Ho esitato a lungo prima d’intervenire anch’io al dibattito tanto
«appassionato» e «appassionante» che, da diverse settimane, registra i
consensi e i dissensi relativi a quell’evento mediatico che, quantomeno, ha
fatto parlare il mondo intero del nostro amato Salvatore. E di questo, come
cristiani, dovremmo tutti rallegrarci. Dopo «secoli di sacro-cuorismo», di
«immagini di sentimentali Nazareni con i capelli biondi e gli occhi azzurri»
— come scrisse anni fa Messori — il cattolicesimo romano preconciliare,
sbaragliando tanta velenosa sdolcinatezza ideologica, fatta di oleografia
(quella sì) antisemita e filo-ariana, ci consegna una pellicola bollente,
che trasuda il sangue di una «veemenza “barocca” e crepuscolare», immersa
com’è in una «cupa violenza» — come recentemente ha scritto Ravasi — e che
io, una settimana fa, ho scelto di vedere, non pentendomi di averlo fatto. «Molto rumore per nulla!», mi verrebbe da ripetere
laconico con Shakespeare: forse perché in fondo, signori miei, era solo pura
fiction? No, assolutamente, perché si dà il caso che, nella fattispecie,
la realtà, precorrendo i tempi, abbia superato la fantasia e le cose siano
andate, se possibile, ancora peggio! Però, a fronte di tutte le chiacchiere
e i cicalecci da piccionaia, devo confessare che le mie aspettative sono
andate alquanto deluse. Non che mi aspettassi più sangue, più spasimi e
rantoli. No. Si è verificato in me una sorta di
Verfremdungseffekt, ossia quell’«effetto di straniamento»
brechtiano per cui, invece di darsi l’identificazione attore-spettatore, ho
vissuto il film in un totale distacco emotivo, sperimentando l’esatto
contrario di quanto desiderato da Gibson. Non ho pianto nemmeno una
lacrimuccia, e qui tutti mi daranno del «cuor di pietra». La verità è che
nemmeno per un attimo mi è riuscito di scendere a «patti finzionali» con
l’immagine, così da identificare il bel, ma non troppo, Caviezel con il mio
amatissimo Signore, «il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me»
sulla croce, come disse l’apostolo Paolo. Forse perché, riguardo al film,
sapevo troppe cose: per un cristiano rigenerato quale io sono, proveniente
dal pagan-cattolicesimo imperante e tracotante, nelle cui file avevo
militato per anni aspirando al sacerdozio, sapere del retrivo cattolicesimo
preconciliare del registra (che, come facevo io stesso un tempo, partecipa
quotidianamente e accoratamente alla messa in latino, e che, udite udite,
sul
set portava le particole consacrate, usandole quasi da «aiuto
regista» e da «decima musa ispiratrice»…); sapere del marianesimo, non solo
di Gibson, ma dello stesso attore principale (che recita quotidianamente il
rosario ed è un assiduo frequentatore di Medjugorje, come facevo io stesso
un tempo); sapere delle fonti «mistiche» (le visioni della monaca
stigmatizzata, la Emmerich, che io non ho mai lette e mai leggerò, visto che
per anni, prima di conoscere l’eccellenza e l’unicità delle Scritture,
divoravo quella che considero adesso «tanta spazzatura», ossia gli scritti
di (o relativi a) Maria Valtorta, Teresa Musco, «santa» Brigida, Veronica
Giuliani, Gemma Galgani, Josefa Menéndez, Marthe Robin, Teresa Neumann, e la
litania polisantista
potrebbe continuare…); insomma, sapere di andare a vedere un prodotto
artistico che mi catapultava nel mio passato di «vecchio uomo», non mi ha
proprio permesso di commuovermi. Con questo non intendo assolutamente giudicare o
sminuire le altrui esperienze, né la genuinità di alcuni impellenti «rimorsi
di coscienza» suscitati dalle scene a dir poco truculente, già registrati
dalla cronaca. Io che scrivo — non mi vergogno a dirlo — sono uno che piange
spesso, sì, proprio davanti alla croce dove fu crocifisso il mio peccato,
che Cristo si accollò perché io diventassi giustizia di Dio in lui. Io ho
conosciuto e conosco l’amaro cordoglio «come per un figlio unico»,
che mi fece singhiozzare sconsolatamente per la prima volta, quando su di me
fu sparso «lo spirito di grazia e di supplica», e per la prima volta
guardai, per fede ed in modo misterioso, a Colui che era stato trafitto per
me, il quale mi attirò irresistibilmente a Sé, come un magnete potentissimo.
Ed io credo che ogni autentico cristiano, che abbia davvero guardato a
Cristo, sappia di cosa sto parlando. Però, ciò che più mi addolora riguardo
a tutta questa vicenda mediatica, è leggere che sedicenti «cristiani
evangelici» di lunga data confessino di aver riconosciuto, forse per la
prima volta, il sacrificio di Gesù! Questo la dice lunga sul tipo di
«Evangelo» evangelico predicato e praticato nella nostra Italia: se fosse
l’Evangelo predicato da Paolo, che faceva della croce il suo vanto,
l’oggetto della sua predicazione; se i nostri predicatori predicassero
Cristo crocifisso; se si proponessero di non sapere altro fuorché Gesù
Cristo e lui crocifisso; se, come Paolo fece con i Galati, avessero cura di
rappresentare davanti agli occhi della gente Gesù Cristo crocifisso, non
avremmo certo avuto bisogno che un pagano venisse a rappresentarci il
suo «Cristo crocifisso»; non avremmo avuto bisogno che fosse lui a
mettere sottosopra il mondo, ma avremmo dovuto farlo noi, i cristiani che
amano definirsi «evangelici», che dovrebbero predicare la croce, ma che ne
hanno cancellato la parola dal loro vocabolario perché troppo scandalosa.
Guai a noi! Guai a noi se non trasmettiamo l’Evangelo così come lo abbiamo
ricevuto dalle Scritture, ossia che «Cristo morì per i nostri peccati»! «Per la
piaga della figlia del mio popolo io sono tutto affranto; sono in lutto,
sono in preda alla costernazione».
Se gli evangelici che vedranno il film vorranno piangere, bene, lo facciano.
Ma piangano amaramente su loro stessi e sui loro figli, e, come Pietro, si
ravvedano del loro colpevole silenzio, che rinnega mediante un «Evangelo»
distorto l’autentico Cristo: quello del Golgota e della gloria. Smettiamola
dunque di polemizzare, litigare e rimbeccarci a vicenda e facciamo di questo
film un’occasione per un corale e solenne esame di coscienza, per valutare
la qualità del nostro cristianesimo e della nostra testimonianza. Ma,
soprattutto, torniamo a guardare alla croce, ad amare la croce, a predicare
la croce.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A2-Passione_Gibson_OiG.htm
11-12-2006; Aggiornamento: 30-06-2010 |