Qui di seguito discutiamo l’articolo «Carnevale: carne vale sotto la maschera».
Tutte le feste inventate dagli uomini sono occasione per far valere
la propria «carne»
e per praticare lussuria, concupiscenza, lascivie di vario genere. La
maschera permette di fare tutto in incognito. Il cuore umano è inclinato
al male e per chi non ha il timore di Dio ogni occasione è buona per lo
«sballo» e per gli eccessi.
Uno degli elementi del Carnevale quale spettacolo è altresì il
narcisismo, la voglia di mostrarsi, di essere guardati e ammirati. È
altresì l’occasione per crearsi un mondo parallelo, virtuale e da
sogno, per sfuggire al mondo reale.
Carnevale è chiaramente anche un grande business. Esso è
l’occasione di grandi
kermesse per attrarre turisti e vendere prodotti. Per le
associazioni culturali carnevalesche questo periodo è l’apice del lavoro
di tutto un anno, in cui i membri trovano addirittura un senso di
vita.
Certamente ci sono altri aspetti, che si possono tener presenti, e i
lettori non mancheranno di evidenziarli.
Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e
opinioni?
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1.
{Lella Moscariello}
▲
■
Contributo: Per correttezza, devo dire che la parola
carnevale deriva dal latino carnem levare «eliminare la
carne»! poiché anticamente indicava il banchetto, che si teneva l’ultimo
giorno di carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di
astinenza e digiuno della Quaresima. {24-02-2011} ■
Nicola Pezzella: La parola Carnevale deriva dal
volgare «carne levare» e indica i festeggiamenti, che precedono
l’inizio della Quaresima, quando poi è
vietato mangiare carne. {24-02-2011}
▬ Nicola Martella:
È quanto è scritto appunto sull’articolo. Il titolo è una
provocazione basata su un gioco di parole! Di là dell’etimologia,
Carnevale non la leva la «carne», ma l’alimenta! Inoltre, la
Scrittura non comanda periodi di sfrenatezza, che sono poi da
compensare con periodo di astinenza e digiuno,
ma comanda la sobrietà e l’autocontrollo
tutto l’anno, come pure che la libertà di mangiare tutto l’anno, con
rendimento di grazie, i cibi da Dio creati (cfr. invece 1 Tm 4,3: «ordineranno
l’astensione
da cibi, che Dio ha creati»). Non è un cibo o l’astinenza
da esso che ci rende graditi a Dio! (1 Cor 8,8).
2.
{Gaetano Santagata}
▲ ■
Contributo: «Benché facente parte della tradizione
cristiana, i caratteri della celebrazione carnevalesca hanno origini
in festività ben più antiche, come ad esempio le dionisiache
greche (le antesterie) o i
saturnali romani, che erano espressione del bisogno di un temporaneo
scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto
al
rovesciamento dell’ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza.
Da un punto di vista storico e religioso il carnevale rappresentò,
dunque, un periodo di festa ma soprattutto di rinnovamento, seppur per
lo più simbolico, durante il quale il caos sostituiva l’ordine
costituito, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva
nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all’inizio del
carnevale seguente».(Wikipedia).
A mio modesto parere credo che ci sia ben poco da salvare di questa
celebrazione. Mi spiego: fatta eccezione della gioia, che riesce a
trasmettere ai più piccoli (cosa che mi riempie il cuore), resta, per il
modo in cui è vissuta e per i messaggi in essa sottesi, una celebrazione
alquanto pericolosa. E anche se la Bibbia non la affronta in modo
diretto, credo che, in via analogica, si possano trovare, come sempre,
risposte in essa. Innanzitutto, il Carnevale è un retaggio di feste
pagane, che erano simbolo di sovversione, rovesciamento dell’ordine
o ribellione.
Tipica frase del carnevale, poi, è: «A carnevale ogni scherzo vale»;
in quell’«ogni» è racchiusa una pericolosa licenza
che, facilmente, può spingere a dimenticare e superare i paletti di
equità, che devono segnare la nostra vita. In fine, l’uso di mascherarsi
è metafora di
ipocrisia e inganno, che nella sacra Scrittura trovano certamente
condanna. Tali argomentazioni trovano anche un riscontro fattuale, basta
vedere quante
persone muoiano durante il carnevale di Rio o quante ne rimangano
ferite
in quello del lancio delle arance. Termino con questa domanda di
derivazione divina, la cui risposta è ovviamente negativa: Sono buoni i
frutti di quest’albero? Chiedo, umilmente, un giudizio a Nicola
Martella. {24-02-2011}
▬ Nicola Martella:
Il paganesimo
si ricicla sotto altre vesti, lo spirito rimane però lo stesso. Se leggi
l’intero articolo sul sito, potrai verificare la sintonia fra esso e ciò
che hai scritto.
