Qui di seguito diamo spazio ai lettori di interagire sul
seguente soggetto: «La
croce che scandalizza». Se i cristiani biblici sono
d'accordo che la croce non debba essere un oggetto di culto o di
venerazione, essendo ciò idolatria, non tutti concordano sul suo uso
simbolico. Forse ciò è dovuto qui da noi, rispetto all'estero, a una
reazione alla cultura religiosa dominante. Quand'è però che un oggetto
smette di essere un semplice simbolo o una rappresentazione iconografica
e diventa un feticcio religioso? Un cartello stradale, ad esempio un
segnale di pericolo, è un simbolo basato sulla convenzione e, come tale,
indica di là da sé e verso la realtà che rappresenta. La stessa cosa può
dirsi di una nuda croce quale simbolo e rappresentazione iconografica?
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre
esperienze, idee e opinioni?
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I contributi sul tema▲
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1.
{Gianni Siena}
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Voglio solo raccontare una mia storia. Mio suocero morì pochi mesi dopo il mio
matrimonio. Tra gli oggetti appartenutigli ci toccò in eredità un «angioletto»
di gesso smaltato che la buonanima conservava come un tesoretto: egli era
fuggito da un campo di prigionieri in Germania ed era scampato miracolosamente a
un bombardamento alleato. Uscendo come poté dalle macerie d’una casa, dove s’era
nascosto, forse con qualche graffio ma illeso, l’occhio gli cadde su questo
simulacro, ch’egli considerò come un segno del Cielo e un pegno per il suo
ritorno a casa, che fece a piedi e in fuga, guardandosi dai tedeschi che
rastrellavano i disertori e li fucilavano.
Mia moglie era molto legata al padre e mi chiese il
permesso (prontamente accordato) di poter tenere quest’oggetto in una vetrinetta
della credenza. Per qualche tempo fu in bella vista e mia moglie lo guardava
spesso, poi scomparve e non so dove sia finito. Qualcuno che lo aveva visto,
chiedeva spiegazioni e non si scandalizzava nel sentirsi dire ch’era un ricordo
del padre.
La croce in alcune chiese evangeliche è un simbolo
della fede e dell’identità cristiane. Ho imparato a non scandalizzarmi per
questa esteriorità che non istiga nessuno a gesti di devozione verso il simbolo
(tale è per i credenti che lo usano). Mi pare che il detto d’Agostino d’Ippona
(Nelle cose essenziali l’unità e la carità in tutto il resto!) sia ancora un
valido consiglio da praticare. {25-10-2008}
2.
{Luciano Leoni}
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Vi sono alcuni
che si scandalizzano per l’uso iconograficodella croce ma
sono ben attenti a non porsi il problema per dottrine e atteggiamenti
ben più «scandalosi». Purtroppo in Italia un rifiuto di tutto quanto
ricorda il cattolicesimo spinge molti fratelli ad atteggiamenti, che
oserei dire, maniacali. Non critico chi non vuole esporre, come
simbolo iconografico, la croce. È una scelta che và rispettata. Come
è giusto che venga rispettata la volontà di chi vuole usare,
iconograficamente, la croce. E invece no! Invece di guardare al
sodo, ecco che chiunque osa esporre una croce, viene sottoposto a un
vero e proprio attacco (parlo per esperienza personale), a venature
ironiche e sarcastiche ecc., ma la stessa veemenza non viene usata per
una vera difesa della fede; anzi, quando questo accade, si viene
tacciati d’essere preda del «nemico» oppure di «bestemmiare lo Spirito
Santo» (e il sito «Fede controcorrente» né è la testimonianza).
Chiedo, però, che cosa è più scandaloso, leggere messaggi farneticanti
di pseudo profeti o nuovi Elia oppure esporre una croce e vivere una
vera vita cristiana? È più scandaloso assistere a culti che sembrano
spettacoli di piazza, senza nessun contenuto reale d’insegnamento od
esortazione, tanto per soddisfare il gusto artistico di qualcuno oppure
esporre una croce e ammaestrare il «gregge» con diligenza e dedizione?
Che ipocrisia! Siamo bravi a guardare il bruscolo nell’occhio dell’altro
e siamo altrettanto bravi a dire, agli altri, cosa debbano fare ma
poco guardiamo a cosa dobbiamo fare noi.
Eppure è indubbio che la croce rappresenti un simbolo universale
per il cristianesimo e che esso sia un mezzo non verbale di
comunicazione molto forte e, in tal senso, può e deve essere usato. Ma
vi è un altro aspetto che può spingere a non rifiutare il simbolo
della croce ed è ben dichiarato da questa strofa del cantico
«Rozza croce»: «Quella croce è per me, Un ricordo d’amor, Una voce di
sangue e dolor; Essa dice che un dì Fu immolato e mori Gesù Cristo, per
me peccator». E ancor di più le parole dell’Apostolo Paolo: «E,
avendo fatta la pace
per mezzo del sangue della sua croce,
di riconciliare a sé, per mezzo di lui, tutte le cose, tanto quelle che
sono sulla terra come quelle che sono nei cieli» (Col 1,20). «Ma
quanto a me, non avvenga mai che io mi vanti all’infuori della
croce del Signor nostro Gesù Cristo,
per la quale il mondo è crocifisso a me e io al mondo» (Gal 6,14).
«Infatti il messaggio della croce
è follia per quelli che periscono, ma per noi che siamo salvati è
potenza di Dio» (1 Cor 1,18).
Sì, la croce è
un simboloma anche un messaggio (e che messaggio!): esso
rappresenta la follia del mondo che corre dietro alle (presunte)
capacità dell’uomo ma non riconosce la forza di Dio, il suo vero
Amore (cfr. Fil 2,5-11; Gv 3,16 e altri). Esponiamo, dunque, questo
simbolo con coraggio ricordando che Dio ha scelto questo infame
strumento per salvare l’uomo.
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► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/T1-Croce_scandalizza_parla_Avv.htm
31-10-2008; Aggiornamento: |