristo è la risurrezione e la vita; chi crede in Lui, non teme la morte, perché partecipa della sua risurrezione. Adonay elohenu Adonay ehad (il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno). Chi confida nel Signore, non resterà mai deluso. Shalom. {29-06-2012}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Ho dovuto ricostruire tale contributo frammentario e correggere gli errori di grammatica e di sintassi, per renderlo comprensibile; come per altro gli altri sopra riportati.

     Chi ha parlato di «lunghi studi» per dimostrare che Cristo sia vissuto o sia morto? Io ho parlato di conoscenza biblica sulla base dell’esegesi contestuale della sacra Scrittura. Inoltre, chi ha messo in forse tutte le ricchezze, che abbiamo in Cristo per i suoi meriti, e la devozione, che ci lega a Lui? Ancora una volta, io parlo di fischi e mi viene risposto come se avessi detto fiaschi.

     La conoscenza biblica si ottiene studiando la Bibbia, tagliando rettamente la Parola della verità (2 Tm 2,15), ossia studiando il testo nel suo contesto, possibilmente nelle sue lingue originali. Il Signore Gesù Cristo si rivela per lo Spirito Santo proprio mediante la Parola di Dio, letta, meditata, studiata e insegnata. «La fede viene dall’udire… la Parola di Cristo» (Rm 10,17), che i servi del Signore studiano e annunciano.

     Se nella chiesa Dio ha dato insegnanti o dottori della Parola (Rm 12,7; Ef 4,11), perché non dovrebbero essi studiarla per istruire il popolo di Dio, per equipaggiarlo e rendere i fratelli capaci di comprenderla e di servire meglio con essa?

     Quindi, che stai blaterando, suggerendo agli altri ciò, che nessuno ha affermato, né tanto meno io? Non sei neppure capace di afferrare tali concetti e snaturi le cose da me dette, facendole apparire in altro modo, un pessimo modo. Perché ti metti a fare il «maestro» di cose, che non riesci neppure lontanamente a capire? Perché, per difendere la tua fede infantile e che mai vuol crescere, stai screditando coloro, che ubbidiscono alla chiamata del Signore, che ha dato loro carismi e funzioni ministeriali di studiosi e insegnanti della Parola? E se tu non hai ricevuto un carisma d’insegnante, perché la fai da «maestrino della leggina», invece di rimanere nel limite dei doni da te ricevuti, semmai li possiedi, sapendo il severo giudizio, che subirà chi sbaglia con la bocca? (Gcm 3,1ss).

     Ecco ancora una nota al margine. Non è la conoscenza, che si ottiene con la sapienza, ma il contrario; ciò è mostrato dal libro dei Proverbi: prima s’istruisce qualcuno nella verità, poi questi ottiene col tempo e maturazione la sapienza. «Ascolta il consiglio e ricevi l’istruzione, affinché tu diventi sapiente per il resto della vita» (Pr 19,20.27; cfr. Pr 1,7s; 4,1s.13; 8,10s; 13,1).

     Perché citi l’ebraico, se critichi chi lo studia? E poi, per altro, riporti approssimativamente ciò, che tu neppure capisci né puoi intendere. «Jahwè ’ëlohênû, Jahwè ’ëchād» (Dt 6,4) significa: «L’Eterno è il nostro Dio, l’Eterno soltanto»; in tanti brani dell’AT «’ëchād» è tradotto semplicemente con «solo, soltanto» (cfr. Gn 11,6 una sola lingua; 27,45 un solo giorno; 33,13; 34, 16 un popolo solo; ecc.). Ma tu che ne puoi sapere? Voglio ricordarti un proverbio tedesco: «Ciabattino, torna alle tue suole».