Il problema è espresso da questa mia
massima: «Quando la cultura del mondo si accomoda nelle chiese e nelle
case dei credenti, questi ultimi hanno poco di che brillare nel mondo» (Nicola
Martella).
Ecco, infine, un brano biblico, che si può adattare anche a questa questione: «Voi
correvate bene; chi vi ha ostacolato, impedendovi di ubbidire alla verità?
Questa persuasione non viene da Colui, che vi chiama.
Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono fiducioso per voi
nel Signore che non penserete diversamente; ma colui che vi turba ne porterà la
pena, chiunque sia» (Galati 5,7-10).
3.
{Stefano Spoto}
▲
■
Contributo: L’apostolo Paolo, pur di predicare il
vangelo, si faceva pagano, giudeo, debole, sotto la legge e senza
la legge, pur di coinvolgere persone. «Tutto io faccio per il
vangelo, per diventarne partecipe con loro» (1 Corinzi 9,23). Noi
cristiani invece perdiamo il tempo a litigare, mentre la
creazione aspetta che i figli di Dio si manifestino. {26-02-2011}
▬ Nicola Martella:
Secondo tale logica, Paolo andava ai balli in maschera, alle feste di
Bacco e di Dionisio, per evangelizzare, vero?
Egli affermava sì: «Tutto io faccio per l’Evangelo», ma non
peccando contro Dio. Al contrario, praticava apologetica, come ad
esempio contro i giudaisti, che spadroneggiavano della Galazia (Gal
1,6-9), e contro i «superapostoli» giudaici di stampo esoterico, che
avevano preso il potere nella chiesa di Corinto (2 Cor 11,3s.13ss).
Difendere la verità
rivelata, non è mai certamente una perdita di tempo. Giuda
scrisse per
esortare i lettori della sua epistola «a
combattere strenuamente per la fede, che è stata una volta per
sempre tramandata ai santi» (Gd 1,3). ■
Adolfo Monnanni: Sì, certo, Paolo si «mascherava»
da apostolo, senza maschera, faccia a faccia anche verso i suoi nemici
peggiori, apertamente. {27-02-2011}
4.
{Gianni Siena}
▲
«Carnevale ogni scherzo vale»? Quest’anno lo «scherzo» l’ho fatto io
alla paganeggiante consuetudine: non me ne sono curato ed è
passata come una «nuvola senz’acqua» sulla mia testa. Se non fosse stato
per l’allegria dei bimbi mascherati, i coriandoli in terra, non me ne
sarei neppure accorto. Assorto nei miei pensieri e nelle mie
preoccupazioni quotidiane, il periodo è scivolato come la sequela di
qualche giorno di pioggia di troppo. Ogni giorno mi reco in palestra per
fare esercizio fisico e faccio coincidere questo appuntamento con altre
commissioni della giornata, ho visto coriandoli in terra e qualche bimbo
mascherato. Forse, complice la crisi è stato un carnevale
sottotono poco «sentito» dalle mie parti, non saprei, ma la «carne» ha
scialato ben poco. {27-02-2011}
5.
{Tonino Mele}
▲
Ieri, mia figlia di 10 anni ci ha chiesto: «C’è scritto nella
Bibbia che non si può festeggiare il Carnevale?». Io le ho risposto
che non c’è scritto, però questa non è una festa cristiana ma molto
pagana e idolatrica, dove si fanno cose sbagliate e le si nascondono
sotto una maschera. Poi mi ha chiesto: «Perché allora altri cristiani
si vestono di Carnevale?». Devo ammettere che qui ho trovato più
difficoltà a rispondere, però ho risposto: «Non essendo chiaramente
scritto nella Bibbia, non tutti i cristiani la pensiamo allo stesso
modo.
Noi, però, come famiglia siamo convinti che questa non sia una buona
festa e così insegniamo a voi». {03-03-2014}
6.
