Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Le diversità possono essere una risorsa oppure diventano un problema.

 

Ecco le parti principali:
■ Entriamo in tema (il problema)
■ Uniti nella verità
■ Le diversità quale risorsa
■ Le diversità e le divisioni
■ Aspetti connessi.

 

Il libro è adatto primariamente per conduttori di chiesa, per diaconi e per collaboratori attivi; si presta pure per il confronto fra leader e per la formazione dei collaboratori. È un libro utile per le «menti pensanti» che vogliano rinnovare la propria chiesa, mettendo a fuoco le cose essenziali dichiarate dal NT.

 

► Vedi al riguardo la recensione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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CARNEVALE: CARNE VALE SOTTO LA MASCHERA?

PARLIAMONE

 

 a cura di Nicola Martella

 

Qui di seguito discutiamo l’articolo «Carnevale: carne vale sotto la maschera».

     Tutte le feste inventate dagli uomini sono occasione per far valere la propria «carne» e per praticare lussuria, concupiscenza, lascivie di vario genere. La maschera permette di fare tutto in incognito. Il cuore umano è inclinato al male e per chi non ha il timore di Dio ogni occasione è buona per lo «sballo» e per gli eccessi.

     Uno degli elementi del Carnevale quale spettacolo è altresì il narcisismo, la voglia di mostrarsi, di essere guardati e ammirati. È altresì l’occasione per crearsi un mondo parallelo, virtuale e da sogno, per sfuggire al mondo reale.

     Carnevale è chiaramente anche un grande business. Esso è l’occasione di grandi kermesse per attrarre turisti e vendere prodotti. Per le associazioni culturali carnevalesche questo periodo è l’apice del lavoro di tutto un anno, in cui i membri trovano addirittura un senso di vita.

     Certamente ci sono altri aspetti, che si possono tener presenti, e i lettori non mancheranno di evidenziarli.

 

     Che cosa ne pensate? Quali sono al riguardo le vostre esperienze, idee e opinioni?

Partecipate alla discussione inviando i vostri contributi al Webmaster (E-mail)

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I contributi sul tema 

(I contributi rispecchiano le opinioni personali degli autori.

I contributi attivi hanno uno sfondo bianco)

 

1. Lella Moscariello

2. Gaetano Santagata

3. Stefano Spoto

4. Gianni Siena

5. Tonino Mele

6. Carlo Guerrieri

7. Bebby Viglia

8. Rita Fabi

9. Bruno Salvi

10.

11. Vari e medi

12. Vari e brevi

 

Clicca sul lemma desiderato per raggiungere la rubrica sottostante

 

 

1. {Lella Moscariello}

 

Contributo: Per correttezza, devo dire che la parola carnevale deriva dal latino carnem levare «eliminare la carne»! poiché anticamente indicava il banchetto, che si teneva l’ultimo giorno di carnevale (martedì grasso), subito prima del periodo di astinenza e digiuno della Quaresima. {24-02-2011}

 

Nicola Pezzella: La parola Carnevale deriva dal volgare «carne levare» e indica i festeggiamenti, che precedono l’inizio della Quaresima, quando poi è vietato mangiare carne. {24-02-2011}

 

Nicola Martella: È quanto è scritto appunto sull’articolo. Il titolo è una provocazione basata su un gioco di parole! Di là dell’etimologia, Carnevale non la leva la «carne», ma l’alimenta! Inoltre, la Scrittura non comanda periodi di sfrenatezza, che sono poi da compensare con periodo di astinenza e digiuno, ma comanda la sobrietà e lautocontrollo tutto l’anno, come pure che la libertà di mangiare tutto l’anno, con rendimento di grazie, i cibi da Dio creati (cfr. invece 1 Tm 4,3: «ordineranno lastensione da cibi, che Dio ha creati»). Non è un cibo o lastinenza da esso che ci rende graditi a Dio! (1 Cor 8,8).

 

 

2. {Gaetano Santagata}

 

Contributo: «Benché facente parte della tradizione cristiana, i caratteri della celebrazione carnevalesca hanno origini in festività ben più antiche, come ad esempio le dionisiache greche (le antesterie) o i saturnali romani, che erano espressione del bisogno di un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell’ordine, allo scherzo e anche alla dissolutezza. Da un punto di vista storico e religioso il carnevale rappresentò, dunque, un periodo di festa ma soprattutto di rinnovamento, seppur per lo più simbolico, durante il quale il caos sostituiva l’ordine costituito, che però una volta esaurito il periodo festivo, riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all’inizio del carnevale seguente».(Wikipedia).