 

Replica (Matteo Cavallaro): shalom...Nicola , addirittura ciò che ho scritto , lo ritieni una calunnia ?......questo è ciò che si legge , nel libro della sapienza : ( ...I ragionamenti tortuosi allontanano da Dio , ...la sapienza non entra in un’anima che opera il male , nè abita in un corpo schiavo del peccato . La sapienza è uno spirito amico degli uomini : ma non lascerà impunito chi insulta con le labbra , perché Dio è testimone , e osservatore verace del suo cuore , e dei suoi sentimenti . // questo è ciò che si legge nel libro del siracide : Ogni sapienza viene dal Signore , ed è sempre con Lui . Principio e radice della sapienza , è temere il Signore , ...corona della sapienza , è il timore del Signore . ) Ti ringrazio , ...per il proverbio tedesco , e ti sono grato , ...ma questo tu , non lo puoi capire . Non sò , in quanti leggono questa pagina [= il gruppo, in cui era inserito lo scritto, N.d.R.], ma una cosa è certa , chi ha Cristo come Signore , ed è guidato dallo Spirito Santo , ...gli è chiaro , ciò che tu non puoi capire . Dove abita lo Spirito Santo , regna la gioia e la pace . shalom {30-06-2012}

 

Risposta 1 (Nicola Martella): Ho lasciato il contributo nel suo originale, senza apportare un lavoro redazionale; così ci si può rendere conto quanto tempo mi costa rendere letterari simili testi, oltre poi a rispondervi nel merito.

     Ecco, citiamo addirittura i libri apocrifi della Sapienza e di Siracide; ora capisco da dove si attinge tanta «sapienza»! Tali libri, che abbiamo solo in greco, non sono presenti nel canone giudaico dei libri ispirati. Essi non sono neppure mai citati nel NT. Ora capisco da dove tali «dotti maestri» attingono la loro ispirazione e il loro mirabile discernimento: dagli apocrifi. È proprio vero che i carismaticisti col tempo assomigliano sempre di più ai romanisti.

     Inoltre, come si vede, si comincia con l’esaltazione di una presunta «semplicità della fede» e di finisce solitamente nell’arroganza dei «dotti insipienti» che, come iniziati a una religione dei misteri, ripetono: «Questo tu non lo puoi capire»! Il cerchio si chiude e si mostra così veramente ciò, che si è.

 

 

8. {Nicola Carlisi}

 

Contributo: Nel libro dei Proverbi è scritto: «Semplici intendete cosa sia avvedutezza» (Pr 8,5). L’avvedutezza in noi dovrebbe creare un tale discernimento da essere esercitati a discernere il bene e il male. Ma la maggior parte di credenti si ferma alle cose elementari, creando dissensi nella dottrina e creando divisioni e, quindi, sette. Nessuno si studia per arrivare alla perfezione e, quindi, di essere uomini compiuti (Eb 5,14; 6,1).

     A Daniele viene ordinato di custodire le parole, appena rivelate, sino al tempo della fine. La conoscenza dei piani di Dio si trova solo nell’ambito delle Scritture, Ma gli uomini sono sballottati da ogni vento di dottrina, solo perché non cercano nell’unico posto, dove possono trovare la verità (Dan 12,4; Ef 4,14; Gv 17,17; Sal119,160).

     Gesù disse ai suoi discepoli: «Ma il Consolatore, cioè lo Spirito Santo, il quale il Padre manderà nel nome mio, esso v’insegnerà ogni cosa e vi rammemorerà tutte le cose, che io vi ho dette» (Gv 14,26). Lo Spirito Santo v’insegnerà ogni cosa, ma per poterle apprende oggi possiamo farlo solo per mezzo della Parola, la Parola che si studia e che si può usare, all’occasione; e caso mai la si fosse dimenticata, lo Spirito Santo la presenterebbe alla nostra mente. Ma se non la conosciamo, cosa potrebbe rammentare lo Spirito Santo?

     Infine, a molti non interessa avere un abbondante accesso nell’eterno regno del Signor Gesù Cristo; per cui non si studiano di pervenire a una conoscenza completa del Signor nostro Gesù Cristo (2 Pt 1,5.11). {29-06-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Concordo con quanto è stato affermato. Faccio soltanto un paio di riflessioni di approfondimento.