{Carlo Guerrieri}
▲
■
Contributo: La «carne» non è necessariamente
lussuria e concupiscenza. Perfino non partecipare al carnevale,
adducendo motivazioni religiose, può essere un modo per soddisfare la
carne; vedi il discorso di Paolo sulle feste e i cibi di Colossesi 2,
16-23, un discorso che moltissimi cristiani ancora oggi mostrano di non
aver compreso. Stiamo attenti al moralismo, che uccide la libertà
del cristiano, il quale può partecipare o meno a qualunque festa,
sapendo che è una cosa «che passa», appunto, e che nulla può fargli
né di male, né di bene. Paolo lo sapeva. E noi? {04-03-2014}
▬ Nicola Martella:
Quello, che tu attribuisci a Paolo sulla «carne», è la tua opinione, non
ciò, che si evince da una chiara esegesi contestuale.
● In Colossesi 2,16-23 Paolo parlava della
legge cerimoniale giudaica, che i giudaisti volevano imporre alle
chiese a maggioranza gentile (vv. 16s.20-23). Ciò era connesso a
presunte nuove rivelazioni (v. 18). Quindi, tutto ciò non ha nulla a
che fare con le feste carnevalesche, che ai tempi di Paolo si
chiamavano dionisiache in Grecia e saturnali a Roma.
● Riguardo a queste ultime il linguaggio dell’apostolo è un altro ed è
ben chiaro: «Nessuno vi seduca con vani ragionamenti; infatti è per
queste cose che l’ira di Dio viene sugli uomini ribelli. Non
siate dunque loro compagni; perché in passato eravate tenebre, ma
ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce -
poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia
e verità - esaminando che cosa sia gradito al Signore. Non
partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto
denunciatele; perché è vergognoso perfino il parlare delle cose che
costoro fanno di nascosto. Ma tutte le cose, quando sono denunciate
dalla luce, diventano manifeste; poiché tutto ciò che è manifesto, è
luce» (Ef 5,6-14).
● Anche Pietro parlò degli eccessi legati a tali feste piene di
lascivia: «Basta con il tempo trascorso a soddisfare la
volontà dei pagani, vivendo nelle dissolutezze, nelle passioni,
nelle ubriachezze, nelle orge, nelle gozzoviglie, e nelle illecite
pratiche idolatriche. Per questo trovano strano che voi non
corriate con loro agli stessi eccessi di dissolutezza e parlano male di
voi. Ne renderanno conto
a colui, che è pronto a giudicare i vivi e i morti» (1 Pt 4,3ss). ● È singolare l’espressione «nulla può fargli né di
male, né di bene». Se così fosse, Paolo e Pietro non avrebbe raccomandato di
fuggire il male, ad esempio: 1 Cor 6,18
fornicazione; 10,14 idolatria; 1 Tm 6,11s amore per il danaro; 2 Tm 2,22
appetiti giovanili; 2 Pt 1,4 corruzione; 2,20 contaminazioni del mondo.
Giobbe «temeva Dio e fuggiva il male»
(Gb 1,1; v. 8 + integro, retto; 2,3). E la massima centrale del libro è la
seguente: «Ecco, temere il Signore, questa è saggezza, fuggire il male è
intelligenza» (Gb 28,28). Si vede che questo lettore è malinformato su ciò,
che Dio definisce bene e male, e ciò ha tristi conseguenze: «Guai
a quelli che chiamano bene il male, e male il bene, che mutano le tenebre in
luce e la luce in tenebre, che mutano l’amaro in dolce e il dolce in amaro!»
(Is 5,20). ■
Carlo Guerrieri:
Non è la mia opinione, è il centro del
messaggio di Paolo e dell’intero Evangelo. Che avresti detto tu di
quelli che andavano alle feste, mangiando carni sacrificate agli
idoli? Da che parte saresti stato? Ho come l’impressione che saresti
stati fra quelli che si sarebbero scandalizzati. O dove saresti stato
tu, quando Gesù mangiava e beveva coi pubblicani e i peccatori?
Dentro, con lui, o fuori, ad accusarlo? Forse dovresti porti queste
domande. Perché è semmai la tua, di esegesi, a prendere qua e là
versetti per uno scopo prefissato (tutto, tranne che contestuale), come
facevano i cosiddetti «giudeo-cristiani» ai tempi di Paolo. Ma siamo
liberi, e continueremo a esserlo nonostante i farisei d’ieri oggi e
domani. E, permettimi, abbiamo una fede talmente forte, per grazia di
Dio, da non temere di farci due risate a una festa. E se Pietro
temeva
gli eccessi, li temo anche io. Gli eccessi, appunto, non la festa in sé.
