Un taglio netto alle convenzioni anti-bibliche e pseudo-bibliche, all'ignoranza e alle speculazioni — Ein klarer Schnitt zu den anti-biblischen und pseudo-biblischen Konventionen, zur Unwissenheit und den Spekulationen — A clean cut to the anti-biblical and pseudo-biblical conventions, to the ignorance and the speculations — Une coupe nette aux conventions anti-bibliques et pseudo-bibliques, à l'ignorance et aux spéculations — Un corte neto a las convenciones anti-bíblicas y pseudo-bíblicas, a la ignorancia y a las especulaciones

La fede che pensa — Accettare la sfida nel nostro tempo

«Glaube gegen den Strom»: Für das biblische Unterscheidungsvermögen — «Faith countercurrent»: For the biblical discernment — «Foi contre-courant»: Pour le discernement biblique — «Fe contracorriente»: Por el discernimiento bíblico

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Offensiva intorno a Gesù 1

 

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«Chi dice la gente ch’io sia?» — Offensiva intorno a Gesù 1: È ciò che dicono gli altri su Gesù.

Ecco le parti principali:
■ Gesù nei mass-media
■ Gesù fra teologia e filosofia
■ Gesù fra filosofia e ideologia
■ Gesù fra ideologie e religioni
■ Excursus: La via che porta a Dio

 

«E voi, chi dite ch’io sia?» — Offensiva intorno a Gesù 2: È ciò che la Bibbia dice su Gesù.

Ecco le parti principali:
■ Gesù nella Bibbia e nella storia
■ La questione giudaica
■ Aspetti conclusivi (Gesù e le donne, Il Gesù sacramentale, Interrogativi)
■ Dizionarietto dei termini

 

► Vedi al riguardo le recensioni.

 

 Offensiva intorno a Gesù 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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LA PASSIONE DI GIBSON:

l’occasione per un esame di coscienza

 

 di Antonio Morlino

 

Ho esitato a lungo prima d’intervenire anch’io al dibattito tanto «appassionato» e «appassionante» che, da diverse settimane, registra i consensi e i dissensi relativi a quell’evento mediatico che, quantomeno, ha fatto parlare il mondo intero del nostro amato Salvatore. E di questo, come cristiani, dovremmo tutti rallegrarci. Dopo «secoli di sacro-cuorismo», di «immagini di sentimentali Nazareni con i capelli biondi e gli occhi azzurri» — come scrisse anni fa Messori — il cattolicesimo romano preconciliare, sbaragliando tanta velenosa sdolcinatezza ideologica, fatta di oleografia (quella sì) antisemita e filo-ariana, ci consegna una pellicola bollente, che trasuda il sangue di una «veemenza “barocca” e crepuscolare», immersa com’è in una «cupa violenza» — come recentemente ha scritto Ravasi — e che io, una settimana fa, ho scelto di vedere, non pentendomi di averlo fatto.

     «Molto rumore per nulla!», mi verrebbe da ripetere laconico con Shakespeare: forse perché in fondo, signori miei, era solo pura fiction? No, assolutamente, perché si dà il caso che, nella fattispecie, la realtà, precorrendo i tempi, abbia superato la fantasia e le cose siano andate, se possibile, ancora peggio! Però, a fronte di tutte le chiacchiere e i cicalecci da piccionaia, devo confessare che le mie aspettative sono andate alquanto deluse. Non che mi aspettassi più sangue, più spasimi e rantoli. No. Si è verificato in me una sorta di Verfremdungseffekt, ossia quell’«effetto di straniamento» brechtiano per cui, invece di darsi l’identificazione attore-spettatore, ho vissuto il film in un totale distacco emotivo, sperimentando l’esatto contrario di quanto desiderato da Gibson. Non ho pianto nemmeno una lacrimuccia, e qui tutti mi daranno del «cuor di pietra». La verità è che nemmeno per un attimo mi è riuscito di scendere a «patti finzionali» con l’immagine, così da identificare il bel, ma non troppo, Caviezel con il mio amatissimo Signore, «il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me» sulla croce, come disse l’apostolo Paolo. Forse perché, riguardo al film, sapevo troppe cose: per un cristiano rigenerato quale io sono, proveniente dal pagan-cattolicesimo imperante e tracotante, nelle cui file avevo militato per anni aspirando al sacerdozio, sapere del retrivo cattolicesimo preconciliare del registra (che, come facevo io stesso un tempo, partecipa quotidianamente e accoratamente alla messa in latino, e che, udite udite, sul set portava le particole consacrate, usandole quasi da «aiuto regista» e da «decima musa ispiratrice»…); sapere del marianesimo, non solo di Gibson, ma dello stesso attore principale (che recita quotidianamente il rosario ed è un assiduo frequentatore di Medjugorje, come facevo io stesso un tempo); sapere delle fonti «mistiche» (le visioni della monaca stigmatizzata, la Emmerich, che io non ho mai lette e mai leggerò, visto che per anni, prima di conoscere l’eccellenza e l’unicità delle Scritture, divoravo quella che considero adesso «tanta spazzatura», ossia gli scritti di (o relativi a) Maria Valtorta, Teresa Musco, «santa» Brigida, Veronica Giuliani, Gemma Galgani, Josefa Menéndez, Marthe Robin, Teresa Neumann, e la litania polisantista potrebbe continuare…); insomma, sapere di andare a vedere un prodotto artistico che mi catapultava nel mio passato di «vecchio uomo», non mi ha proprio permesso di commuovermi.