     Il termine ebraico, ricorrente in Proverbi 8,5, `oremāh «prudenza, astuzia, senno, giudizio, avvedutezza»; l’aggettivo corrispondente è usato, ad esempio, per designare il serpente nell’Eden (Gen 3,1 astuto); ciò corrisponde nella seconda parte del verso ad avere «discernimento di cuore [= mente]». È ciò di cui ha necessità ogni pe «semplice, sempliciotto» e ogni kesîl «stolto, scemo». Non è un caso che Gesù, mandando i suoi seguaci in missione, raccomandò loro d’essere «prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (Mt 10,16).

     Quanto a Giovanni 14,26, ricordo ancora di nuovo che tali parole furono rivolte ai dodici discepoli del Signore come testamento finale. Ciò avvenne proprio così, e gli apostoli poterono diventare le guide e gli insegnanti della chiesa. I testimoni oculari effettivamente si ricordarono di ciò, che disse il loro maestro (Mt 26,75; Lc 24,8; Gv 2,22; 12,16; At 11,16). Tali parole e fatti furono poi messi per iscritto «come ce li hanno tramandati quelli, che da principio ne furono testimoni oculari e che divennero ministri della Parola» (Lc 1,2). Quindi, non bisogna usare tale verso per presunte «nuove rivelazioni», come avviene tra i carismaticisti.

 

 

9. {Edoardo Piacentini}

 

Spesso confondiamo la semplicità di cuore con l’ignoranza. L’approccio che dobbiamo avere, ogni volta che ci accingiamo a leggere e meditare la Parola di Dio, deve essere quella di un discepolo che, con semplicità di cuore, vuole davvero apprendere la volontà di Dio, per progredire spiritualmente, crescere in ogni cosa per somigliare a Cristo, avendo nel suo cuore il desiderio ardente di raggiungere, con il suo aiuto, la perfetta statura di Cristo. «Fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore; ma, seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso Colui che è il capo, cioè Cristo» (Efesini 4,13-15).

     Semplicità vuol dire dipendere esclusivamente dall’insegnamento della Scrittura, mettendo da parte le nostre idee preconcette, i nostri pregiudizi in materia di fede. Dobbiamo avere, pertanto, ogni volta che studiamo la Parola di Dio, lo stesso approccio che aveva l’apostolo Paolo: «Ma le cose che mi erano guadagno, le ho ritenute una perdita per Cristo. Anzi, ritengo anche tutte queste cose essere una perdita di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho perso tutte queste cose e le ritengo come tanta spazzatura per guadagnare Cristo, e per essere trovato in Lui, avendo non già la mia giustizia che deriva dalla legge, ma quella che deriva dalla fede di Cristo: giustizia che proviene da Dio mediante la fede, per conoscere Lui, Cristo, la potenza della Sua risurrezione e la comunione delle sue sofferenze, essendo reso conforme alla sua morte» (Filippesi 3,7-10).

     L’elogio all’ignoranza, invece, ci porta a rifiutare ogni forma di conoscenza, e ciò è in contrasto con la Bibbia, che ci esorta a studiare con zelo e abnegazione la Parola di Dio. «Deposta dunque ogni malizia e ogni inganno, le ipocrisie, le invidie e ogni maldicenza, come bambini appena nati, desiderate ardentemente il puro latte della Parola, affinché per suo mezzo cresciate» (1 Pietro 2,1-2). Le ultime parole scritte dall’apostolo Pietro contengono questa preziosa esortazione, che vogliamo fare nostra: «Crescete, invece, nella grazia e nella conoscenza del Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo. A lui sia la gloria, ora e in eterno. Amen» (2 Pietro 3,18). Dio ci benedica. {29-06-2012}

 

 

10. {Pietro Calenzo}

 

Contributo: Ad una lettura veloce delle perplessità del tuo lettore iniziale, mi vien spontaneo simpatizzare parzialmente con la sua affermazione; infatti, nell’ambito delle chiese istituzionalizzate, non pochi esegeti nei loro studi o commenti sfiorano l’ateismo o quanto meno l’agnosticismo.

     Nondimeno è altresì esatto constatare che il Signore, in tutta la sua Scrittura, loda coloro che con metodo, sapienza, meditano la sua Parola giorno e notte. Non dimentichiamo mai che il Signore ama, come fecero i cristiani di Berea, che i suoi figli studino, meditino, confrontino la sua Parola con costanza e sistematicamente. La Bibbia, infatti, ci chiede di crescere non soltanto nella fede, ma anche nella conoscenza della Parola di Dio.