     A mio modesto parere credo che ci sia ben poco da salvare di questa celebrazione. Mi spiego: fatta eccezione della gioia, che riesce a trasmettere ai più piccoli (cosa che mi riempie il cuore), resta, per il modo in cui è vissuta e per i messaggi in essa sottesi, una celebrazione alquanto pericolosa. E anche se la Bibbia non la affronta in modo diretto, credo che, in via analogica, si possano trovare, come sempre, risposte in essa. Innanzitutto, il Carnevale è un retaggio di feste pagane, che erano simbolo di sovversione, rovesciamento dell’ordine o ribellione.

     Tipica frase del carnevale, poi, è: «A carnevale ogni scherzo vale»; in quell’«ogni» è racchiusa una pericolosa licenza che, facilmente, può spingere a dimenticare e superare i paletti di equità, che devono segnare la nostra vita. In fine, l’uso di mascherarsi è metafora di ipocrisia e inganno, che nella sacra Scrittura trovano certamente condanna. Tali argomentazioni trovano anche un riscontro fattuale, basta vedere quante persone muoiano durante il carnevale di Rio o quante ne rimangano ferite in quello del lancio delle arance. Termino con questa domanda di derivazione divina, la cui risposta è ovviamente negativa: Sono buoni i frutti di quest’albero? Chiedo, umilmente, un giudizio a Nicola Martella. {24-02-2011}

 

Nicola Martella: Il paganesimo si ricicla sotto altre vesti, lo spirito rimane però lo stesso. Se leggi l’intero articolo sul sito, potrai verificare la sintonia fra esso e ciò che hai scritto.

     Il problema è espresso da questa mia massima: «Quando la cultura del mondo si accomoda nelle chiese e nelle case dei credenti, questi ultimi hanno poco di che brillare nel mondo» (Nicola Martella).

     Ecco, infine, un brano biblico, che si può adattare anche a questa questione: «Voi correvate bene; chi vi ha ostacolato, impedendovi di ubbidire alla verità? Questa persuasione non viene da Colui, che vi chiama. Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono fiducioso per voi nel Signore che non penserete diversamente; ma colui che vi turba ne porterà la pena, chiunque sia» (Galati 5,7-10).

 

 

3. {Stefano Spoto}

 

Contributo: L’apostolo Paolo, pur di predicare il vangelo, si faceva pagano, giudeo, debole, sotto la legge e senza la legge, pur di coinvolgere persone. «Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro» (1 Corinzi 9,23). Noi cristiani invece perdiamo il tempo a litigare, mentre la creazione aspetta che i figli di Dio si manifestino. {26-02-2011}

 

Nicola Martella: Secondo tale logica, Paolo andava ai balli in maschera, alle feste di Bacco e di Dionisio, per evangelizzare, vero?

     Egli affermava sì: «Tutto io faccio per l’Evangelo», ma non peccando contro Dio. Al contrario, praticava apologetica, come ad esempio contro i giudaisti, che spadroneggiavano della Galazia (Gal 1,6-9), e contro i «superapostoli» giudaici di stampo esoterico, che avevano preso il potere nella chiesa di Corinto (2 Cor 11,3s.13ss). Difendere la verità rivelata, non è mai certamente una perdita di tempo. Giuda scrisse per esortare i lettori della sua epistola «a combattere strenuamente per la fede, che è stata una volta per sempre tramandata ai santi» (Gd 1,3).

 

Adolfo Monnanni: Sì, certo, Paolo si «mascherava» da apostolo, senza maschera, faccia a faccia anche verso i suoi nemici peggiori, apertamente. {27-02-2011}

 

 

4. {Gianni Siena}

 

«Carnevale ogni scherzo vale»? Quest’anno lo «scherzo» l’ho fatto io alla paganeggiante consuetudine: non me ne sono curato ed è passata come una «nuvola senz’acqua» sulla mia testa. Se non fosse stato per l’allegria dei bimbi mascherati, i coriandoli in terra, non me ne sarei neppure accorto. Assorto nei miei pensieri e nelle mie preoccupazioni quotidiane, il periodo è scivolato come la sequela di qualche giorno di pioggia di troppo. Ogni giorno mi reco in palestra per fare esercizio fisico e faccio coincidere questo appuntamento con altre commissioni della giornata, ho visto coriandoli in terra e qualche bimbo mascherato. Forse, complice la crisi è stato un carnevale sottotono poco «sentito» dalle mie parti, non saprei, ma la «carne» ha scialato ben poco. {27-02-2011}