Perché la fede è una cosa seria, e il regno di Dio non coincide certo
con cibi, vivande, e feste. Buon proseguimento. {04-03-2014}
▬ Nicola Martella:Che
confusione dettata da soggettive supposizioni e indebite proiezioni!
Gesù
non mangiava carni sacrificate agli idoli nei templi pagani e, quando
mangiava con pubblicani e i peccatori, non si contaminava moralmente;
neppure Paolo ha mai fatto né l’uno, né l’altro. Paolo parlava della
carne venduta ai macelli, di cui alcuni credenti sospettavano che
gli animali provenissero dai templi pagani, dove erano stati immolati
agli dèi. L’apostolo cercò di tranquillizzarli su tale punto; non
suggerì loro certo di andare nei templi pagani a fare comunella! Leggiti
meglio il contesto.
Anche Giacomo non lascia alibi a quelli che vogliono vivere nei
piaceri del mondo: «O gente adultera, non sapete voi che
l’amicizia del mondo è inimicizia contro Dio? Chi dunque vuole essere
amico del mondo, si rende nemico di Dio» (Gcm 4,4).
Per il resto, fa’ come vuoi; tanto, dovrai
rendere conto tu dei tuoi atti e del liberalismo, che diffondi.
7.
{Bebby Viglia}
▲
■
Contributo: Chiedo discernimento. Nell’amore di Dio non
siamo forse liberi? Chi dice che, se uno si mette una maschera
nel giorno di carnevale, partecipa a un rito o qualcosa di simile? E se
uno si traveste e partecipa a una festa a tema, dove non si
svolge nessun rituale, in un giorno che non sia carnevale? Parliamone.
{04-03-2014}
▬ Nicola Martella:
La libertà per un credente rigenerato non è una licenza a
fare il male, né dev’essere usata come «un
velo per coprire la malizia»
(1 Pt 2,16). Addirittura le cose lecite possono non essere
utili, possono non edificare e addirittura possono portare in una
dipendenza! (1 Cor 6,12; 10,23). Quindi, la libertà non deve diventare
un alibi!
Tornando al tema, di là dai gusti personali,
penso che una festa a tema occasionale (p.es. a un compleanno,
ecc.), se non è fatta per motivi della carne (esistono anche tali feste
a tema!), sia una cosa differente da una ricorrenza istituzionale della
cultura pagana, in cui in tutto il mondo s’infrangono i comandamenti
di Dio e si fanno cose, che offendono il Signore. Ho già citato sopra
Efesini 5,6-14, a cui rimando.
8. {Rita
Fabi}
▲ ■
Rita Fabi: «Infatti quelli che sono secondo
la carne, pensano alle cose della carne; invece quelli che sono
secondo lo Spirito, pensano alle cose dello Spirito. Ma ciò che
brama la carne è morte, mentre ciò che brama lo Spirito è
vita e pace; infatti ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio,
perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure può esserlo; e
quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio. Voi però
non siete nella carne ma nello Spirito, se lo Spirito di Dio
abita veramente in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, egli
non appartiene a lui» (Romani 8,5-9).
«Camminate secondo lo Spirito e non adempirete affatto i desideri
della carne. Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito
e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di
loro; in modo che non potete fare quello che vorreste. Ora le opere
della carne sono manifeste, e sono: fornicazione, impurità,
dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia,
ire, contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e altre
simili cose; circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa
tali cose non erediterà il regno di Dio» (Galati 5,16-24). «E quelli
che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni
e i suoi desideri. Perché chi semina per la sua carne, mieterà
corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito mieterà
dallo Spirito vita eterna» (Galati 6,8). {04-03-2014}
9.
{Bruno Salvi}
▲ Nel
momento in cui, si cerca qualcosa al di fuori di Cristo, noi ci
priviamo di lui (Col 2,10; 1 Cor 6,12). Se siamo morti con Cristo (Col
2,12), vuol dire che siamo stati sottratti alle regole che propone (in
questo caso) «il carnevale». Dobbiamo vigilare, per non essere riportati
indietro. (Gal 5,1) Non apparteniamo più alle tradizioni o alle culture
di questo mondo; anzi, praticandole ostacoliamo il nostro cammino di «santificazione»,
a cui siamo chiamati. La nostra sicurezza, sta nell’essere morti con
Cristo e risorti con lui, per poter «camminare in novità di vita»
(Rm 6,4). Egli è il nostro unico riferimento, perché queste cose sono
destinate a scomparire» (Ef 2,22). Vogliamo vivere in quella realtà
superiore, in cui siamo stati introdotti «seduti nel cielo in Cristo
Gesù» (Ef 2,6), quindi in quella vita abbondante, oppure continuare
nelle cose che passano?
