Qual è il mondo interiore del pensiero biblico? Qual è il pensiero
culturale degli autori della Sacra Scrittura? Dobbiamo capire la Bibbia
principalmente attraverso gli occhi dell’ellenismo (pensiero e cultura
greci) o attraverso gli occhi del giudaismo (pensiero e cultura
ebraici)? Ovviamente, la domanda riguarda soltanto il Nuovo Testamento.
La maggior parte degli studiosi sono oggi costretti a riconoscere un
forte retroterra ebraico per quanto riguarda gli Evangeli. Ma si discute
ancora ampiamente riguardo il retroterra degli scritti di Paolo, l’«apostolo
dei Gentili» (Rom 11,13).
Alcuni sottolineano l’importanza dell’ellenismo per comprendere il
pensiero di Paolo. Altri, pur riconoscendo degli elementi ellenistici in
Paolo, esaminano l’apostolo in maniera diversa. Per esempio, s’argomenta
che Paolo deve essere capito come un uomo appartenente al tradizionale
giudaismo rabbinico del primo secolo e che egli è stato essenzialmente
condizionato sia nella vita che nel pensiero dai concetti farisaici.
Altri, invece, interpretano Paolo in maniera completamente diversa.
Fanno una radicale distinzione tra il suo giudaismo e il suo
cristianesimo, e considerano quest’ultimo come una religione distinta in
opposizione al giudaismo. In altre parole, Paolo «si è convertito» al
cristianesimo dal giudaismo.
Altri ancora credono che sia una cosa discutibile, se non addirittura
rischiosa, fare una distinzione tra il punto di vista greco della vita e
quell’ebraico.
Quest’ultima posizione è forse la più sofisticata, ma anche molto
pericolosa. È sostenuta da James Barr (The semantics of biblical
language), il quale dà l’impressione che si può tradurre una lingua
in un’altra senza alcuna perdita sostanziale. Questo non mi trova
d’accordo perché le parole possono avere un particolare sviluppo
culturale e storico all’interno della propria lingua. Per esempio,
mentre è normale attendersi che l’idea ebraica che sta dietro la parola
greca nòmos «legge», verrebbe comunicata prontamente alla mente
dei lettori giudei (cioè essi gli darebbero il significato di torah,
«insegnamento»); la stessa parola (nomos) può essere capita in
maniera diversa (cioè nel suo abituale significato ellenistico) dai
lettori greci.
Forse è sbagliato mettere troppa enfasi sull’opposizione tra Atene e
Gerusalemme, in particolare riguardo gli scritti di Paolo, i quali
mostrano una forte continuità con il giudaismo, ma anche una
discontinuità. Ma dobbiamo fare attenzione a cosa s’intende per
discontinuità. Dobbiamo certamente riconoscere che Paolo ha
utilizzato il greco per aiutare la comunicazione (per esempio il suo uso
della Septuaginta, la traduzione greca del Vecchio Testamento) e ha
impiegato certe forme e frasi retoriche greche, in modo tale che il suo
materiale potesse essere presentato a un pubblico più vasto. Ma alcuni
affermano che la discontinuità s’estende fino alle radici del pensiero
religioso di Paolo. C’è anche chi ha sostenuto che gli scritti di Paolo
portano i segni caratteristici del platonismo.
Ma la realtà è che Paolo ha mantenuto tutta l’essenza della tradizione
giudaica della torah. Infatti, Paolo ha inteso la vita cristiana
come un modellamento del giudaismo: il cristianesimo non era in antitesi
col giudaismo, ma era la sua normale evoluzione. Questo significava per
Paolo, da giudeo della diaspora qual egli era, mantenne profondamente le
sue radici nelle Scritture ebraiche e nel pensiero rabbinico. Paolo era
orgoglioso d’essere un Ebreo (2 Cor 11,22), e lo espresse nelle sue
parole, «Ebreo d’Ebrei… fariseo» (Fil 3,5). Così le sue parole
erano pensate da una mente ebraica, anche se sono state scritte in
greco.
Paolo ha scritto in greco, la lingua franca dei suoi tempi (come lo è
l’inglese oggi). Ma il mondo interiore del suo spirito riflette la sua
eredità ebraica, la cui fonte fluiva da Gerusalemme e non da Atene. Così
la teologia di Paolo era essenzialmente ebraica, anche se le sue lettere
sono state scritte in greco. Questo era il mondo interiore dello
studioso giudeo di Tarso. Dice bene il famoso teologo giudeo Abramo
Heschel: «Geograficamente e storicamente Gerusalemme e Atene, l’età dei
profeti e l’età di Pericle, non sono molto lontane tra di loro, ma
spiritualmente sono due mondi separati» (Abraham J.Heschel, God in
search of man, p. 15).
Ritorno quindi alla questione di partenza, «Atene o Gerusalemme?». Non
solo per gli scritti di Paolo, ma per tutte le Scritture, il contesto
culturale principale è quello del mondo semitico del popolo ebraico. Di
conseguenza, gli autori della Parola di Dio — ognuno di loro era ebreo —
avevano una profonda prospettiva ebraica della vita e del mondo. Se
vogliamo interpretare la Bibbia correttamente, dobbiamo armonizzarci a
questa impostazione ebraica. Non dobbiamo guardare a Atene ma a
Gerusalemme per capire il punto di vista biblico della realtà. Per
questo la Bibbia è, senza il minimo dubbio, un libro ebraico sia nella
composizione che nell’orientamento. In maniera succinta, il Vecchio
Testamento costituisce le fondamenta del Nuovo. Il messaggio del Nuovo
Testamento è secondo la tradizione ebraica e contro la tradizione greca.
I nostri tutori in Cristo sono Mosè, i profeti e gli apostoli, e non
Platone e gli accademici greci.
Le implicazioni di tutto questo per lo sviluppo d’una mente cristiana
sono troppo grandi per essere sottovalutate. Dobbiamo renderci conto che
il vocabolario teologico e gli idiomi linguistici che stanno dietro alla
maggior parte del Nuovo Testamento greco sono ebraici al cento per
cento. Paolo dichiara che «i Gentili sono coeredi dello stesso corpo»
(Ef 3,6). Perciò i Gentili hanno una nuova storia — la storia d’Israele
è ora la loro storia. Ai Gentili di Corinto Paolo dichiara che gli
Israeliti erano gli antenati dei Corinzi: «Fratelli,
non voglio che ignoriate che
i nostri padri
furono tutti sotto la nuvola e tutti passarono attraverso il mare»
(1 Cor 10,1). Nella chiesa iniziale, quindi, Giudei e Gentili avevano
una stirpe spirituale comune con gli Ebrei dell’antichità.
Una presa di posizione riguardo a questo articolo si trova qui:
►
Atene o Gerusalemme? 2:
La tesi equidistante {Nicola Martella}.
► URL: http://puntoacroce.altervista.org/_Cul/A2-Atene_Gerusalemme1_Sh.htm
10-03-2007; Aggiornamento: 30-06-2010 |