 

 

5. {Tonino Mele}

 

Ieri, mia figlia di 10 anni ci ha chiesto: «C’è scritto nella Bibbia che non si può festeggiare il Carnevale?». Io le ho risposto che non c’è scritto, però questa non è una festa cristiana ma molto pagana e idolatrica, dove si fanno cose sbagliate e le si nascondono sotto una maschera. Poi mi ha chiesto: «Perché allora altri cristiani si vestono di Carnevale?». Devo ammettere che qui ho trovato più difficoltà a rispondere, però ho risposto: «Non essendo chiaramente scritto nella Bibbia, non tutti i cristiani la pensiamo allo stesso modo. Noi, però, come famiglia siamo convinti che questa non sia una buona festa e così insegniamo a voi». {03-03-2014}

 

 

6. {Carlo Guerrieri}

 

Contributo: La «carne» non è necessariamente lussuria e concupiscenza. Perfino non partecipare al carnevale, adducendo motivazioni religiose, può essere un modo per soddisfare la carne; vedi il discorso di Paolo sulle feste e i cibi di Colossesi 2, 16-23, un discorso che moltissimi cristiani ancora oggi mostrano di non aver compreso. Stiamo attenti al moralismo, che uccide la libertà del cristiano, il quale può partecipare o meno a qualunque festa, sapendo che è una cosa «che passa», appunto, e che nulla può fargli né di male, né di bene. Paolo lo sapeva. E noi? {04-03-2014}

 

Nicola Martella: Quello, che tu attribuisci a Paolo sulla «carne», è la tua opinione, non ciò, che si evince da una chiara esegesi contestuale.

     ● In Colossesi 2,16-23 Paolo parlava della legge cerimoniale giudaica, che i giudaisti volevano imporre alle chiese a maggioranza gentile (vv. 16s.20-23). Ciò era connesso a presunte nuove rivelazioni (v. 18). Quindi, tutto ciò non ha nulla a che fare con le feste carnevalesche, che ai tempi di Paolo si chiamavano dionisiache in Grecia e saturnali a Roma.

     ● Riguardo a queste ultime il linguaggio dell’apostolo è un altro ed è ben chiaro: «Nessuno vi seduca con vani ragionamenti; infatti è per queste cose che l’ira di Dio viene sugli uomini ribelli. Non siate dunque loro compagni; perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce - poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità - esaminando che cosa sia gradito al Signore. Non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre; piuttosto denunciatele; perché è vergognoso perfino il parlare delle cose che costoro fanno di nascosto. Ma tutte le cose, quando sono denunciate dalla luce, diventano manifeste; poiché tutto ciò che è manifesto, è luce» (Ef 5,6-14).

     ● Anche Pietro parlò degli eccessi legati a tali feste piene di lascivia: «Basta con il tempo trascorso a soddisfare la volontà dei pagani, vivendo nelle dissolutezze, nelle passioni, nelle ubriachezze, nelle orge, nelle gozzoviglie, e nelle illecite pratiche idolatriche. Per questo trovano strano che voi non corriate con loro agli stessi eccessi di dissolutezza e parlano male di voi. Ne renderanno conto a colui, che è pronto a giudicare i vivi e i morti» (1 Pt 4,3ss).

     ● È singolare l’espressione «nulla può fargli né di male, né di bene». Se così fosse, Paolo e Pietro non avrebbe raccomandato di fuggire il male, ad esempio: 1 Cor 6,18 fornicazione; 10,14 idolatria; 1 Tm 6,11s amore per il danaro; 2 Tm 2,22 appetiti giovanili; 2 Pt 1,4 corruzione; 2,20 contaminazioni del mondo. Giobbe «temeva Dio e fuggiva il male» (Gb 1,1; v. 8 + integro, retto; 2,3). E la massima centrale del libro è la seguente: «Ecco, temere il Signore, questa è saggezza, fuggire il male è intelligenza» (Gb 28,28). Si vede che questo lettore è malinformato su ciò, che Dio definisce bene e male, e ciò ha tristi conseguenze: «Guai a quelli che chiamano bene il male, e male il bene, che mutano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che mutano l’amaro in dolce e il dolce in amaro!» (Is 5,20).