     Con questo non intendo assolutamente giudicare o sminuire le altrui esperienze, né la genuinità di alcuni impellenti «rimorsi di coscienza» suscitati dalle scene a dir poco truculente, già registrati dalla cronaca. Io che scrivo — non mi vergogno a dirlo — sono uno che piange spesso, sì, proprio davanti alla croce dove fu crocifisso il mio peccato, che Cristo si accollò perché io diventassi giustizia di Dio in lui. Io ho conosciuto e conosco l’amaro cordoglio «come per un figlio unico», che mi fece singhiozzare sconsolatamente per la prima volta, quando su di me fu sparso «lo spirito di grazia e di supplica», e per la prima volta guardai, per fede ed in modo misterioso, a Colui che era stato trafitto per me, il quale mi attirò irresistibilmente a Sé, come un magnete potentissimo. Ed io credo che ogni autentico cristiano, che abbia davvero guardato a Cristo, sappia di cosa sto parlando. Però, ciò che più mi addolora riguardo a tutta questa vicenda mediatica, è leggere che sedicenti «cristiani evangelici» di lunga data confessino di aver riconosciuto, forse per la prima volta, il sacrificio di Gesù! Questo la dice lunga sul tipo di «Evangelo» evangelico predicato e praticato nella nostra Italia: se fosse l’Evangelo predicato da Paolo, che faceva della croce il suo vanto, l’oggetto della sua predicazione; se i nostri predicatori predicassero Cristo crocifisso; se si proponessero di non sapere altro fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso; se, come Paolo fece con i Galati, avessero cura di rappresentare davanti agli occhi della gente Gesù Cristo crocifisso, non avremmo certo avuto bisogno che un pagano venisse a rappresentarci il suo «Cristo crocifisso»; non avremmo avuto bisogno che fosse lui a mettere sottosopra il mondo, ma avremmo dovuto farlo noi, i cristiani che amano definirsi «evangelici», che dovrebbero predicare la croce, ma che ne hanno cancellato la parola dal loro vocabolario perché troppo scandalosa. Guai a noi! Guai a noi se non trasmettiamo l’Evangelo così come lo abbiamo ricevuto dalle Scritture, ossia che «Cristo morì per i nostri peccati»!

     «Per la piaga della figlia del mio popolo io sono tutto affranto; sono in lutto, sono in preda alla costernazione». Se gli evangelici che vedranno il film vorranno piangere, bene, lo facciano. Ma piangano amaramente su loro stessi e sui loro figli, e, come Pietro, si ravvedano del loro colpevole silenzio, che rinnega mediante un «Evangelo» distorto l’autentico Cristo: quello del Golgota e della gloria. Smettiamola dunque di polemizzare, litigare e rimbeccarci a vicenda e facciamo di questo film un’occasione per un corale e solenne esame di coscienza, per valutare la qualità del nostro cristianesimo e della nostra testimonianza. Ma, soprattutto, torniamo a guardare alla croce, ad amare la croce, a predicare la croce.

 

► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A2-Passione_Gibson_OiG.htm

11-12-2006; Aggiornamento: 30-06-2010

 

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