Le «impurità» del nostro essere interiore, della nostra psiche,
sono costituite dal nostro modo di pensare e ragionare. L’uomo ha un
problema morale nei confronti di Dio, ma questo è determinato dai suoi
ragionamenti e pensieri. Siamo «stati riscattati dal vano modo di
vivere tramandatoci dai padri» (1 Pt 1,18). Si potrebbero
apprendere delle cose giuste, corrette dalla saggezza degli antichi, ma
vi è anche una «cultura del peccato», che viene trasmessa
attraverso concetti devianti, idee e convinzioni che nulla hanno a che
fare con i pensieri di Dio.
Non dobbiamo mai dimenticare che siamo come una pianta, selvatica, su
cui viene innestata la nuova natura di Dio. Perché questa possa crescere
e portare frutto, si deve
vegliare, perché non spuntino erbacce o germogli sulla parte
vecchia. Appena ci sono, bisogna reciderli perché sottraggono alla
pianta il vigore necessario per portare frutto (Gv 15,2). {06-03-2014}
10. {}
▲
11. {Vari e medi}
▲ ■
Francesca Tavani: Il
mondo si butta a occhi chiusi nelle concupiscenze e nel male; quanta
responsabilità per noi, figlioli di Dio che abbiamo conosciuto la
Verità. Che il Signore ci guidi e ci aiuti a dirla a tutti! Nella
speranza che ascoltino, poiché sta scritto: «Il mio popolo perisce
per
mancanza di conoscenza». {24-02-2011} ■
Pino Molle: Purtroppo è un momento di grande
confusione dottrinale, la cultura materialistica del mondo
imperversa sempre più spesso anche nelle chiese. Si cerca la
soddisfazione nella carne, a scapito della rivelazione spirituale
della Parola. Quest’ultima ci dovrebbe
sempre sostenere e incoraggiare a prendere le distanze da ogni forma di
contaminazione da parte del mondo.
Questo è un periodo senza precedenti della storia; il
popolo di Dio è chiamato a riallinearsi con più audacia e
intraprendenza con i fondamenti della fede, che vedono Gesù Cristo
predicato nella nostra vita. {24-02-2011} ■
Andrea Angeloni: Un estremo è il «Carnevale di
Rio»: corruzione, interessi economici, carnalità, prostituzione di
vario genere, vanità, ambiguità, ecc. Gli sfarzi immorali di una festa
pagana, che si autocelebra come la Sodoma e Gomorra dei giorni d’oggi. E
sotto la maschera: iniquità e perversione. {05-03-2014}
12.
{Vari e brevi}
▲ ■
Gaetano Ventimiglia: Il mondo dice: «Carne...
vale!». Gesù dice «La carne non giova a nulla!» {24-02-2011} ■
Giulio Calisse: Mondo è stato, mondo è e mondo
sarà... finché la pietra non si staccherà dal monte.
J {24-02-2011} ■
Sara Ranieri: A carnevale ci si traveste come
chi si vorrebbe essere. {04-03-2014}
▬ Nicola Martella:
Il «cristiano» è chiamato a
togliersi ogni maschera dinanzi agli altri, per mostrarsi per quello che
si è: un seguace di Cristo. «Siate irreprensibili e integri,
figli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e
perversa, nella quale risplendete come astri nel mondo, tenendo alta la
parola di vita» (Fil 2,15). E inoltre: «Perciò, bandita la
menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo, perché siamo membra
gli uni degli altri» (Ef 4,25). ■
Susanna Ciucchi: A me non piace il carnevale, anche
perché la ritengo una
festa triste! {04-03-2014} ■
Roberto Ragone: Il discorso non si pone. Il
carnevale è una
festa pagana, e i veri credenti non dovrebbero neanche considerare il
fatto che il mondo lo celebra. Esattamente come
Halloween. {04-03-2014}
► URL:
http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/T1-Carneval_mascher_UnV.htm
03-03-2014; Aggiornamento:
06-03-2014 |