 

Carlo Guerrieri: Non è la mia opinione, è il centro del messaggio di Paolo e dell’intero Evangelo. Che avresti detto tu di quelli che andavano alle feste, mangiando carni sacrificate agli idoli? Da che parte saresti stato? Ho come l’impressione che saresti stati fra quelli che si sarebbero scandalizzati. O dove saresti stato tu, quando Gesù mangiava e beveva coi pubblicani e i peccatori? Dentro, con lui, o fuori, ad accusarlo? Forse dovresti porti queste domande. Perché è semmai la tua, di esegesi, a prendere qua e là versetti per uno scopo prefissato (tutto, tranne che contestuale), come facevano i cosiddetti «giudeo-cristiani» ai tempi di Paolo. Ma siamo liberi, e continueremo a esserlo nonostante i farisei d’ieri oggi e domani. E, permettimi, abbiamo una fede talmente forte, per grazia di Dio, da non temere di farci due risate a una festa. E se Pietro temeva gli eccessi, li temo anche io. Gli eccessi, appunto, non la festa in sé. Perché la fede è una cosa seria, e il regno di Dio non coincide certo con cibi, vivande, e feste. Buon proseguimento. {04-03-2014}

 

Nicola Martella:Che confusione dettata da soggettive supposizioni e indebite proiezioni! Gesù non mangiava carni sacrificate agli idoli nei templi pagani e, quando mangiava con pubblicani e i peccatori, non si contaminava moralmente; neppure Paolo ha mai fatto né l’uno, né l’altro. Paolo parlava della carne venduta ai macelli, di cui alcuni credenti sospettavano che gli animali provenissero dai templi pagani, dove erano stati immolati agli dèi. L’apostolo cercò di tranquillizzarli su tale punto; non suggerì loro certo di andare nei templi pagani a fare comunella! Leggiti meglio il contesto.

     Anche Giacomo non lascia alibi a quelli che vogliono vivere nei piaceri del mondo: «O gente adultera, non sapete voi che l’amicizia del mondo è inimicizia contro Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo, si rende nemico di Dio» (Gcm 4,4).

     Per il resto, fa’ come vuoi; tanto, dovrai rendere conto tu dei tuoi atti e del liberalismo, che diffondi.

 

 

7. {Bebby Viglia}

 

Contributo: Chiedo discernimento. Nell’amore di Dio non siamo forse liberi? Chi dice che, se uno si mette una maschera nel giorno di carnevale, partecipa a un rito o qualcosa di simile? E se uno si traveste e partecipa a una festa a tema, dove non si svolge nessun rituale, in un giorno che non sia carnevale? Parliamone. {04-03-2014}

 

Nicola Martella: La libertà per un credente rigenerato non è una licenza a fare il male, né dev’essere usata come «un velo per coprire la malizia» (1 Pt 2,16). Addirittura le cose lecite possono non essere utili, possono non edificare e addirittura possono portare in una dipendenza! (1 Cor 6,12; 10,23). Quindi, la libertà non deve diventare un alibi!

     Tornando al tema, di là dai gusti personali, penso che una festa a tema occasionale (p.es. a un compleanno, ecc.), se non è fatta per motivi della carne (esistono anche tali feste a tema!), sia una cosa differente da una ricorrenza istituzionale della cultura pagana, in cui in tutto il mondo s’infrangono i comandamenti di Dio e si fanno cose, che offendono il Signore. Ho già citato sopra Efesini 5,6-14, a cui rimando.

 

 

8. {Rita Fabi}

 

Rita Fabi: «Infatti quelli che sono secondo la carne, pensano alle cose della carne; invece quelli che sono secondo lo Spirito, pensano alle cose dello Spirito. Ma ciò che brama la carne è morte, mentre ciò che brama lo Spirito è vita e pace; infatti ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure può esserlo; e quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete nella carne ma nello Spirito, se lo Spirito di Dio abita veramente in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, egli non appartiene a lui» (Romani 8,5-9).

     «Camminate secondo lo Spirito e non adempirete affatto i desideri della carne. Perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non potete fare quello che vorreste. Ora le opere della carne sono manifeste, e sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose; circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio» (Galati 5,16-24).