     Alcuni diranno che ci sono nelle Scritture alcuni passi di non facile comprensione, ciò potrebbe esser anche vero, e per questo che Dio ha donato alla chiesa, anziani impregnati e santificati dalla Parola, insegnanti e dottori. Per quale fine? Per il perfezionamento dei santi.

     La pigrizia spirituale nella lettura della Bibbia non è giammai giustificabile, poiché la fede viene dall’udire e l’udire si ha per mezzo della Parola di Dio. Benedizioni nel Signore Gesù. {29-06-2012}

 

Osservazioni (Rita Fabi): Caro Pietro, hai sintetizzato perfettamente ciò, che ne penso anche io; perché, comunque, anche questo è un campo dove le «illuminazioni» degli studi non sempre sono luci, che illuminano, ma servono solo a portare verso strade sbagliate i poveri «ignoranti». Ecco perché è sempre cosa buona verificare ogni cosa detta da chiunque, troppi dottori e troppi esegeti fanno solo eisegesi; ma i titoli, si sa, fanno gola a molti. Una volta ero convinta che approfondire troppo fosse solo un modo di esaltare se stessi nella conoscenza, ma ciò non vale per la Parola di Dio, qui l’approfondimento è essenziale per la vita sana del credente, affinché nessun vento di dottrina lo porti via, sballottandolo ovunque. Pace. {30-06-2012}

 

Risposta (Nicola Martella): Che esistano filosofi agnostici, che hanno messo mano alla Parola, dissacrandola, è vero. È altresì vero, che sono stati scritti innumerevoli e preziosi commentari da parte di studiosi cristiani, timorati di Dio e rispettosi della sacra Scrittura. Quindi, l’alternativa ai primi non è una contemplazione mistica, in cui ognuno dà alla Bibbia il significato soggettivo che vuole, ma una rigorosa esegesi, che spieghi il testo nel suo contesto letterario, storico, religioso, culturale, eccetera.

     Un lapsus comprensibile sta nella locuzione «cristiani di Berea», che è abbastanza diffusa; erano Giudei! [► La chiesa di Berea in Atti 17,11?]

     È un po’ singolare, come abbiamo mostrato sopra, che coloro che fanno l’elogio della «semplicità della fede», per non dire della «santa ignoranza», e di una devozione mistica, poi attingano locuzioni ebraiche e greche, che non comprendono, per farsene fregio. Se il medesimo Spirito ha distribuito i suoi doni e funzioni ministeriali così, come ha voluto, è evidente che nella chiesa ci siano degli insegnanti della Parola; perciò, tali persone, invece di sindacare sui carismi altrui, farebbero bene a sincerarsi dei propri e restare nei confini del campo affidato loro (2 Cor 10,13ss).

     Vi ricordo tale mio motto, che recita: «Fidarsi è bene, controllare nella Bibbia è meglio e analizzare un testo nel suo contesto è doveroso». Ciò vale verso tutti, sia verso i critici alla Bibbia e agnostici, sia verso i misticheggianti, sia verso coloro che spiritualizzano tutto con allegorie e simbolismi vari, sia verso coloro che assoggettano la Scrittura alle loro sovrastrutture dottrinarie di riferimento.

 

 

11. {}

 

 

12. {Autori vari}

 

Adolfo Monnanni: Dato che la Parola è utile a insegnare (2 Tim 3,16-17), è dovere-piacere per ogni credente conoscere tutto il possibile e mai fermarsi di comprendere e nella crescita ed essere formato alla giusta misura. Ignorare è negativo, sentirsi ignorante e tranquillo è una grave mancanza; riconoscere i propri limiti nella conoscenza è un dovere. {29-06-2012}

 

Confrontarsi per maturare insieme {Nicola Martella} (T)

Evviva la «santa ignoranza»? {Davide Forte - Nicola Martella} (T/A)

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/T1-Fede_conoscenza_MT_AT.htm

27-06-2012; Aggiornamento: 20-03-2014

 

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