     «E quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perché chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito mieterà dallo Spirito vita eterna» (Galati 6,8). {04-03-2014}

 

 

9. {Bruno Salvi}

 

Nel momento in cui, si cerca qualcosa al di fuori di Cristo, noi ci priviamo di lui (Col 2,10; 1 Cor 6,12). Se siamo morti con Cristo (Col 2,12), vuol dire che siamo stati sottratti alle regole che propone (in questo caso) «il carnevale». Dobbiamo vigilare, per non essere riportati indietro. (Gal 5,1) Non apparteniamo più alle tradizioni o alle culture di questo mondo; anzi, praticandole ostacoliamo il nostro cammino di «santificazione», a cui siamo chiamati. La nostra sicurezza, sta nell’essere morti con Cristo e risorti con lui, per poter «camminare in novità di vita» (Rm 6,4). Egli è il nostro unico riferimento, perché queste cose sono destinate a scomparire» (Ef 2,22). Vogliamo vivere in quella realtà superiore, in cui siamo stati introdotti «seduti nel cielo in Cristo Gesù» (Ef 2,6), quindi in quella vita abbondante, oppure continuare nelle cose che passano?

     Le «impurità» del nostro essere interiore, della nostra psiche, sono costituite dal nostro modo di pensare e ragionare. L’uomo ha un problema morale nei confronti di Dio, ma questo è determinato dai suoi ragionamenti e pensieri. Siamo «stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatoci dai padri» (1 Pt 1,18). Si potrebbero apprendere delle cose giuste, corrette dalla saggezza degli antichi, ma vi è anche una «cultura del peccato», che viene trasmessa attraverso concetti devianti, idee e convinzioni che nulla hanno a che fare con i pensieri di Dio.

     Non dobbiamo mai dimenticare che siamo come una pianta, selvatica, su cui viene innestata la nuova natura di Dio. Perché questa possa crescere e portare frutto, si deve vegliare, perché non spuntino erbacce o germogli sulla parte vecchia. Appena ci sono, bisogna reciderli perché sottraggono alla pianta il vigore necessario per portare frutto (Gv 15,2). {06-03-2014}

 

 

10. {}

 

 

11. {Vari e medi}

 

Francesca Tavani: Il mondo si butta a occhi chiusi nelle concupiscenze e nel male; quanta responsabilità per noi, figlioli di Dio che abbiamo conosciuto la Verità. Che il Signore ci guidi e ci aiuti a dirla a tutti! Nella speranza che ascoltino, poiché sta scritto: «Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza». {24-02-2011}

 

Pino Molle: Purtroppo è un momento di grande confusione dottrinale, la cultura materialistica del mondo imperversa sempre più spesso anche nelle chiese. Si cerca la soddisfazione nella carne, a scapito della rivelazione spirituale della Parola. Quest’ultima ci dovrebbe sempre sostenere e incoraggiare a prendere le distanze da ogni forma di contaminazione da parte del mondo.

     Questo è un periodo senza precedenti della storia; il popolo di Dio è chiamato a riallinearsi con più audacia e intraprendenza con i fondamenti della fede, che vedono Gesù Cristo predicato nella nostra vita. {24-02-2011}

 

Andrea Angeloni: Un estremo è il «Carnevale di Rio»: corruzione, interessi economici, carnalità, prostituzione di vario genere, vanità, ambiguità, ecc. Gli sfarzi immorali di una festa pagana, che si autocelebra come la Sodoma e Gomorra dei giorni d’oggi. E sotto la maschera: iniquità e perversione. {05-03-2014}

 

 

12. {Vari e brevi}

 

Gaetano Ventimiglia: Il mondo dice: «Carne... vale!». Gesù dice «La carne non giova a nulla!» {24-02-2011}

 

Giulio Calisse: Mondo è stato, mondo è e mondo sarà... finché la pietra non si staccherà dal monte. J {24-02-2011}

 

Sara Ranieri: A carnevale ci si traveste come chi si vorrebbe essere. {04-03-2014}

 

Nicola Martella: Il «cristiano» è chiamato a togliersi ogni maschera dinanzi agli altri, per mostrarsi per quello che si è: un seguace di Cristo. «Siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale risplendete come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita» (Fil 2,15). E inoltre: «Perciò, bandita la menzogna, ognuno dica la verità al suo prossimo, perché siamo membra gli uni degli altri» (Ef 4,25).

 

Susanna Ciucchi: A me non piace il carnevale, anche perché la ritengo una festa triste! {04-03-2014}

 

Roberto Ragone: Il discorso non si pone. Il carnevale è una festa pagana, e i veri credenti non dovrebbero neanche considerare il fatto che il mondo lo celebra. Esattamente come Halloween. {04-03-2014}

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/T1-Carneval_mascher_UnV.htm

03-03-2014; Aggiornamento: 06-03-2014

 

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